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  • Non leggo un intervento del genere da molto tempo, ma Walter Tocci ha saputo rimediare con le parole pronunciate all’assemblea dei senatori del PD. Vi riporto il testo e vi invito a leggerlo con molta attenzione.

    C’è un paradosso. Abbiamo successo in virtù dei nostri demeriti. Abbiamo fatto il governo a causa di uno sbaglio. Oppure abbiamo sbagliato per fare il governo. Rimane il dubbio che i 101 non fossero scavezzacolli indisciplinati ma lucidi strateghi che volevano fare il contrario di quanto avevamo raccontato agli elettori prima e dopo il voto.
    Già avevamo ottenuto il premio di maggioranza con una campagna elettorale sbagliata. Come ha detto il presidente Napolitano, quel premio lo abbiamo sprecato; forse proprio perché non lo avevamo meritato. Vincere per demerito può avere effetti devastanti se nell’euforia si dimenticano i propri difetti, ma può essere una fortuna se si dimostra di saper cambiare se stessi. Dovremmo farlo in tre direzioni: servizio per il Paese, sincerità tra noi, apertura verso gli altri.

    Servire il paese significa oggi volerlo cambiare. Adesso non ci sono più alibi, non è più consentita a nessuno la propaganda, ci troviamo sotto i riflettori in una competizione con la destra sulle soluzioni più efficaci per uscire dalla crisi. Qui si parrà la nostra nobilitate. Ci vuole cultura di governo, non a parole, ma nella capacità di entrare in connessione con la realtà del Paese, con i suoi drammi e con le sue risorse. Siamo ricorsi ossessivamente alle primarie, nascondendo la debolezza del nostro progetto per il Paese. Ce la siamo cavata dicendo “un po’ di equità e un po’ di lavoro”, ma non poteva bastare nel cuore della più grande crisi del secolo. I nostri 8 punti sono stati tardivi e sbrodolati in 80 microproposte tecniche; mi ha ferito ricevere dai nostri elettori mail che mi riscrivevano il testo in stile più leggibile. Berlusconi, invece, ha calato con chiarezza i suoi assi sul tavolo, che ci piaccia o no, dall’Imu all’attacco all’austerità europea, mentre noi facevamo la retorica dei compiti a casa.

    Ora dobbiamo fare meglio, elaborare proposte innovative e coraggiose nei diversi campi, sulla creazione di lavoro soprattutto. Dobbiamo essere in grado di coinvolgere grandi investitori, anche istituzionali, su progetti per la green economy, la mobilità, i servizi digitali, i beni culturali. Quando sento parlare in commissione i miei amici Santini e Sangalli, oppure quando leggo gli articoli di Mucchetti e Guerrieri, mi inorgoglisco di far parte di un gruppo così ricco di competenze. Ma spesso nel partito non vengono utilizzate tutte le risorse disponibili, e alla fine le proposte ufficiali escono flebili, incerte e difficili da comunicare. Proviamo, come gruppi parlamentari, ad aiutare il governo con iniziative di qualità. Vi ho inviato un disegno di legge sul finanziamento dei partiti elaborato con Pellegrino Capaldo, una personalità lontana dal Pd che ci ha dato il suo contributo con molto piacere. Modifichiamo come volete quel testo, ma non restiamo ancora in silenzio su una questione ormai cruciale per la nostra credibilità verso l’elettorato.La sincerità tra noi è quanto mai necessaria dopo lo smacco nella vicenda del Quirinale. Anche nelle famiglie più litigiose, di solito, dopo un lutto sgorga una franchezza imprevedibile, si sciolgono vecchie ruggini e si aprono i sentimenti a nuove solidarietà. Spero possa valere anche per noi. Dobbiamo guardare in faccia quello che è successo. C’è stato il collasso della classe dirigente del Pd. Con una sequela di scelte sbagliate negli ultimi sessanta giorni. A cominciare dalla prima, la madre di tutte le altre, cioè la pretesa di candidare premier Bersani pur avendo perso le elezioni. Ho detto a tempo debito che non ero d’accordo e molti in direzione la pensavano allo stesso modo, ma sono rimasti in silenzio; quanti guai ci avrebbe risparmiato un po’ di sincerità.

