Tag: parlamento europeo

  • Devo essere sincero? Alessandra Moretti mi ha fatto un po’ pena in quell’intervista. Non venitemi a dire che in Veneto non ci siano più persone competenti da poter contrapporre a Zaia. Se questo è vero, vuol dire che l’Italia è davvero allo catafascio.
    C’è una cosa che in questo partito deve essere contrastata: l’arrivismo.
    Affiliarsi a qualcuno, pur di far carriera, pur di scalare qualsiasi cosa ci sia di scalabile, è avvilente.
    A me importa solo una cosa: che la Moretti sappia di aver concluso la sua carriera politica ancor prima di aver completato un ciclo. Le poltrone le ha provate tutte e, stando alla moda del momento, non esiste il posto fisso (e neanche il ritorno sul vecchio posto di lavoro). O forse aspetta l’età giusta e si candida a Presidente della Repubblica?

  • “Andiamo a dare un’occhiata in Europa” è lo spirito che aleggia nel M5S. “Piove, PD ladro” dice la lista Tsipras, che tutto dovrebbe fare tranne che indebolire il centrosinistra. Queste elezioni sono quasi alle porte e pare di giocare a Risiko.

    Le elezioni, nel loro significato più alto, sono il momento in cui una comunità, attraverso il voto, concretizza il valore che da alle cose che la circonda. Più è alto il valore, più il voto sarà dato secondo uno schema razionale, differente da individuo ad individuo, dove le esperienze personali modellano il significato del “giusto” e “sbagliato”.

    Oggi, dopo un bel po’ di tempo dal mio ultimo post, riparto da questo concetto e qui voglio costruire un ragionamento sul significato che io attribuisco al voto e alle elezioni, come momento di crescita collettiva, come momento in cui, con un semplice segno su un pezzo di carta, si possono cambiare le cose.

    Qualche giorno fa ho partecipato ad una discussione in cui un sostenitore del Movimento 5 Stelle spiegava che era inutile soffermarsi troppo sui soliti argomenti attribuiti all’Europa e che il movimento, con i suoi “futuri” eletti, andrà al Parlamento Europeo “per dare un’occhiata e capire il da farsi“.

    Chi “da un’occhiata” a qualcosa è, nella maggior parte dei casi, l’intruso, o magari qualcuno che si sente estraneo a quel qualcosa. Dare un’occhiata in giro non è ciò che ci si aspetta dalla politica, nemmeno da chi tenta di distruggere l’attuale sistema per crearne un altro (peraltro senza precise caratteristiche).

    Queste elezioni hanno un valore aggiunto importante e fino a quando non lo capiremo, in Europa saremo sempre e solo il fanalino di coda nella politica europea. Il nostro Paese è il fanalino di coda in molti ambiti ed oggi possiamo finalmente cambiare tendenza e ottenere una posizione forte nell’UE. Sogno un’Italia rappresentata da gente capace, onestà inclusa, ovviamente, ma che vada in Europa non a dare un’occhiata in giro ma a porre le nostre condizioni sulle attività produttive, agricoltura e pesca, energia, sviluppo, fondi strutturali, fiscal compact e tutto ciò che rientra nelle politiche europee, oggi sotto il bersaglio degli euroscettici, della francese Marine Le Pen (leader del Front National, estrema destra), di Beppe Grillo e del suo Movimento che, al primo punto del mini-programma per le Europee, presenta il referendum sull’Euro. Sull’uscita dalla Zona Euro, vi rimando a questo magistrale articolo del Prof. Baglioni.

    Oggi non possiamo permetterci il lusso di prendere sottogamba nulla, ne tantomeno di essere poco lungimiranti, com’è il caso della lista “L’Altra Europa con Tsipras“. Perché? Semplice: come ho sempre sostenuto, un progetto nato a ridosso delle elezioni europee non può andare troppo lontano, soprattutto quando la persona “candidata” alla presidenza della Commissione europea è stata individuata, inutile negarlo, sulla base del consenso elettorale che questi ha nel suo Paese. Fin qui possiamo controbattere su molti temi, anche sul come si è scelto Tsipras e, devo esservi sincero, poco mi interessa oggi. La cosa che mi fa infuriare (chi mi conosce e ha avuto modo di discutere con me, lo sa) è che l’Altra Europa con Tsipras non fa campagna elettorale contro Grillo, contro quei partiti euroscettici, populisti e di destra, ma la stragrande maggioranza degli argomenti sono “il PD ha fatto questo”, “il PD non ha fatto questo”, “piove, PD ladro”. Giusto per completare il ragionamento, vi ricordate Barbara Spinelli che dichiarava di essere pronta a collaborare con Grillo in Europa? Come potrei interpretarla? Come dovrei intendere questa mano tesa nei confronti un personaggio che sminuisce l’Olocausto e Primo Levi sul suo blog?
    Mi dispiace davvero tanto, ma alla fine che posso farci? Non sono io che detto la linea e nemmeno la comunicazione (non ho un bikini a portata di mano).

