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  • Borse di studio ridotte all’osso e ridotti all’osso anche gli studenti che si ritrovano tasse raddoppiate all’università e servizi dimezzati. L’Europa in tutto questo latita, anzi fomenta, perdendo la sua vera natura.

    L’Europa mi appassiona, sicuramente l’avrò detto più volte in qualche post del mio blog, ma la passione è direttamente proporzionale allo dispiacere, alla tristezza e alla preoccupazione, che provo quando la scuola pubblica, le università e l’intero sistema d’istruzione pubblica, cadono a pezzi.

    Se l’Istruzione cade a pezzi, cade a pezzi la Cultura. Se cade a pezzi la Cultura, cade a pezzi la Nazione. Se cade a pezzi la Nazione, cade a pezzi l’Europa. Un effetto domino incontrastabile, privo di qualsiasi modo alternativo di risoluzione, se non, quella di evitare che il primo step si concluda.

    Ma non sono solo parole, perchè queste hanno un riscontro, terribile per molti punti di vista e, per citarne solo due, basti guardare la bassissima copertura delle borse di studio, meno del 50% è la media nazionale, con esempi altrettanto peggiori: A.Di.S.U. Puglia, quest’anno, ha coperto economicamente solo il 30% delle borse di studio assegnate per l’anno 2012/2013, dopo che la tassa regionale è stata aumentata del 100% e dei fondi messi a disposizione dalla Regione.

    I L.L.P. (Lifelong Learning Programme, programma d’azione comunitaria nel campo dell’apprendimento permanente, che ha competenze su Comenius, Erasmus, Leonardo e Socrates) non bastano più. I Fondi Sociali Europei ormai sono diventati vitali per portare avanti attività fondamentali all’interno delle scuole. I corsi PON, laboratori e attrezzature sono ormai frutto di fondi europei, tanto desiderati e tanto richiesti dalle scuole, soprattutto, nel particolare, quelle italiane.

    Ovvio dirvi che io non ci sto e che dobbiamo essere uniti, negli intenti di ricostruzione e non nel lanciare le pietre e prendersi a bastonate con i poliziotti. Quello è vandalismo, non Rivoluzione.

    Rise UP!

  • Bandiere dell’UE e della Lombardia bruciate, atti da emarginare che mettono in cattiva luce le istanze che gli studenti portano nelle piazze del Paese.

    Leggo, con angoscia, che durante le manifestazioni di ieri, 12 ottobre, da parte degli studenti, si siano consumate vicende non da paese democratico e civile: bandiere bruciate, sia a Roma, che a Milano, rispettivamente, a finire al rogo sono state quelle dell’Unione Europea e a Milano soprattutto quelle della Regione Lombardia.

    La bandiera è un simbolo che va oltre un metro di stoffa e un’asta, la bandiera rappresenta un popolo, un progetto, a cui tutti apparteniamo e da cui non possiamo distaccarci, perchè sarebbe contro la cultura democratica e politica che sin dall’Assemblea Costituente venne delineata nel nostro Paese, per non parlare dell’importanza di un progetto comune tra gli stati europei, per una situazione di pace e collaborazione, risultato avidamente cercato nella Storia, dopo due conflitti mondiali che hanno devastato territori, popolazioni e dignità delle nazioni coinvolte.

    Che sia la bandiera dell’UE o quella della Regione Lombardia, non fa la differenza: pensare che il simbolo di una regione, dietro cui ci sono non Formigoni, Zambetti e gli altri inquisiti e condannati del Consiglio Regionale, ma cittadini che dietro quel simbolo si riconoscono. Si riconoscono, non come mero atto politico-scissionista (vedi Lega), ma come collettività che concorre allo sviluppo sociale ed economico della Nazione. Stessa cosa vale per quella Europea. C’è un Europa dell’austerity e c’è un Europa dello sviluppo, della cultura e dell’Erasmus “senza se e senza ma”. (altro…)

  • Arriva la variazione di bilancio. Ma la frittata è fatta. Rischia di pagare l’Europa, non i governi nazionali che sono veri responsabili..

    La Commissione Ue corre ripari per chiudere il buco di Erasmus. Come prevedibile e previsto, il responsabile per il Bilancio Janusz Lewandoski ha confermato a Straneuropa che il 23 ottobre presenterà una bozza di variazione sul budget comunitario in modo da consentire al programma più amato dai giovani di proseguire come se niente fosse. La variazione dovrà essere approvata dal Consiglio, cioè dai governi, e si immagina che questo avverrà. Il conto maledetto sarà chiuso. I corsi di formazione andranno avanti senza problemi.

