Tag: scuola

  • Scuole paritarie. Istituti privati che, stando alla legge del mercato e, soprattutto, ai principi costituzionali, non dovrebbero far altro che camminare sulle proprie gambe, senza alcun aiuto pubblico. Peccato non sia così.

    Dobbiamo, necessariamente, incollare l’art.33 comma 3 della Costituzione? Un’altra volta?
    Penso, seriamente, di averlo pubblicato una miriade di volte, su questo blog. Ma repetita iuvant.

    […] Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
    Art. 33 comma 3 – Costituzione italiana

    Notizia di due giorni fa, riguarda circa 115 milioni di euro che il Governo ha stanziato a favore delle scuole paritarie, in forte crisi da qualche anno. Pensate che dagli anni scolastici 2012/2013 al 2015/2016gli istituti paritari hanno perso il 9% dei loro studenti, con circa 100mila iscrizioni in meno.
    Cosa può mai significare? Che le paritarie hanno perso il fascino di una volta? Che non garantiscono più quello che una volta era il solco profondo di differenza tra il pubblico e il privato? Può significare che il pubblico si sia rimesso in careggiata a tal punto da fare concorrenza spietata agli istituti privati?

    A queste domande ci sono molte risposte che si possono dare, io ne avrei qualcuna, ma il punto nevralgico è che non serve alcuno sforzo nel descrivere il fenomeno e che, indipendentemente dalle ragioni, la Costituzione è molto chiara sul punto: lo Stato non può avere oneri nei confronti dell’istruzione privata.

    Vogliamo cambiare la Costituzione? Bene, sono il primo ad impegnarmi per questo. Ma se non cominciamo a rispettarla nei suoi principi, la vedo dura e piena di ipocrisia.

  • Oggi gli studenti e i docenti della scuola scendono in piazza per protestare contro il ddl “Buona Scuola”. 

    Una protesta legittima che dovremmo ascoltare, soprattutto come Partito Democratico.

    I criteri del metodo non sono quelli delineati dalla riforma, mancano molte risposte a problemi importanti del mondo della scuola.

    A tutti coloro che oggi manifestano dico questo: portate le vostre rivendicazioni nei luoghi opportuni, nelle piazze e oltre le piazze, ma non cadete nella trappola dello sparare nel mucchio, perché non giova alla causa.

    La Direzione regionale del PD pugliese ha chiesto il ritiro del DDL, il voto è stato unanime.

    Ognuno lavori per migliorare questa riforma in ogni suo punto, ognuno nei luoghi in cui preferisce battersi.

  • Sono stati due giorni intensi, ma il dibattito ha ottenuto ottimi risultati.
    La buona scuola potrà essere un grande riforma solo se consultazioni, discussioni, questionari, non vengano persi nel buio.

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  • Mercoledì 12 e giovedì 13 novembre sarò al mio liceo, il Polo Liceale “Majorana-Laterza” di Putignano (BA).

    Si parlerà della buona scuola del Governo Renzi e delle prospettive per il sistema d’istruzione nel nostro Paese. Mercoledì con il biennio, mentre giovedì con il triennio.

    Non vi nascondo che sono un po’ emozionato nel tornare al liceo, in occasione di un’assemblea d’istituto. Mi mancano quei momenti.

  • Al di là delle differenze cromatiche, l’accostamento è chiaro e scontato (per certi versi): se nasci al Nord sei più fortunato, mentre se sei del Sud, oltre a dover fare i conti con l’organizzazione elefantiaca degli Atenei, devi anche beccarti uno stipendio “dimezzato” rispetto ai tuoi colleghi della Pianura padana.

    A ricordarcelo è l’ultimo studio affrontato da JobPricing, per Repubblica, con tanto di classifica per mettere i puntini sulle i.