    Non ho condiviso questa catena di errori e non posso condividere neppure la scelta obbligata che da essi discende. Questo è il senso del mio voto contrario qui alla deliberazione del gruppo dei senatori Pd sul voto di fiducia. Poi domani voteremo insieme a sostegno del governo Letta. Non ho mai avuto dubbi su questo. È stato solo penoso dover sentire aitanti giovani che fanno la lezione proprio a me sul centralismo democratico per far vedere ai loro capi che hanno il pelo sullo stomaco. Non si possono accettare ramanzine dai professionisti delle sconfitte. Ci vuole sobrietà e modestia in questi tempi difficili. Chi è stato in prima fila ha perduto l’autorevolezza: dunque ci risparmi almeno l’enfasi autoritaria, si metta alla stanga umilmente, e ascolti più di quanto non abbia fatto prima. Se il governo è di servizio, tanto più devono esserlo le funzioni dirigenti nel partito. Chi si trova a ricoprirle – a tutti i livelli – deve essere consapevole della loro natura provvisoria, in vista di un congresso che dovrà cambiare radicalmente la classe dirigente. Stavolta secondo i meriti, per i giovani come per gli anziani. Si deve andare avanti in carriera per i risultati raggiunti e non per gli errori commessi.

    Siamo tutti responsabili, anche io assumo la parte che mi spetta. Ma ne hanno di più coloro che hanno comandato in questi due mesi, negli ultimi due anni e negli ultimi venti anni. Se siamo a questo punto, dobbiamo dirci la verità: Berlusconi ha mostrato un’intelligenza tattica superiore a quella del nostro stato maggiore. Non ha sbagliato una mossa: solo cinque mesi fa era nella polvere; ora i nostri errori lo hanno fatto rinascere come statista, ed è successo tante altre volte in passato.
    Purtroppo le dimissioni del Papa non sono l’unico pronostico azzeccato da Nanni Moretti. Quando venne alla memorabile chiusura della campagna elettorale, all’Ambra Jovinelli, volle aiutarci smentendo la profezia di dieci anni prima, che però si è avverata comunque: con questi dirigenti non abbiamo mai vinto.

    L’apertura verso gli altri sarebbe preziosa. Eppure, anche nella bufera, sopravvive ancora il bilancino Cencelli delle vecchie correnti DS e Margherita. È stato usato perfino nella composizione del governo in queste ore complicate, anche se i nostri ministri sono persone di grande qualità, alcuni anche carissimi amici, e colgo l’occasione per rivolgere a tutti loro un affettuoso augurio di buon lavoro. È importante la novità di competenze, di giovani e di donne. Forse chi ha armato la mano di un folle voleva oscurare la novità, almeno su questo, di un governo diverso dal passato. Il ceto politico Margherita e Ds ha capito che deve rinnovare le persone, ma vorrebbe conservare il suo monopolio nella gestione del partito. Queste tradizioni dovevano fondare il Pd e invece lo hanno impoverito, lo hanno rinchiuso in se stesso, estraniandolo dalle forze più vitali del centrosinistra.
    Siamo arrivati al punto in cui un fondatore come Romano Prodi e un costituente della Carta di Nizza come Rodotà sono ritenuti estranei, sbattuti fuori dalla porta di una casa sempre più angusta. Fino a quando potremo sopportare che un gruppo dirigente perdente conservi se stesso?

    Il Pd doveva andare oltre l’Ulivo e invece ha tagliato il suo tronco originario. Ma il ceppo è ancora vitale e la linfa spinge verso l’alto. Il progetto ha funzionato tra i militanti e nell’elettorato, che è appassionato e intelligente. Sarà anche imbattibile, quando troverà una classe dirigente all’altezza del compito. Ma di questo riparleremo al congresso.

  • Sono quasi le 02:30, in piena notte e in pieno sonno, ma una domanda mi sorge spontanea, quasi come una reazione allergica, effetto di un dubbio: ma non è che il Governo Letta, oltre che a salvare la politica dallo sfacelo dettato dall’incapacità dei noti e dalla cocciutaggine degli astronomi, è anche il modo per conservare i dirigenti del PD e ridargli forza? Non so, è una domanda.
    Per il resto, continuo ad augurarni che ci sia presto una via d’uscita da questo pantano.