    Ricapitolando: l’obiettivo è quello di indebolire il centrosinistra, per rafforzare la sinistra e andare in Europa schiacciati da Forza Italia, Movimento 5 Stelle e partiti minori? Geniale! Date un Premio Nobel a chi lo ha deciso!

    Detto ciò, ecco perché le elezioni europee non sono un gioco. C’è molta carne sul fuoco e tante sono le difficoltà, ma oggi non può essere dato per scontato nulla e bisogna lavorare seriamente, sui territori e nelle Istituzioni (Europee e non), per ridare credibilità ad un Paese, il nostro, svilito da decenni di teatrini politici.

    Poi, su chi votare io ho la mia idea, ma lo sapete già.

    PS. se volete, ho lanciato un questionario a cui vi chiedo di rispondere. Aspetto il vostro parere.

  • Non pubblico da molto tempo su questo blog e spiegherò le ragioni. Lo farò raccontandovi cosa stiamo facendo in questo periodo e cosa, in particolare, mi porta ad essere lontano da questo spazio di condivisione di idee al mio e, soprattutto, vostro servizio.

    Ho iniziato a militare nel Partito Democratico, entrando nella sua giovanile, i Giovani Democratici, nel 2010. Sono passati ormai 4 anni da quel giorno e devo ammettere che tanto è stato il lavoro svolto finora, diverse vittorie collettive ci hanno segnato, anche diverse sconfitte. Ad oggi contiamo una vittoria di non poco conto, un prosecuzione di quello che abbiamo iniziato con Liliana Ventricelli, nostra rappresentante alla Camera dei Deputati, una ragazza di 28 anni, da più di un anno Deputata della Repubblica, eletta grazie alle Parlamentarie del PD di dicembre 2012, risultando la prima degli eletti in Puglia.

    Oggi questo progetto di rappresentanza si allarga, grazie all’impegno di moltissimi, tra ragazze e ragazzi, grazie alla testardaggine che ci contraddistingue e che ha portato la giovanile ad ottenere dei propri candidati all’interno delle liste del Partito Democratico, in tutta Italia, alle Elezioni europee.

    Alle elezioni del 25 maggio prossimo, ci sono ragazzi, come noi, candidati. Per il collegio Nord-occidentale (Liguria, Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta) c’è Brando Benifei, per il collegio Sud (Puglia, Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria) ci sono Roberta Capone e Stefano Minerva.

    Stefano, 28 anni, di Gallipoli, è balzato agli onori della cronaca per la vicenda che l’ha visto protagonista, nata dall’ultima Direzione nazionale del PD, quando si è visto aggettivare come “errore di battitura” e cancellato con un colpo di spugna dalla lista.
    Abbiamo messo in moto una campagna virale che ha prodotto i suoi risultati, più di 900 firme raccolte nell’arco di 48 ore, la base del partito, elettori e dirigenti ed eletti del PD si sono schierati senza se e senza ma a difesa della democrazia e della rappresentanza, oggi insita nella figura di Stefano Minerva, come espressione del territorio ma anche come simbolo di meritocrazia, di un ragazzo che ha girato in lungo e in largo l’Italia, specialmente il Mezzogiorno, come dirigente della giovanile, mettendosi al servizio della Comunità, sempre e comunque.

    A breve sarà online il sito di Stefano, incomincerà la campagna virale sui social e per le strade sentirete parlare di questo giovane Minerva, dall’accento salentino ma con la testa proiettata in Europa, per il Mezzogiorno e la sua gente.

