Tag: Matteo Renzi

  • Vorrei capire diverse cose. Prima di tutto dove si voglia arrivare con questa situazione di disagio che io sto provando (e credo molti altri) su una situazione politica difficile – che va risolta quanto prima per non trasformare ogni volta il dibattito interno come uno strappo – e, anche, per la battuta infelice di Mineo. Seconda cosa, per quale assurda ragione tutte le volte che c’è un dissenso si sente nell’aria puzza di scissione. Io lo dico chiaro e tondo: il PD è il mio partito e lavoro per cambiarlo in meglio. Sarà difficile, sarà un sogno, sarà, forse, ingenuo credere di poterci riuscire? Io da quando faccio politica non ho mai preso posizioni strumentali, che mi abbiano reso più facile la vita nel partito.
    Vivo la mia vita da membro di una comunità politica con la consapevolezza che ci sono persone mature, per bene, disponibili al dialogo e alla condivisione. Nei Giovani Democratici così come nel PD. Per questo credo che serva il rispetto di un principio fondamentale: il rispetto della dignità delle persone. Questo rispetto non lo hanno portato ne Mineo, ne Renzi. Da qui ripartiamo, dai nostri errori, per migliorarci. Deve essere questa la nostra forza. Non un cognome.

  • Quello che sta succedendo, in queste ore, è tragico, molto tragico.

    Corradino Mineo e Vannino Chiti, senatori del Partito Democratico, sono stati sostituiti in Commissione Affari Costituzionali del Senato, perché portatori di una differente visione della riforma del Senato, rispetto a quella Boschi-Renzi, e perché entrambi avevano intenzione di far pesare nella discussione in commissione i loro emendamenti, proiettati verso la salvaguardia dell’elettività dell’Aula.

    Bum! Un colpo di spugna e Mineo e Chiti non sono più membri della commissione, in alternativa verrà posto qualcuno più propenso all’idea di un Senato non elettivo e che, magari, non si ponga tante domande sulla questione. So per certo che in Commissione si rappresenta il gruppo, ma se da un lato c’è stata una forzatura, dall’altra è stata lanciata una bomba a grappolo.

    Quando ho appreso questa notizia, devo esservi sincero, ho avuto un sussulto di rabbia, ma dopo aver riflettuto con calma e attentamente, credo che il problema più che numerico o di posizionamento, sia politico (come spesso capita).

    La questione che dovremmo porci è se sia giusto considerare i parlamentari come delle pedine da spostare a proprio piacimento, senza dare un minimo valore alla persona, in quanto essere umano, in quanto essere pensante, con una propria dignità, con una propria intelligenza. Governare non è come giocare a Dama.

    Non sto facendo retorica, ma credo che questo non sia risolvibile con delle semplici parole. Cosa vogliamo raggiungere in questo modo? Qual è l’obiettivo? Se Renzi crede che una riforma costituzionale passata in questo modo sia utile al Paese, si sbaglia. Crede sia conforme ai principi della Costituzione? Crede che questa sia una legge come tutte le altre?

    L’Assemblea Costituente scelse un iter abbastanza complesso per la modifica della nostra Carta, probabilmente perché sua intenzione era di blindare la Costituzione nei confronti di partiti che, in modo unilaterale, avrebbero voluto modificare la Costituzione a proprio piacimento. Ma non mi fermerei qui: la Costituzione va rivista e modificata con una larghissima maggioranza, simbolo di una mediazione tra diversi punti di vista, simbolo di una collaborazione tra le forze politiche che, oggi, non vogliono collaborare e che quindi il Governo potrebbe finire schiantato contro un muro e portarsi con se anche il PD.

    Pensando con malizia, potrei immaginare un disegno di Renzi, un po’ alla House of Cards o, in chiave nostrana, un disegno paradalemiano, con l’intento di far “scoppiare” il gruppo parlamentare e il partito, facendo allontanare esponenti della minoranza (autonomamente, come è successo con l’autosospensione dei 13 senatori), ormai rimasta da sola (nel senso di una sola, visto che delle due iniziali, una di queste è in una fase di osmosi verso il renzismo dell’undicesima ora, lasciando pochi superstiti).

