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  • Testo del video:

    Ciao a tutti, credo che una domanda iniziale, vi possa aiutare a capire di cosa parlerò oggi: Cosa è lʼItalia allʼestero? Ma soprattuto, come viene visto il nostro Paese dagli altri stati europei? Ritengo siano domande importanti, perchè coprono il vero senso e la vera base dellʼeconomia mondiale del nuovo millennio, la fiducia e i buoni rapporti tra tutte le economie mondiali. A Davos, in Svizzera, si è celebrato oggi il World Economic Forum, un appuntamento annuale che chiama a raccolta i grandi dellʼeconomia mondiale e li mette in un piano di confronto e di progettazione del futuro. LʼItalia era presente. Per noi nella cittadina svizzera cʼera Tremonti, peccato però che non sia stato presente ad una conferenza proprio sullʼItalia. Siamo uno dei paesi più sviluppati economicamente, ma i problemi politici sono così grandi che siamo passati in zona retrocessione. La conferenza che, tanto per menzionarlo, aveva il nome di “Italia, un caso speciale”, è stata introdotta così: “Malgrado la sua storia, il suo patrimonio culturale, la forza di alcuni settori della sua economia, il paese ha difficoltà di governance e un’influenza sproporzionatamente piccola sulla scena globale. Le sue prospettive economiche e sociali appaiono negative”. A leggere questo passo, direi che il tutto si fa interessante, peccato però che il Ministro dell’Economia italiano sia impegnato ad un’altra conferenza stampa, da lui convocata, parallelamente al dibattito in corso, neanche a farlo apposta, sempre a Davos. Tante le critiche, le più pesanti sono state quelle di Michael Elliott, direttore del Time, che dice: “Contate molto meno di quel che dovreste nell’economia internazionale, i problemi del vostro governo vi precludono di svolgere il ruolo che vi spetta”. Tuttavia, il caso Ruby non è rimasto nascosto, infatti Nouriel Roubini spara colpi dicendo: “Di solito parlo solo di economia ma nel vostro caso il problema del governo è diventato grave, è una vera distrazione che v’impedisce di fare quello che dovreste. Siete di fronte ad accuse di una vera e propria prostituzione di Stato, orge con minorenni, ostruzione alla giustizia. Avete un serio problema di leadership che blocca le riforme necessarie”. Il caso è grave, sembra come se si trattasse di un convegno di medici e il caso da guarire si chiamasse Italia, un caso che potrebbe attaccare il sistema degli altri paesi europei. E come se non bastasse, si parla di un possibile destino italiano, simile a quello della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda, tamponato da Tremonti e Draghi ma non del tutto eliminato. Sempre nel campo economico-politico, c’è chi dice giustamente, a mio avviso, che le riforme di cui l’Italia ha bisogno non sono oggetto di continua ricerca, perchè si sa perfettamente di cosa il Paese ha bisogno, ma mai nessuno si è mai interessato veramente. Il capo della redazione americana dell’Economist, che fu analista della situazione italiana, nel 1997, quando al centro dell’attenzione c’era l’ingresso nel mondo della moneta unica, dice chiaramente: “Da allora il paese è rimasto troppo immobile. Le tendenze dell’economia globale rischiano di trasformarvi nell’anello debole dell’Unione europea. Se l’Italia non usa i prossimi cinque anni per un reale cambiamento, vi ritroverete dalla parte perdente dell’eurozona”, proprio perdente. Questo perchè, effettivamente, sono molti coloro che hanno tratto beneficio dall’Euro, crescendo ed espandendo i propri confini economici in tutto il continente. Basti pensare alla Romania, new entry della Comunità Europea, sta crescendo dal punto di vista infrastrutturale e sociale in maniera esorbitante, tanto da essere destinata a diventare un prossimo fattore di crescita dell’intera eurozona, forse riuscendo a superare persino l’Italia stessa. La domanda da un milione di dollari è stata: “I gravi reati di cui Silvio Berlusconi è accusato sono ben noti. Ma a voi sta bene lo stesso? E’ questo il governo che volete?”. E fatta la domanda ad un convinto elettore di Berlusconi, ha risposto così…L’italiano non riesce a comprendere quanto stia facendo Berlusconi per strumentalizzare il proprio ruolo istituzionale, al sol fine di scappare dai processi in cui è coinvolto. Come se non bastasse, continua a ribadire che la volontà del Governo è quella di mettere in cima all’agenda del Paese, la giustizia. E il lavoro? La scuola? La burocrazia? La mobilità sociale? Tutti aspetti poco seri, ciò che conta è che lui riesca ad abbattere il sistema giudiziario italiano, a lui scomodo.

    Ciao a tutti, alla prossima.

  • Cosa intendiamo per riforma? Forse, per molti di noi, il termine “riforma” significa revisione totale di un sistema e quindi la rielaborazione di un concetto completamente contenutistico che, in un modo o nell’altro, concentra in esso il senso di un rinnovamento del percorso civile. Niente di più giusto. Peccato però che, nostro malgrado, il Ministro dell’Istruzione, Mariastella Sapienzicida Gelmini e il gattosordo Tremonti pensino che al taglio, corrisponda il miglioramento. In un certo senso, se sai gestire bene la situazione, in qualche modo vai a risanare il debito e allo stesso tempo metti in moto un sistema, come quello dell’istruzione pubblica, che da anni è alla deriva per le numerose “riforme” ad ogni cambio di governo. Secondo voi perchè ogni volta che si insedia un nuovo esecutivo, la prima cosa che si fa è pensare alla scuola? Semplice, la destra abbassa a 14 anni l’obbligo scolastico, così facendo ci saranno sempre più ragazzi con la terza media, come ultima tappa di studi, più ignoranti e quindi persone sempre più facili da agguantare per la gola con le televisioni e con la sfacciataggine di una politica sempre più personalizzata che, invece, indirizzata agli interessi dei cittadini. 8 miliardi di euro in 3 anni, tolti alla Scuola Pubblica: che bellissima demenzialità. Il sistema scolastico, lo possiamo paragonare ad un sistema di produzione e di utilizzo dei materiali. Mi spiego: prendiamo come esempio una fabbrica di olio per macchine, bene, se tu tagli i finanziamenti a quella fabbrica, l’olio non verrà più prodotto o, magari, verrà drasticamente abbassata la produzione a quasi il 20% di ciò che produceva prima. Risultato? Tutte le industrie terze che usavano quel prodotto, per far girare le proprie macchine, non avranno più olio (anche perchè i tagli hanno colpito tutte le aziende di quel determinato settore) e così si blocca anche la produzione che tutte quelle aziende avviavano giorno dopo giorno. Giriamo la cosa in chiave scolastica e capiamo come, senza ombra di dubbio, la chiusura di diverse facoltà universitarie, l’abbassamento dell’obbligo scolastico a 14 anni, il maestro unico (ruolo stressante consideranzo il fatto di sopportare ben 30 alunni per 5 ore di fila), le classi super affollate – che non permettono al docente di seguire lo studente con più attenzione e tanti altri problemi gravi che affliggono il nostro sistema scolastico. La soluzione migliore sarebbe stata quella di scomporre le spese generali dell’istruzione e riformulare le uscite, ma non “chidendo i rubinetti”. Prendiamo esempio da Obama, la prima cosa che ha fatto in tempo di crisi è stata quella smistare nelle scuola americane più fondi, in modo da produrre un avanzamento culturale più alto, rispetto a prima e che garantisse in futuro la presenza di persone competenti, in grado di evitare, almeno, una nuova crisi economica.