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  • Il PD perde più facilmente i feudi elettorali che il sistema feudale del potere, quello che lo caratterizza e che lo sta portando al fallimento.

    Vorrei dedicare il post di oggi ad una riflessione nata da quanto mi è stato riferito da Michele Emiliano, ieri, fermandomi e dicendo di aver letto la mia lettera agli adulti del PD:

    “ti sei dimenticato di dire che a Bari abbiamo fatto 1/3 delle tessere dell’anno scorso”.

    Riflettendo sulle parole del Sindaco di Bari, ho pensato a quanto stia davvero male il Partito Democratico se si arriva a ritenere positiva e degna di nota la drastica diminuzione di tesserati ai circoli di una città (peraltro governata da 10 anni dal centrosinistra, da un sindaco, per l’appunto, del PD).

    Scandalo o non scandalo, bolla mediatica o realtà, il tesseramento di massa è un dato di fatto e tocca ogni parte d’Italia e  il detto “da che mondo è mondo” si trasforma in “da che il PD è il PD”. Il problema è capire di che 1/3 dei tesserati stiamo parlando e soprattutto come giustificare le ingerenze da parte dei “capibastoncino” locali nei vari congressi di circolo.

    Diceva bene, in un suo articolo, il prof. Angelo Panebianco, nel lontano 2007:

    Ciò che si sta delineando è un partito con una struttura «feudale» (altro che federale), un partito che nello stesso momento in cui incoronerà Veltroni darà anche vita a un sistema strutturato di correnti, ciascuna facente capo a un notabile. Ne verrebbe fuori qualcosa di simile alla Polonia settecentesca. Tra l’altro, un partito così fatto toglierebbe in partenza al pur plebiscitato Veltroni lo spazio di manovra necessario per un vero esercizio della leadership.

    Di notabili ne conosco molti e tutti hanno dei loro sottonotabili, sparsi per i vari circoli, tutti impegnati a soddisfare le esigenze di corrente, tutti impegnati a votare i candidati di riferimento, senza un briciolo di critica, senza un minimo di dibattito: “si vota così e basta”. Un po’ troppo simile al sistema feudale del potere, diviso tra sovrano, vassalli, valvassori e valvassini.piramide-del-feudo

    È sempre un colpo al cuore arrivare in federazione provinciale, durante il periodo di qualsiasi tipo di elezioni (comunali, provinciali, regionali o, come in questo caso, congressi di circolo ed elezione dei delegati provinciali), perchè vedi gente mai vista prima, che non ha mai frequentato le sezioni se non in tempo di raccolta di “oboli” elettorali di voti e appoggi.

    Ma è questo il partito che contribuisco a portare avanti?

    Me lo sono chiesto molte volte e molte volte mi sono dato risposte simili, differenziate da leggere sfumature che l’attualità mi suggeriva, ma tutte convergenti su un unico punto: il PD non sa chi è e non l’ha mai saputo, perché i suoi dirigenti non sanno chi sono, perché la maggior parte di loro è lì perché uno tra i notabili di cui abbiamo parlato ha voluto che occupasse quel posto. Sia chiaro, la regola della natura vale sempre: chi ce l’ha più grosso comanda.

    Chi si propone alla guida del partito si lamenta e grida allo scandalo per il tesseramento furibondo (chiedendone il blocco), un tesseramento basato su regole decise a tavolino da se stesso e Renzi: uno è contro ciò che lui stesso ha deciso e l’altro sa di aver già vinto e quindi poco importano le regole e gli scandali. Meglio pensare alla lavagna ed al vespino.

    Se fino ad ora ci siamo lamentati, abbiamo gridato allo scandalo e in modo annebbiato stiamo procedendo verso i congressi di circolo e quelli provinciali, tra un po’ tireremo le somme e ci renderemo conto di cosa sia realmente la perdita della dignità e della credibilità nei confronti degli elettori e degli stessi militanti, quelli veri, non quelli dell’ultim’ora (come ormai va di moda).

