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  • Dopo il risultato del Referendum popolare tenutosi il 12 e 13 giugno (non il 13 e 14 giugno come aveva detto il TG1), si è aperto uno scenario profondo ma ancora più pauroso, all’interno della politica italiana. Stranamente, il caro e vecchio Di Pietro ha scaricato, sul ciglio della strada, il segretario del PD Bersani quando, visto il risultato, aveva palesemente dichiarato che il Governo era isolato e che quindi prima della verifica parlamentare, tanto attesa da tutti, doveva dimettersi, perchè ormai priva di collegamento con la vera espressione della maggioranza degli italiani.
    Ma guardiamo nel dettaglio la situazione: si direbbe che i 4 quesiti referendari erano tutt’altro che contro la persona del Presidente del Consiglio, quale B., tranne l’ultimo, quello sul legittimo impedimento, una noiosissima legge ad personam voluta espressamente dal Cavaliere. Le altre tre domande abrogative riguardavano la politica dell’Esecutivo, sulla quale il Parlamento ha discusso per molto tempo, per non parlare dell’opinione pubblica, scossa da provvedimenti paurosi, ma così tanto paurosi che alla fine Tonino (Di Pietro) ha deciso di avviare una raccolta firme, parallelamente a quella dei comitati promotori dell’Acqua Bene Comune e NO NUKE.
    Pur ritrovandomi nelle parole del Presidente dell’IdV, alla luce dei risultati della consultazione, pari al 57% del quorum (compresi gli italiani all’estero) e con un 95% di “Sì”, quando dice che la vittoria non è del centrosinistra ma del Popolo Italiano che, indipendentemente dal colore politico (ricordiamo che molti leghisti e simpatizzanti ed elettori del PdL si sono recati alle urne), ha espresso un giudizio su 3 argomenti fondamentali per la vita e per il futuro del nostro Paese. Concludendo con un boicottaggio giornaliero alle richieste di dimissioni del Governo, anche se a mio parere le dimissioni sono sinonimo di fallimento e poichè il Governo ha fallito sul piano politico, Berlusconi o no, attacco personale o no, se il Governo viene bocciato su argomenti di grande rilevanza, come il piano energetico nazionale, la gestione delle risorse pubbliche e la giustizia, mi chiedo cosa trattenga la squadra di B. a rimanere lì, o meglio, chi legittima la loro permanenza nelle file governative.
    Come se non bastasse, ora l’ipocrisia intrisa di una disgustosa bugiardaggine invade gli animi dei ministri che, con fare svelto e pimpante, si parano il sedere dicendo che ogni cittadino era stato lasciato libero di scegliere e che, senza rimpianti, verrà abbandonato il nucleare e incentrate le risorse finanziare per lo sviluppo delle rinnovabili. Mi chiedo che fine abbiano fatto tutti i “Romani”, “Scajola”, “Berlusconi” e i “Giannino” che osannavano l’atomo come unica fonte di energia certa, pulita ed economicamente vantaggiosa.
    Ma la situazione mi preoccupa sul piano “popolo-politica”: i diversi comitati si sono dimostrati motore trainante a favore del quorum ma dobbiamo necessariamente dire che la gente politicizzata e coerentemente allineata con le volontà dei diversi partiti sostenitori del referendum c’erano ed erano anche (forse) la maggior parte. Dire, adesso, “i partiti alla larga” mi sembra un po’ eccessivo anche se, oggi come oggi, nessuno meriterebbe un posto in prima fila per prendersi i complimenti per questo risultato, viste le diverse cadute di stile di certi personaggi ben noti a tutti, appartenenti ai partiti di centrosinistra. Ma ricordiamoci che ciò che non va non sono i partiti, ma come vengono fatti questi partiti e il modo di gestirli. La politica è palesemente nata per essere sviluppata da gruppi di persone, associate per ideologie, modi di pensare e di vedere il futuro della nazione. Ipotizzare una politica senza partiti mi lascia pensare ad una prossima anarchia parlamentare, dove all’interno delle due Camere si saranno persone senza un minimo di coordinamento o strapiene di demagogia allo stato puro. Ribadisco ancora una volta la mia volontà nel vedere certe persone appese al cappio democratico (trombate alle elezioni o alle primarie) e rimettere in piedi un progetto nuovo di politica, prima di tutto, e poi di Paese.

