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  • Ecco il mio intervento a RaiNews24 del 21 maggio 2012. È importante non lasciare che un evento simile possa svanire nel dimenticatoio, dopo qualche mese o forse settimana. Mai fermarsi, soprattutto dinanzi ad un evento orrendo come questo.

  • Articolo scritto per “The New Deal” per spiegare la mia opinione sugli accorpamenti, a mio parere INUTILI e CONTROPRODUCENTI.

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    Così come per un uomo, anche per un istituzione, perdere la propria autonomia, significa perdere metà della propria essenza. È quello che sta accadendo a decine e decine di scuole superiori della Regione Puglia, le quali, per ragioni puramente di stampo amministrativo e quantitativo, in merito alla popolazione studentesca dei singoli istituti, rischiano di perdere la cosiddetta “autonomia amministrativa”, che consiste nel garantire alla scuola la presenza di un dirigente scolastico e di una segreteria, funzionali solo per quell’istituto, e quindi un nucleo operativo di dipendenti che lavorano nell’istituto X per l’istituto X, con successive modalità di gestione autonome e la definizione di una istituzione scolastica distinta.

    Con l’accorpamento amministrativo, si ridimensionerà, attraverso un vero e proprio processo di sfoltimento, il settore delle segreterie e degli organi dirigenti, andando a penalizzare tutte le scuole che, per ragioni di numero di studenti, non riescono a mantenere il loro status.

    Obiettivo? Creare poli d’istruzione territoriali, con a capo un dirigente che gestisca diverse sedi contemporaneamente, con l’aiuto di vicari, responsabili, ma incentrando la gestione contabile in un unica direzione amministrativa. Così facendo però, per ragioni puramente burocratiche, si verrebbe a rallentare parecchio l’attività scolastica, creando problemi gestionali di non poca rilevanza.

    Dov’è l’errore? Nel momento della scelta della scuola a cui accorpare un altro istituto, si dovrebbe forse creare una scaletta di affinità tra istituzioni, in modo da garantire non solo una continuità nella qualità, ma anche la capacità, da parte della dirigenza, di essere a conoscenza dei fabbisogni dell’indirizzo acquisito, magari già presente nell’organizzazione precedente. Mi spiego meglio: se l’I.I.S.S. “Tizio e Caio” fagocita l’I.I.S.S. “Pinco Pallino” e il “Pinco Pallino” è un liceo scientifico e, allo stesso tempo, anche il “Tizio e Caio”, il dirigente di quest’ultimo non avrà problemi nel gestire più classi di un indirizzo già esistente e di cui conosce perfettamente le modalità organizzative. Se questo non dovesse accadere, e a prendere il Polo Liceale “Pinco Pallino” fosse l’ITIS “Epsilon”, il quale non ha mai avuto in gestione un indirizzo liceale, potrebbe trovarsi in difficoltà nell’adempiere ad ogni minima responsabilità o comunque non essere in grado di potenziare al massimo i servizi, rendendo quel percorso di studi sterile e privo di attività integrative importanti e soprattutto interessanti. Del tutto sbagliato non è il criterio di vicinanza territoriale, ma il fatto di tralasciare la questione delle affinità d’indirizzo.

    Possibile soluzione? Utilizzare tutti i criteri sopra elencati, ma come unica modalità di scelta. Vicinanza territoriale con, in più, efficienti servizi di collegamento e facendo riferimento inevitabilmente alla natura degli istituzioni scolastiche coinvolte.

    Cosa evitare? Un’altra falla del sistema “accorpamento” è quella di incentrare la segreteria in un’unica sede, magari quella in cui risiede la presidenza, causando spesse volte non poche difficoltà, soprattutto se ad averne bisogno sono istituti lontani o impossibili da raggiungere con facilità. È come se la segreteria lavorasse nella sede “A” del nuovo I.I.S.S. “Tizio e Pallino”, per la sede “A”, “B” e magari anche “C” del nuovo polo scolastico. Occorrerebbe aumentare il personale, ma a quel punto a cosa servirebbe un accorpamento di questo genere.

    Fatto sta che è importante garantire identità e libertà. Partendo dal proprio ambiente di formazione, per poi trasmetterlo ad ogni studente. Incominciando col preservare la storia di una cittadina, con i suoi ambienti e le sue scuole.

  • [Comunicato Stampa]

    La scuola ha bisogno di rinascere e di vivere!