  • Indirizzata a tutti i responsabili dello schifo di questi giorni.

    Egregi adulti del PD,

    sia ben chiaro, adulti per una questione di età, più che di saggezza. Non offendetevi, ma ora capirete il perché di questa mia posizione.

    Sono ormai più di tre anni che combatto quotidianamente per questo partito e non pensavo di dover combattere, un giorno, contro lo stesso. Combatto perché non posso accettare in nessun modo quanto sta accadendo in tutta Italia, nei circoli, nelle federazioni provinciali. Combatto perché ho una dignità che mi spinge a calpestare violentemente l’uso improprio che molti di voi stanno facendo del tesseramento, per una lotta interna tra correnti, tra vecchi ex, tra capibastone. Che vergogna.

    Mi dispiace per voi, cari adulti del PD, ma non è questo l’esempio che avreste dovuto dare ai giovani militanti, a chi è rimasto fuori ad osservare prima di prendere una decisione sul tesserarsi o meno (allontanandolo spaventato, inesorabilmente).

    Avete fallito. Fallito nella vostra vita politica, siete i primi responsabili del tracollo del nostro Paese, perché non siete riusciti a creare un soggetto politico capace di sanare il vuoto che il berlusconismo ha creato nel Paese. Avete fallito perché non siete moralmente superiori a nessuno, ma credete l’esatto contrario. Con che faccia criticate un elettore di Berlusconi, se voi siete la fotocopia di un modo di intendere la politica e il partito?

    La differenza tra il partito di Berlusconi e il vostro, che voi avete plasmato (e che noi demoliremo per ricostruirlo da zero), sta nel fatto che per uno c’è solo un leader, per l’altro, ogni circolo ne ha 3 o 4. La sostanza non cambia, anzi, peggiora.

    Cari adulti del PD, io sono un giovane del PD. Non lo dico per vantarmi, perché io e, come me, tanti altri ragazzi abbiamo un fardello molto più grosso e pesante del vostro: noi dobbiamo combattere, non solo, contro vecchie logiche politiche ma anche e soprattutto contro i nostri coetanei che ci credono vecchi perché impegnati in un partito.

    Cari adulti del PD, abbiate un minimo sussulto di dignità: dimettetevi da qualsiasi carica politica e chiedete scusa alle vittime dei vostri interessi, chiedete scusa a chi crede veramente nel PD e nei congressi, come momento cardine per il rinnovamento del partito e quindi dell’Italia. Così non sarà e questo mi dispiace.

    Cari adulti del PD, abbiate fede, qualcuno darà vita al vero PD. Una cosa è certa: non saranno coloro che giocano con il tesseramento.

    Saluti.

  • Stamattina vengo a conoscenza di un episodio vergognoso a discapito dei Giovani Democratici di un circolo di Taranto, il “Primo Maggio”: è stata loro impedita la possibilità di votare al congresso di circolo perché hanno cercato di presentare una loro candidatura a segretario di circolo. A Stefania Caracciolo ed a Paolantonio Palumbo va la mia vicinanza per quanto stanno facendo sul territorio. Una battaglia di civiltà è la priorità massima per salvare il Partito Democratico dal baratro e va sostenuta fino alla fine.

    Come se non bastasse leggo che Marco Sarracino, segretario dei GD della Provincia di Napoli, è stato schiaffeggiato da un consigliere del PdL intento a fare tessere del PD per il Congresso. Come dice un mio caro amico, ormai oltre al Governo, si parla anche di tesseramento di larghe intese. Apostrofare l’accaduto come un caso isolato e folkloristico è l’errore più grande che possiamo fare. Non è affatto folkloristico, ma ignobile, indicibile e non è un caso isolato, perchè in tutta Italia gli appuntamenti congressuali si stanno trasformando in una farsa, in una resa dei conti tra correnti locali, in una gara a chi ce l’ha più grosso (il pacchetto di tessere, sia chiaro).

