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  • Domani saremo al Multisala Ciaky, a Bari-Palese, per raccontare la Puglia che stiamo costruendo, in questo primo anno di Governo della Regione Puglia, guidato da Michele Emiliano.
    Speranze, progetti, sogni e concretezza. Insieme, per la nostra Puglia.

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  • Che la Puglia sia, oramai, officina di tante belle cose è risaputo e, a sostegno di tale tesi, arrivano le tante belle storie che dal nostro territorio nascono e crescono, per poi girare l’Italia e il mondo. Ithaka ha l’intenzione di raccontare queste storie, sin dalla sua prima puntata. E così è stato.

    Coerentemente con la mia missione radiofonica, ieri, venerdì 27 novembre, ho intervistato Stefano Murciano, direttore artistico di Puglia Off, un network al servizio di gruppi teatrali, teatri e spazi dello spettacolo e per gli operatori del settore.

    Puglia Off, dove per Off non si intende Officina, come il titolo può suggerirvi, ma è un aggettivo usato, in ambito artistico-teatrale, per definire quel circuito indipendente, fuori dai grandi canali ufficiali e, dopotutto, questa indipendenza e questa ricerca della qualità la si nota, parecchio anche.

    Non vi anticipo più nulla, se non invitandovi ad ascoltare questa bella intervista ad una realtà che ha tutte le carte in regola per trasformarsi in un simbolo di virtuosismo pugliese in Italia e, perché no, nel mondo.

    Ringrazio ancora una volta Stefano Murciano e tutto lo Staff di Puglia Off per la loro disponibilità e gentilezza.

    In foto (a partire da sinistra in senso orario): Stefania Gemma Papa, Grazia Lobascio, Antonella Luciana Leone, Aldo Calò Gabrieli, Stefano Murciano.

  • Minuti, ore, giorni, settimane, anni passati nel capire come va il mondo, a come farlo funzionare e poi provarci. Questa potrebbe essere una definizione esistenziale della politica e del suo essere.

    Come farlo funzionare: il mondo funziona a modo suo, è chiaro, ma quando poi ci si rende conto che con impegno e passione si possono costruire dalle piccole alle grandi cose, allora lì la politica ha raggiunto il suo punto più bello.

    A Monte Sant’Angelo, una cittadina in provincia di Foggia, il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Un gruppo di giovani – che dedicano il loro tempo a far funzionare il mondo che lo circonda – aveva denunciato da tempo tutti quei soprusi che hanno portato all’epilogo, pagandone un caro prezzo. Minacce, atti di violenza e intimidazione. A Giovanni, giovanissimo consigliere comunale, ad esempio, gli hanno incendiato l’auto. Aveva denunciato una manifesta illegalità nella gestione dei servizi comunali.

    Oggi, a Giovanni e a quei ragazzi di Monte Sant’Angelo dico di non demordere e che il Comune sciolto per mafia è una sconfitta per la criminalità ma non per il mondo e per chi, come loro, cercando di farlo funzionare al meglio.

  • In questi giorni sta succedendo il putiferio, ed è un bene che questo accada.

    Pare che abbiamo scoperto l’incredibile, in realtà è una di quelle cose che potremmo accostare alla scoperta dell’acqua calda.
    Il voto di scambio politico-mafioso è presente da sempre ma mai nessuno ha preso una decisione netta, nessuno ha voluto creare strumenti a disposizione dei cittadini per poter scardinare il sistema, mettersi al riparo da possibili minacce e soprusi.

    Durante le Amministrative a Noci, lo scorso 2013, da candidato consigliere, assieme ai Giovani Democratici di Noci, denunciammo una deriva che fa eco a quanto sta accadendo in queste elezioni regionali. Migliaia di euro spesi per rappresentanti di lista, materiale cartaceo senza mai fine, comitati extra lusso, manifesti ovunque e, come se non bastasse, regalini a tutti coloro che decidevano di votare per quel candidato. Siamo stati sbeffeggiati, derisi e, per certi versi, scaraventati nell’angolo dell’insolenza e dell’indifferenza.

    La Digos indaga e mi auguro non faccia soltanto questo, ma arrivi al dunque, inchiodando chi utilizza questi sistemi di consenso beceri, di stampo mafioso. Non possiamo più tollerarlo.

    E quindi, noi saremmo quel Paese che merita le preferenze? Non oso immaginare cosa possa succedere alle prossime elezioni Politiche, se lo Stato non si premunisce di armi di difesa contro questa gentaglia, inetta, incapace di ottenere consenso con le proprie idee (molto probabilmente perché non ne ha).

    Facile prevedere di prendere 20.000 preferenze se, di queste, il 90% è frutto di una compravendita. Il monitoraggio è più semplice, stringente.

    Ma guai a chi minimizza il tutto. Guai a chi crede di non avere colpe. Dopo queste elezioni regionali chi è stato il responsabile politico di determinate scelte dovrà essere allontanato con la forza da ogni incarico, dalla politica attiva.

    Io inizio a contrastare il tutto, scegliendo chi votare con la testa. E voi?