  • Dopo quasi due settimana di inattività, torno, dopo aver concluso la scuola. Ieri ho visto Annozero, l’ultima puntata di un programma che da 5 anni riempiva i giovedì degli italiani, condotto da Santoro e dal suo staff, un programma che ha visto fulmini e saette cadere sulla propria testa.
    In questo momento così triste per la democrazia non ho fatto a meno di notare, con mia desolazione, che questa bagarre era intrisa di un’incapacità di autocontrollo e di eleganza che ormai sono un’opinione bella e buona per tutti i politici, tranne qualche eccezione, ovviamente.
    La colpa più grande va data ai cittadini che sono ormai immuni e indifferenti dinnanzi a queste oscenità che, come ovvio che sia, arrivano anche all’esterno del nostro Paese e arrivate al di là dei confini nazionali, diventano oggetto di derisione e di critica verso l’Italia.
    C’è l’incapacità del dialogo. Nessuno più riesce a far valere le risposte senza gettare insulti sugli altri e sulla povera gente. Quando un politico di destra si vede offeso, raggirato e deriso dal pubblico, dall’opinione pubblica, non pensa all’ipotetico caso di aver detto una stronzata o di aver fatto qualcosa di incoerente, tanto da far scompisciare la gente dalle risate. Niente di tutto ciò, la colpa è dei comunisti. C’è da ringraziare sul fatto che nessuno rievochi i fascisti, perchè se la sinistra chiamasse fascisti tutti coloro che sbeffeggiano le ideologie riformiste e soprattutto criticano i magistrati, veri tutori della nostra giustizia, allora non farebbero che chiamare per nome una parte politica ormai vuota di senso e di rispetto verso le istituzioni e verso il Popolo e la dignità di un Paese ormai in ginocchio.
    Le conseguenze saranno gravissime, ma ormai peggio di così ci meriteremmo solamente il fallimento dello Stato e la ricostruzione di esso su una base di valori che vanno contro tutto quanto il modo di fare, oggi, politica e di avviare la propria attività di cittadino.
    Se c’è una persona che ho imparato ad odiare è quel Ministro su misura di Brunetta che con quella faccia da coniglio imbottito di segatura cerca di allontanare lo sguardo degli italiani dalla responsabilità del Governo Berlusconi in merito ai problemi di questo Paese che, ormai da tempo, attanagliano il nostro territorio. Ciò che rende ancora più evidente il fallimento di Berlusconi è la durata del suo spettacolo sulla scena politica italiana: lui è ormai un protagonista della politica da ormai 20 anni e i problemi più gravi sono stati tirati in ballo da 10 anni a questa parte, con serie questioni di gestione delle attività amministrative. La sinistra ha la colpa di non essere stata in grado di consegnare nelle mani dei cittadini un progetto valido per il Paese, un’alternativa di governo che avesse l’aria di una risoluzione migliore alla bozza di distruzione che Berlusconi & Co. avevano e hanno tutt’ora nelle loro scrivanie di pelle e camoscio.
    Per buttare giù una muraglia, o scalpelli pietra per pietra, oppure speri in un intervento divino, come un terremoto ed invoco il terremoto della democrazia, che riesca a demolire la fortezza del berlusconismo, perchè il Referendum non sia contro Berlusconi, ma sia a favore della democrazia e dell’autoconsapevolezza che è di natura contro Berlusconi e la sua filosofia di vita.

    Il 12 e 13 giugno, vota 4 Sì per il Referendum.