    #voglioMinerva deve entrare nella TT di Twitter, perché non possiamo perdere l’occasione di farci rappresentare da un ragazzo senza interessi personali, con la passione che gli scorre nelle vene e che è fortemente percettibile dalle sue parole.

    Questa occasione non possiamo lasciarcela fuggire, dobbiamo impegnarci a fondo per rompere gli argini e invadere con le idee un’Europa che deve cambiare, senza populismi, personalismi ed euroscettici, ma con la forza dei progetti collettivi e delle rappresentanze vere.

    Come potete immaginare, in quanto responsabile della Comunicazione dei Giovani Democratici pugliesi, le mie forze sono tutte dirette verso la campagna elettorale di Stefano, in primis, e verso quella dei tantissimi ragazzi che quest’anno si candideranno nei propri comuni, come consiglieri comunali. Per questo pubblicherò in modo sporadico, fino al 25 maggio. Seguiteci, tuttavia, sui social, sulla fan page di Stefano e quella dei Giovani Democratici. Sul sito dei GD Puglia e su quello di Stefano (che pubblicheremo a breve).

    Nessuno di noi è solo. Possiamo isolarci, ma un progetto ambizioso e forte come il nostro si incrocerà sempre con la vita degli altri.

    Benedetto Croce, durante il discorso inaugurale del 1° Congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale, tenutosi a Bari il 28 e 29 gennaio 1944, diceva:

    Signori,
    Questo nostro è un convegno politico; e nessuno meno di me, che ne ho tenacemente difeso nel campo dottrinale l’autonomia e l’originalità, può pensare di prendere la parola per negare l’ufficio e l’importanza della politica nella vita dei popoli come degli individui.
    Senza politica, nessun proposito, per nobile che sia, giunge alla sua pratica attuazione.

    Queste parole mi hanno emozionato, hanno lasciato un solco profondo dentro di me. Con questo spirito ci mettiamo al servizio dei cittadini e dei nostri territori.

    Possiamo farcela, forza!

  • Il PD annuncia l’impegno ad organizzare il Congresso del PSE di Febbraio 2014 a Roma, Fioroni minaccia di andarsene se il PD dovesse aderire ai Socialisti Europei. Qualcosa di buono accade. Prendiamo due piccioni con una fava.

    Fioroni è allarmato, preoccupato dalla sempre più vicina posizione del PD al Partito Socialista Europeo. Si ritiene offeso, oltraggiato dalla possibile organizzazione del prossimo Congresso del PSE a Roma, ad opera del Partito Democratico.

    Fioroni è allarmato, pronto a riesumare la Margherita, ormai appassita, con vecchie glorie sparse tra UDC, API, Scelta Civica e PD. Tutti quanti per un partito ormai del 3%.

    Fioroni è allarmato. Evviva!

    Il Partito Democratico non può tentennare minimamente sulla sua adesione al PSE. Uno dei danni peggiori di questo partito è stato quello di non aver avuto mai una posizione chiara, precisa, in Europa, come in molte altre cose.

    L’adesione al Partito Socialista Europeo non è una possibilità, ma l’unica via per dare una forte credibilità al partito nelle sedi europee. Le vie di mezzo non sono più ammissibili: ad oggi il PD risulta aderente all’Alleanza tra Socialisti & Democratici (S&D).

    Le elezioni al Parlamento Europeo si avvicinano, si terranno il prossimo Maggio, non possiamo più aspettare, dobbiamo necessariamente compiere questo passo importante, decisivo.

    Se Fioroni vuole riesumare la Margherita lo faccia, è giunta l’ora che il PD non sia più ostaggio di gente da percentuali da prefissi telefonici e soprattutto che non pongono la laicità al primo posto nelle loro scelte politiche.

    La non adesione del PD al PSE era una clausola risolutiva al momento della fondazione

    dice, sempre lui, Fioroni.

    Pronti a pagare il “prezzo” di questo mancato rispetto della clausola: di certo il PD non si scioglierà per la scissione con i tanti Fioroni, anzi, a mio modesto parere, si rafforzerà, perché finalmente raggiungeremo un obiettivo sperato: la chiarezza nelle nostre posizioni, non solo sul piano europeo. Vista la figuraccia sul testamento biologico (giusto per citarne uno).

