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In questi giorni, dopo la manifestazione degli Unions – la coalizione sociale capeggiata da Maurizio Landini – a Roma, mi sono ritrovato a riflettere su cosa, di fatto, quella manifestazione significasse.
La contrapposizione, in Italia, si è fatta molto aspra, su ogni fronte, ma a me pare che si stia imboccando una strada già vista, già percorsa, che non porta a nulla di nuovo. Mi spiego meglio.
L’altro giorno, su Facebook scrissi
Sono un ragazzo di 21 anni. Sono di sinistra, ma non mi riconosco negli Unions. Come faccio?
Era, evidentemente, una domanda provocatoria, ma quello che ho potuto comprendere è che non c’è la minima intenzione a fermarsi un attimo, non per temporeggiare, ma per riflettere attentamente su quanto sta accadendo e sul significato di quella manifestazione e del ruolo assunto da Landini.
Non mi riconosco negli Unions, questo è chiaro, ma non per una semplice contrapposizione di simboli o sigle, ma perché, come ho più volte detto su questo blog, nascono nuovi soggetti politici, nuovi “movimenti”, ma sempre partendo da una persona, da un nome. Mai da una idea. Questa cosa accade anche a sinistra. Soprattutto a sinistra, negli ultimi tempi.
Da Bertinotti a Landini, passando per Vendola, Ingroia e Tsipras. Un percorso dettato dai tempi, dalle esigenze di stringersi per fare massa? Io credo che la sinistra, quella che punta non a rappresentarsi ma a rappresentare (cosa ben diversa) non può nascere così, e i fallimenti sono sotto gli occhi di tutti. Che fine ha fatto Rifondazione Comunista? Sinistra Ecologia Libertà? Qual è stato il destino de L’Altra Europa con Tsipras? L’ultima volta che ne ho sentito parlare è stato per un litigio furibondo tra i sostenitori di quella lista e Barbara Spinelli, per non aver rispettato la parola data – cioè di lasciare il seggio all’Europarlamento (poltrone, ndr).
Maurizio Landini è uno di quei sindacalisti tosti, l’ha dimostrato più volte, l’unico leader sindacale carismatico presente oggi in Italia. Questo lui l’ha capito e lo utilizza a suo favore, ovviamente. Ma Landini, che dice di voler rappresentare i lavoratori, sa quanti lavoratori si sentono rappresentati da lui e dalla FIOM? L’Espresso ha svolto un’inchiesta sull’argomento e non mi sembra ci sia tanto da essere felici. E visto che stiamo, si chieda se i puri e gli onesti sono quelli che sfruttano i permessi sindacali per farsi gli affaracci propri, o quelli che usano la L. 104/1992 per andarsene in vacanza. Perché, sia ben chiaro, ladri e farabutti sono i politici corrotti, incompetenti e collusi, ma lo sono anche queste persone. O no?
Che Landini dica di avere già un partito e che quel partito sia il sindacato, poco ci credo e non penso di essere il solo. Mi dispiace che il segretario della FIOM abbia deciso di fare politica? Assolutamente no, ognuno può farlo, l’hanno fatto Cofferati ed Epifani (per citarne due), non vedo come non possa farlo anche lui. Ma il problema è sempre quello: dove si vuole arrivare? Io credo non troppo lontano. Perché c’è sempre un nome, prima di un senso di comunità. C’è sempre la ricerca di un nome dietro cui stringersi e sempre la caccia ad un nemico davanti cui schierarsi. Lo fa capire anche un grande sostenitore di quella manifestazione, chiamando, il leader FIOM, “l’AntiRenzi”.
L’eterno ritorno dell’uguale. Una sinistra che non sa rinnovare le proprie menti e i propri volti. Dietro Landini ci saranno sempre i soliti parassiti che cercheranno di rubare quanta più linfa vitale per sopravvivere. Se in questo Paese un soggetto autorevole di sinistra non c’è, non è colpa di Renzi o del PD, ma è colpa della sinistra stessa, incapace di saper essere Sinistra. Ma questa è un’altra storia.
Non è di sinistra colui che urla contro un manifestante solo perché sceso in piazza con la bandiera di un partito in cui crede. Se quello è essere di sinistra, vuol dire che stiamo tornando alla preistoria. O forse si è solo gli ennesimi tifosi.
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Un signore, di Modena, contestato con cori e urla, per aver portato in piazza, durante la manifestazione della FIOM, la bandiera del PD.
Ecco perché non mi riconosco negli Unions: perché manca, per l’ennesima volta, la tolleranza e il dialogo.
Ovviamente, approfondirò la mia posizione nelle prossime ore. È più complicato di così.
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Un intervento magistrale di Emma Bonino, sul ruolo dell’Europa nel mondo e nel Mediterraneo, in occasione di Come cambia il mondo, il convegno sulla politica estera organizzato dal Partito Democratico.