  • Ecco i sondaggi di Tecnè per SkyTG24 di oggi. Aggiungo alle immagini (sconfortanti) un solo messaggio: il centrosinistra, questo tonfo, se lo merita. Ma se lo meritano ancora di più i responsabili veri di questo sfacelo. I soliti noti, per intenderci.

  • Come al solito, qualcuno vede nella Direzione Nazionale del PD un tribunale ecclesiastico dove dar sfogo alla mania più comune, in questi casi: la caccia alle streghe.

    Prima è colpa di Twitter, poi della piazza, poi di Civati e poi è di tutti coloro che non sono d’accordo con la linea del partito, ribadito prima da Fioroni (su lui non mi esprimo) e Franceschini – forse gli è rimasto un pezzo di pane di traverso, dopo l’ultimo accadimento. Ma siamo sicuri che la linea del partito che si sta adottando sia la giusta via da percorrere? La Direzione ha appena votato a favore. Io spero solo due cose: che si faccia il governo e che nessuno si azzardi a minare il Partito Democratico, che è anche mio e di tutti coloro che ogni giorno ci mettono faccia, braccia e pazienza sui territori.

    Poi, devo dirvi una cosa: mi sono rotto le balls di tutti coloro che parlano di strategia. Ma questa è politica o risiko? Eddai, su!

  • Debora Serracchiani, europarlamentare del PD, diventata nota a livello nazionale nel partito dopo il suo intervento all’Assemblea Nazionale dei circoli del PD del 21 marzo 2009, candidata al Parlamento Europeo con un boom di preferenze, catapultandola a Bruxelles.

    Ora Debora è il nuovo Presidente del Friuli-Venezia Giulia, un testa a testa da togliere il fiato, una Debora contro Golia, dove il Golia era la crisi del Partito Democratico, ma alla fine il risultato c’è stato ed è quello di una politica che deve ripartire dai volti, per intrecciarsi con le buone idee per un maggior coinvolgimento dei cittadini alla Cosa Pubblica.

    A Debora vanno i miei auguri di buon lavoro. Forza!

  • Via Sant’Andrea delle Fratte n.16 si è trasformata nella nuova Aquila. Con tutto il rispetto per l’Aquila e per i suoi cittadini.

    Dopo le dimissioni di Bersani e dell’intera Segreteria Nazionale, per il PD c’è solo da guadagnare.
    Premetto che non sono un renziano e mai lo sarò – questa logica delle correnti è il motivo per cui siamo arrivati a tanto – e non sono stato mai un bersaniano, per intenderci.

    Il mio vuole essere un messaggio convinto e non di convenienza: il PD non deve spaccarsi, perchè spaccandosi ci ritroveremo sempre i soliti, pronti a riciclarsi sotto nuovi simboli e nuovi falsi ideali. Questa crisi al PD può fare solo bene, perchè mette con le spalle al muro chi per anni ha pensato di essere indispensabile per il partito e soprattutto spazza via i portatori di gloria e nel PD ce ne sono a bizzeffe.

    Sono un nativo democratico e per questo non sopporto l’idea che il più grande partito riformista possa fare una brutta fine, causata da interessi di pochi, a discapito di molti.

    Scorgere in fondo la luce del congresso non è da poltronisti o da sciacalli. Se vogliamo salvarlo, questo partito, dobbiamo utilizzare gli strumenti che sono nel suo DNA, strumenti di democrazia interna. Dopo ciò, mi auguro di non vedere più certe facce al tavolo della presidenza. Giusto per buon costume.

  • Arriverò in ritardo, nel commentare quanto sta accadendo al nostro Paese, durante le votazioni del Presidente della Repubblica, fatto sta che ho il voltastomaco e, candidato o no del Pd, non sono uno che riesce a tenersi le cose dentro.