    Forse mi sbaglio, forse credo in un partito che sta svanendo, nella sua accezione più alta, nella sua natura di casa, di polis dove poter discutere, potersi confrontare e poter essere ognuno alla pari di tutti.

    Per l’ennesima volta voglio ribadire un concetto, mi sembra ridicolo farlo ma, a quanto pare, è una necessità: il PD ha preso il 40% alle Elezioni europee, 11 milioni di voti, 11 milioni di elettori che non hanno votato il PD “perché c’è Renzi”, ma perché c’è un progetto che riesce a convogliare la speranza degli italiani, un progetto in cui Renzi è parte integrante, ma non sostanza unica. L’arroganza con cui si afferma che è più importante il voto degli italiani a quello dei parlamentari mi rattrista molto, poiché la voce grossa non la facciamo con i nostri alleati di governo (di destra), ma contro quella parte a sinistra del PD che, con tutta franchezza, cerca di porre alternative alla discussione e che, a mio avviso, ha portato alla posizione di Mineo e Chiti, proprio perché manca qualcosa di fondamentale all’interno del PD, in questo momento: la calma.

    Sia ben chiaro, non la calma intesa come immobilismo, ma come strumento per instaurare una discussione equilibrata, composta, con le dovute riflessioni, senza rincorrere la lepre, ma cercando di lasciar perdere questa voglia matta di soddisfare la pancia della gente, vogliosa di “fatti”. I fatti arrivano comunque, se non in 2 giorni, ma in 3, arrivano comunque e magari migliori di quelli presentati, perché frutto di una discussione più strutturata.

    Credo che il Partito Democratico abbia grandi potenzialità, indipendentemente dalle persone, ma per la concezione stessa di partito che rappresenta. Proprio per questo credo che si debba confrontarsi nel merito, migliorare i momenti di discussione, non trasformarli in semplici passerelle, dove ognuno dice la sua e alla fine della fiera si fa come si era detto in partenza.
    Certe volte, credo che la Direzione Nazionale sia un po’ una giostra, dove molti salgono sul cavallo, fanno il loro giro (discorso), fino a quando il giostraio non decide di staccare la spina e spegnere tutto.

    Sono convinto che, se si fosse strutturata una discussione monotematica sul tema della riforma del Senato, focalizzandosi sui contrasti, sulle sfumature e sui diversi progetti sul tavolo, probabilmente non avremmo raggiunto questa crisi interna così forte.

    Se poi vogliamo essere proprio democratici e vogliamo valorizzare i nostri iscritti (non elettori, ma iscritti), lo strumento dei referendum interni al partito sono cosa buona e giusta. Su questo blog ne ho discusso abbastanza sull’argomento e credo sia sempre il miglior strumento per porre fine ai dissidi tra dirigenti e lasciare che la base dia il suo parere in merito. Poi, sono certo che anche i parlamentari (tutti) ne trarrebbero le dovute conseguenze.
    Un segretario dovrebbe comportarsi in questo modo. Dovrebbe.

  • Devo esservi sincero, mi aspettavo che il PD vincesse queste elezioni europee, ma non con il 40%. Credo che questo abbia interessato moltissimi italiani, non solo addetti ai lavori.

    Ho provato a spiegarmi quali possano essere state le ragioni di questo boom di consensi.

    Il Governo e Renzi. Inevitabilmente, ciò che il Governo sta facendo in queste ultime settimana ha dato prova di se, attraverso un consenso che non si ferma solo agli 80€ in più in busta paga (come hanno voluto far credere i 5 Stelle e qualche berlusconiano attaccato alla dentiera) che, per altro, non hanno toccato tutte le famiglie italiane, ma che, nella totalità, hanno diffuso tra i cittadini quel senso di una politica che inizia a muoversi, contrapposta ad anni di immobilismo e di tecnicismi altisonanti e poco percettibili. Berlusconi dice che il Governo Renzi è un governo “troppo di sinistra” e quelli di sinistra dicono che il Governo Renzi è “troppo di destra”. Nel frattempo che si decidano a dare un indirizzo politico all’operato dell’Esecutivo, quando la politica si muove da i suoi frutti. E si vede.