    Da quello che comprendo (non me ne vogliano i pasionari delle classifiche), si nota una tendenza al racconto. E basta.
    Raccontare la situazione degli Atenei senza comprendere la loro storia, senza conoscere la vita che, di fatto, si sviluppa tra le mura delle aule dove diverse generazioni hanno gettato lacrime e sangue. Ma raccontarla non attraverso dei dati “su misura”, ma attraverso le grigie classifiche per punteggi (con criteri per niente chiari). E per “su misura”, intendo uno studio affrontato con gli strumenti idonei a collocare la realtà universitaria in uno spazio ben definito, al centro del territorio in cui essa svolge la propria funzione.
    Mi sta terribilmente sugli zebedei (mi perdonerete la moderazione) il costante ritornello “le università del Nord sono più collegate con la realtà lavorativa del loro territorio”. A tale concetto, io rispondo con un’altra riflessione: sarebbe davvero triste non “sfruttare” le realtà aziendali che coprono il Nord Italia. Le università settentrionali hanno questa potenzialità perché c’è un tessuto aziendale di gran lunga più radicato e solido di quello del Mezzogiorno, dovuto ad una diversificazione dell’economia locale (differenza c’è anche tra Nord e Centro e Centro e Sud).

    Lo ripeterò fino alla fine: possiamo parlare delle università in termini di ricchezza pro capite, possiamo classificarle con criteri che peccano di intelligenza, possiamo diffondere a mezzo stampa il concetto che “se sei del Sud e studi al Sud, ti aspetta una vita di serie B, con uno stipendio di serie C, in un territorio di serie D“, oppure possiamo cancellare questo razzismo 2.0 – basato sul niente e al soldo di chi da tali classifiche ne giova – e cominciare a sviluppare l’idea di un sistema scolastico e universitario capace di unire l’Italia, di unificare un popolo.
    Voglio pensare ai miei studi come lo strumento che mi permetta di essere uguale a chi (in apparenza) è più fortunato di me, augurandomi che gli studenti settentrionali e del Centro Italia si sentano uguali a chi come loro ha studiato e percorso anni della sua vita a formarsi.

    Uguaglianza, ecco cosa dovrebbero diffondere le università italiane.

    Silenzio, è quello che dovrebbero fare le società di classificazione, alcune volte.

  • Ho appreso, questa mattina, la notizia che alcuni licei del nord, linguistici, scientifici, classici, hanno organizzato dei test d’ingresso a cui sottomettere i giovanissimi studenti delle medie che, l’anno scolastico prossimo, dovranno iniziare la scuola secondaria superiore.
    In un’Italia in cui il numero chiuso (all’università) molte volte sbarra la strada a ragazze e ragazzi che, a causa di problemi familiari, sono in difficoltà nel sostenere una competizione del genere, dimostrandosi una selezione discriminante e poco inclusiva, ora ci si mettono pure i presidi dei licei.
    Poco spazio? Ho conosciuto presidi che pur di dare la possibilità a tutti di fare la propria scelta, ha affittato succursali, mettendo al centro delle responsabilità l’ente preposto, la provincia.
    Ogni studente deve poter fare quello che vuole. Il futuro deve essere nelle mani di ogni ragazzo e ragazza, ecco perché spero ritirino questa iniziativa, ecco perché spero in una denuncia al Ministero.

  • Università, ricerca, istruzione superiore, al centro di ogni possibile dibattito politico? Giammai, sono in pochi, forse unici a parlare del ruolo fondamentale che ha nel nostro Paese l’istruzione, la coalizione Italia. Bene Comune è l’unica, non ci sono altre risposte.

    Devo dirvi la verità credo che per molto tempo il settore della formazione ha interessato i governi precedenti, tutti con un ministro che voleva lasciare il proprio cognome accanto alla parola “riforma”. Ora è giunto il momento di creare un progetto collettivo.

    Non sono per l’ennesima volta buone parole da svendere in tv o in qualche teatro, ma è, secondo me, la ricetta migliore.

    Un ministro non avrà mai il ricco bottino di esperienze che ricercatori, docenti e studenti, insieme, hanno sulle proprie spalle, neanche i loro consiglieri e sottosegretari, tutti quanti lontani anni luce dalla realtà reale degli atenei e delle scuole.  (altro…)