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  • Il testo integrale pronunciato da Sergio Mattarella a Montecitorio durante la cerimonia di giuramento come presidente della repubblica.

    Signora presidente della camera dei deputati, signora vice presidente del senato, signori parlamentari e delegati regionali,

    Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle regioni qui rappresentate.

    Ringrazio la presidente Laura Boldrini e la vice presidente Valeria Fedeli.

    Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto.

    Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari.

    A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani. (altro…)

  • SEL e M5S, quasi sicuramente – stando a dichiarazioni provenienti da Montecitorio – voteranno sin dal primo scrutinio (29 gennaio) Romano Prodi, come successore di Giorgio Napolitano, al Quirinale.

    Una mossa che, se colta in tempo, potrebbe riequilibrare il Parlamento e tutte le Istituzioni, garantendo l’elezione di un Presidente della Repubblica a grande maggioranza (servono 672 voti), forte della sua elezione al primo turno. Perciò, PD, non pensarci due volte e basta 101.

    In questo caso, perdonatemi, ma Berlusconi lo lascerei sul ciglio della strada.

    Ps. Proponete Gianni Letta e mi incazzo.

  • Giorgio Napolitano si è dimesso ieri, dalla carica di Presidente della Repubblica. La più lunga presidenza della Storia repubblicana.

    Adesso, tutta la politica sarà impegnata a scegliere il/la suo/sua successore/succeditrice. E voi, chi vorreste vedere salire al Quirinale?

    Max. 3 risposte

    Chi vorresti come Presidente della Repubblica?

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    Ps. Altre preferenze? Commentate!

  • A Virus, su Rai 2, il programma condotto da Nicola Porro, è stato ospite in studio Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Tutto normale. Ancora più normale che i giornali riportino sue citazioni sulla grazia presentata per Berlusconi al Quirinale.

    Quando in un titolo di giornale c’è Quirinale e un nome di un mafioso che compongono una frase di senso compiuto, il problema è più che grave. Ma, in fondo, siamo in Italia e per il 60% delle volte discutiamo e ci tiriamo i capelli sulla cacciata di un condannato dal Senato, anziché parlare di lavoro ed economia.

  • Non leggo un intervento del genere da molto tempo, ma Walter Tocci ha saputo rimediare con le parole pronunciate all’assemblea dei senatori del PD. Vi riporto il testo e vi invito a leggerlo con molta attenzione.

    C’è un paradosso. Abbiamo successo in virtù dei nostri demeriti. Abbiamo fatto il governo a causa di uno sbaglio. Oppure abbiamo sbagliato per fare il governo. Rimane il dubbio che i 101 non fossero scavezzacolli indisciplinati ma lucidi strateghi che volevano fare il contrario di quanto avevamo raccontato agli elettori prima e dopo il voto.
    Già avevamo ottenuto il premio di maggioranza con una campagna elettorale sbagliata. Come ha detto il presidente Napolitano, quel premio lo abbiamo sprecato; forse proprio perché non lo avevamo meritato. Vincere per demerito può avere effetti devastanti se nell’euforia si dimenticano i propri difetti, ma può essere una fortuna se si dimostra di saper cambiare se stessi. Dovremmo farlo in tre direzioni: servizio per il Paese, sincerità tra noi, apertura verso gli altri.

    Servire il paese significa oggi volerlo cambiare. Adesso non ci sono più alibi, non è più consentita a nessuno la propaganda, ci troviamo sotto i riflettori in una competizione con la destra sulle soluzioni più efficaci per uscire dalla crisi. Qui si parrà la nostra nobilitate. Ci vuole cultura di governo, non a parole, ma nella capacità di entrare in connessione con la realtà del Paese, con i suoi drammi e con le sue risorse. Siamo ricorsi ossessivamente alle primarie, nascondendo la debolezza del nostro progetto per il Paese. Ce la siamo cavata dicendo “un po’ di equità e un po’ di lavoro”, ma non poteva bastare nel cuore della più grande crisi del secolo. I nostri 8 punti sono stati tardivi e sbrodolati in 80 microproposte tecniche; mi ha ferito ricevere dai nostri elettori mail che mi riscrivevano il testo in stile più leggibile. Berlusconi, invece, ha calato con chiarezza i suoi assi sul tavolo, che ci piaccia o no, dall’Imu all’attacco all’austerità europea, mentre noi facevamo la retorica dei compiti a casa.

