Tag: Partito Democratico

  • Non ho alcuna intenzione di fare campagna elettorale al fianco di chi ho combattuto e continuo a combattere sul piano politico e umano (perché è anche di questo che si tratta).

    NCD in Campania pare abbia stretto un accordo con il PD e mi è parso di leggere anche il nome della mia Regione. L’ho letto oggi su Il Manifesto e spero sia un errore del giornalista. Lo spero.

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  • Per il resto abbiamo tutto. Non ci manca niente.

    Lo dicevo ieri, lo dico oggi: sono d’accordo con Andrea Baldini, coordinatore nazionale dei Giovani Democratici. Certo, andrebbe argomentata l’ultima affermazione sulle “critiche strumentali”, ma per il resto non fa una piega.

  • Con quello che dice Andrea Baldini, coordinatore nazionale dei Giovani Democratici.

  • Mi sono vergognato un po’ per quello che è successo ieri. Ho visto trionfare la retorica; ho visto scalfite due colonne portanti del mio modo di intendere l’impegno in politica: la vicinanza alle esigenze e ai problemi dei cittadini e l’elaborazione politica.

    Come si può schernire una piazza coperta da un milione di lavoratori e studenti? Perché devo essere costretto ad ascoltare parole dette e ridette da Berlusconi durante i suoi governi? “Con noi c’è la gente che lavora”, ci mancava che qualcuno dicesse “Siete solo dei poveri comunisti!” e la frittata era fatta.

    Come si può chiedere a dei tavoli di una stazione ferroviaria dismessa di fare elaborazione politica? Dove sono finiti i luoghi del partito? Che ne sarà di quei documenti creati in occasione della Leopolda5? Saranno la base di futuri provvedimenti del Governo? Oppure saranno portati all’attenzione del partito e messi in discussione?
    Lo chiedo, perché voglio capire la mia funzione all’interno del PD. Voglio capire se sono solo un volto che deve prendere schiaffi dagli elettori quando cerca di difendere il proprio partito, oppure qualcosa di più.
    Lo chiedo, perché voglio capire se Davide Serra vale di più di tutti i militanti del PD e di chi si spezza la schiena nel trascinare la dignità di una politica che perde valori ogni giorno di più.

    Come si può convocare una piazza sapendo di aver perso in partenza? Sia ben chiaro, non parlo di un fallimento numerico, ma di un fallimento storico. Tanti sono stati coloro che si sono alternati su quel palco, testimonianze importanti, ma quanto, oggi, il sindacato sa leggere la realtà? Anch’esso, come la politica, ha bisogno di rinnovarsi (e farlo meglio) non solo nei volti, ma negli strumenti di comunicazione con i lavoratori, far capire che il sindacato non è una zavorra, ma un soggetto fondamentale in una democrazia. Cambiare rotta, rivoluzionare il mondo del sindacalismo.
    Ci raccontano di realtà in cui i sindacati non esistono, spacciandoli come esempi di sviluppo e crescita, con parole da veri estremisti. E la colpa di chi è? È sempre e solo degli altri? Non credo. La colpa, caro sindacato, è anche la tua, non solo della politica.
    Quella piazza di ieri, era bellissima, ma c’era qualcosa di diverso rispetto alle piazze di qualche anno fa, tipo quella del 2003, quando Cofferati si trovò dinanzi a 3 milioni di lavoratori. Certo, la situazione storica era differente e c’era un Segretario generale come pochi altri, ma la memoria storica dovrebbe ricordarci che un tempo si militava o nel partito o nel sindacato (o in entrambi), mentre oggi calano le tessere dei partiti ed è “sparita”, di fatto, la militanza nel sindacato, non più presente come una volta.
    I sindacati devono rinnovarsi, devono salvare il ruolo che ricoprono, o meglio, dovrebbero ricoprire.
    Di persone impegnate nei sindacati ne conosco, la maggior parte di loro sono persone di valore, che credono in quello che fanno. Non meritano di essere considerate delle zavorre, per colpe non loro.