    Ormai non cʼè nulla di nuovo, le scuole italiane vivono, ancora una volta, una insopportabile situazione di degenerazione sociale e civile, frutto della Riforma Gelmini e di un piano di Governo inesistente e privo di soluzioni, irrilevante nella salvaguardia del Diritto allo Studio e della difesa dellʼumiltà dei soggetti in formazione.
    Noi Giovani Democratici di Terra di Bari condanniamo quanto accade in tutte le scuole dʼItalia, ma soprattutto, in tutte le scuole della Provincia di Bari. Testimonianze allucinanti, informazioni scomode a chi vede questʼazione di riformulazione dellʼIstruzione, come un passo in avanti: ci sono scuole dove il numero degli studenti per classe, impedisce il regolare svolgimento delle lezioni, togliendo spazio ad un aspetto fondamentale dellʼinsegnamento produttivo, ovvero il monitoraggio dellʼapprendimento, per ogni singolo studente, garantendogli il necessario supporto in caso di bisogno.
    Se gli studenti sono portati a dover fare dei turni per sedersi ai banchi di scuola, a causa del sovraffollamento delle classi (ci sono classi di 32 alunni, in spazi piccolissimi), crediamo sia giunto il momento di dire, con estrema chiarezza, che la Scuola Pubblica Italiana merita un progetto nuovo, basato sul principio della libertà del formarsi e di poter accedere ad ogni grado di studi, con qualità e determinazione, non tralasciando la sicurezza degli studenti e di tutto il personale scolastico.
    Le ragazze e i ragazzi sono i primi a vivere questo dramma. In un momento storico come il nostro, dove la crisi economica attanaglia ogni giorno di più il nostro Paese, in una situazione di forte sbandamento sociale, economico e politico, la base della società dovrebbe ritrovarsi nel vero cemento che unifica il Paese: la cultura e la formazione personale. Un soggetto formato è in grado di scegliere il proprio futuro, ma la scarsa propensione allʼinnovazione non garantisce, a nessun sistema dʼistruzione, di poter offrire unʼadeguata preparazione agli studenti. Il Governo prenda atto della degenerazione: il Ministro dellʼIstruzione, dellʼUniversità e della Ricerca lasci, per una volta, il palazzo e si diriga verso le scuole pubbliche, sommerse dai problemi e aggravate da situazioni ingestibili e a dir poco umilianti. Non si possono negare fondi alla scuola, quando essa li utilizza per garantire servizi, da quelli di prima necessità, fino alla formazione extracurriculare, molto importante per una preparazione mirata delle nuove generazioni. I finanziamenti PON stanno per terminare, la scadenza è il 2013: cosa accadrà alla scuola fino ad allora? E soprattutto come si gestiranno gli impegni scolastici, non appena la UE concluderà lo stanziamento del denaro? Questo autunno sarà importante: tutti gli studenti prendano atto del loro stato di essere soggetti in formazione e della gravità in cui vive la scuola italiana. Ora basta, è arrivata lʼora di darci da fare e di costruire il nostro futuro! Lo pretenderemo!

    Davide Montanaro
    Responsabile Scuola
    Giovani Democratici “Terra di Bari”

  • Ricevo e pubblico una lettera di sfogo di Oriana De Palma, studentessa della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari.

    “Sogno la laurea non tanto per raggiungere un obiettivo, quanto per uscire dall’inferno.”

     

    Sono iscritta alla facoltà di giurisprudenza di Bari da cinque anni e i miei ricordi positivi sono ben pochi, salvo quelle eccezioni che di solito confermano la regola.

     

    La mia denuncia è forte, la mia delusione ancora più forte: credo nella mia facoltà, l’ho scelta perché sono una ragazza che ama la giustizia e la legalità. Penso che se frequentata per bene possa dare tutti gli strumenti non solo per conoscere il mondo in cui viviamo, ma anche per migliorarlo. Ecco perché ogni giorno, da cinque anni, da pendolare, frequento assiduamente tutte le lezioni, sono in regola con gli esami e ho una media alta.  Ed ecco perché la mia rabbia tocca livelli altissimi quando proprio nella facoltà in cui questi valori dovrebbero trionfare, essi vengono del tutto affossati.

     

    Tanti, troppi sono gli episodi che ho vissuto in questi cinque anni, tante le ingiustizie che ho dovuto subire, tanta la maleducazione ed arroganza che ho dovuto sopportare.