    Pericolo scampato, dunque, almeno per quest’anno. Ma la frittata è in qualche modo fatta lo stesso. E questo perché l’effetto dei titoli “L’Europa non paga Erasmus” resterà primario e dirompente. Come vuole la tradizione l’impatto della correzione avrà minor peso. L’Europa (e non i governi) resterà colpevole del misfatto non avvenuto. La polemica è stata montata, comprensibilmente, da alcuni parlamentari che hanno cercato di usarla per far leva contro gli stati che non vogliono aumentare il bilancio Ue. L’effetto è stato ottenuto solo in minima parte. Ed è assai inferiore al discredito generato nei confronti dell’Europa intesa come club di stati.

    Piccolo riassunto, per capire meglio.

    Qualche settimana fa, come suo dovere, la Commissione Ue ha informato Europarlamento e Consiglio che una dozzina di programmi comunitari aveva utilizzato il 95-100 per cento della dotazione annuale. Erano programmi per la Ricerca (spazio e tecnologie avanzate), per crescita e occupazione (Fondo sociale e fondo regionale), per l’istruzione (Erasmus), per la salute, gli aiuti umanitari e alimentari.

    Nel caso di Erasmus – che è grave ma forse non come l’assenza di denaro per dare da mangiare alle vittime di siccità e catastrofi -, Lewandoski precisa che il 70 per cento degli studenti ha ottenuto l’assegno europeo. E che la maggior parte del rimanente 30 per cento non sarebbe stato comunque penalizzato perché le agenzie nazionali, che amministrano le risorse, hanno ancora soldi in cassa. Solo una piccola fetta di ragazzi rischia veramente di rimanere con le tasche vuote. Per questi, sarà corretto il bilancio. “Non posso crede che i governi nazionali rifiutino di investire nei nostri giovani”, confessa il polacco.

    Il buco non doveva comunque cogliere di sorpresa. Nel 2011 è successa la stessa cosa. Quando le autorità competenti – il Parlamento europeo e il Consiglio (cioè i governi) – rifiutarono di riconoscere che i fondi annuali era insufficienti. In quella circostanza, la Commissione ha trasferito la competenza di 5 miliardi del 2011 all’anno in corso. Il bilancio, sottolinea Lewandoski, “era amputato sin dall’inizio”.

    Sempre a fine 2011, il bilancio 2012 è stato adottato da parlamentari europei e ministri nazionali ad un livello inferiore a quello ritenuto necessario dalla Commissione. Il buco si è ulteriormente allargato. Gli effetti li abbiamo visti. E potrebbero ripordursi per l’sercizio 2013 se non si metterà un poco di lungimiranza nel porgrammare spese e entrate. Le quali, essendo in percentuale di gettitto e pil, sono ulteriormente ridotte dalla congiuntura.

    La morale è che non si può fare l’Europa davvero senza metterci i soldi. E’ una ipocrisia priva di senso. E’ come voler restare con un piede sul treno e l’altro sotto la pensilina. L’anno prossimo succederà di nuovo, probabilmente. Arriveremo alla fine col buco nella pancia, se non ci sarà un po’ di illuminazione nelle teste dei governi. “Tanto sono solo soldi per migliorare la qualità dei nostri giovani, possiamo farlo in casa” , penserà qualche idiota nelle capitali. Come se non ce ne fosse bisogno per far crescere meglio questo continente della crisi. Sono gli investimenti che valgono doppio. E che, una volta bloccati, ammazzano due volte la crescita.

    Qualora andasse male – ma non ci credo, alla fine – potremmo lanciare un concorso per tradurre “Nozze coi fichi secchi” nelle 23 lingue ufficiali dell’Ue. Almeno qualche posto, per qualche settimana, lo salviamo.

    [Fonte: LaStampa.it]
  • Drammatico. È l’aggettivo più adatto per descrivere quanto sta accadendo agli studenti europei in questi ultimi giorni.

    Fallito. Il progetto “Europa” come visione di unione culturale e sociale sta scomparendo, il segnale più forte ci viene dato dalle notizie che ci giungono da Bruxelles in queste ore.

    I fondi per le mobilità studentesche sono agli sgoccioli, autrice: l’austerity dell’Europa vittima della crisi economica.

    A lanciare l’allarme è il presidente della commissione Bilancio del parlamento europeo, il francese Alain Lamassoure (Ump-Ppe) che denuncia quanto poco lungimirante e distruttiva sia stata la decisione del Consiglio Ue che, l’anno scorso, con in prima linea Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia, la Germania della Merkel e la Francia dell’allora presidente Sarkozy, con il supporto dell’Europarlamento, ha tagliato 3 miliardi di euro dal bilancio dell’UE per il 2012 e come se non bastasse, ha bocciato, sempre lo scorso anno, un bilancio correttivo per il 2011, costringendo l’Esecutivo UE a pagare diverse fatture con i fondi destinati al bilancio del 2012.

