Non è la prima volta che parlo, sul blog, del Congresso dei Giovani Democratici, l’organizzazione giovanile del Partito Democratico. Chi segue quello che scrivo sa che ad inizio anno avevamo avviato il III Congresso nazionale che avrebbe portato, di lì alla prima metà del 2020, al rinnovamento di tutte le cariche politiche, dai circoli al nazionale. Poco dopo, la catastrofe del Covid-19 e il tanto obbligato quanto necessario arresto delle operazioni congressuali, in linea con le disposizioni delle Autorità competenti.
Passata la tempesta della pandemia – che di certo non ha risparmiato nessuno in termini di tensione, fatica e difficoltà di ogni tipo – eccoci con il desiderato tentativo di recuperare la normalità che avevamo lasciato fuori dalle nostre case, durante la quarantena. Qualcuno, però, ha pensato bene che la normalità dovesse coincidere con l’ansante tentativo di tutelare gli interessi di una piccola parte e che le esigenze di un’intera comunità politica fossero meno importanti di quella di assicurare un posto al sole a chi, in questi anni, ha sempre riflesso di luce non propria. Parlo di coloro che sono seduti comodamente negli uffici di partito, nelle segreterie di qualche istituzione locale o nelle stanze dello staff di presidenti, onorevoli, assessori e ministri. Parlo di coloro che in questi anni hanno dimostrato di non sapere assolutamente cosa significasse guidare una comunità politica. Gli stessi che hanno preso in faccia la porta girevole della Storia, incapaci di conoscerne il meccanismo anche dopo anni da uscieri. Insomma, la solita vecchia trama che tanto ci indigna quando ha come protagonisti gli altri, ma che diventa parte del nostro agire quotidiano quando fa il pari con qualche interesse da dover tutelare. Soprattutto se il nostro.
Sia inteso, “nostro” è un plurale utilizzato ai fini del racconto. Ripudio tale metodo e di certo non ne ho mai accarezzato neanche l’idea di servirmene.
Per rendere più chiara e definita la vicenda di cui vi parlo, tenete presente questo piccolo particolare: l’emergenza non è ancora finita e alcuni territori sono ancora circondati da grandi incertezze e necessità che vanno ben oltre quelle di un congresso politico. Ovviamente, queste rientrerebbero in quelle “esigenze di un’intera comunità” di cui parlavo poc’anzi e che di certo non sono state prese in considerazione dall’attuale dirigenza del Partito Democratico che, invadendo il campo come uno scellerato durante una partita di calcio con la maglia “guarda mamma sono in TV”, sguinzagliando qualche segugio ha pensato bene di rendere il III Congresso nazionale dei Giovani Democratici una mera formalità, svilendo non solo l’essenza politica dello stesso, ma contraddicendo le teorie che la medesima dirigenza del Partito Democratico ha utilizzato come testa d’ariete fino a qualche tempo fa, volendo puntare tutto sulle idee e sui programmi. Ve lo ricordate il “Congresso delle idee” tanto voluto da Zingaretti? Ecco, il segretario qualche mese fa, nel lanciare ufficialmente l’iniziativa del congresso straordinario, esordiva con queste parole:
“Ci serve un partito plurale, ricco di aree di pensiero, solidale, che dia valore e dignità agli iscritti, che li renda protagonisti dei processi decisionali. È un processo che deve fare dei passi avanti. Anche questo nuovo partito non può bastare. Il Pd deve avere una vocazione maggioritaria e indicare una direzione, senza avere una tendenza onnivora, cannibalizzando gli altri.”
Che dia valore e dignità agli iscritti. Valore. Dignità. Agli iscritti. Per non parlare del tanto teorizzato obiettivo di renderli “protagonisti dei processi decisionali“. Ecco, io sono d’accordo con Nicola Zingaretti. Ecco perché l’ho sostenuto fermamente durante l’ultimo congresso del PD ed ecco perché sono convinto che lo stesso ascolterà quello che io oggi qui riporto ma che è la sintesi della sintesi della voce di tutti coloro che, invece, nei Giovani Democratici ci credono e che nel Congresso in corso puntano per ridare dignità e valore alla propria Comunità, tanto da riportare i GD ad essere protagonisti dei processi decisionali.
Ma come possono i Giovani Democratici tornare protagonisti se costretti a celebrare i propri congressi in due settimane (entro la prima settimana di agosto), senza discussioni, con l’affanno di finire tutto in tempo e pregando che qualcuno sia ancora in città e che non sia – legittimamente – andato in vacanza, dopo un anno così duro? Come è possibile che, ancora oggi, circolino telefonate e missive che abbiano il solo obiettivo di vituperare i Giovani Democratici, impedendone il regolare processo democratico di selezione del proprio gruppo dirigente? Come è possibile che, nel 2020, una donna come Caterina Cerroni, che è storia umana nella storia della nostra comunità politica, debba fronteggiare ostacoli di questo tipo che le impediscano di raccogliere il consenso grandissimo che proviene da tutti i territori del Paese? Perché, ancora oggi, ciò accade? Perché nella nostra Comunità? Perché nei GD? Perché nel PD?
Ecco, caro Segretario, faccia solo una cosa: chiami chi deve chiamare e fermi chi ha deciso di occuparsi dei GD piuttosto che dei problemi del Paese, della propria regione o, molto più semplicemente, che ha smesso di occuparsi di ciò per cui viene pagato per intromettersi nella vita della più grande giovanile politica del Paese con il solo obiettivo di distruggerla, impedendo che si autodetermini e che scelga liberamente chi dovrà guidarla per i prossimi anni.
Lo faccia, caro Segretario, altrimenti non potremo osteggiare il diffondersi dell’idea che, in un momento delicato ed importante per la Storia del PD e del Paese, qualcuno abbia deciso di distruggere un patrimonio inestimabile: la propria organizzazione giovanile.
Sono convinto che, sul considerarla un patrimonio inestimabile, saranno d’accordo anche i Ministri, i Sottosegretari, gli Onorevoli e Senatori, gli Assessori e i Sindaci del Partito Democratico che dall’organizzazione giovanile hanno iniziato il loro percorso politico. Senza dimenticare che lei stesso proviene da questo mondo, avendo militato e guidato la Sinistra Giovanile. Sono certo che il Nicola Zingaretti dell’epoca avrebbe protetto, da qualche burocrate di partito, la comunità di cui faceva parte e a cui ha dedicato una parte importante della propria vita.
Caro Segretario, sono convinto che la sua sensibilità è tale da riconoscere come vere le mie parole e come giusto il mio ragionamento. Sono convinto che saprà proteggere i Giovani Democratici da quella piccolissima parte del Partito Democratico che scambia la politica per una partita di Risiko!