  • pd-rotto

    Questa mattina mi sono svegliato diverso dal solito, avevo l’amaro in bocca, un amaro che mi portavo dietro da ieri, dopo la conclusione della Direzione regionale del mio partito.

    Noi Giovani Democratici pugliesi, proprio in quella sede, abbiamo ricevuto un doppio sputo in pieno volto, un gesto che non dimenticheremo, che cambierà gli atteggiamenti, il modo di vivere il partito, la politica.

    Ieri, il PD pugliese ha approvato le liste per le prossime Regionali. Nella lista della Provincia di Bari è stata candidata Anita Maurodinoia, la più suffragata alle scorse elezioni Amministrative a Bari, nella lista di Schittulli (candidato del centrodestra alla Regione); una persona che diceva di essere “più amata di Tatarella“, storico esponente dell’MSI. Uno scempio, politico e umano. Politico per aver, ancora una volta, attaccato fortemente un progetto politico che nulla ha a che vedere con quello che si sta cercando di realizzare. Umano, perché non si da peso alle storie personali, alle scelte del passato, a quelle del presente. Una memoria storica ormai in frantumi, utile solo per le commemorazioni, per prendere qualche applauso.

    A Foggia, c’è un altro caso gravissimo: il PD di Capitanata ha estromesso la candidatura, nella propria lista, del Segretario provinciale dei Giovani Democratici, Francesco Di Noia. Un ragazzo capace, onesto e soprattutto che ha dimostrato negli anni di porre l’interesse comune a quello personale. Anche questa candidatura era frutto di un interesse comune, di un territorio che chiedeva rappresentanza, di una generazione che chiedeva rappresentanza. Una volontà disattesa, per far fronte ad interessi personali della classe dirigente del partito di quella provincia. Questo gravissimo errore costerà caro.

    Il caro prezzo è questo: vogliono metterci all’angolo? Si sbagliano di grosso, hanno ottenuto esattamente il contrario. Ci offrono di candidarci in una lista civica? Non è mai stato il nostro obiettivo quello di candidarci per forza. La nostra candidatura era un modo per suggellare un impegno già chiaro, un impegno che mira a far crescere il partito, a dare rappresentanza degna a tutti quei militanti che vengono presi a schiaffoni ogni giorno da una classe dirigente incapace di sostenere gli interessi della collettività.

    La nostra casa è il PD. Se pensavamo di poter convivere con chi, anche velatamente, poneva veti su di noi, sul nostro progetto, ora non hanno ben compreso quale sia il risultato ottenuto: non cambieremo casa, la ricostruiremo, magari cominciando ad accompagnare alla porta i coinquilini maleducati, poco rispettosi. Il Partito Democratico non è di un segretario provinciale, né di qualsiasi “big”. Il Partito Democratico è di chi fa vivere il Partito Democratico, nei suoi valori, nei suoi propositi. Quelli siamo noi, giovani generazioni impegnate in politica, che dalla sera alla mattina aprono i circoli, i comitati elettorali, fanno volantinaggio, organizzano iniziative, si confrontano con i cittadini – diventando i volti veri ed onesti del PD sul territorio.

    Franco Balbis – soldato, ucciso dai nazifascisti perché partecipò alla Resistenza – nella sua ultima lettera scrisse

    Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.

    Ieri, i responsabili di questo scempio, hanno sputato anche in faccia a Balbis, hanno offeso il suo sangue, il suo gesto di amore e di speranza verso un Paese capace di saper guardare oltre i propri errori, difendere a spada tratta il bene comune. Penso a ieri e penso a quante volte, Balbis, sia morto invano. Ieri è stata l’ennesima volta.

  • È quello che provo, quando leggo miei coetanei che con coraggio denunciano gravi atti di illegalità nel loro territorio.

    La nostra Regione soffre questa gravissima malattia, quale la criminalità. Da Vieste a Marina di Leuca, la domanda è una sola: cosa possiamo fare? Bisogna prendere forza, agire. Ma non da soli. Insieme.

    Antonio, da San Nicandro (FG), denuncia l’ennesima mancanza di Stato, a discapito dei cittadini. Io sono con lui e con tutti coloro che pretendono un riscatto per la loro terra, in nome della legalità.

  • Che delusione.

    Queste primarie, sono state una delusione grande, una delusione che non riguarda il risultato, ma che fa i conti con i metodi, quei famosi metodi alla base della politica, specchio di chi concorre, di chi partecipa ad una competizione e deve confrontarsi con altri. Ma con altri chi, poi? Con quelli del centrodestra? No. Con quelli del centrosinistra, con noi stessi.

    Sembra di vivere un film erotico, dove chi si definisce più di sinistra prova un piacere quasi simile al raggiungimento del Nirvana, eppure non sanno che in quel preciso istante stanno sprofondando nell’abisso dell’autocompiacimento, di un dover giustificare sempre e comunque le proprie scelte senza poggiarsi su una base solida, ma dovendosi aggrappare a “gli altri”, pur di sopravvivere, pur di ottenere una medaglietta sul petto, con inciso sopra “La verasinistra”.
    “Vera”, perché si è dell’idea che ce ne sia una finta, una che si traveste e si spaccia per quello che non è. Ma soprattutto che la maschera è diversa a seconda di chi ci si trova davanti. Un candidato alle primarie non è di sinistra perché c’è uno che si definisce più a sinistra di lui, un militante non è di sinistra se non fa scelte che qualcun altro ha confezionato come “di sinistra”.

