A Ceuta va in scena l’ennesimo naufragio e il suo simbolo è un piccolo neonato (salvo!) con il cappellino bianco. In Italia, invece, il Segretario del PD Enrico Letta fa una proposta di sinistra: tassare le maxi-successioni dal valore superiore ai 5 milioni di euro. Cosa sta succedendo e perché proprio un caos infernale, dopo la proposta di Letta?
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L’UniBA ha un problema, piuttosto serio. Ieri è comparsa la seconda rata per l’a.a. 2015/2016, pubblicate in totale ritardo per un problema con il sistema di calcolo delle tasse.
Fin qui, il disagio poteva essere compreso e accettato, se tale attesa avesse consentito un calcolo appropriato e privo di errori delle rate.
L’attesa, tuttavia, è stata vana e il risveglio di moltissimi studenti dell’Ateneo barese, ieri è stato amarissimo.
Una seconda rata da più di 1000 (mille) euro farebbe saltare dalla sedia anche il più ataràssico degli studenti.Auspichiamo che l’Università degli Studi di Bari si attivi immediatamente nell’espletamento dell’attività di verifica di tali quote e che, nel frattempo, inoltri, tempestivamente, una notifica ai contribuenti di attendere il pagamento, per scongiurare un ingarbugliato sistema di rimborsi o conguagli.
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Fino a qualche settimana fa, in televisione, sui giornali, nel dibattito politico, dell’intero Paese, la questione era ardua: la Chiesa deve pagare l’IMU? Si o no? È scontato dirvi che, in tempi del genere, alla gente poco importa dei valori spirituali, quando di mezzo c’è il benessere comune. Fatto sta che, ad ormai giorni dalla dichiarazione di Bagnasco sulla possibilità di dialogo sull’Imposta Municipale Unica, per gli immobili di proprietà della Santa Sede, ora è tutto fermo. Non si sa più nulla. Sono spariti tutti quei cronisti, giornalisti, critici televisivi, politici che molto volentieri dichiaravano “la Chiesa aiuti il Paese, pagando l’ICI”. Tutti scomparsi. Forse la Chiesa ha zittito l’intera stampa, oppure in Italia, si sa, i talk show sanno sempre di cosa parlare, senza mai annoiare troppo: cambiano ogni settimana argomenti e interessi. E intanto l’IMU o ICI, fate voi, i cittadini dovranno pagarla, ma non solo chi lavora, pure i pensionati e i disoccupati. Direi che una preghiera sia la via giusta per metterci una pietra su.
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Filippo Taddei, ieri, ha scritto sull’Espresso un interessante documento, con il quale spiega quale sia in realtà il vero modo di tassare il Paese, dando uno sguardo al patrimonio, più che al lavoro.
Esistono in questo Paese 32 milioni di abitazioni residenziali con 20 milioni di pertinenze. Se chiedessimo un contributo medio di 40 euro al mese per ognuna delle abitazioni di questo Paese, avremmo le risorse per tagliare le imposte sul reddito a tutti i contribuenti. Facciamo qualche esempio. Con questa riforma fiscale, una famiglia italiana in cui entrambi i coniugi lavorano e proprietaria di un’abitazione media (114 mq e circa 200 mila euro di valore secondo l’Agenzia del Territorio) pagherebbe una tassa immobiliare di 480 euro e riceverebbe un sostegno al reddito da lavoro per 1.100 euro, cioè un trasferimento netto di più di 600 euro all’anno. Un pensionato con la “minima” e proprietario dell’abitazione dove vive riceverebbe un sostegno al reddito per qualche centinaio di euro, a seconda del valore della sua abitazione.
Questa riforma si presta a una dettagliata modulazione che tenga conto del valore dell’abitazione, del numero di abitazioni possedute e del fatto che siano o meno messe in locazione. Ma oltre i dettagli c’è un’osservazione centrale: in un Paese fermo non possiamo aspettare ancora di scegliere di stare dalla parte di lavoratori e imprese che, contro tutto ma nell’interesse di tutti, lavorano ogni giorno per rimetterci in moto.