    La campagna elettoraleI ragazzi di Proforma sono dei grandi esperti di comunicazione, lo hanno dimostrato sul campo in ogni occasione. Ciò che però ha caratterizzato questa campagna elettorale è stata la modalità con cui il PD ha interagito con gli elettori. Il ritorno alla Piazza è stato importante e le parole usate nei comizi e per le strade ha centrato l’interesse generale. Unica nota dolente, a mio avviso, la gara sterile a chi ce l’aveva più grosso (il pubblico) tra Grillo e Renzi. Da oggi sappiamo che ciò che Nenni disse, molti anni fa, è ancora attuale e che a piazze piene possono corrispondere urne vuote. Se lo ricordino quelli del Movimento 5 Stelle (Grillo e Casaleggio in primis).

    La forza dei militantiSbagliano coloro che credono in un PD trainato da una sola figura e che questo risultato sia essenzialmente “personale”. Io vorrei invece ringraziare tutti i militanti che si sono spesi, come sempre, sui territori, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada alla ricerca del consenso, spiegando attentamente quelli che erano e saranno i nostri progetti per l’Europa. I militanti sono la vera forza del Partito Democratico, sono coloro che danno un volto al partito sui territori e sono anche coloro che, spesse volte, per colpe attribuibili a qualche stratega di Roma, si prendono schiaffoni dai cittadini, con la consapevolezza che il loro compito è anche quello, oltre che spiegare gli eventi e raccogliere informazioni dagli elettori.

    Ma ora arrivo al dunque.

    GrilloTralasciando quel mitomane di Casaleggio, il quale immagina di essere in Guerre Stellari, il coautore di questo importantissimo risultato del PD è proprio lui.
    Crederete sia pura retorica la mia ma, per le mie conoscenze base nella comunicazione politica, Grillo ha sbagliato tutto ed è stato un errore che non ha dato i suoi frutti immediatamente, ma ha richiesto la concreta realizzazione del vuoto politico in Parlamento, dove il M5S più che forza politica sembrava forza “animatrice” dei dibattiti, con cartelli, magliette e bende.
    Ecco perché (ironicamente) amo Grillo. È riuscito a risvegliare nella gente quel senso di allerta a favore della Democrazia, delle Istituzioni; quel ricordo dolente degli anni difficili, in cui la violenza di piazza dilagava, dove il “circondare il Quirinale” significa assaltare il Paese, dove sventrare cani e urlare in piazza ha voluto significare tutto e niente.
    Caro Beppe, grazie per averci aiutato in questa campagna elettorale. Visti i risultati, faresti bene a lasciare il Movimento, per il bene dello stesso, per il bene delle persone (ne conosco molte) che credono in quel progetto e che si sono trovate prigioniere di un modo di far propaganda becero, antidemocratico, senza nessun principio di dignità e umiltà.
    Vedere persone con delle ottime qualità personali parlare usando i nomignoli che Grillo ha assegnato a tutti i suoi avversari (vedi Renzie, ad esempio), credere ai complotti mediatici, dire che chi fa parte dei partiti politici sono tutti uguali, è stato il dolore più grande che ho provato in questa campagna elettorale.
    Grazie ancora Beppe, senza di te, l’Italia non avrebbe riscoperto il valore della libertà, della democrazia e del rispetto verso le Istituzioni.


    Ps: vedo sui social network e su qualche sito di informazione titoli “I renziani serrano i ranghi. Molti convertiti alla ricerca di un nuovo posizionamento”.
    Sarò schietto: io renziano non lo sono mai stato e non ho alcuna intenzione di esserlo oggi. Riconosco il valore della democrazia e delle primarie, le quali mi hanno consegnato un nuovo segretario che rispetto per il ruolo che ha assunto e, responsabilmente, supporto, con lavoro di squadra, non per il bene di Renzi, ma per il bene del Partito Democratico e del Paese. Amo quell’idea di politica che ha un nome. Il suo nome è Partito Democratico. Sono un democratico, in tutto e per tutto. Il nome del blog ne da conferma.

  • Sono tornato. Vi chiedo scusa per la mia assenza, ma questo è un periodo intenso, pieno di studio e impegno nelle attività che svolgo, la politica e la radio riempiono le mie giornate in una maniera spropositata e in questo c’è solo da compiacersi. Punti di vista, alla fine. Certo è che, se leggeste tutto ciò che ho scritto e commentaste sotto, per me può essere solo motivo di orgoglio verso il blog e verso voi.


