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  • Quando si dice il caso. #101

  • Cosa provano i renziani a sentirsi dire, dal loro mito, che hanno bisogno di un Tso (Trattamento sanitario)?

    Quale può essere il senso di tale affermazione? Lo fa forse con la speranza che i renziani non si offendano ma che allo stesso tempo questo spinga la sua figura oltre il recinto della sua corrente? (perché Renzi ce l’ha la sua corrente nel PD, non diciamo cazzate!).

    Da lui vorrei sincerità prima di qualsiasi disegno del futuro dell’Italia.

    A disegnare l’Italia che vogliamo sono bravi tutti – ne sono passati di artisti dalla guida di partiti di centrosinistra – il problema sta nel mezzo: essere sinceri con la gente e finirla di lanciare slogan ad ogni occasione.

    Su molte cose sono d’accordo con lui: sugli erroracci fatti in campagna elettorale dal PD, su delle prospettive di sviluppo sociale, ma sulla sincerità ci tengo profondamente. Proprio perché non è da tutti.

    Matteo, cominciamo dalle piccole cose: che magari la sincerità ti aiuterà anche a capire il tuo ruolo nel PD e per il Paese, più di quanto tu possa immaginare.

    Ti auguro buon lavoro.

  • Stefano Rodotà e Maurizio Landini stanno progettando un nuovo soggetto politico che, di certo, non si presenterà in fretta e furia alle prossime elezioni (anche se su questo dubito che non ci sia un passo frettoloso, vista l’instabilità del governo). Potrebbe chiamarsi “Lavoro & Legalità” – così dice l’Espresso –  giusto per non farci mancare nulla, dopo “Sinistra Ecologia Libertà”, “Amnistia, Giustizia e Libertà”, ecc.

    Ma è un soggetto realmente necessario? È di questo che ha bisogno il nostro Paese? La crisi politica si risolverebbe? Potremmo tutti quanti giovare di questo nuovo soggetto? Dipende, sicuramente gli scottati dall’esperienza Ingroia, ma difficile da immaginare come catalizzatore di speranze e, soprattutto, di voti.

    A mio avviso non serve. Vorrei più che altro vedere Rodotà, Landini, Zagrebelsky al Congresso del PD e magari discutere lì, proprio in quello spazio così tanto additato come il principale responsabile della crisi della politica italiana e del centrosinistra ma che in realtà è strumento di grande cambiamento, se colto nelle giuste misure e soprattutto in tempo.

    Un Partito Democratico con più Rodotà e meno Fioroni, Bindi e Bersani (…) non è un Partito Democratico fallimentare. È giusto dirlo.

    Certo è che si parlerebbe di una partecipazione alla discussione interna per poi elaborare il PD da presentare ai cittadini, ma la prossima, immediatamente prossima (dovrebbe già essere così) classe dirigente del PD dovrà essere formata da volti nuovi, con nuove idee e una nuova chance.

    Ovviamente non dimentichiamoci delle tifoserie politiche, le sto odiando e ho paura che possano annullare il dibattito costruttivo al congresso, l’ho già detto e soprattutto non apprezzo i santoni da adorare, e di santoni ne abbiamo tanti, sia a livello nazionale che a livello locale. È così. Punto.

  • Che cadesse questo governo, sì, che cadesse! Se per rimanere in piedi non bisogna disturbare il fido Angelino (Alfano, ndr) – che qualche cazzata l’ha fatta sul caso kazako – io preferisco che si ponga fine a questa maggioranza (che non ho mai amato, sia chiaro).

    Il PD deve essere consapevole di una cosa: il Movimento 5 Stelle ha aperto su dei punti condivisi a cui il partito non può restare indifferente. Si aprano le consultazioni su una nuova maggioranza, Pd-SeL-M5S, così torniamo ad quadro politico chiaro (almeno di più rispetto all’attuale).

    Ormai l’art. 95 della Costituzione lo stiamo vedendo in giro, in queste ore, che dice pressapoco così:

    Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne e` responsabile. Mantiene l’unita` di indirizzo politico ed ammini- strativo, promuovendo e coordinando la attivita` dei Ministri.
    I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri [89].
    La legge provvede all’ordinamento della Presi- denza del Consiglio e determina il numero, le at- tribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri [971].

    Perciò ognuno si assuma le sue responsabilità e si ritorni a parlare dei problemi del Paese (che non sono pochi) altrimenti facciamo la fine di quando più che parlare della crisi economica e di come risollevare le aziende cominciammo a parlare di quante minorenni si era passato B. E daje!