    Ora o mai più. Il PD nel Partito Socialista Europeo. Subito.

    hashtag-PSE-PD

  • Gli Stati Uniti d’Europa sono il prossimo e necessario step che l’Unione Europea e le sue istituzioni dovranno affrontare se non vogliono soccombere agli estremismi che dilagano in tutto il Continente.

    Assistendo, oggi, ad un convegno sulle cariche professionali europee, mi è subito balzata in mente la sensazione che ci stiamo perdendo qualcosa, o meglio dire, in qualcosa.

    Non c’è mai tempo di annoiarsi, questo è anche vero, le vicende politiche ci insegnano che ad intrattenere la gente, si è bravi in molti, peccato che a governarla sono Pollice, Indice, Medio, Anulare e Mignolo (essenzialmente, si possono contare sulla punta delle dita di una mano).

    L’intrattenimento, però, è scarno di contenuti, o pieno di tessere vaganti, fate voi, certo è che di Europa ne stiamo parlando poco o niente.

    Non parlo solo del PD, sia ben chiaro, ma è la politica in generale che è ancora ferma ai bisticci interni: tra un congresso a colpi di tessere e falchi, colombe, pitonesse, lealisti, alfaniani, biancaneve e i sette nani si scontrano tra loro per difendere un giaguaro ormai agonizzante e minacciano il governo se dovessero sparargli il colpo di grazia tra qualche giorno.

    L’Europa, in tutto questo, continua a correre, senza o con l’Italia, le Elezioni Europee si avvicinano (Maggio 2014) e ancora tutto tace.
    Europeisti della prima ed ultim’ora affrancano il fenomeno estermistico che potrebbe presentarsi alle porte di Strasburgo come “folkloristico” e “normale”, ma soprattutto “fenomeno di cui non preoccuparsi” perché tutto sommato “è chiaro che i partiti che contano sono il PPE e il PSE”. È un po’ lo stesso discorso dell’indifferenza che portò il Fascismo, in Italia, a diffondersi a macchia d’olio, a suon di violenza, ma anche a suon di persuasione.

    parl_ue

    L’indifferenza delle Istituzioni Europee, dinanzi al dilagare degli estermismi nei principali paesi europei è allarmante, oltre che disarmante per chi nel progetto europeo ci crede e immagina un futuro più concreto per l’Unione Europea, arrivando finalmente agli Stati Uniti d’Europa, dove vengono assegnate a Bruxelles determinate funzioni di controllo e gestione di politiche vitali per lo sviluppo equo di ogni parte d’Europa, come ad esempio l’istruzione, l’università, l’economia e il commercio. Tutto, senza perdere governabilità, ma coadiuvando azioni di governo centrali (nelle sedi europee) con quelle periferiche (nelle sedi statali).

    Potrebbe esserci un cambio di rotta per la Commissione Europea: Martin Schulz, attuale Presidente del Parlamento Europeo, tedesco dell’SPD e figura di maggiore spicco nel Partito Socialista Europeo, ha annunciato la sua corsa alla Presidenza della Commissione Europea, lo scorso 3 novembre. Una commissione politica, diversa da quella che in questi anni ha padroneggiato la scena europea, potrà essere un fattore di miglioramento e di cambiamento delle politiche europee e di sviluppo dello stesso progetto europeo, in quanto istituzione?

    Non perdiamo la bussola e continuiamo a parlarne, io inizio da oggi.

  • Mentre la disoccupazione giovanile raggiunge livelli drammatici, l’Ue vuole sopprimere una delle poche iniziative capaci di aiutarli. Basterebbe una minima parte del budget europeo per sovvenzionare la mobilità dei lavoratori tra i paesi membri.

    da 

    Grazie alla crisi dei mutui abbiamo conosciuto i Ninja americani (“no income, no jobs, no assets”). Ma chi conosce invece i Neet europei?

    I Neet hanno fra 15 e 29 anni e non sono in nessuna statistica: non hanno lavoro, non hanno studiato e non hanno una formazione professionale. Non bisogna andare molto lontano per trovare un Neet: basta guardare nella propria famiglia, fra gli amici o nel proprio quartiere. In Europa sono 14 milioni, un ragazzo su sei.

    Il problema è che i Neet cominciano a costare caro: 153 miliardi di euro all’anno di mancati guadagni, secondo uno studio dell’agenzia europea Eurofond. Una cifra più alta del bilancio dell’Unione europea (142 miliardi di euro).