    Partiamo per ordine. Il Partito Democratico durante la campagna elettorale ha sempre e dico sempre cercato di dare di sè un’immagine di forza rinnovatrice, riformista e devo dire che c’era anche riuscita, nella concretezza, non solo con le primarie per i parlamentari – dove sono stato eletti molti giovani, tra cui molte donne – ma soprattutto con la presentazione di due persone autorevoli e molto rispettate, alla presidenza di Camera e Senato, rispettivamente Laura Boldrini e Pietro Grasso.

    Oggi tutto questo è andato in fumo, forse per qualche chiappa venduta al nemico e magari per la disperata ricerca di una maggioranza che potesse dar vita ad un governo, un governo che, personalmente, potrebbe benissimo non esserci, se questo comportasse l’ammucchiata geneticamente modificata di PD e PDL, consegnando a Grillo, indebitamente, il 50% del consenso alle prossime elezioni, con Berlusconi secondo partito e noi relegati a fare il “nuovo terzo polo”. Tutto questo perchè il nome di Franco Marini è il risultato di una imposizione e non di quel sentito bisogno di cambiamento (ne parlo qui).

    Durante la mia piccolissima esperienza in politica, ho cercato di conoscere da vicino le realtà che circondavano e animavano il PD, trovando interessante la fronda renziana, per me caduta in basso, ultimamente, a causa dei recenti comportamenti assunti dal Sindaco di Firenze, comportamenti che si potevano assolutamente evitare, considerato il fatto che, a ragion veduta, il soggetto citato sarà, senza pronostici da fantapolitica, il prossimo candidato del centrosinistra alle prossime Politiche, salvo cambiamenti e tattiche “boldrini-grasso” dall’altra parte della barricata. Il fronte bersaniano, per intenderci.

    Il PD guarda al suo futuro. Ce lo dicono tutti: giornali, portali d’informazione, personaggi di spicco della scena politica italiana, protagonisti del centrosinistra. Tutto vero, nessun dubbio. Proprio perchè veritiera questa tendenza, oggi esprimo il mio dissenso per ciò che è stato il PD, ciò che non è stato il PD e auspico un futuro migliore per quello che, oggi, risulta essere il primo vero progetto di partito 2.0, casa dei riformisti e aperto, democratico. Peccato che in queste ore abbia avuto mancanza di promiscuità tra decisioni politiche e popolari, quello che, in fin dei conti, è la vera forza del Partito Democratico. Le primarie ne sono un esempio.

    Si parla di futuro, abbiamo detto, e quindi si parla di congresso. Non so chi rappresenterà il fronte ora targato “Bersani”, non sappiamo se ci sarà ancora, fatto sta che i nomi che ora circolano in rete e per i corridoi di partito vanno distinti e vanno comprese le loro ragioni e soprattutto il loro peso conquistato all’interno del partito.

    Fabrizio Barca ha un passato di tutto rispetto, ma il prossimo segretario del PD non può essere uno che ha deciso di aderirvi l’11 aprile 2013. Per l’appunto.

    Gianni Pittella, certo, uomo di partito, vice-Presidente vicario del Parlamento Europeo, d’accordo, aspetto di avere più informazioni in merito alle intenzioni di Pittella, ma non è il soggetto che il PD cerca, non perchè non sia una brava persona, ma perchè c’è bisogno di teorizzare nuovamente il concetto di partito e le modalità di partecipazione. Detto questo io ho fatto la mia scelta e fino a quando non mi caschi il cielo in testa, io ho il mio candidato ideale: Pippo Civati (che di nome fa Giuseppe e non Filippo!).

    Civati è sempre stato uno che, dal canto suo, ha sempre detto la propria e di teorie su come investire le forze del più grande partito italiano ne ha sfornate parecchie e non sono, di certo, da buttare nel cestino. Civati non va raccontato, va letto, vanno ascoltati i suoi discorsi (qui il suo blog) e la cose che più mi coinvolge è che dire di essere dalla sua parte non significa essere “civatiano” ma essere un democratico che vuole cambiare le cose e io sono un democratico che non vuole starsene all’angolo ad osservare. Mi sono iscritto al PD non con l’intenzione di fare carriera al suo interno, ma di lavorare per il bene del territorio, della provincia, della regione, del Paese, ma ancora di più della gente che ci circonda. Ciò che ci accadra di qui a pochi secondi non possiamo saperlo, ne per le nostre singole vite, ne per il nostro essere comunità.