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Siamo arrivati ad un punto davvero difficile. Non saprei come definirlo. I giornali parlano di una transumanza. Chi di uno sgocciolio di quel che resta di Scelta Civica. Non importa come definirlo, fatto sta che rappresenta il peggio della politica. Checché se ne dica (e checché ne dica Renzi).
Pietro Ichino, Linda Lanzillotta, Alessandro Maran, Gianluca Susta e Irene Tinagli sono ex dem che tornano “a casa”, almeno stando alle parole di Guerini. A loro si aggiungono il vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, l’attuale sottosegretario ai Beni Culturali (nonché ex Presidente della FAI) Ilaria Borletti Buitoni e il ministro al MIUR, Stefania Giannini.
Ora, questi spostamenti ad muzzum puzzano sempre. Non erano accettabili con Scilipoti e non capisco perché debbano esserlo ora. Certo, qualcuno l’abbiamo reso un’icona (vedi Razzi), ma va be.
Bersani chiede che ci sia una giustificazione politica al cambio di casacca, qualcuno (Gianluca Susta) dice che in realtà non si tratta di un vero e proprio approdo nel PD, in quanto non tutti – degli 8 – faranno la tessera al partito. Susta, oltre tutto, ha anche spiegato che non ha la benché minima intenzione di aderire al Partito Socialista Europeo (lui è vice presidente del Partito democratico europeo). Vade retro sinistra, per intenderci. E questo è, di per se, preoccupante. E non poco.
Ma Ichino, Lanzillotta e tutti gli ex, hanno una macchia sulla loro dignità, grossa quanto l’Africa sulla cartina geografica: essere fuggiti. Personalmente, con il mio partito, vivo da un po’ di tempo un periodo turbolento, ma non mi è mai passato, neanche nell’anticamera del cervello, di lasciare il mio partito per approdare in qualcosa di indefinito o anche di definito (i famosi progetti delle sinistre). La mia casa è il PD. Punto. Anche se con la maggioranza del PD, su alcune cose, non sono d’accordo. Preferisco combattere.
Chi oggi torna, per me vale meno di zero (politicamente parlando, si intende). Che credibilità hanno, se passano da una parte all’altra, dopo essersi accorti che la zatterina su cui avevano deciso di salire stesse sprofondando? Facile tornare quando la strada è ormai priva di ostacoli per le vostre idee. Che razza di politica praticate? Se politica la si può chiamare.
Perciò, vi sono sincero: sono un iscritto al Partito Democratico che vi avrebbe chiuso la porta in faccia, o che vi avrebbe, quantomeno, buttato dell’acqua gelida dal balcone, al primo suono di campanello. Perché è questo che meritate. Nient’altro. Sì, lo so, c’è la Parabola del figliol prodigo. Ma io di figliol prodighi non ne vedo.
Ps. non usciamocene con la storia del “partito a vocazione maggioritaria”, perché la vocazione maggioritaria è altra cosa dall’emigrazione di parlamentari. Perché manca la politica, che dovrebbe essere alla base della vocazione maggioritaria che, sia chiaro, io sostengo con convinzione. Ma capite che non può essere un comunicato del Premier a crearla. E non può essere una giustificazione alle miriadi di casacche cambiate (fino ad ora, in Parlamento, in 173 si erano candidati con il partito sbagliato).
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Cara Sinistra,
ho deciso di scriverti perché non faccio altro che pensare a te dopo quello che è successo in Grecia e, soprattutto, dopo la reazione arrivata dal nostro Paese.L’altro giorno, mi soffermavo proprio su un quesito che ti riguarda: ma esiste un progetto simile a Syriza (o Podemos) in Italia, che abbia qualcosa di più di un semplice nome in comune? La risposta che mi sono dato è stata negativa e la reazione che ho generato in alcuni (non tutti, per fortuna) è pressappoco sintetizzabile in: “hai le idee un po’ confuse, curati”, “ma cosa ne capisci tu di politica?”, “ma vai a fare in culo tu e il PD!”.
Mi fermo qui, cara Sinistra, perché non voglio tediarti più di tanto su certi argomenti, ma una domanda voglio porla io a te, adesso: come posso io “vivere in casa” con chi non ci pensa due volte prima di insultarmi? Come posso io sperare che un percorso comune con certe persone possa portarci lontano? Ma, soprattutto, come posso fidarmi di chi ha cambiato casa, inesorabilmente, almeno una decina di volte negli ultimi venti anni? Che razza di coinquilino è?Vedi, cara Sinistra, c’è una parte di te che mi reputa corresponsabile della tua agonia, perché parte di un partito che, a detta sua, è il principale artefice. Mi chiedo, e correggimi se sbaglio, se i veri responsabili del tuo malessere sono, invece, coloro che hanno stracciato le tue vesti, per poi accorgersi dell’inutilità di quel piccolo pezzo di stoffa che si sono ritrovati in mano e ripresentarsi, con la faccia come il culo, alla tua porta, chiedendoti di ricucire quel vestito – perché bisogna unirsi contro quella merda del vicino di pianerottolo.