     

    Citando solo alcuni di questi episodi, potrei raccontare dei professori che fumano in aula durante le lezioni, degli studenti derubati delle loro cose mentre sostengono gli esami senza che ci sia nessuno ad evitarlo, della prenotazione degli esami ancora in modo cartaceo, dei docenti fantasma che delegano interi corsi ad assistenti molto spesso incompetenti ma con cognomi rinomati. Per non parlare delle volte in cui bisogna sostenere esami avendo davanti esaminatori troppo concentrati a parlare al telefono per ascoltare il candidato, le volte in cui sbagliano a trascrivere il voto d’esame sul verbale (e alle volte dimenticando proprio di farlo, così da essere costretti a ripeterlo)e le volte in cui si è costretti ad andare nello studio legale del professore a cui si è chiesta la tesi per avere informazioni sulla stessa perché quest’ultimo non è mai presente agli orari di ricevimento.

     

    Il culmine poi quando, dopo estenuanti attese per sostenere un esame (che arrivano anche a 10 ore rigorosamente senza pausa pranzo) nell’attesa della professoressa esaminatrice, in un’aula senza aria condizionata in piena estate, ci si ritrova a sostenere l’esame con un altro docente, di cattedra diversa ma padre della professoressa fantasma, che esamina i candidati sfogliando i nostri stessi appunti perché ovviamente ignaro del programma del corso.

     

    Ma si può chiamare questa “università”? Solo meno della metà dei professori che ho avuto in questi cinque anni posso davvero reputarli tali, la maggior parte non hanno mai mostrato (quando si degnavano di presentarsi a lezione) un minimo di interesse nell’insegnamento; alle volte ho sentito il peso del sacrificio cui erano sottoposti nel venire a farci lezione, come se ci facessero un favore.

     

    Per non parlare poi dei dipendenti di dipartimento, delle segreterie e della presidenza: al di là di quei pochi che lavorano con grandissima serietà e competenza, non ho quasi mai trovato impiegati disponibili, che sapessero darmi le informazioni che cercavo, per non parlare della loro arroganza e assoluta maleducazione.

     

    Insomma, a parte le piacevolissime eccezioni, che come già detto prima, purtroppo non fanno altro che confermare la regola, nella facoltà della dea della giustizia, di “giusto” c’è ben poco.

     

    La mia indignazione e la mia rabbia poi crescono in maniera esponenziale vivendo questi episodi, quando ricordo a me stessa che ero tra quei tantissimi studenti che fortemente difendevano e difendono tutt’ora a spada tratta l’istruzione pubblica da quelle riforme che togliendo ossigeno pian piano alla scuola pubblica non fanno altro che incentivare le iscrizioni a quelle private.

     

    Quasi mi son pentita di essermi schierata per la scuola pubblica. Mi chiedo cosa ne sarebbe di tutte quelle persone che in quella facoltà non sanno/non vogliono lavorare se fossero state dipendenti di un’azienda privata. Mi chiedo se non sarebbero già state licenziate, o almeno se avrebbero ricevuto una sanzione disciplinare dal capo.

     

    Mi chiedo se tutte queste persone, professori e impiegati, si rendano conto che con il loro comportamento non fanno altro che prestare il fianco a chi vuole distruggere l’istruzione pubblica. Con i tagli a quest’ultima ovviamente i servizi che le scuole pubbliche potranno offrire saranno più scadenti di quelli delle private: chi ci lavora dovrebbe far di tutto, con le risorse a propria disposizione, per garantire servizi di livello il più possibile pari rispetto a quelli delle private, almeno dal punto di vista dell’efficienza e responsabilità, della serietà e dell’onestà e perché no, alle volte anche semplicemente lavorando con il sorriso sulle labbra e con la massima disponibilità, se le finanze non offrono di più.

     

    Io credo fortemente nell’istruzione pubblica, voglio credere fortemente nel diritto di tutti a vedersi garantita un’istruzione pubblica. Mi domando però, se la lotta che molti studenti e ricercatori, me compresa, stanno facendo da un anno a questa parte la condividono anche coloro che in quelle strutture ci lavorano. Mi domando se c’è troppo garantismo e se ci sono troppe poche sanzioni nel servizio pubblico. Mi chiedo anche però, se sia giusto che tutto debba ridursi alla paura della sanzione, o se si può ancora far appello al buon senso dei lavoratori. La mia è una speranza.

     

    Nel frattempo non vedo l’ora di laurearmi. Per lo meno per scappare dall’inferno dell’università, prima di cadere in quello del mondo del lavoro.