    Ora dobbiamo fare meglio, elaborare proposte innovative e coraggiose nei diversi campi, sulla creazione di lavoro soprattutto. Dobbiamo essere in grado di coinvolgere grandi investitori, anche istituzionali, su progetti per la green economy, la mobilità, i servizi digitali, i beni culturali. Quando sento parlare in commissione i miei amici Santini e Sangalli, oppure quando leggo gli articoli di Mucchetti e Guerrieri, mi inorgoglisco di far parte di un gruppo così ricco di competenze. Ma spesso nel partito non vengono utilizzate tutte le risorse disponibili, e alla fine le proposte ufficiali escono flebili, incerte e difficili da comunicare. Proviamo, come gruppi parlamentari, ad aiutare il governo con iniziative di qualità. Vi ho inviato un disegno di legge sul finanziamento dei partiti elaborato con Pellegrino Capaldo, una personalità lontana dal Pd che ci ha dato il suo contributo con molto piacere. Modifichiamo come volete quel testo, ma non restiamo ancora in silenzio su una questione ormai cruciale per la nostra credibilità verso l’elettorato.La sincerità tra noi è quanto mai necessaria dopo lo smacco nella vicenda del Quirinale. Anche nelle famiglie più litigiose, di solito, dopo un lutto sgorga una franchezza imprevedibile, si sciolgono vecchie ruggini e si aprono i sentimenti a nuove solidarietà. Spero possa valere anche per noi. Dobbiamo guardare in faccia quello che è successo. C’è stato il collasso della classe dirigente del Pd. Con una sequela di scelte sbagliate negli ultimi sessanta giorni. A cominciare dalla prima, la madre di tutte le altre, cioè la pretesa di candidare premier Bersani pur avendo perso le elezioni. Ho detto a tempo debito che non ero d’accordo e molti in direzione la pensavano allo stesso modo, ma sono rimasti in silenzio; quanti guai ci avrebbe risparmiato un po’ di sincerità.

    Non ho condiviso questa catena di errori e non posso condividere neppure la scelta obbligata che da essi discende. Questo è il senso del mio voto contrario qui alla deliberazione del gruppo dei senatori Pd sul voto di fiducia. Poi domani voteremo insieme a sostegno del governo Letta. Non ho mai avuto dubbi su questo. È stato solo penoso dover sentire aitanti giovani che fanno la lezione proprio a me sul centralismo democratico per far vedere ai loro capi che hanno il pelo sullo stomaco. Non si possono accettare ramanzine dai professionisti delle sconfitte. Ci vuole sobrietà e modestia in questi tempi difficili. Chi è stato in prima fila ha perduto l’autorevolezza: dunque ci risparmi almeno l’enfasi autoritaria, si metta alla stanga umilmente, e ascolti più di quanto non abbia fatto prima. Se il governo è di servizio, tanto più devono esserlo le funzioni dirigenti nel partito. Chi si trova a ricoprirle – a tutti i livelli – deve essere consapevole della loro natura provvisoria, in vista di un congresso che dovrà cambiare radicalmente la classe dirigente. Stavolta secondo i meriti, per i giovani come per gli anziani. Si deve andare avanti in carriera per i risultati raggiunti e non per gli errori commessi.

    Siamo tutti responsabili, anche io assumo la parte che mi spetta. Ma ne hanno di più coloro che hanno comandato in questi due mesi, negli ultimi due anni e negli ultimi venti anni. Se siamo a questo punto, dobbiamo dirci la verità: Berlusconi ha mostrato un’intelligenza tattica superiore a quella del nostro stato maggiore. Non ha sbagliato una mossa: solo cinque mesi fa era nella polvere; ora i nostri errori lo hanno fatto rinascere come statista, ed è successo tante altre volte in passato.
    Purtroppo le dimissioni del Papa non sono l’unico pronostico azzeccato da Nanni Moretti. Quando venne alla memorabile chiusura della campagna elettorale, all’Ambra Jovinelli, volle aiutarci smentendo la profezia di dieci anni prima, che però si è avverata comunque: con questi dirigenti non abbiamo mai vinto.