    Cosa vogliamo trarre da quanto sta accadendo nel partito? Che sia tutto normale? Possiamo continuare a tollerare questa immondizia? Possiamo pretendere, sì o no, che questa gente vada presa a calci nel culo e cacciata dal partito? Possiamo? È nostro diritto chiederlo? Capisco il dover essere moderati, ma l’immondizia o la butti o te la mangi ed io sono indigesto e come me moltissimi giovani impegnati, ogni giorno, nel partito, per dare un volto pulito e sincero ad un PD perso e mangiucchiato dai vermi del potere degli interessi personali. Che sia la volta buona che molti di noi aprano gli occhi e che si ponga fine a questa farsa. In Italia quello che serve è un CIE, non per gli immigrati (che di sofferenze ne vedono troppa) ma per gente come questa, un sistema che identifichi ed espelli dal partito chi, di questo partito, ha sempre avuto una idea strumentale, al servizio dei propri interessi.

    Saluti.

  • Non ricordo da quanto tempo, ormai, la politica si poggia sulla logica del meno peggio.

    Un quesito del genere non può non balzare alla mante se si guarda cosa sta succedendo nei vari congressi del Partito Democratico, ad ogni livello, sia chiaro.

    Mi dispiace veramente tanto per quello che sta accadendo a livello provinciale, qui in Terra di Bari, dove il congresso si è trasformato in una conta tra correnti, in alchimie da premio Nobel, tra capibastone che credono in un partito al proprio servizio e a loro uso e consumo.

    Candidarsi per conto di qualcuno è qualcosa che non ho mai compreso e mai accetterò, soprattutto quando si perde la propria personalità e si è semplicemente la manifestazione di una scelta di altri.

    Ieri ho partecipato all’Assemblea degli Iscritti del PD di Noci, la mia città: si è parlato di proposizione di una propria candidatura, di una sorta di presa di coscienza che porti alla scelta di mettersi in gioco e di poter contribuire nelle proprie forme e nelle proprie misure al partito. Tanto di cappello ad un ragionamento di questo livello, ma io credo che il problema sia più grande di quanto possiamo immaginarlo.
    Se è vero che è una presa di coscienza e che la settimana prossima si eleggerà il nuovo segretario di circolo, credo che il flusso di coscienza che porti ad una autocandidatura sia ormai più che avviato dentro ogni ipotetico candidato, per questo non capisco come si possa temporeggiare e accettare che una candidatura possa essere proposta a poche ore dal voto. Inaccettabile e assurdo.

    Sapete, sino a quando il Partito Democratico si ridurrà a scegliere il meno peggio credo che il PD sarà il peggiore di tutti i partiti. Nei circoli, nelle federazioni, non possono esserci interessi personali nella scelta del segretario, per rispetto dei militanti e di tutti coloro che ci mettono la faccia (e qualcos’altro). Chiedo troppo? Se così fosse allora non c’è motivo di continuare a far politica, o meglio, non c’è motivo di credere ancora nel PD.

    Io ci credo, molto, moltissimo, nel progetto che raffigura il PD. Proprio per questa ragione non posso accettare che i congressi si trasformino in rese dei conti o peggio degli uffici di collocamento “politico” di amici di amici. Basta. Ora o mai più.

  • Ogni giorno che passa, un giorno in meno al Congresso nazionale.Riflettevo tra me e me cosa possa raffigurare oggi questo evento, non solo per l’Italia, ma anche e soprattutto per il PD (e può sembrare abbastanza scontata come cosa, ma non lo è).

    Il Partito Democratico, sin da quando ha visto la luce, ha sempre dovuto fare i conti con lotte intestine tra le varie fazioni provenienti dai partiti “genitori” – exDS ed exMargherita (in via principale) – motivo per cui non ha mai avuto posizioni precise, nette, su questioni di importante rilevanza e strategiche, non solo per dare una chiara identità ad un simbolo, ma anche per garantire agli elettori di sapere chi si stava votando.