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Una volta si diceva che erano i panifici, le pizzerie ed i ristoranti ad avere la meglio sul mercato, a non aver mai conosciuto crisi, prima le persone erano bendate dal cibo, ora invece è la dea bendata ad avere la meglio, dea però che non bacia tutti e non in tutta Italia. La psicologia del giocatore non è sbagliata, almeno non del tutto. La politica non riesce a dare sicurezza alle famiglie, ai precari e ai disoccupati. Migliaia di famiglie non riescono ad arrivare a fine mese e le spese aumentano sempre di più. Dalla spesa alle tasse universitarie, passando per la benzina e il gas, tutto aumenta e nessuno riesce a spiegare perchè. Vi ricordate lo slogan di Berlusconi? “Abbasseremo le tasse a tutti”, quel tutti mi rende perplesso e soprattutto dispiaciuto per un sistema tasse che di giustizia sociale non ne ha vista nemmeno un po’. Bene abbassare le tasse (mai accaduto), ma abbassarle a tutti proprio no. Si pone la questione dell’uguaglianza sociale come uno strumento per giustificare i “favori” alle classi più ricche.
La questione delle tasse è importante, l’ex-ministro Padoa-Schioppa lo diceva bene, il suo “tesoretto” era invidiato da tutti. Nel precedente Governo Prodi, la buonanima del Ministro dell’Economia aveva dato vita ad entrate extra, derivanti dalla lotta all’evasione e agevolando gli affitti per i giovani, con lo slogan da lui coniato “mandiamo i bamboccioni fuori di casa“. Come non ricordare anche le parole pronunciate durante l’intervista ad In Mezz’ora di Lucia Annunziata: “Le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali istruzione, sicurezza, ambiente e salute“, accadde il putiferio dai banchi del centro-destra e lecchini al seguito, ma questa è un’altra storia.
La situazione paradossale la troviamo con l’abolizione dell’ICI sulla prima casa (Imposta Comunale sugli Immobili), da parte del Governo Berlusconi, il governo del popolino. Proprio con questa catastrofe economico-politica inizia il problema delle casse dei Comuni. La situazione pare essere ottima per le tasche degli italiani, peccato però che i soldi da lì sono stati persi ma sono stati recuperati, sottobanco, dalle altre imposte, tra le quali gas, luce, acqua e chi più ne ha più ne metta, di aumenti ce ne sono stati e pure parecchi.
L’italiano però nel 2010 ha perso la speranza, risparmiare sulla prima casa non è servito a nulla, ingolfato nei problemi economici era ed è rimasto. Anche il giochetto della seconda casa intestata al figlioletto non è riuscita a garantire stabilità alle tasche dei cittadini. L’italiano medio si aggrappa al gioco d’azzardo, aumentano sempre di più gli “spennati” da questi giochi senza mai fine. Le sale giochi spuntano come funghi, ora il business si è spostato sulla sofferenza post-gioco. Compagnie altolocate del settore giocano con la psicologia delle persone. “Vuoi vincere facile?” “Cosa aspetti? La dea bendata ti attende” o peggio ancora creando sistemi di vincita complessi, come ad esempio una sala bingo e tutti i suoi premi, in base al numero di palline estratte o in base all’ora dell’estrazione. L’AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) ha creato il bollino qualità anche per i siti di gioco on-line: hanno legalizzato il poker online, i casinò sul web, modi più veloci per attirare e spennare gente, anche di una certa età (parlo di ragazzi di 14 anni).
La sofferenza porta a tutto anche a creare il gioco delle totonomine e devo dire che a Napoli e altri posti d’Italia c’è chi ci gioca, anche seriamente. Ci manca solo che alla nomina del Papa, o alla vincita delle elezioni politiche, vengano associate scommesse. Ah no, quelle già ci sono!
In che mani finiremo? In quelle della dea bendata? O dello Stato bendato?