    Durante questa campagna elettorale, mi è stato detto di tutto. Per alcuni sono un democristiano (in senso dispregiativo), dagli stessi che ogni 9 maggio versano fiumi di lacrime, con un post su Facebook, nel ricordare l’uccisione di Aldo Moro.
    Per altri non sono un “giovane vero“, secondo la teoria post-moderna che quello autentico, se fa una scelta di minoranza una volta, la dovrà fare sempre e comunque, anche se quella scelta non lo convince, o anche perché ci si arrocca dietro l’idea di rappresentare l’unica reincarnazione di una politica sana, rispondente ai canoni del famigerato rinnovamento (e qui ritornano le scene del film erotico di cui sopra).
    Per fare sintesi, come ciliegina sulla torta, mi hanno definito “non di sinistra”. Ma cosa è la sinistra? Se lo chiedeva pure Giorgio Gaber, quel Gaber cantato sotto la doccia, simbolo della sinistra.

    Ma il grande artista diceva

    Tutti noi ce la prendiamo con la storia
    ma io dico che la colpa è nostra
    è evidente che la gente è poco seria
    quando parla di sinistra o destra.

    […]

    L’ideologia, l’ideologia
    malgrado tutto credo ancora che ci sia
    è il continuare ad affermare
    un pensiero e il suo perché
    con la scusa di un contrasto che non c’è
    se c’è chissà dov’è, se c’é chissà dov’é.

    Avendo scelto di annoiare chi ha avuto il coraggio di leggermi, immaginandomi davanti allo specchio, formulo una mia descrizione di cosa significa essere di sinistra ed il perché credo di esserlo, ma senza dover necessariamente metterci un “più” davanti.

    Essere di sinistra significa, certamente, dover essere sempre onesti; aiutare gli ultimi; non inquinare e lottare per un ambiente migliore; essere trasparenti e coerenti con quel che si dice e si pensa; essere al fianco dei lavoratori e sostenere un sindacato forte ma che sappia rinnovarsi; impegnarsi in qualsiasi cosa si faccia, valorizzare e non tradire la fiducia che gli altri ripongono in te; lottare contro gli sprechi, contro chi ruba, contro gli affaristi e contro chi entra in politica per farsi gli affaracci propri; essere di sinistra significa, però, anche guardare dentro se stessi, prima di giudicare gli altri; essere di sinistra significa non credersi moralmente superiori a nessuno, ma sapere di far parte di una società in cui chi la pensa diversamente da noi ha la nostra stessa dignità, la nostra stessa ragione di credere in qualcosa in cui riconoscersi, per cui impegnarsi.

    Disprezzare è fascista. Parteggiare, come diceva Gramsci, è altra cosa. Perché disprezzare significa contrapporsi ad ogni costo e la contrapposizione genera malessere in chi la fa, in chi viene travolto e in chi la osserva. Non costruisce nulla, ma distrugge.

    Ma in questo post democristiano di un falso giovane che si spaccia di sinistra, il messaggio è chiaro: o Gaber era un veggente, oppure il tempo passa, i volti pure, ma tutto il resto è sempre uguale.

    Tutto il vecchio moralismo è di sinistra
    la mancanza di morale è a destra
    anche il Papa ultimamente
    è un po’ a sinistra
    è il demonio che ora è andato a destra.

  • Caro Guglielmo Minervini, io proprio non capisco.
    Mi sono stancato di tutte le strumentalizzazioni che si fanno in campagna elettorale. Strumentalizzare ogni cosa a favore della propria parte è avvilente. Queste primarie le vivo con estrema passività, perché non c’è quel pathos che ho avvertito in altre competizioni. Io mi impegno, come ho sempre fatto, in prima linea, mettendoci la faccia, e le mie scelte non sono e mai saranno scontate, ma vedere queste continua retorica mi fa davvero male, perché conferma la mia tesi.
    Un fatto accaduto nel 2009, che non dovrebbe essere una novità – ti consiglio di venire nella mia facoltà di Giurisprudenza – oggi esce sui giornali e parte la gara a chi fa la voce più grossa. Ne ho piene le tasche di questa contrapposizione buoni/cattivi. Non c’è “La Forza” buona e quella cattiva, non c’è. Dovrebbero, e dico dovrebbero, esserci tre proposte di Puglia che hanno catalizzato un sostegno trasversale con, anche, posizionamenti strumentali.
    Chi ha sbagliato deve pagare, e io sono il primo che vuole vedere conclusa la stagione del nepotismo accademico (lo vivo sulla mia pelle, ad ogni esame), anche (e soprattutto) se queste magagne arrivano dal nostro partito, ma basta strumentalizzare.
    Non mi sembra che all’ultimo Congresso regionale ci sia stata una proposta alternativa a quella di Michele Emiliano. Probabilmente a quel tempo faceva comodo a tutti, oppure, poco interessa, di fatto, il partito e la sua gestione.