    Le cose, oggi, non sono per niente cambiate. Se i vecchi leader dei vecchi partiti si sono eclissati per fare spazio a nomi diversi (attenzione, non ho detto nuovi!) senza però dare un taglio a quello stato di appartenenza alle vecchie sigle, altro motivo per cui quando a capo c’è una sigla l’altra sembra faccia opposizione e/o abbia un ruolo marginale.

    Se il PD del 2013 debba essere un prototipo identico a quello antenato, una ragione deve pur esserci e il prossimo Congresso niente potrà fare se impostato esattamente come è.
    Mi spiego meglio: prima si chiamavano ex-qualcosa, oggi finiscono tutti con “iani” (Bersaniani, Dalemiani, Renziani, Cuperliani, Civatiani, Bindiani, Franceschiniani e chi più ne ha più ne metta), situazione che non migliora di certo le cose, anzi, ciò che mi rende perplesso sul prossimo Congresso è che, alla fine, niente è cambiato nella sostanza, ma ha solo subito una evoluzione nella forma.

    Il PD non sarà mai il vero PD sino a quando ci saranno logiche di divisione interna. Basta guardare la crisi del centrodestra, quel PdL che viene squarciato dalla divisione tra falchi, colombe, piccioni e pitonesse. Il senso è proprio questo: si combatte tra di noi, ma non contro gli altri.

    Il più grande dei danni inferti al partito, da questa suddivisione, come ho già accennato prima, è proprio la mancanza di chiarezza politica, ragion per cui di posizioni ufficiali del partito se ne vedono ben poche. Con questo non voglio dire che tutti debbano essere soldatini agli ordini del leader di turno (come lo sono stati e lo sono tutt’ora i parlamentari del PdL) ma quantomeno rispettare la scelta presa a maggioranza, nei luoghi opportuni.

    Io? Mi piace definirmi un nativo digitale, senza appartenere ad una corrente, se non ad una: quella del Partito Democratico.
    Per questo Congresso, sostengo fermamente Pippo Civati e ci sarà tempo per poter esplicare le mie ragioni, ma ora concentriamoci su quanto detto e impegniamoci ad essere più Democratici e meno fans di qualcuno.

  • Sono le ore 18:15 circa al centro congressi della Fiera del Levante di Bari, mentre salutavo degli amici, dall’altra uscita ecco sbucare una massa inferocita di giornalisti, tutti impegnati a circondare la nuova pop star, Matteo Renzi, che si dirige presso un altro padiglione, dove di lì a poco, tutti i vari “big” del partito si sarebbero intrufolati, forse per un colloquio privato, o forse per ballare la samba.

    Certo è che come sono arrivato a Bari, così ho preso la strada per il ritorno: senza niente di nuovo da raccontare, senza una visione delle cose, senza niente di niente.

    Prendetemi pure per uno di parte, ma io sono del Partito Democratico da più tempo di qualche astuto commentatore e forse, dico forse, ho a cuore più di qualcun altro le sorti del mio partito. Proprio per questo, mi sarei aspettato un discorso più corposo, più intenso, più carico di contenuti (forse basterebbe solo dire “carico” di contenuti) che cercasse di dare una visione delle cose ad un partito, il PD, che di posizioni nette non ne ha mai avute e che chi vuole soverchiare il sistema deve necessariamente colmare. Ma niente.

