Tag: roma

  • Quello che è successo a Roma il giorno di San Silvestro dovrebbe fermarci un momento e farci riflettere, come molte altre cose successe nel 2014 appena finito.

    83 vigili urbani su 100 hanno disertato il loro turno straordinario, in vista della notte di San Silvestro, presentando certificati medici, certificati di donazione del sangue e disabilità.

    Tre sono i soggetti da colpire.

    I primi, senza dubbio, sono i vigili che hanno preferito il cenone al loro dovere. Andrebbe loro applicata una sanzione disciplinare senza precedenti, andrebbe loro decurtato lo stipendio, tolte le ferie pagate e far recuperare gratis le ore che avrebbero dovuto svolgere in servizio, quella sera. Per la gravità della cosa andrebbero licenziati, ma sappiamo che non è così semplice e, in questo Paese di privilegi e sanzioni al contrario, succederebbe il putiferio (anche se lo preferisco).

    I secondi, ad essere colpiti, devono essere senz’ombra di dubbio i medici che hanno dispensato certificati medici a gogo. Andrebbe loro assegnata una nota disciplinare, dovremmo creare un albo del disonore, pubblico, accessibile a tutti, sul sito web del Ministero della Salute. Oltre a questa cosa simbolica, io ci aggiungerei anche una bella multa salata. Così, a gradire.

    I terzi ed ultimi devono essere i sindacati di categoria. Alla base del gesto sconsiderato c’è una protesta degli stessi vigili della Capitale, in merito alla turnazione e al salario accessorio. Bene rivendicare i propri diritti, ma quando si usano mezzi illegali di questa portata, tutte le ragioni vanno a farsi benedire. Per questo, credo che i sindacati abbiano grandi responsabilità in questo e che questi abbiano coordinato questa protesta “alternativa”. Non sono stati loro? Lo provino. Nel frattempo, mettiamoli nella black list.

    Qualcuno provi a dire che non è di sinistra attaccare i vigili e sindacati. Qualcuno provi a difenderli. Non ci sono scuse.

    Sinistra vuol dire rispetto della legge. La legalità non ha sinonimi, non ha eccezioni.

    Buon 2015. Iniziamo bene.

    10433128_10153160629042985_5072120497021017300_n

  • Non è la città in cui sono nato, cresciuto o vissuto per anni, ma Roma merita attenzione da tutti, non solo dai romani.

    Quello che sta succedendo è gravissimo, un sindaco derubato di ogni legittimità politica, solo perché a molti conviene, ora, abbandonare la nave, pur di salvarsi, pur di non morire annegati in un malessere che loro stessi hanno procurato alla città.

    Per comprendere a fondo la questione, credo che leggere Marco Damilano sia la scelta giusta, perché è proprio di questo che si sta parlando: di una mancanza di coraggio, di una responsabilità che non è solo di Marino (il sindaco ha mille colpe a suo carico), ma anche e soprattutto del PD, un Partito Democratico romano che oggi vuol fare le scarpe al sindaco di Roma, ma che un anno fa lo spinse nell’arena delle amministrative, per difendersi da una possibile figuraccia apocalittica, contro un sindaco uscente (Alemanno) campione di “boiate amministrative”. Figuraccia che non arrivò, perché il centrosinistra vinse le elezioni e per il PD romano (e per qualche suo notabile, in particolare) incominciò il calvario.

    Un vero partito non lascia mai da solo il proprio sindaco, anche se questo ha problemi. Reputo la presenza dei partiti, dei gruppi politici all’interno delle amministrazioni e delle Istituzioni in generale, come uno strumento a disposizione di tutti coloro che amministrano la cosa pubblica. I partiti devono essere guida, scialuppa di salvataggio nei momenti di difficoltà. Non si può pensare di poter silurare un sindaco in questo modo, da parte di ministri, oltre tutto.

    Marino è indifendibile, questo è chiaro. Ma chi è difendibile, oggigiorno?

  • Comunicato GD Puglia

    Trentasei anni fa, il 16 marzo 1978Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, veniva rapito in via Fani, a Roma. Una tragica vicenda, sporca di sangue e di un mistero pressoché irrisolto.