    L’apertura verso gli altri sarebbe preziosa. Eppure, anche nella bufera, sopravvive ancora il bilancino Cencelli delle vecchie correnti DS e Margherita. È stato usato perfino nella composizione del governo in queste ore complicate, anche se i nostri ministri sono persone di grande qualità, alcuni anche carissimi amici, e colgo l’occasione per rivolgere a tutti loro un affettuoso augurio di buon lavoro. È importante la novità di competenze, di giovani e di donne. Forse chi ha armato la mano di un folle voleva oscurare la novità, almeno su questo, di un governo diverso dal passato. Il ceto politico Margherita e Ds ha capito che deve rinnovare le persone, ma vorrebbe conservare il suo monopolio nella gestione del partito. Queste tradizioni dovevano fondare il Pd e invece lo hanno impoverito, lo hanno rinchiuso in se stesso, estraniandolo dalle forze più vitali del centrosinistra.
    Siamo arrivati al punto in cui un fondatore come Romano Prodi e un costituente della Carta di Nizza come Rodotà sono ritenuti estranei, sbattuti fuori dalla porta di una casa sempre più angusta. Fino a quando potremo sopportare che un gruppo dirigente perdente conservi se stesso?

    Il Pd doveva andare oltre l’Ulivo e invece ha tagliato il suo tronco originario. Ma il ceppo è ancora vitale e la linfa spinge verso l’alto. Il progetto ha funzionato tra i militanti e nell’elettorato, che è appassionato e intelligente. Sarà anche imbattibile, quando troverà una classe dirigente all’altezza del compito. Ma di questo riparleremo al congresso.

  • Mi ero promesso di dedicare in questo blog, soprattutto in un momento così intenso per la mia Città, in vista delle Amministrative, spazio alle problematiche di Noci e a quelle che sono le nostre soluzioni, le nostre prospettive. Lasciatemi però fare delle piccole osservazioni su una notizia che mi ha lasciato sconcertato: la candidatura di Franco Marini a Presidente della Repubblica.
    Ora, siccome il mio pallino è sempre quello e siccome al Quirinale non possiamo metterci chiunque ci passi per la testa, ritengo che quello che raffigurò Sandro Pertini a suo tempo – ruolo da collante tra società fortemente delusa dalla politica e quest’ultima, immersa nel marcio – oggi spetti a qualcun altro, qualcuno che sappia, anche solo con la sua elezione, calmare le acque di questa politica becera e di questo ondata di ribellione scarna di contenuti e ricca di voglia di cambiamento.

    Il Pd così si spacca, ormai ce lo dicono tutti e un tentativo di autoconvincimento non fa mai male a nessuno, certo è che fa male alla storia del nostro Paese e al centrosinistra. Cosa sarà successo in quell’assemblea che ha partorito il nome del ex Presidente del Senato? Bersani avrà preso un colpo di sole? Certo è che non è benefico per il Paese, per la politica, per il Pd.

    Dopo la grande mossa Boldrini-Grasso, ci tocca un Franco Marini che tutto è tranne sinonimo di rinnovamento e soprattutto la risposta che l’Italia si aspetta, almeno da questa mini-legislatura, che io chiamo “di servizio”.

    Vorrei porre fine a questa storia, magari con l’obbligo di mettere in streaming questi “conclave” e cominciare a comprendere le ragioni di tali risultati raccapriccianti. Soprattutto per capire cosa si voglia raggiungere minando l’alleanza con Vendola.

    Cosa dirà la gente, cosa penseranno i cittadini? Queste elezioni politiche dovevano essere il segnale di fumo, per avvertire che le cose stanno per rivoluzionarsi, che la politica deve fare 4 passi in avanti e 2 di lato, perchè procedere non basta, serve dignità e ascolto verso i cittadini e i loro bisogni. In questo momento, l’ascolto sarebbe stato di notevole aiuto.

    Il Movimento 5 Stelle, dopo il rifiuto della Gabanelli, presenta Rodotà, un nome che se pur appartenente ad un’altra era politica, rimane pur sempre un soddisfacente candidato a cui bisognerebbe dar peso, senza pregiudiziali nei confronti di chi lo propone, ma sempre con un occhio di riguardo al Paese.