    Tornando alla politica, al PD, alla Leopolda, a Renzi, credo che il ragionamento sia molto semplice: il PD si sta trasformando in un mero contenitore, dove al suo interno forze politiche distinte si fanno guerra tra di loro, Leopolda da una parte, SinistraDem, ÈPossibile, LabDem, etc. dall’altra. Ma quanto teniamo al Partito Democratico? Sono forse dei prototipi di nuovi partiti da far nascere dopo una ipotetica scissione? Ma dove vogliamo andare? Io mi oppongo a questo scempio.

    Le domande sono tante, ma una cosa è certa: ieri, non c’è stato nessun vincitore, ma solo perdenti. Più di tutti, la dignità.

  • Walter Tocci intervistato da Radio Radicale.

  • Che a Taranto coloro che avevano ricevuto deleghe da Forza Italia, per la composizione della giunta provinciale, abbiano consegnato nelle mani del nuovo Presidente della Provincia, Tamburrano, i rispettivi incarichi di governo, mi fa sorridere.

    Non c’è stato nessuno che si sia preso la responsabilità di quanto accaduto, nessuno che abbia preso coscienza della propria incapacità di saper gestire un partito e si sia dimesso dal proprio ruolo.

    I veri passi indietro sono altri e tutto il resto è solo un granello di sabbia. Anzi, uno specchietto per le allodole.

  • Walter Tocci, senatore del Partito Democratico, ha annunciato le sue dimissioni da Palazzo Madama, subito dopo aver votato la fiducia al Governo, dando l’esempio sul rispetto delle decisioni del Partito, ma dando prova della sua pazienza e della sua dignità.
    Ti prego, non lo fare. Ma sappi che ti capisco e che ti sono vicino, con grande dolore per questa tua scelta che ti chiedo di rivedere
    Sei un barlume di speranza, un bagliore accecante di luce, nel buio pesto dell’attuale Parlamento. Non c’è stata una volta in cui abbia trovato un difetto in una singola parola dei tuoi tanti discorsi, dalla campagna congressuale fino ad oggi, per ultimo, quello tenuto in Senato, in occasione del dibattito sulla legge delega sul lavoro (vedi video).

    Con grande stima ed emozione, ho scelto uno stralcio del suo discorso sul Jobs Act, tenuto martedì. Il resto lo trovate qui.

    Si racconta ancora la bufala secondo cui nell’Italia di oggi un’impresa non può licenziare per motivi economici e disciplinari. Eppure, lo scorso anno ci sono stati circa 800 mila licenziamenti individuali, il 10% portati in tribunale e solo 0.3% annullati. Infatti,Il governo tecnico ha eliminato tutti i vincoli degli anni settanta, venendo incontro alle pressanti richieste degli imprenditori. Il reintegro è rimasto solo nel caso più estremo, quando cioè il magistrato constata la falsità della “giusta causa”. Se ora si cancella questa ultima garanzia un lavoratore potrà essere licenziato con l’accusa di aver rubato oppure con la giustificazione di una crisi aziendale, perfino se un processo dimostrasse che si tratta di falsità. In altre parole, per licenziare una persona diventa legittimo dichiarare il falso in tribunale. Non è flessibilità economica, ma barbarie giuridica che nega un principio generale del diritto: “Quod nullum est nullum effectum producit”. Una soglia mai varcata dal ministro Fornero – o forse dovrei dire dalla “compagna” Fornero, riconoscendo amaramente che il governo tecnico ha certo sbagliato sugli esodati ma ha difeso i diritti dei lavoratori meglio del governo a guida Pd.

    In seguito alle nostre critiche è stato riproposto il reintegro nei casi disciplinari fasulli, ma non per le false cause economiche. Questo diventerà il canale privilegiato per ottenere i licenziamenti ingiustificati. D’altronde, per svuotare un secchio d’acqua basta un solo buco, non ne servono due.
    In apparenza Renzi attacca la Camusso, ma nella realtà contesta la Fornero. Ed è curioso che l’ex-presidente del Consiglio, Mario Monti, presente in quest’aula come senatore a vita, non senta il bisogno di difendere la sua legge, che pure presentò in tutti i consessi internazionali come strumento per la crescita del Pil.