    Apro una piccolissima parentesi: tra quelle quasi duemila persone ho visto di tutto, ho visto delinquenti, gente che da quando si alza la mattina pensa agli affaracci propri e che della politica non fanno altro che approfittarsene. Ho visto il vomito di una classe dirigente che ha fallito, gli ho avuti accanto, di fronte, dietro. Mi sono sentito pieno di vergogna ad essere lì, in quel momento.
    Tra quelle duemila persone, ho visto gente schierata con Renzi solo per portare a casa un proprio risultato personale, chi si vuole candidare ad una carica e chi ad un’altra, chi vuole sentirsi più forte nel proprio partito per ottenere una fetta più grossa, chi dopo le primarie chiederà la testa di qualcun altro. Insomma, lo schifo più totale. Ho ancora la nausea.
    Se solo i riflettori fossero stati puntati sulla folla anziché sul palco, avremmo visto tutti cosa c’era e c’è realmente sotto il simbolo “Renzi”, almeno in Puglia (ma io credo in tutta Italia).

    Chiusa questa infelice parentesi, vorrei tornare su quanto ho ascoltato: parole che non mi hanno lasciato niente, se non semplici frasi fatte, da ripetere come un pappagallo, ad esempio, “sul carro non si sale, il carro si spinge” oppure “vorrei dare un nome ai sogni dell’Italia”, giusto per farvi qualche esempio.

    Cambiare il PD che cambia l’Italia, cambiare l’Italia che cambia l’Europa: ma come? Mi chiedo come?

    Vorrei da un candidato alla segreteria del principale partito del centrosinistra, delle idee chiare su ambiente, lavoro, tecnologia, sviluppo sociale, cultura, istruzione, università. Perchè Renzi non ha parlato delle 5 hub della ricerca che ha intenzione di creare? Perchè Renzi non ha parlato dell’abolizione del valore legale del titolo di studio che vuole attuare? Magari tutti quei ragazzi che erano lì, tra il pubblico con gli occhi luccicanti o che erano lì per fare volontariato, si sarebbero resi conto di chi stavano sostenendo. Forse non le dice perchè tanto sente la vittoria in tasca, quella stessa sensazione su cui lui stesso ha posto l’altolà, con immancabile ipocrisia.

    Non possiamo continuare a pensare che qualcuno che parla di “establishment che ha fallito” accetti che quello stesso establishment lo applauda e lo porti alla vittoria al prossimo Congresso. Come può costui essere credibile? Come possiamo consegnargli l’Italia, in nome di un tanto richiesto rinnovamento? È questo il rinnovamento? Se così fosse vorrà dire che l’Italia ormai non ha più speranze.

    Se oggi la novità deve celarsi dietro una disposizione del palco diversa dal solito, io mi sento di non appartenere a questa novità. Non ho nulla da perdere, se non la dignità e per quanto possa, per molti, essere un optional, io non ho alcuna intenzione di venderla pur di ottenere qualcosa di personale. Mai.

  • A dirlo è il CEO Google, Eric Schmidt in visita a Roma. “Google pronta ad investire se l’Italia sviluppa la banda larga”.

    Serviva Mr. Google per capire che l’Italia deve fare una scelta di fondo sul proprio piano di sviluppo, se vuole riemergere e non farsi superare da chiunque? Credo proprio di no. Tuttavia Eric Schmidt ha strigliato abbastanza il nostro Paese e, permettetemi, ha fatto bene.

    L’Executive Chairman della Google Inc., passeggiando per Roma ha immaginato cosa possa raffigurare come ricetta ideale per l’Italia per uscire dalla crisi e spiccare (nuovamente) il volo nella produzione, con il “Made in Italy” vittima, nell’ultimo periodo, di contraffazioni e di una concorrenza spietata, oltre che di uno scarso sostegno da parte delle Istituzioni.

    Schmidt parla di banda larga come dei nuovi binari dello sviluppo economico e sociale, come base da cui dar forza alle imprese e alle idee innovative. Di questo ne abbiamo già parlato. Ma ciò che dovrebbe rendere appetibile, più di qualsiasi altra sostanziale motivazione, è l’intenzione di Google di investire in Italia, ma solo se l’internet veloce sarà ormai presente in tutto il territorio nazionale.

