Mi capita tutti giorni ormai. È una presenza continua, non posso evitare di leggerli perché sono ovunque ed è impossibile scartarli. Sto parlando dei commenti violenti, presenti sui social network (uno tra tutti, Facebook).
Minacce di morte, insulti pesanti e molto diretti. Le pagine Facebook dei parlamentari 5 Stelle e di Grillo, di Salvini, della Meloni, per non parlare delle pagine di coloro a cui sono rivolti tali commenti, come Matteo Renzi e Laura Boldrini (come non ricordare i commenti sessisti ben in vista sulla pagina del Fatto Quotidiano).
Giusto per fare qualche esempio:
Quelli che vedete sono due (dei tanti) commenti presenti sulla pagina di Giorgia Meloni, relativi ad un post in cui l’ex ministro del Governo Berlusconi criticava l’acquisto del nuovo aereo di stato per i voli intercontinentali, gridando allo sperperio di soldi pubblici. Probabilmente non ricordava i tanti usi che ne faceva l’allora Premier Silvio Berlusconi, portando Apicella ed escort al seguito, in volo sugli aerei targati “Repubblica Italiana”.
Ma a cosa dobbiamo tale fenomeno? Probabilmente alla perdita della personalità sui social. Crediamo (o meglio, credono) che il semplice fatto di essere un nickname, un profilo astratto, non tangibile, possa consentirci di poter dire qualsiasi cosa, di poter dar sfogo alla più becera della violenza (se esiste una classifica della violenza stessa), in questo caso verbale.
La Cassazione in tal modo si è espressa in modo chiaro: su Facebook può configurarsi il reato di diffamazione ed è, in realtà, una grandissima rivoluzione che porta la tutela dei diritti su internet e, soprattutto, sui social network.
Siamo un Paese di merda, quindi, come si legge spesso tra i commenti? Assolutamente no. Siamo un Paese che merita rispetto e che ha una posizione rilevante a livello internazionale, checché ne dicano gli oppositori di ogni governo in carica.
Siamo un Paese in cui c’è gente di merda? Sì, questo sì, non bisogna nasconderlo e, soprattutto, non è una caratteristica tutta italiana ma è nella natura umana e in ogni parte del mondo, in ogni Paese la situazione è analoga. Possiamo dire che Facebook, i social in generale, hanno scoperto un nervo fino ad ora nascosto. Cosa vogliamo fare? Quale può essere la possibile soluzione?
Volendo dare una risposta, credo che le possibilità sono due:
1) Maggior tutela dei diritti della persona anche sui social, attraverso un lavoro di intensificazione dei controlli e dei relativi provvedimenti giudiziali (sì, anche questo è importante, perché i destinatari, spesso e volentieri, non sono soltanto personaggi pubblici, ma anche comuni cittadini che anche per il semplice fatto di aver commentato a loro volta un post, si ritrovano con decine di minacce al seguito);
2) La cosa più semplice: porsi una domanda, prima di scrivere un post o un commento sul web. Ma se mi trovassi di persona, direi mai questa cosa?
Ecco, il secondo punto è semplice ed immediato. Incominciamo ad allenarci.