     

  • Non ho mai utilizzato il mio blog per esprimere pareri sulla vita delle persone, ma forse, dopo lunghi periodi di sofferenza interna, di inevitabile dolore, dovuto ad un senso di smarrimento e di desolazione che il mondo intorno a me trasmette al mio cervello, ritengo sia arrivato il momento di alzare la voce, oltre che la testa. Vorrei fare delle piccole riflessioni sul senso di civiltà, un senso che ormai molti hanno perso, o forse credono di avere, sbagliando ovviamente. In questo mio post, potrò sembrare piuttosto confusionario, forse troppo generico, ma è ciò che mi frulla nella testa in questo momento.

    Da tutto ciò che faccio, dico e penso, non so se posso ritenermi un “politico”, forse perchè a vivere in Italia, al termine politico viene associata la figura del ladro e del doppio giochista, non hanno tutti i torti coloro che fanno questo tipo di discorso. Mi basta pensarmi un semplice studente che, razionalizzando la sua vita, riesce ad occuparsi di un compito di tutti, ma che pochi sviluppano: migliorare la cosa pubblica. Cavolo! Vorrei poter parlare di politica senza essere preso in giro, in questo Paese. Vorrei potermi definire un politico, di quelli veri, di quelli normali.

    Tralasciando le leggi della fisica, una cosa è certa: le merde galleggiano sempre. Il mondo è una grande vasca, piena di squali e di meduse. Se non sei merda non galleggi, almeno è questo quello che ci vogliono far credere, è questo ciò che noi stiamo contribuendo a far crescere. Siamo giunti ad un sentiero tortuoso di sentimenti e di frenetica voglia di contrasto con il nostro vicino. Non abbiamo più la voglia di creare una società comune, pensiamo che il giusto sia prevaricare sugli altri, assoggettare il comune sentire, in base ad una propria visione delle cose. Quanti orrori commettiamo ogni giorno, tantissimi.

    Si pretende il rispetto, giusto o sbagliato che sia, ma il rispetto rende l’uomo sicuro di se. Si pretende che le persone si scusino e/o ammettano di aver sbagliato e di aver fatto un buco nell’acqua, ma non siamo mai stati così ipocriti, come in questo caso. Pretendiamo dagli altri ciò che noi non faremmo mai: chiedere scusa e magari, ammettere di aver sbagliato anche quando nessuno se n’è accorto. Che cosa orribilante.

    La critica. Che grande argomento. Il saper criticare è l’arte innata dell’uomo. Siamo nati con il forcone in mano, peccato che sul bastone non ci siano spine, sarebbe stato molto più interessante. Critichiamo chi sentiamo essere inferiore a noi. Che grande idiozia. Nessuno sa che l’inferiorità non esiste, o forse a saperlo sono davvero in pochi. Nessuno comprende quel senso di collocamento sociale delle persone: nella vita ognuno fa un mestiere diverso, ognuno fa il mestiere che più gli piace o che gli riesce meglio. Proprio da questa caratteristica, dobbiamo riconoscere una particolarità: il mondo è una bicicletta a tanti pedali, tutti diversi tra loro: non possiamo pretendere di saperli far muovere. Ogni uomo ha il suo pedale, ogni uomo sa far girare uno meglio dell’altro. L’autostrada prima o poi finisce. Prima o poi usciremo da una strada comune, che tanto ci ha fatto sentire stretti. Prima o poi ognuno imboccherà una strada secondaria che lo porterà a destinazione: il proprio futuro e la propria realizzazione. La critica su una determinata questione è inesistente e il criticato non dovrebbe nemmeno sentirla, perchè il criticante è al 101% criticabile per un’altra questione, nei peggiori dei casi, sulla stessa su cui siamo stati attaccati.

    Nel mondo moderno, siamo giunti ad avere la faccia tosta di pretendere il cambiamento. Che bello. Finalmente. Un po’ di normalità. Peccato però che, una buona parte delle volte, si pretende il cambiamento, ma un cambiamento preteso dagli altri, con il beffardo volto di chi, senza se e senza ma, si reputa una persona degna di nota, per la sua originalità e perfezione sociale. Prima di pretendere il cambiamento dai potenti, pretendiamo il cambiamento da noi stessi, da chi ogni giorno vive la sua vita per le strade di una città, di un paese, per le aule di una scuola, di un’università, negli ospedali e negli uffici. Pretendiamo il cambiamento da noi, cittadini comuni, da noi Popolo.