    Quel giorno, morirono 5 uomini della scorta dell’On. Moro: due carabinieri, Oreste Leonardi e Domenico Ricci e tre politiziotti, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Scortavano il Presidente DC dalla sua abitazione romana alla Camera dei Deputati.

    Quel giorno, iniziò una lenta agonia, in cui venne fuori l’impotenza dello Stato nei confronti del terrorismo armato delle Brigate Rosse. Cinquantacinque giorni di un’orribile vicenda, conclusasi nel peggiore dei modi, con il ritrovamento, il 9 maggio, del corpo di Aldo Moro, in una Renault 4, in via Caetani, all’angolo tra via delle Botteghe Oscure (sede nazionale del PCI) e Piazza del Gesù (sede nazionale della DC), un tragico segnale di dissenso delle BR al progetto politico disegnato da Moro, quello del Centrosinistra.

    Trentasei anni dopo, il nostro Paese non può dimenticare quello che è stato.

    Aldo Moro rappresenta l’uomo politico con la P maiuscola, capace di saper tradurre le necessità dell’Italia di quegli anni, di avere a cuore i bisogni degli italiani. Una cultura politica mostruosa al servizio della Comunità.

    Lo spirito che portava l’On. Moro ad impegnarsi in politica per il bene della gente, è lo stesso che vogliamo valorizzare oggi, con il nostro impegno, traendo da persone come lui, Enrico Berlinguer e Sandro Pertini, l’alto valore dato alla politica, ai bisogni dei cittadini.

    Oggi, 16 marzo 2014, per molti può essere una domenica tranquilla, ma per la nostra Democrazia, invece, è una data tragicamente importante. Per chi fa politica, come noi, è un giorno in cui riflettere, comprendere, assimilare, per poter compiere, quotidianamente, il nostro dovere verso la nostra terra, verso l’intero Paese, nel migliore dei modi.

    Davide Montanaro
    Resp. Comunicazione GD Puglia

  • Qualcuno avrà detto a Berlusconi che Gianni Alemanno è di Roma e che è lo zio di Totti. Pare che B. abbia preso l’ennesimo palo. Ora Ghedini troverà il modo di scagionarlo. Non temete.

    B. dice che Alemanno è di Roma e per questo bisogna votarlo, ma l’anagrafe dice qualcos’altro.

    Giovanni Alemanno
    nato a Bari
    il 3 marzo 1958

  • Bandiere dell’UE e della Lombardia bruciate, atti da emarginare che mettono in cattiva luce le istanze che gli studenti portano nelle piazze del Paese.

    Leggo, con angoscia, che durante le manifestazioni di ieri, 12 ottobre, da parte degli studenti, si siano consumate vicende non da paese democratico e civile: bandiere bruciate, sia a Roma, che a Milano, rispettivamente, a finire al rogo sono state quelle dell’Unione Europea e a Milano soprattutto quelle della Regione Lombardia.

    La bandiera è un simbolo che va oltre un metro di stoffa e un’asta, la bandiera rappresenta un popolo, un progetto, a cui tutti apparteniamo e da cui non possiamo distaccarci, perchè sarebbe contro la cultura democratica e politica che sin dall’Assemblea Costituente venne delineata nel nostro Paese, per non parlare dell’importanza di un progetto comune tra gli stati europei, per una situazione di pace e collaborazione, risultato avidamente cercato nella Storia, dopo due conflitti mondiali che hanno devastato territori, popolazioni e dignità delle nazioni coinvolte.

    Che sia la bandiera dell’UE o quella della Regione Lombardia, non fa la differenza: pensare che il simbolo di una regione, dietro cui ci sono non Formigoni, Zambetti e gli altri inquisiti e condannati del Consiglio Regionale, ma cittadini che dietro quel simbolo si riconoscono. Si riconoscono, non come mero atto politico-scissionista (vedi Lega), ma come collettività che concorre allo sviluppo sociale ed economico della Nazione. Stessa cosa vale per quella Europea. C’è un Europa dell’austerity e c’è un Europa dello sviluppo, della cultura e dell’Erasmus “senza se e senza ma”. (altro…)