    Ma la cosa che il CEO del colosso di Palo Alto afferma e che andrebbe discussa è la specializzazione della produzione: dice bene quando afferma che la California si è specializzata in quello che sa fare meglio – ovvero creazione di nuove tecnologie – ed ora è leader-place mondiale in quel settore (anche se, alla fine, la produzione è tutta in Cina).

    Noi possiamo fare di più: perchè non abbiamo bisogno di produrre su larga scala, perchè il nostro tessuto imprenditoriale si basa sulla piccola-media azienda, non abbiamo bisogno di esportare la produzione, ma possiamo produrre noi, dobbiamo produrre noi, perchè il brand del Made in Italy è imbattibile e deve restare tale. Quelle aziende che oggi producono nei paesi dell’Est-Europa e continuano ad avere il Made in Italy, a mio avviso, dovrebbero subire degli interventi da parte delle autorità europee.

    Bisogna dare energia all’artigianato, alle PMI e soprattutto a chi vuole aprire un’attività imprenditoriale, soprattutto se giovani che hanno preferito restare nel proprio Paese, anziché scappare oltre il confine.

    Le nuove tecnologie sono ormai fondamentali, non smetterò mai di dirlo. Immaginate cosa possa creare un artigiano se nella sua bottega avesse la connessione veloce: un sistema di prenotazione in tempo reale, direttamente sul luogo di lavoro, ad esempio, o un sistema di e-commerce che preveda la consegna organizzata su via digitale, in una rete di distribuzione territoriale e non solo. Oltre a questo, c’è la proposta di Schmidt di affidare ai nostri artigiani delle stampanti 3D e di unirle al nostro design.

    schmidt-lastampa-10-10-2013

  • Gli ultimi dati OCSE segnano l’Italia in una posizione sotto la media europea (ennesima), se non proprio ultima, per formazione professionale dei cittadini adulti che cercano lavoro o sono allocati nei diversi settori.

    L’Italia è ultima per la capacità di comprensione dei testi e penultima (sotto c’è solo la Spagna) nelle competenze numeriche e nel rapporto con la matematica, in generale. Vediamo i grafici per avere un esempio visivo di quello che stiamo dicendo: il primo riguarda la percentuale di adulti, per livello di comprensione:

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    Se poi confrontiamo questa differenziazione con un riferimento alle fasce d’età, allora avremo un’enorme differenza tra generazioni, segno che la scolarizzazione ha fatto notevoli passi in avanti ma, purtroppo, ancora insufficiente, visto e considerato il fatto che ci ritroviamo, comunque nelle ultime posizioni.

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    Dopo aver snocciolato e sintetizzato al massimo quanto riportato dall’OCSE (i dati complessivi li trovate qui) è necessario fare un po’ un quadro generale rispetto alla situazione della formazione professionale in Italia, nelle sue sfaccettature, ma soprattutto, nelle sue differenze tra Nord e Sud.

    Questa scarsa professionalità e preparazione della popolazione – basti pensare agli indici della padronanza della lingua inglese nel settore pubblico (28,7%) e in quello privato (28,6%) – è il risultato di una mancanza di prospettiva del sistema formativo italiano. Un sistema formativo proiettato verso la specializzazione della popolazione dovrebbe coniugare meglio il rapporto tra enti formativi (scuole e università) e le aziende,  le attività produttive del territorio (di questo ne ho già parlato).

    Da dove incominciare – Lo vediamo tutti i giorni, non c’è spazio alla menzogna: le nostre Università meritano spazio, perchè hanno studenti capaci e meritevoli. Chi “governa” le nostre Università deve necessariamente sforzarsi per tessere rapporti con soggetti terzi che possono garantire formazione su campo e una prospettiva sul futuro dei giovani laureati. L’impegno, tuttavia, non deve essere unilaterale: le aziende devono spingere verso questa frontiera della formazione, utile a loro e soprattutto agli studenti, senza dimenticare i diritti di chi affronta uno stage presso un privato o un pubblico (affrontare la questione retribuzione sarebbe una gran cosa).