    Altro cancro della società è l’invidia. Il verde è il colore più diffuso tra i giovani, e non tanto meno tra i meno giovani. Persino l’apertura di un blog, come questo, può causare invidia e ricerche di scuse e di descrizioni inverosimili, pur di screditare un progetto, secondo me bellissimo. Come può non essere bello il potersi confrontare con gli altri? Io non lo so e ne tanto meno voglio saperlo.

    Vogliamo parlare della scuola? Ma non della scuola come ordinamento, ma qualcosa oltre l’aspetto giuridico e sociale. Per molti la scuola è sinonimo di numeri, voti, giudizi. Questa riforma non fa nulla per evitare questo accatastamento. Senza una sensibilizzazione nel utilizzare e nel avviare nuovi modi di apprendimento, la scuola risulterà essere un luogo dove andare, farsi interrogare e prendere un numero. Auguri a chi prende 10, ma un consiglio vivissimo: non credo che fuori, nella società, ciò che conta siano i voti smaglianti. Per poter andare avanti in un Paese come questo, in una società come quella attuale, serve solo una cosa: camminare con le spalle al muro.

    Ora scusatemi ma vado a pedalare. Non ci sono per nessuno, almeno che non decidiate di salire in corsa e di muovere il proprio pedale, senza puntare il dito.

  • Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi, /Perché non siam popolo, / Perché siam divisi. Goffredo Mameli

    Se son queste le parole che ci toccano, vuol dire che da quando Mameli compose il Canto degli Italiani, ad oggi, non è cambiato nulla. La xenofobia intestina è una brutta cosa. Siamo l’unico Paese dell’Unione Europea ad essere governato da un partito che vuole la secessione. Mi chiedo chi stia sbagliando, se a commettere un grave danno siano i leghisti, oppure la gente del sud che vota Bossi. L’amarezza si accentua quando, vergognosamente, si scopre che una buona fetta dell’elettorato del carroccio sono proprio loro, i meridionali emigrati al nord per lavoro. L’ipocrisia e l’amor di patria sono inversamente proporzionali al nord, al centro e anche al sud. Il sentimento non accende più gli animi, a sentire il peso del conflitto siamo proprio noi, il futuro. Ebbene si, è proprio il futuro a dover pagare le conseguenze di questo odio profondo. Come si comportano i ragazzi su questi temi? La maggior parte di loro è completamente disinteressato, ma c’è anche una parte che guarda al disprezzo. Sono i figli di questa cultura, di questo modo di essere provincialistico, senza un senso di affetto nei confronti di ciò che è storia, passato e soprattutto fondamento di una nazione.

    Ora la battaglia è indiretta. L’orco è uscito dalla foresta e la strega dalle mani di forbici è con lui. Il 17 marzo non vogliono chiudere scuole e uffici. Non vogliono dare ai cittadini il diritto di festeggiare il compleanno della Nazione. E’ come se si vietasse ad un figlio di festeggiare il compleanno di un genitore, improponibile e disumano.

    La questione si fa più complessa quando, senza che nessuno lo sottolineasse fermamente, ad impedire festeggiamenti in onore dell’Unità Nazionale, è proprio un Ministro della Repubblica, proprio così, della Repubblica, mica della Padania. Ma la secessione è in atto da troppo tempo, la secessione tra la gente vera e questi finti “statisti”. Il tempo delle banane è finito, ora inizia il tempo delle mele, guai per tutti i venditori di banane, tempo di crisi.