    Solo in Italia può accadere che dopo due anni si scriva un’altra legge sul lavoro, senza neppure analizzare gli effetti della precedente. È un film già visto, da venti anni la legislazione è in continua mutazione senza risolvere alcun problema, aumentando solo la burocrazia. Si attacca la magistratura per la varietà di giudizi su casi similari, a volte davvero troppo ampia, dimenticando che proprio l’eccesso di legislazione ha impedito il consolidarsi della giurisdizione sui casi esemplari. Ciò che allontana davvero gli investitori stranieri è proprio il susseguirsi frenetico di nuove regole.
    Se si riflette onestamente su questa anomalia italiana appare ridicola la retorica dei conservatori che hanno bloccato le riforme degli innovatori. È vero esattamente il contrario: sono state approvate troppe riforme, tutte purtroppo sbagliate. E questa proposta di legge persevera negli errori del passato:

    – Si continua a far credere che abbassando l’asticella dei diritti riprenda la crescita. L’esperienza dovrebbe averci convinto che la svalutazione del lavoro ha contribuito pesantemente alla crisi della produttività totale dei fattori perché ha ridotto la capacità di innovazione.

    – Si continua a contrapporre i garantiti e i non garantiti mentre è evidente che entrambi hanno perso diritti nel ventennio, come certifica ormai anche l’Ocse attribuendo all’Italia uno dei massimi indici di precarizzazione. La contrapposizione è ancora più falsa in questo disegno di legge poiché mantiene il reintegro per i lavoratori occupati e lo toglie ai giovani neoassunti.

    – Si continua nella politica dei due tempi – “ora aumentiamo la precarizzazione, e poi verranno gli ammortizzatori sociali”. Fin dalle leggi Treu la promessa non è mai stata mantenuta e anche stavolta il passo indietro nei diritti è certo e immediato mentre il sussidio di disoccupazione è incerto e insufficiente.

    – Si continua a denunciare il freno del sindacato, quando è evidente a tutti che non ha mai contato così poco nelle fabbriche. I politici, anche della vecchia guardia, hanno sempre polemizzato con i leader sindacali ma hanno sempre impedito l’approvazione di una legge di rappresentanza che desse voce ai lavoratori.

    – Si continua nell’illusione che basti incentivare il tessuto produttivo attuale per creare lavoro. Ma la ripresa non avverrà facendo le stesse cose di prima. Non suscita alcuna riflessione il fallimento dei bonus fiscali per le assunzioni e della Garanzia giovani, né la scarsa risposta alle offerte dei prestiti della Bce. Che altro deve succedere per capire che ormai le norme e gli incentivi sono strumenti inutili se non si innova la struttura produttiva?

  • discolpatevi

    La Giunta per le Elezioni e l’Immunità parlamentari del Senato ha colpito al cuore un’intera comunità, quella della Città di Molfetta, a cui sento di dichiarare la mia più fervida vicinanza per quanto accaduto.

    Ieri sera si è consumata un’ulteriore farsa, ai danni di tutti i cittadini onesti, che amano il proprio territorio e che hanno ricevuto uno schiaffone in faccia, per il NO all’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni a carico del Senatore Antonio Azzollini (NCD), ex-sindaco di Molfetta, indagato per lo scandalo del porto della Città di cui era primo cittadino.

    Un vero schifo a cui dovranno rispondere soprattutto i componenti del Partito Democratico:

    • Stefania PEZZOPANE;
    • Giuseppe Luigi Salvatore CUCCA;
    • Rosanna FILIPPIN;
    • Nadia GINETTI;
    • Doris LO MORO;
    • Claudio MOSCARDELLI;
    • Giorgio PAGLIARI.

    Il relatore, a favore dell’autorizzazione, il Sen. Felice CASSON (PD) si è dimesso, giustamente, dal ruolo, auto-sospendendosi dal gruppo. Si faccia chiarezza e, oltre a far scricchiolare la sedia ai senatori di cui sopra, ci aspettiamo che l’Aula corregga il tiro e autorizzi la richiesta della Procura di Trani.