    Pochi finanziamenti che rischiano di ridursi ancora, infatti la nuova richiesta da parte del Consiglio è di un taglio pari a 5 miliardi€, di più rispetto a quella disastrosa decisione che ora getta nel baratro l’Erasmus. Il bilancio correttivo sarà presentato dalla Commissione UE il 23 ottobre 2012, ma se questo verrà bocciato e modificate ulteriormente le prospettive di finanziamento per il 2013, da parte del Consiglio e del Parlamento Europeo, allora difficile sarà la situazione per gli Stati Membri dell’UE che usufruiscono dei fondi, ormai diventati di vitale importanza per la salvaguardia di servizi come la mobilità per studenti, ricercatori e lavoratori, formazione professionale, innovazione e ricerca.

    La disoccupazione giovanile dilaga in Europa (22,5%) e in Spagna più di un ragazzo su due è senza un lavoro. Il progetto Erasmus, forte strumento di contrasto all’impoverimento culturale e sociale dell’Europa conservatrice non potrà essere sostenuto neanche fino alla fine del 2012, poichè mancano all’appello 400 milioni di euro, indispensabili per garantire la mobilità agli studenti europei.

    Lanciamo un appello all’UE e alle forze progressiste europee, affichè ci sia un netto cambio di rotta che porti al centro della discussione europea la sorte delle giovani generazioni in formazione nelle scuole e nelle università, considerandole colonne portanti del progetto europeo, da sostenere e rafforzare sempre e di più.

  • Neanche una università italiana tra le prime 100 della classifica della QS Star che trovate qui.
    Le classifiche, se pur molte volte senza un criterio ben preciso di valutazione, certificano che in un modo o nell’altro l’Italia non può arretrare e non può farsi scavalcare nella cultura, pilastro fondante del nostro Paese. La formazione è importante, sia durante che dopo l’università. Tuttavia, la prima italiana, rimane quella di Bologna (vedi foto), che si posizione al 194° posto.


  • Mi sono chiesto quale sia la motivazione di base che dovrebbe spingere tutti gli studenti del nostro Paese a non lasciarsi trascinare da questa situazione devastante che travolge l’istruzione pubblica. Da una parte, la rivendicazione di un sistema di formazione pubblico, che abbraccia sia i percorsi di studi di ogni ordine e grado, ma anche la formazione professionale, essenziale per poter accedere al lavoro e quindi di essere competitivi sul mercato. Dall’altra parte, non può non esserci la rabbia nel vedere un diritto, quello di studiare, che di norma dovrebbe essere garantito, in un paese come il nostro, ma che viene deriso e preso di mira nel momento in cui c’è la necessità di tagliare fondi, per “il bene della finanza”. Come ci sentiremmo se qualcosa che ci appartiene venisse compromesso da un “esterno”, da chi ha usufruito, tempo addietro, delle stessa cosa, ma in modo più facile, perchè magari collocato in periodo storico meno travagliato e pieno di problemi, come quello attuale? Personalmente non riterrei quell’individuo autorizzato a condizionare la mia vita e il mio percorso. Stesso ragionamento deve essere fatto per la scuola e l’università: non possiamo più assistere alla distruzione di migliaia di speranze, di ragazze e ragazzi che vogliono studiare, che hanno la passione per quello che fanno, ma che purtroppo per una questione puramente burocratica, non riescono ad accedere a borse di studio, vedono la propria vita universitaria sconvolta da un drastico aumento delle tasse, a causa di un governo di professori universitari (precisiamolo), che hanno in testa una loro idea di università e di scuola pubblica totalmente distanti dalle esigenze degli studenti. L’idea che uno Stato possa mettere i bastoni tra le ruote alle proprie giovani generazioni è qualcosa di surreale. In Italia tutto è surreale, basta mettere a confronto il Bel Paese con gli altri stati europei. L’Europa non deve essere semplicemente oggetto di confronto in ambito economico, ma si deve osservare, comprendere e unificare un modo di intendere il diritto allo studio come necessaria condizione per considerare una nazione, democratica, fondata su principi di uguaglianza. Il feticismo politico sull’istruzione pubblica deve finire, non è possibile vedere stravolto l’assetto delle scuole e delle università ad ogni cambio di governo. I consigli di rappresentanza studentesca nazionali devono svolgere un ruolo fondamentale. Si abbatta quella impossibilità di dialogare con le istituzioni e si sviluppi un sistema per rendere le riforme importanti, condivise, frutto di collaborazione generazionale e non come una battaglia politica di “ultra-adulti” adepti all’idea che il sistema formativo sia il modo per condizionare intere generazioni a proprio favore. Sarà impossibile ottenere qualcosa di buono, senza l’intervento dei diretti interessati. Ecco perchè gli studenti medi e universitari devono unirsi per far fronte a questa mancanza della politica italiana. Le riforme devono essere frutto di un’unione di idee, progetti ed esperienze sul campo. Non fermiamoci e andiamo avanti. Il futuro ci attende, ma non possiamo vivere il presente da spettatori.