  • L’esodo ha preso il via. Il sud è il forno e il nord la tavola da pranzo. La fabbrica dei cervelli ha cominciato ad esportare pacchi interi di ingegnoso senso del dovere. Il meridione perde, il settentrione vince. Ma ora la deliziosa tentazione di scappar via di casa, non lascia scampo nemmeno prima dell’università. Prendiamo i singoli casi: Puglia -6.425 immatricolazioni in meno rispetto al 2009, Calabria -5.380, Campania -4.411, Sicilia 2.718, Basilicata – 2.455, Sardegna -1.193, Molise -483. La Puglia soffre di più. La Puglia ha più cervelli con le valigie pronte e la voglia di sbancare negli occhi. Sono 7.551 i giovani pugliesi che trovano alloggio e una seggiola all’università. E gli universitari ormai agli sgoccioli? Cosa progettano? Dopo un sondaggio, si è giunti ad un risultato spaventoso: il 50,9% dei ragazzi di età compresa tra i 25 e 34 anni vogliono andare all’estero e la maggior parte di loro ci riesce, perchè negli altri paesi, europei e non, in tempo di crisi economica si investe nella cultura, nella ricerca e non come il Governo Berlusconi ha pensato di risolvere la questione italiana: tagliando sulla scuola, borse di studio, ricerca e cultura. L’Italia è un botteghino per lo spettacolo televisivo, ma una prigione senza finestre per lo sviluppo tecnologico e scientifico. Le università perdono iscritti, sappiamo bene a cosa porta: accorpamento=morte dell’università più piccola. La disoccupazione giovanile è in continuo aumento, nel primo mese del 2011, il tasso di presenza di giovani senza un lavoro è arrivato al 29%, mai così alto. E cosa sono i provvedimenti del Governo? A cosa punta la politica italiana? Ad una modifica costituzionale? Bene, ma cosa? L’art. 41, l’articolo più innoquo del mondo e con cosa? Inserire nell’articolo: “tutto ciò che non è vietato è libero” e quindi? C’era bisogno di scriverlo!? Fatto sta che il Paese è in un continuo affanno, bisogna ringraziare la buona volontà dei cittadini lavoratori. I veri salvatori della Patria sono proprio loro, i lavoratori. Se ci fossimo fermati nell’attesa che la politica svolgesse il suo ruolo, a quest’ora saremmo ai livelli più bassi d’Europa, forse anche sotto la Grecia e il Portogallo. W l’Italia! E il 17 marzo sarà festa nazionale per tutti. Con o senza Lega, anzi, senza Lega che è meglio.

  • Rivedendo le dichiarazioni di voto al Senato, del DDL Gelmini, mi fa riflettere su quanto ci sia di anti-politico nella politica stessa. Palazzo Madama aveva assunto le sembianze di uno stadio, o di un pollaio, fate voi.

    La senatrice Finocchiaro (vedi video) viene assalita dai senatori della maggioranza, mi chiedo se c’è differenza tra questi gesti e gli attacchi fatti alla sede della Lega e alla sede del PD Sicilia (di cui vorrei parlarne un attimo), in questi ultimi giorni.

    Penso sia necessario approfondire la questione “violenza” in politica, penso che un principio cardine della politica debba essere il rispetto del diverso e di ogni singolo individuo. Ciò che è accaduto alla Finocchiaro non è solo da attribuire a quel momento: penso sia necessario diffondere questo significato a tutto quanto il sistema politico italiano e comprendere quanto ci sia di simile, ogni giorno, nel nostro Paese. Partendo dal gesto alla Finocchiaro, fino ad arrivare allo scherzo, poco simpatico, fatto durante la notte del 30 dicembre a Nichi Vendola. Quanto sta accadendo in questo periodo, in Italia ovviamente, è allucinante, solo a pensare che stiamo per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia e che abbiamo allo stesso tempo ministri facenti capo ad un partito, la Lega Nord, che di Unità ne vuol sentir parlare poco o niente, anzi per nulla al mondo.

    Cosa dovrebbe essere il Parlamento? Mi chiedo a cosa servano due Camere, due Aule Parlamentari, se non a portare la voce del Popolo nei luoghi del potere. I Cittadini non eleggono nessuno per fare i bifolchi doppio-giochisti in un seggio del Senato. La maggioranza al Senato declinava un senso di smarrimento o di totale assenza del sistema nervoso centrale e di tutto quanto il buon senso che, almeno il politico deve avere.

    Attentato alla sede del PD della Sicilia e della sede provinciale dello stesso partito palermitano: solo un cenno ai telegiornali, il Tg1 non lo nomino nemmeno, quello è un organo di propaganda o, termine alternativo, macchina di “slinguazzamento” politico da parte di uno pseudo direttore, non che servo di B., tanto per cambiare. E Maroni? Oggi sui giornali nazionali, titoloni gridavano “Maroni: Attentato alla Lega è attentato alla democrazia”, mi chiedo dove siano andati a finire le dichiarazioni del Viminale e/o direttamente del suo titolare, riguardo l’attentato alla sede del Partito Democratico della Sicilia, non è attentato politico quello? Non è attentato alla democrazia, anche quello?

    Ogni nazione ha il governo che si merita“, così diceva Joseph de Maistre ed io ci aggiungerei anche “il politico rispecchia i suoi elettori“, peccato però che la nazione in questo caso si chiami Italia e soprattutto il popolo (attivo ed elettore) che le da consistenza sia infuriata per la perdita del proprio futuro e soprattutto senza uno stipendio di 15.000 € (alla Camera) e 17.000 € (al Senato), e un iPad sotto l’albero di natale, offerto dal buon Paese senza lacrime.

    Buon 2011 a tutti. A chi gli fa piacere.