Perdonami, cara Sinistra, ma se dovessi tuffarmi in un ricordo d’infanzia, direi che la favola di Pinocchio parla chiaro: non bisogna fidarsi del Gatto e la Volpe. E questo insegnamento lo voglio condividere con te, perché credo possa servirti, di questi tempi.
Vedi, cara Sinistra, voglio salutarti con un ultimo pensiero. Tu mi appartieni ed io appartengo a te. Lo so, ci sono molte persone gelose e, ne sono certo, cominceranno ad insultare, a dire che non è vero e che sono un impostore, ma non è così. Te l’assicuro.
Cara Sinistra, ormai ti vesti con degli stracci, hai un vestito che cade a pezzi, hai toppe ovunque. Ma perché ti tratti in questo modo? Perché continui a convivere con chi ti ha ridotto così? La violenza non deve essere mai tollerata e con chi ti maltratta devi chiudere ogni tipo di rapporto, devi denunciare i responsabili. Fallo, prima che sia troppo tardi.Io, dal canto mio, non resto a guardare. Sentirsi parte di te, cara Sinistra, significa ben altro di tutto ciò, significa non fermarsi mai, essere prudenti, volenterosi, combattivi ma con il rispetto di chi ci è accanto. Significa essere testardi, ed io lo sono. Ecco perché ti chiedo di non cambiare casa o pianerottolo, ma ti chiedo soltanto di cacciare di casa chi abusa di te e di abbattere quel muro di cartongesso che ci divide. Ma non vestirti né da greca né da spagnola, sii una bellezza acqua e sapone.
Tuo,
Davide. -
Vivere in Italia, non significa vivere in uno stato di diritto.
Sembra un’affermazione pesante, forse anche un po’ gonfiata, eppure gli elementi per sostenere questa tesi abbondano, da molti anni ormai.
Il Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, è stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici di un anno, per aver nominato nel 2008 – mentre era commissario del governo per la gestione di un termovalorizzatore a Cupa Siglia, nella periferia della Città – come project manager, Alberto Di Lorenzo, il suo capo staff. Il commento a caldo dell’ex Sottosegretario del Governo Letta è stato:“Apprendo di una mia condanna per abuso di ufficio: l’accusa verteva sulla nomina del “project manager” da parte mia, in qualità di commissario di governo per un termovalorizzatore nel 2008. Tale nomina, come risulta dagli atti processuali, mi fu richiesta dal rup (responsabile unico del procedimento). “L’accusa ha sostenuto – come risulta dagli atti – che bisognava nominare un “coordinatore” e non un “project manager”, in quanto quest’ultima figura non è in uso nella pubblica amministrazione. In sintesi, le due figure sono equivalenti, il compenso spettante è uguale, e viene deciso dal rup. Si tratta, nel caso specifico, di 8.000 Euro netti, percepiti, come documentato, per 18 mesi di intenso e qualificato lavoro del project manager”.
Cerchiamo di fare chiarezza sul D.Lgs 235/2012 (c.d. Legge Severino) e cosa prevede in merito.
Il “T.U. delle disposizioni in materia di incandidabilità” voluto dal Ministro Severino, all’art.10 comma 1 lett.c riporta:“Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi delle comunita’ montane: […] c) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 323, 325, 326, 331, secondo comma, 334, 346-bis del codice penale;; […]”
L’art. 323 del Codice Penale – collocato nel Libro II (Dei delitti in particolare) al Titolo II (Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione) – tratta il reato di abuso d’ufficio.
E, sempre nella Legge Severino, al comma 1 dell’art. 11 (Sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità) si specifica che:
“Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell’articolo 10: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 10, comma 1, lettera a), b) e c); […]”
Alla luce di queste disposizioni, non vedo come si possa continuare con questa farsa. Il Partito Democratico campano ha espresso la sua solidarietà nei confronti di Vincenzo De Luca il quale, oltre ad essere Sindaco di Salerno, è candidato alle primarie PD per la Regione Campania.
Chiedere coerenza non mi sembra un azzardo. Centinaia di amministratori sono decaduti o sono stati sospesi dopo l’entrata in vigore della Legge Severino, ma c’è qualcuno che è più uguale degli altri, tanto da affermare l’intenzione a non mollare.
Insomma, con una mano sventoliamo la Costituzione, mentre con l’altra nascondiamo le nostre colpe sotto un tappeto ormai incapace di occultare l’immensa ipocrisia che stiamo dimostrando.
Il punto è: o quella legge l’applichiamo, oppure cancelliamola a dimostrazione che il concetto di “stato di diritto” lo studiamo a scuola e alle università, ma rimane, nella realtà, ad uso e consumo dei soliti notabili.
No, oggi non mi sento di vivere in uno stato di diritto.