  • Volevo lasciare il mio parere per quanto riguarda le Amministrative di quest’anno. Sono state un’esperienza bellissima, interessante e soprattutto capace di trasmettere la voglia di rimettersi in gioco e di riscoprire quei valori e quei sogni che da fin troppo tempo, avevamo lasciato nel cassetto, chiuso a chiave con il berlusconismo dissennato che attanagliava la nostra società e il nostro essere.
    La situazione paradossale che ha dato la possibilità di far assimilare al centrosinistra, quella voglia di rimettersi insieme e di abbattere definitivamente il vero cancro del nostro Paese, a differenza di ciò che afferma B., dove per lui il male più grande è la magistratura, unica vera fonte di garantismo in questa Italia dalle mille sfaccettature, è il berlusconismo e tutto quanto il sistema che esso comporta.
    Ma la vera fonte da cui dobbiamo trarre insegnamento è il messaggio con cui i cittadini hanno accompagnato le elezioni dei diversi sindaci, soprattutto quelli di centrosinistra: “Noi siamo qui. Controlleremo tutto quello che farete e se ce ne sarà bisogno saremo in piazza a dire la nostra, a proporre una visione differente dalla vostra”. Tutto questo non può che inorgoglirmi di essere italiano. A tutto questo, sembra strano, va dato indirizzo di nascita proprio a lui, B., che dopo aver preso per i fondelli gli italiani per ben 20 anni, ora la società civile si è svegliata e ha dichiarato il suo massimo stato di allerta e la sua attenzione verso la politica, inserendo progetti innovativi ma soprattutto con la capacità critica e sostanzialmente coerente con tutto quanto il movimento di cittadini, uomini, donne, ragazze e ragazzi, che dal primo istante hanno gridato un NO a questa farsa che fino ad ora si presentava come la vera politica.
    Il colore arancione è il simbolo di un cambiamento radicale e di speranza, l’Italia passa dal celeste e rosso, all’arancio, un colore che nasce dalla fusione di due colori primari, due colori che simboleggiano qualsiasi aspetto brillante di una politica che sta cambiando.
    Milano, Napoli, Cagliari e tutti gli altri comuni in cui il centrosinistra è riuscito ad abbattere Berlusconi e i suoi candidati sono solo l’inizio. Cambiamo veramente, vogliamolo, decidiamo il nostro futuro. Noi siamo qui, ci impegneremo ogni giorno. Forza! Ci siamo quasi!
    Il prossimo appuntamento è il 12 e 13 giugno, in tutta Italia, l’ultima scossa a questo Governo: IL REFERENDUM! Votiamo i 4 quesiti, con un sonoro “Sì”, per abrogare le leggi porcata che questa, ormai non più, maggioranza vuole consegnare al futuro di questo Paese. Noi lo impediremo.

  • La democrazia ha i denti di carta. Riesce a mordere al primo colpo, ma in difesa è debole. Eravamo partiti in quarta, ce l’avevamo messa tutta e alla fine avevamo raccolto firme e informato milioni di cittadini, tutti quanti per il referendum sull’acqua, sul legittimo impedimento e sul nucleare, ma ora qualcosa è andato storto. Non credo che sia oggetto di stupore l’attività che il Governo sta portando avanti per disintegrare la fortezza popolare sulle decisioni abrogative come appunto il Referendum. E’ evidente che la situazione porti ad un’unica soluzione: pretendere di votare comunque l’abrogazione delle leggi in vigore o di cambiare (in tempo) il Referendum da abrogativo a consultivo. Perchè non farlo? Perchè non provarci? E’ senza dubbio la via migliore. Non possiamo dipendere dalle voglie di Berlusconi, che peraltro conosciamo molto bene e sappiamo essere contro qualsiasi forma di intromissione democratica.

    Se il Referendum diventasse consultivo, riusciremmo in 2 mesi a impiegare meno lavoro di quello che stiamo facendo ora, per un semplice fatto: il Referendum abrogativo ha quell’anomalia di dover votare SI per dire NO e molte volte le persone anziane o poco informate comprendono il contrario, votando diversamente da quello che pensano. Perciò diventerebbe il semplice, ma non banale: “Volete il nucleare in Italia? SI o NO?”, “Volete l’acqua pubblica in Italia? SI o NO?”, “Volete garantire il legittimo impedimento ai membri del Governo? SI o NO?”. Credo che basterebbe un semplice ragionamento, applicabile anche da un bambino di scuola elementare, per capire cosa è meglio votare, il giorno delle urne.