  • La riforma sul merito, del ministro Profumo, ha molti aspetti oscuri: nella scuola superiore si vuole premiare il merito attraverso “l’elezione dello ‘studente dell’anno’”, con 30% di sconto sulle tasse del primo anno universitario con, in più, una card per sconti di diverso tipo. Come se non bastasse, premi per i docenti e ricercatori universitari. Le risorse passano dagli studenti ai docenti, già stipendiati. Mi chiedo cosa abbia intenzione di fare il Ministro in merito alle borse di studio ancora non consegnate e alla scarsissima copertura delle stesse, in riferimento al numero di studenti con diritto di borsa di studio. Ognuno faccia il suo dovere. Gli studenti sono il fulcro delle scuole e delle università, le riforme devono toccare i loro interessi, devono migliorare la loro vita studentesca, colpendo gli agenti frenanti e degradanti della stessa – assenteismo, poca professionalità, servizi scadenti, assistenza zero, poca preparazione del personale amministrativo.
    Le domande che mi pongo, inoltre, riguardano casi particolari: come interviene il Ministero, su un ragazzo, con problemi economici – che non gli fanno vivere la vita da studente con armonia e tranquillità necessari per concentarsi sugli studi -, ma soprattutto con dei genitori che superano di pochissimo il reddito minimo per accedere alle borse di studio? Ma non basta: e se a tutto questo aggiungiamo un ragazzo meritevole, ma che non raggiunge di un punto, la media richiesta per accedere al merito? Una riforma deve prevedere tutto, non solo i casi “eccellenti”, considerando che qualcuno di questi potrebbe essere fittizio.

  • Guardo dalla finestra e mi chiedo se tutto questo sia utile. Mi guardo allo specchio e mi chiedo se questa faccia potrà essere utile alla società. Esco di casa e mi chiedo se un giorno tutto sarà diverso. Sono queste domande che mi tormentano, che mi tartassano il cervello, a spingermi nello scrivere questo comunicato politico, il secondo, a dir la verità.

    La situazione in Italia è a dir poco traumatizzante: l’economia traballa, nuovi tagli arriveranno per i servizi dello Stato e non sappiamo come e dove arriveremo, ci sentiamo pieni di spazzatura, da ogni angolo delle città esce del marcio, siamo stanchi di vedere un Paese come l’Italia, soggiogato da una miriade di politici in doppio petto che distruggono la dignità della nostra Nazione. Ma la questione si fa più interessante quando, a mo di addizione algebrica, i giovani vengono messi da parte, tracciando un forte senso di smarrimento generazionale.

    Le Amministrative sono ormai alle porte, i candidati hanno avviato la loro campagna elettorale, e i ragazzi non mancano mai nelle liste. Ma qual’è la funzione della loro presenza? Riempire le liste? Portare voti? O garantire il diritto all’impegno politico, di chi, pur con un’età giovane, ha deciso di impiegare il suo tempo al “noioso” compito di amministratore locale.

    Noi dobbiamo garantire l’ingresso in politica a tutte quante le generazioni, palesemente dichiarandoci favorevoli ad un cambio generazionale, a tutti i livelli. Gli studenti, i giovani lavoratori e precari, hanno il diritto di essere attivi politicamente, non solo all’interno del partito, ma anche all’interno delle istituzioni, lasciando un messaggio ben chiaro: lì dove le vecchie generazioni hanno fallito, le nuove riusciranno a ridare speranza. Io credo in questo messaggio e mi faccio portatore in prima linea.

    Cos’è il 2023? E’ un anno qualsiasi? Adesso si, per l’attualità è un anno come tutti gli altri, forse con scadenze, forse con altri problemi, ma al momento è una data da destinare al futuro. Per me invece, il 2023 è un anno importante, un anno che spero di prelevare dal futuro presente e consegnarla alla storia. Non chiedetemi cosa sarà quell’anno, ma vi posso assicurare che i preparativi sono già incominciati e nessuno dovrà tirarsi indietro, perchè i protagonisti siamo tutti noi.

    Sono stanco di guardare il mondo dalla TV, sono pronto per scrivere assieme agli altri un nuovo copione, una nuova società.