    Personalmente avrei preferito un Romano Prodi, pacato, molto attento ai problemi economici, una persona che per il suo carattere sarebbe riuscita nell’intendo di riportare la politica a quello status di dialogo e lavoro. Ma se le cose sono messe così, allora io credo che Stefano Rodotà sia la carta da giocare.

    Marini no! Faremmo 10 passi indietro e dopo il 9° c’è il burrone.

  • Alzato di buon ora, questa mattina, vi lancio un messaggio che viene dalla notte e che trova conciliante un documentario sulla nascita della Repubblica Italiana e dei lavori della Costituente, con successivo excursus di tutti i Presidenti della Repubblica che, in questo momento (07:30) è in onda su Rai Storia.

    Cosa è successo nei giorni scorsi in Parlamento? Boldrini e Grasso sono semplicemente la risoluzione diplomatica di uno stallo o la loro elezione significa qualcosa di più? Beh, io credo che essere disfattisti non porti nessun vantaggio, sminuire un passaggio importante delle Istituzioni neanche.

    Le elezioni di febbraio hanno lanciato un messaggio importante alla politica: non si può più tentennare dinanzi alla necessaria e vitale propensione al rinnovamento e all’abbattimento di vecchie logiche partitiche. Alfano dice si ad un governo del PD se al Quirinale andrà uno di loro. Se dovessi essere il soggetto preposto a rispondere al segretario del PDL, direi senz’altro che un partito che sfila davanti ad un tribunale per difendere il suo fondatore, non può accedere ad una carica di garanzia istituzionale, in un momento così delicato per la politica italiana e per il Paese, in ogni suo angolo.

    E le giovani generazioni quale ruolo hanno in una fase così delicata? Pensare, oggi, che il rinnovamento abbia trovato il suo appagamento nell’elezione di deputati under-35 è superficiale. Io non credo che sia finita qui, io credo che mai si sia attenuata la responsabilità di noi giovani verso il futuro dell’Italia e verso ogni singolo territorio che ci vede protagonisti, attivi su ogni tema a noi caro, ma che incontra per la sua strada l’indifferenza di molti, non solo, però, di ragazze e ragazzi, ma soprattutto di donne e uomini che credono di non avere tempo per ascoltare una idea nata da un giovane.

    Io continuo ancora a guardare il documentario sui Presidenti della Repubblica. Vedere l’Assemblea Costituente che lavora incessantemente per dare al nostro Paese la Costituzione, mi emoziona. Vedere personaggi come De Nicola, Einaudi, Gronchi o Pertini, Ciampi ed in ultimo, Giorgio Napolitano, mi lascia pensare che quel ruolo spetti a persone che si sono distinte per la difesa dell’Ordine dello Stato e della dignità del Paese. Non pensa serva altro per spezzare le gambe a chi cerca di approdare al Quirinale dopo le numerose vicende che lo hanno visto protagonista.

  • Dopo le dimissioni di Mario Monti, dalla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, nominato dal Presidente della Repubblica, il 16 novembre dello scorso anno, in sostituzione dell’allora dimissionario Silvio Berlusconi, a seguito della crisi che travolse la sua maggioranza e il suo governo. A distanza di poco più di 12 mesi, l’Italia ha, ancora una volta, pendente sulla sua testa, l’incognita che accompagnerà il Paese alle prossime elezioni.

    Si candiderà o non si candiderà, fatto sta che, a mio parere, risulterebbe l’ennesimo individuo che, a contatto con la politica, si lascia trasportare, lasciando in disparte la figura di tecnico e di esperto, chiamato a risolvere i problemi della crisi economica in Italia.

    A seguire, nel post, il liveblogging di Repubblica.it, in diretta dal Colle, con tutti gli aggiornamenti sulle consultazioni tra Presidente della Repubblica e i capigruppo di Camera e Senato per chiudere definitivamente la pagina del governo tecnico.

    Nel pomeriggio, chiuse le consultazioni, Napolitano inconterà i due Marò, detenuti in India ma che per le vacanze natalizie hanno ricevuto la possibilità di poter passare suddetto periodo con le proprie famiglie.