    Chissà se i Neet europei hanno seguito in questi giorni le farsa delle fallite trattative sul bilancio europeo per i prossimi sei anni? E se sanno che l’Europa di Bruxelles, al contrario di quello che si sarebbe potuto credere in questi tempi di crisi e di rigore, è ricchissima?

    Talmente ricca da pensare di distribuire almeno mille miliardi di euro nei prossimi sei anni: 420 miliardi per l’agricoltura, 300 miliardi “per la coesione per la crescita e l’occupazione” – di fatto i trasferimenti dalle regioni ricche a quelle povere e poco importa se: a) 15 dipartimenti francesi hanno un pil procapite inferiore a quello della Grecia; b) i 350 miliardi spesi in questi sei anni non hanno avuto grande effetto sulla coesione (come per esempio nel caso della Grecia), sulla crescita (una contrazione dello 0,3 per cento nel 2012) e sull’occupazione (25 milioni di disoccupati nell’Unione).

    A questi fondi si devono poi aggiungere i 58 miliardi di euro per “l’Europa, attore globale”, peraltro globalmente assente per la mancanza di un’Europa della difesa nella soluzione di tutti i conflitti e delle crisi recenti (Libia, Siria, Israele-Palestina, Iran). Non dimentichiamo infine i 56 miliardi di spese amministrative dell’Unione.

    Un’altra politica di bilancio è possibile: consisterebbe nello smettere di sovvenzionare gli errori e il passato dell’Unione, per interessarsi invece al suo futuro, cioè ai giovani e in primo luogo ai Neet.

    A quanto pare invece i dirigenti dell’Unione, in difesa dei loro interessi nazionali o burocratici, stanno pensando di sopprimere definitivamente Erasmus, l’unico vero risultato concreto, tangibile e paneuropeo dell’Ue negli ultimi anni. Dalla sua creazione nel 1987, Erasmus ha permesso a tre milioni di studenti europei di andare a studiare in uno dei paesi dell’Unione con una sovvenzione molto modesta dei loro studi (250 euro al mese).

    Questo programma ha contribuito a creare uno spirito e una realtà europea, al contrario di quello che ci è proposto oggi, cioè la chiusura in se stessi dietro le proprie frontiere nazionali, l’assenza di progetti per le nuove generazioni, la gestione a breve termine delle emergenze finanziarie. Dalla sua creazione fino a oggi Erasmus è costato 4,1 miliardi di euro, cioè meno degli errori di pagamento nell’esecuzione del bilancio dell’Unione europea nel 2011 (4,9 miliardi di euro).

    Forse è giunto il momento non solo di non cancellare Erasmus, ma al contrario di accrescerlo proponendo un Erasmus per l’occupazione. Questo programma potrebbe sovvenzionare ogni anno, per esempio attraverso la copertura dei contributi sociali, un milione di contratti della durata di un anno nel settore privato – dei veri posti di lavoro nell’economia reale.

    Otto miliardi all’anno

    Questo progetto darebbe ogni anno la possibilità a un milione di giovani europei prima di tutto di lavorare, e di lavorare in un paese dell’Unione. Questo significherebbe viaggiare, imparare a lavorare in un’altra cultura, in un’altra lingua, dimenticare i nazionalismi angusti e i protezionismi per vivere l’Europa delle imprese – anziché quella delle burocrazie.

    Partendo dall’ipotesi di uno stipendio medio di 20mila euro all’anno e di contributi sociali del 40 per cento, si arriverebbe a una sovvenzione di otto miliardi all’anno. È troppo chiedere di dedicare il 6 per cento del bilancio dell’Unione europea per un investimento del genere?

    In un certo senso dobbiamo dare ragione ai sostenitori del rigore e del controllo di bilancio dell’Unione: questo bilancio da mille miliardi è un insulto agli stati, alle famiglie e alle imprese che fanno degli sforzi drammatici per ridurre i loro deficit e le loro spese. Ma se c’è un investimento che dobbiamo preservare e accrescere, è proprio quello del nostro futuro.