  • Il Partito Democratico ne sbaglia una al giorno, ormai ho dimenticato l’ultima mossa azzeccata da parte dei dirigenti.
    Prima lo stop delle Camere, oggi il ddl che trasforma l’ineleggibilità in incompatibilità (chiaro riferimento a B.) presentato da Zanda (capogruppo dei democratici al Senato) e Mucchetti (presidente commissione Industria del Senato), la quale permette un margine di scelta, nell’arco di un anno, tra le due cariche incompatibili, in questo caso, riferito a Berlusconi, si tratta di scegliere tra fare l’imprenditore televisivo o fare il parlamentare.

    Questa è una chiara traslazione di quanto già accade per gli Enti Locali (basti pensare all’incompatibilità tra carica parlamentare e di sindaco di un comune di +20.ooo abitanti), ma come leggere tali atti parlamentari?

    Mi chiedo se i dirigenti del PD abbiano capito che, a dirla tutta, in questo momento, nella merda non c’è solo il Paese – che andrebbe aiutato nel migliore dei modi, soprattutto da chi siede in Parlamento – ma anche il PD che, dopo tutti i modi possibili per essere autoscreditato (riuscendoci alla grande), sta perdendo pezzi importanti, proprio quei pezzi che non dovrebbe assolutamente dimenticare: la base e i militanti, oltre che gli elettori.

    Mi chiedo cosa pensi il famosissimo e più volte citato “Popolo delle Primarie” ma mi chiedo, cosa più importante, se il “Popolo delle Primarie” ci sia ancora, dopo che tutto quello che era stato deciso e detto durante la campagna elettorale, oggi, è stato completamente ribaltato.

    Io aspetto la svolta al congresso, in autunno. E non è tutto scontato.

  • Mediobanca dice che all’Italia restano 6 mesi di autonomia e che dopo dovrà, necessariamente, chiedere aiuto all’Unione Europea per ricevere dei fondi per sostenere la spesa pubblica.

    La Guardia di Finanza, nella sua relazione sui primi sei mesi del 2013, afferma che 1 su 3 non fa lo scontrino e che oltre a sprechi della pubblica amministrazione, il privato non è da meno ed è proprio dai ristoranti, dai bar e dai negozi che l’esempio di cattiva cittadinanza si concretizza e sforna al mese 1 miliardo di evasione e di capitali catapultati all’estero (che ritorneranno se qualche politico “buono” attiverà lo scudo fiscale con trattenuta pari allo 0,000001% della somma, a differenza di altri paesi in cui si arriva tranquillamente al 50%).

    In quale direzione vogliamo andare? Qui c’è un Paese che è, nel suo subconscio, diviso a metà: da una parte i disperati, i disoccupati, i prossimi disoccupati, chi lotta per cambiare e migliorare le proprie condizioni di vita (e la lotta non è solo quella nelle strade, ma quella nelle case, tra le bollette e le spese per i propri figli). Dall’altra parte c’è l’Italia dei furbi, dei vigliacchi e dei pusillanimi, a cui appartiene una fetta consistente della nostra classe dirigente, dalle Alpi all’Etna, senza esclusione di nessun angolo del nostro Bel Paese.

    Con quanta credibilità, oggi, l’Italia si presenta come paese forte, capace di contrastare la crisi economica? La classe politica ha ottenuto quello che voleva: un ennesimo governo del presidente, con tanto di cariche e ministeri. Pur di ottenere una situazione di stallo politico istituzionalizzato, 101 parlamentari del Partito Democratico hanno avuto il coraggio di gettare a mare colui che ha reso, con il suo contributo, il PD possibile e dando loro la possibilità di essere lì, quel giorno, a votare il Presidente della Repubblica. Parlo di Romano Prodi. Aprendo al Governo Letta, frutto di una ennesima e sporca intesa tra PdL e PD, o meglio, tra Berlusconi e il PD, con tutti i rischi annessi e connessi (tra cui quello che oggi si palesa, nei ricatti quotidiani di un uomo ormai giunto alla disperazione e al delirio di immunità).

    Amareggiato e affranto da una situazione irreversibile che solo attraverso un radicale cambio culturale riusciremo a sconfiggere. Quella rivoluzione culturale che Grillo professava non c’è stata, ma nel panorama politico oggi sono presenti gli stessi personaggi di allora, solo adattati alla nuova situazione, e un movimento che si auto-distrugge, mandando a casa chi, tra i parlamentari, dissente nei confronti del leader e non chi ruba o sfrutta la politica per fare i suoi sporchi interessi.

    Se questo sarà il panorama politico dei prossimi mesi e forse dei prossimi anni, non sono assolutamente al servizio di tale politica, ma assieme a molti altri, che credono nella politica partecipata e soprattutto credono nel progetto del Partito Democratico, ricostruiremo le fondamenta di quello che doveva essere (e ancora non è) il partito popolare che doveva rivoluzionare l’assetto politico del nostro Paese. Al prossimo congresso? No, sarebbe troppo tardi. Bisogna incominciare da ora.