    Civati è candidato al prossimo congresso e può essere certo di una cosa: io ci sono. Mi sono stancato delle linee forti e soprattutto della “macro-candidatura” certa della vittoria. Basta! Il partito è di tutti. Il partito non è di proprietà intellettuale di nessuno, ma di tutti. Si cambia al congresso e il PD se vuole sopravvivere dovrà fare un passo da gigante, altrimenti sprofonderà nella frammentazione e quel passo richiede rinunce, rinunce che non possono essere lasciate alla strumentalizzazione di qualcuno, ma che devono risultare non come mezzo di propaganda, ma di rinvigorimento.

    Ps: voglio esprimere il mio orgoglio e la mia soddisfazione nel vedere le sedi del PD occupate in tutta Italia. #OccupyPD ora è sostenuto dai Giovani Democratici. Ne vedremo delle belle nelle prossime ore. Io la lancio qui, una bella idea per il prossimo congresso: #OccupyCongress. Per il resto, stay tuned!

  • Mi ero promesso di dedicare in questo blog, soprattutto in un momento così intenso per la mia Città, in vista delle Amministrative, spazio alle problematiche di Noci e a quelle che sono le nostre soluzioni, le nostre prospettive. Lasciatemi però fare delle piccole osservazioni su una notizia che mi ha lasciato sconcertato: la candidatura di Franco Marini a Presidente della Repubblica.
    Ora, siccome il mio pallino è sempre quello e siccome al Quirinale non possiamo metterci chiunque ci passi per la testa, ritengo che quello che raffigurò Sandro Pertini a suo tempo – ruolo da collante tra società fortemente delusa dalla politica e quest’ultima, immersa nel marcio – oggi spetti a qualcun altro, qualcuno che sappia, anche solo con la sua elezione, calmare le acque di questa politica becera e di questo ondata di ribellione scarna di contenuti e ricca di voglia di cambiamento.

    Il Pd così si spacca, ormai ce lo dicono tutti e un tentativo di autoconvincimento non fa mai male a nessuno, certo è che fa male alla storia del nostro Paese e al centrosinistra. Cosa sarà successo in quell’assemblea che ha partorito il nome del ex Presidente del Senato? Bersani avrà preso un colpo di sole? Certo è che non è benefico per il Paese, per la politica, per il Pd.

    Dopo la grande mossa Boldrini-Grasso, ci tocca un Franco Marini che tutto è tranne sinonimo di rinnovamento e soprattutto la risposta che l’Italia si aspetta, almeno da questa mini-legislatura, che io chiamo “di servizio”.

    Vorrei porre fine a questa storia, magari con l’obbligo di mettere in streaming questi “conclave” e cominciare a comprendere le ragioni di tali risultati raccapriccianti. Soprattutto per capire cosa si voglia raggiungere minando l’alleanza con Vendola.

    Cosa dirà la gente, cosa penseranno i cittadini? Queste elezioni politiche dovevano essere il segnale di fumo, per avvertire che le cose stanno per rivoluzionarsi, che la politica deve fare 4 passi in avanti e 2 di lato, perchè procedere non basta, serve dignità e ascolto verso i cittadini e i loro bisogni. In questo momento, l’ascolto sarebbe stato di notevole aiuto.

    Il Movimento 5 Stelle, dopo il rifiuto della Gabanelli, presenta Rodotà, un nome che se pur appartenente ad un’altra era politica, rimane pur sempre un soddisfacente candidato a cui bisognerebbe dar peso, senza pregiudiziali nei confronti di chi lo propone, ma sempre con un occhio di riguardo al Paese.

    Personalmente avrei preferito un Romano Prodi, pacato, molto attento ai problemi economici, una persona che per il suo carattere sarebbe riuscita nell’intendo di riportare la politica a quello status di dialogo e lavoro. Ma se le cose sono messe così, allora io credo che Stefano Rodotà sia la carta da giocare.

    Marini no! Faremmo 10 passi indietro e dopo il 9° c’è il burrone.