71 anni fa, i nazifascisti in preda al panico e allo stesso tempo presi da una furia disumana, a causa della fuga verso il nord causata dagli alleati e dai partigiani, arrivarono a Marzabotto, in Emilia. Dovevano essere di passaggio ma distrussero tutto ciò che incontrarono e decisero, quindi, di radere al suolo quel paesello. Raffiche di mitra. Caddero anziani, bambini e donne. Un totale di 800 esseri umani. Molti uomini (adulti) erano distanti, per combattere e resistere, trovarono al ritorno solo carcasse e sangue.
Ricordo con amarezza un racconto, letto non molto tempo fa, in cui si descriva l’orrore ritrovato tra le quattro viuzze di quel centro abitato. Corpi trivellati, altri impiccati agli alberi e trattati come bersagli di tiro. Un’immagine terribile non riesco a cancellare dalla mente: una donna, incinta, uccisa e appesa ad un albero. Come se non bastasse, per l’aver spezzato due vite in una, i nazifascisti sventrarono quella donna, facendo fuoriuscire il feto e macchiando di sangue, indelebilmente, la dignità di quella donna.
Oggi festeggio il 25 aprile con questa lettera, scritta da Franco Balbis*. L’ho letta, per la prima volta, nel libro di Aldo Cazzullo “Possa il mio sangue servire”, da cui, peraltro, trae il titolo.
La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!
Franco Balbis*
*Di anni 32 – uffìciale in Servizio Permanente Effettivo – nato a Torino il 16ottobre 1911 – Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d’Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1aClasse – all’indomani dell’8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino – è designato a far parte del 1°Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi edi collegamento -. Arrestato il 31 marzo I944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 alPoligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano eGiuseppe Perotti -. Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al ValorMilitare.
Non so cosa mi stia prendendo, eppure sono ben cosciente delle mie possibilità e dei miei obiettivi. Non riesco a capire perchè questo 2011 ha come mio primo pensiero i 150 dell’Unità d’Italia.
Ho una gioia immensa nel sapere che questo anno sarà un periodo speciale per il nostro Paese, 150 anni di stare insieme, 150 anni di condivisione di obiettivi, 150 anni di sconfitte e di vittorie, 150 anni di problemi sociali, 150 anni di speranza civile, 150 anni di Storia, la Storia con la S maiuscola, un arco temporale che ha segnato le vite di tutti noi, e forse il destino del mondo intero.
La voglia di conoscere, di approfondire, di apprendere cosa realmente è accaduto in questi 150 anni di Italia, mi hanno spinto ad avvicinarmi a testi storici che testimoniano non solo gli avvenimenti ma anche gli umori della gente di quel tempo, la gente del nostro passato, della nostra neo Italia.
Torino, Firenze, Roma, sono 3 tasselli importanti, 3 solchi profondi che hanno indirizzato la cultura del nostro tempo e della nostra Nazione.
Quanti hanno dato la loro vita per realizzare il Sogno? Quanti hanno combattuto e hanno trovato la morte in battaglia? Sulle montagne? Sulle colline e sulle pianure della nostra penisola?
Abbiamo sofferto parecchio, ma l’abbiamo fatto da Italiani, indipendentemente se monarchici o partigiani, l’importante è che desideravamo essere un paese unitario. Al Sud, la Resistenza non è mai stata vissuta realmente, il Sud era prevalentemente monarchico quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia fece i conti con gli occupanti e la cultura che portavano dietro di se.
L’Italia nella sua Storia, dovrebbe ringraziare la sorte, dovrebbe ringraziare il fatto di essere stata occupata dalle truppe anglo-americane, portatrici di una cultura democratica e di libertà individuale, simbolo madre degli Stati Uniti d’America.
Tante è l’emozione che mi provocano questi festeggiamenti, io festeggio con sincerità i 150 anni dell’Unità d’Italia, pur essendo in vita da soli 17 anni, mi sento italiano da sempre e, a differenza di chi denigra il Paese, ne vado fiero e potrei gridarlo nel mondo, senza vergognarmi.
Non mi vergogno affatto perchè, da quando ho appresto e costruito una mia coscienza critica, combatto ogni giorno contro il malessere e il ripudio sociale che c’è intorno. Non mi vergogno perchè ho il coraggio di dire che la politica italiana ha distrutto un’immagine bellissima di questo Paese e che personaggi del calibro di Bossi e Berlusconi, farebbero bene a smammare dalla loro posizione istituzionale, perchè è proprio quel sistema politico che loro occupano ad essere stato sudato con il sangue da chi volle l’Italia unita. Gli errori inimmaginabili di questi due esponenti politici e tutti i loro segugi al seguito, sono proprio l’aver, uno, denigrato e violentemente descritto gesti associati al Tricolore Italiano, aver fatto distinzioni tra settentrionali e meridionali, aver creato un partito che ha come principale obiettivo quello della secessione e della nascita della “Padania”, territorio corrispondente alla valle oltre il Po, terra italiana che ha conosciuto la Resistenza e il sangue di chi ha sofferto ed è perito per dare la possibilità che il Tricolore potesse sventolare dai balconi delle abitazioni e dei monumenti. L’altro, per aver stretto alleanze con certi personaggi e, oltre tutto, per i suoi gravissimi errori politici, giudiziari e sociali, che hanno messo il Paese in una grave situazione, diplomatica, d’immagine e di crescita.
Il Presidente della Repubblica, garante dell’Unità Nazionale, ha espresso a Reggio Emilia le sue considerazioni in merito e non posso non trovarmi in completo accordo con quanto ha affermato. E’ giusto reagire a tali comportamenti, perchè faremmo del male non solo alla Storia e al ricordo dei patrioti italiani, ma faremmo del male alla nostra libertà, alla nostra appartenenza, al nostro senso civico e al nostro futuro.
Tornerò ancora a parlare dei 150 anni dell’Unità e con grande piacere.