  • Sono certo di una cosa, quest’anno, chissà per quale assurdo miracolo, il Partito Democratico avrà nuovi tesserati, forse diminuiranno i riconfermati, non lo so.

    Tempo fa, parlando con un mio caro amico, mi ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a farsi la tessera al partito, quest’anno, per la prima volta: voglia di partecipare e soprattutto voglia di cambiare. Come se il desiderio di buttare il tavolo all’aria e di ricominciare fosse ormai una scelta dovuta, e così è, e così bisogna fare, perchè è giusto.

    Sono queste, le persone, che si intrufolano per depistare il risultato del congresso o delle primarie? Se il PD ha paura di questi ragazzi e queste ragazze che hanno intenzioni serie di dare il loro contributo al partito e di essere protagonisti e non più parte di un sistema periferico interpellato (per carità, almeno questo) durante le primarie.

    Bisogna assolutamente ribadire che il concetto di democrazia diretta non è di proprietà di nessuno e che il PD lo ha sviluppato prima del Movimento 5 Stelle e si potrebbe andare oltre, con le Doparie, a mio avviso da regolamentare ed istituire, una volta per tutte, finalmente. Un esempio di strumento poco valorizzato dai dirigenti del PD è il referendum sui contenuti e sulla linea del partito: l’altro giorno, mentre ero ad un incontro con il Rettore dell’Università di Bari e i Giovani Democratici della Puglia, discutevamo di come il PD non avesse una linea unica sull’università, tale da impedirci di essere chiari con la gente e la poca chiarezza, si sa, poco premia, e lo abbiamo visto. Io vi ricordo i 6 referendum sulla riforma fiscale, sul reddito minimo, sul consumo di suolo, sul matrimonio gay, sull’incandidabilità e sulle alleanze e da questo esempio bisogna ripartire. Non sarà un congresso a salvarci del tutto, non sarà un nuovo personaggio a salvare la natura del PD. Sarà la forza dell’interesse e della partecipazione e chi ha paura di questo, per favore, resti fuori dal Partito Democratico o smetta di fare il dirigente.

    Ps. giusto per ricordarcelo:

    La consegna della maglia di #OccupyPD a Romano Prodi
    La consegna della maglia di #OccupyPD a Romano Prodi
  • Mentre Epifani annuncia il Congresso PD entro l’anno, io propongo qualcosa di diverso da quella che è la tendenza nazionale: primarie  per eleggere, con e per i cittadini, i nuovi segretari di circolo del Partito Democratico.

    Più volte si è ribadita la necessità (sbagliata) di ritornare ad un congresso chiuso, fatto di tesi, falsi probiviri, ridando in mano alle correnti il potere decisionale su chi dovrà guidare (far rinascere) il PD nei prossimi anni. Quanto di più sbagliato ci possa essere.

    Si giustificano con l’altolà verso chi potrebbe cercare di intrufolarsi e depistare la linea del partito, ma come disse qualcuno, chi è quel pazzo che si vuole intrufolare nel PD con tutto quello che il PD sta passando? Mai qualcosa di più chiaro. Mai qualcosa di più necessario: la gente che comincia ad interessarsi al PD.

    Non dobbiamo avere paura di chi si “intrufola”, perchè un partito che teme il contributo dall’esterno o non ammette partecipazione che non sia radicata in 50 anni di correntismo, non è un partito e non può essere il PD.

    Dobbiamo riprenderci il partito e non possiamo assolutamente assistere all’ennesimo passaggio di consegne da una corrente ad un’altra. Siano i cittadini a decidere, così come decisero nel 2009, per la segreteria nazionale e regionale. Estendiamo le primarie anche per le segreterie locali, sia provinciali che di circolo. L’obiettivo è quello di creare anche primarie non autorizzate, perchè alla fine conta il risultato e non il metodo (in un certo senso), basta un gazebo e dei moduli prestampati con i nomi dei candidati. Il congresso lo si farà per le strade e non in una saletta chiusa. Ci guadagneremo tutti, perchè l’obiettivo è quello di invertire la rotta e portare alla fase nazionale la volontà degli elettori, dei cittadini.

    Credo che se l’onda che travolgerà il Partito Democratico, nella sua fase congressuale, sarà frutto della partecipazione democratica e non delle ennesime lotte tra correnti e/o nostalgici delle vecchie sigle, beh, il PD starà facendo il passo giusto per trasformarsi in quello che si è sempre professato di essere: un partito popolare, aperto, al passo con i tempi e in grado di rigenerare nuova linfa per la politica del Paese. Ora più che mai serve partecipazione. Ora più che mai dobbiamo pretenderla. Ora più che mai il PD non può chiudersi in se stesso. Ora più che mai il PD deve diventare il PD.