    Purtroppo questo è un blog “di provincia”, mi piacerebbe che questa idea arrivasse anche a chi ha raccolto le firme, a chi ha speso tutto se stesso per organizzare raccolta adesioni in tutta Italia e che oggi ha costituito i comitati referendari, i coordinamenti di propaganda per il SI (vi ricordo che ci sono 4 SI per questo Referendum, considerando anche quello sul Nucleare. Parlo del SI per l’abrogazione dell’atomo, uno per il legittimo impedimento, due per l’acqua pubblica). Sarebbe una contromossa sensazionale, potremmo mobilitare le parti sociali e farcela. L’unica cosa che bloccherebbe il tutto sono le schede già in stampa, ma visto che a sprechi andiamo abbastanza forti, credo che uno spreco, per una battaglia nobile come questa, sia più che giustificato.

  • Inizio questo mio pensiero sull’acqua con una citazione, un proverbio meridionale, antico che racchiude il senso e l’importanza dell’elemento naturale più potente, utilizzato da Dio nel Giudizio Universale, dagli uomini per dissetarsi e dagli agricoltori per irrigare i campi: “Senza acqua il mulino non macina”.

    Parole piene di saggezza storica, ma custodi di un’immagine profonda ed indiscutibile di ciò che l’acqua è ai nostri giorni: sostanza indispensabile per l’umanità, ingrediente onnipresente nel cibo e nella preparazione culinaria, fonte di vita e di crescita di piante e quindi della fauna e di tutti gli esseri viventi di questo pianeta. Siamo nel 2010 e l’importanza di questo elemento viene evidenziato dalle continue ricerche di esso su Marte, perchè la legge naturale parla chiaro: acqua si = vita; acqua no = il nulla. Nel processo di crescita dell’ecosistema, ma soprattutto della capacità umana di imprimere  sempre di più, la sua impronta in un ciclo vitale così complesso ma allo stesso tempo di grande fragilità, processi gravosi pendono sulla testa dell’intera esistenza terrestre: ovvero il provesso di desertificazione dei territori internati e delle coste, inquinamento delle acque a causa delle discariche sottomarine e dei versamenti abusivi (e non) di rifiuti altamente tossici nei nostri mari, nei nostri fiumi e nei nostri laghi. L’acqua è un dono di Dio, non è l’uomo a produrla, se si inquinano i siti di prelievo, da dove prendiamo i quintali e quintali di quel liquido limpido che scorre nelle tubature delle nostre case e che compriamo nei supermercati, imbottigliato ed etichettato? Per giunta, la questione nucleare, rivolta allo smaltimento delle sue scorie: gli stoccaggi, sotto i monti, inquinano le numerose falde acquifere, fonte di inestimabile valore.

    Tanti i problemi, ma tanti sono anche le mobilitazioni internazionali a favore della salvezza dell’acqua: da GreenPeace, al WWF, da Legambiente fino ad arrivare alla Comunità Europea, con la sua piattaforma istituzionale contro la desertificazione.

    Anche se l’acqua ricopre circa il 70% della superificie terrestre, quella dolce e quindi quella potabile è scarca e continua a diminuire: il cambiamento climatico ha portato alla non formazione di ghiacciai sui monti con la stessa quantità di sempre, i letti dei fiumi sono aridi e non permettono il flusso dell’acqua, tanto da aridire i laghi. Altra spina nel fianco è senza dubbio l’inquinamento atmosferico, che a causa del continuo annidarsi di gas e polveri nell’aria, precipitano piogge acide e pericolose non solo per le piantagioni ma anche per il versamento di esse nelle acque incontaminate.

    Nel nostro Paese questo dilemma c’è, ma a dar fastidio non sono solo le condizioni naturali, ma l’incompetenza della politica di affrontare e garantire il servizio idrico autonomo nel territorio. Ci sono zone in cui l’acqua affronta un ciclo complesso di depurazione, trasporto e immissione nel condotto dell’acquedotto.

    “Acqua bene comune” così si intitola il famoso comitato referendario nazionale a favore dell’acqua pubbica, nato per far fronte ad un abuso da parte della politica di creare profitto dall’oro blu.

    E’ per questo che bisogna affrontare la questione “natura ed inquinamento”, altrimenti tra un centinaio d’anni prenderemo l’acqua da Marte (sempre se la troveranno).