    Creare un’Erasmus per l’occupazione permetterebbe di ridare una speranza ai giovani, di offrire crescita per tutti in Europa e di rafforzare lo spirito europeo. Del resto questo programma migliorerebbe la competitività delle imprese europee alleggerendo i contributi per i loro nuovi assunti. Inoltre ridarebbe una legittimità alle istituzioni europee, oggi molto lontane dalla realtà delle imprese e dei cittadini.

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  • Il Vicepresidente dell’Europarlamento risponde alle domande della Rete Universitaria Nazionale sulle sorti dell’Erasmus e delle prospettive europee alla luce delle politiche di austerità volute da alcuni paesi.

    Con il Vicepresidente del Parlamento Europeo, l’On. Gianni Pittella, abbiamo parlato della questione dei fondi per il progetto Erasmus, di rischi e prospettive per l’integrazione europea.

    1.Quando il capo della commissione bilancio del Parlamento europeo Alain Lamassoure dichiara “L’European Social Fund è in bancarotta e non è in grado di rimborsare gli stati; la prossima settimana toccherà al programma studentesco Erasmus” fa all’allarmismo o dice il vero? Quali sono i motivi di questa “bancarotta”?

    Il rischio c’e’, anche se va inquadrato dentro una più generale difficoltà di bilancio dell’Unione. Tra l’altro il Programma Erasmus non e’ direttamente finanziato dal FSE, e il 23 ottobre la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento una proposta di parziale “assestamento” che dovrebbe consentire di rinvenire le coperture sia per Erasmus sia per le azioni legate alla Ricerca e all’Innovazione. Ovviamente poi la palla passera al Consiglio e ai Governi.

    2.Quali sono i reali rischi per gli studenti che hanno già vinto il bando di concorso Erasmus per l’anno accademico appena iniziato? Quali le prospettive per il prossimo?

    Chi ha gia’ un contratto dovrebbe poter partire tranquillo. Almeno questo e’ ciò che ci comunicano gli uffici che coordinano e gestiscono il Programma Erasmus. Tra l’altro, se cosi’ non fosse, occorrerebbe una qualche comunicazione ufficiale da parte della Commissione, ad oggi ancora non pervenuta. Certo non possiamo, con tutto il rispetto, dare risposte tecniche di merito sulla scorta di una intervista o di una dichiarazione, come quella resa da Lamassure.

    3.Soffoca, tra austerity, fiscal compact e ritrosie degli Stati nazionali, lo spirito di cittadinanza europea. Noi vediamo una volontà politica alla base di queste scelte, non un destino di declino inevitabile. Dov’è vive oggi l’alternativa, dov’è finito lo spirito dell’Europa di Delors e del Processo di Bologna?

    Il momento non e’ affatto semplice per gli europeisti e i federalisti. Già da tempo, in verità’, il processo di integrazione sta vivendo una fase di grande difficoltà anzitutto a causa dell’assenza di una leadership forte ed europeista nei principali Stati membri. Certo, oggi con Monti e Hollande va molto meglio, da questo punto di vista. Tuttavia, come conferma la gestione del dossier Grecia o le intempestive e deboli risposte alla crisi economico – finanziaria mondiale, siamo assai lontani da una Unione vero soggetto politico, incisivo ed efficace. Questo e’ un momento in cui occorre in modo particolare la spinta dei cittadini per una ripresa vigorosa del processo di integrazione. Oltre ogni miope e bieco piccolo interesse nazionale di corto respiro.

    [Fonte: Runonline.it]
  • Dal suo blog, il Vice Presidente dell’Europarlamento, Gianni Pittella, commenta così il salvataggio dell’Erasmus da parte della Commissione UE.

    ”Dopo le reazioni durissime contro la riduzione dei fondi per il programma Erasmus nel 2012 la Commissione europea ha annunciato che presentera’ un bilancio di rettifica con cui saranno integrate le disponibilita’ in modo da evitare danni agli studenti che rischiavano di perdere il contributo per le ultime mensilita’ dell’anno”. Lo rende noto il vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella. ”L’attacco e’ sventato ma questa e’ una nuova lezione da imparare – commenta l’europarlamentare del Pd – la linea dell’austerita’ cieca e indiscriminata di alcuni governi rischia di travolgere anche conquiste fondamentali e ormai consolidate dell’Unione europea come l’Erasmus per i giovani, e’ una politica che va profondamente corretta’

    [Fonte: GianniPittella.it]