    Il Governo Renzi ha annunciato l’aumento di 80€ in busta paga per i lavoratori dipendenti, a partire dal 1° maggio.
    C’è chi dice che questa è una manovra di sinistra e non c’è motivo per dire che non lo sia, ma il punto è un altro.

    Durante la mia formazione politica, tutt’ora in fase di sviluppo, ho capito che nella propria azione bisogna darsi delle priorità e costruire tutto in base a queste.

    Il Governo attuale, sorretto da una maggioranza politicamente eterogenea, ha una natura “emergenziale”, sulla falsa riga dello spirito che portò Monti a sedere a Palazzo Chigi e così via. Ennesimo governo delle larghe intese che ha degli obiettivi precisi: mettere mano al sistema istituzionale, economico e sociale, rivedere quanto non va e rimettere in carreggiata il Paese, con riforme di alto profilo e lungimiranti. Ecco, appunto.

    Che gli italiani, lavoratori dipendenti, riceveranno 80€ in più e un fatto positivo, ma cosa può essere in confronto a quello che realmente vive il tessuto sociale italiano? Direte: “da niente a questo è comunque un risultatone”, proprio di ciò vorrei riflettere con voi di un aspetto, a mio avviso importante, che ho già accennato poc’anzi: la lungimiranza, il lungo termine.

    Sono pochissimi ed è difficile trovarli, quei provvedimenti che avevano un fine lungimirante, con un obiettivo che andasse oltre il presente e si ponesse verso un graduale riassetto dell’economia, dei processi produttivi e tutto quello ad essi collegato.

    Il Governo Renzi, questo, non credo lo abbia preso in considerazione, almeno finora, almeno fino ai provvedimenti presentati. Sottolineando, nuovamente, che su 80€ in più non si sputa, mi viene da pensare che questo non sarà d’aiuto all’economia, per ovvie e diverse ragioni.

    Dal 1° marzo, è aumentata l’accise sulla benzina (+0,5 cent/litro) con relativi rincari nei costi di trasporto e, indirettamente, sul mercato dei beni di prima necessità, tutte cose, queste, che sappiamo e che non andremo a discutere.

    80€ che vanno nelle tasche di chi un lavoro già ce l’ha, ma che, di fatto, non aiuta le imprese ad assumere e ad incrementare i posti di lavoro.

    Sono dell’opinione che un governo di quella natura doveva incidere maggiormente su due aspetti fondamentali: Per prima cosa, un recupero dei fondi dalla spending review e da un riassetto delle spese con connessi investimenti, del ricavato, nella formazione e negli incentivi alle imprese per le nuove assunzioni, puntando ad un incremento delle offerte di lavoro, invertendo la rotta e cercando di diminuire la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ai massimi storici (42,4% secondo l’OCSE).

    Tabella-Disocc.
    Grafico disoccupazione giovanile in Italia

    Secondo aspetto, non può non essere la lotta all’evasione fiscale, fatta con meno annunci e con più coerenza e concretezza. L’Agenzia delle Entrate è in possesso di un potentissimo sistema informatico, capace di processare 24.200 informazioni al secondo, un grande cervello che sa tutto di tutti, informazioni su tutti i contribuenti, anche sui furbi del fisco, quelli che per magia vivono, mangiano, hanno una casa ma dichiarano zero o poco più. Il suo nome è Serpico (Servizi per i Contribuenti), mal utilizzato, soprattutto perché c’è una politica fiscale da paesi incivili, senza un minimo coraggio di imporsi e scoperchiare la fossa in cui il grande sommerso si nasconde, dove 270 miliardi di € vengono sottratti al PIL italiano, più di 10 manovre e 300 preghiere. Ma il sistema politico è marcio, non per le persone, perché quelle cambiano (si spera) ma per il sistema, forse dovuto anche alla struttura costituzionale, a cui lì, sì, darei una rivisatina.

    10 milioni sono le persone fisiche che evadono il fisco, 10 milioni di voti che solo Dio sa quanta bava fanno per i partiti (movimenti inclusi). 10 milioni di elettori che, storicamente, hanno rappresentato una fetta della popolazione intoccabile, vuoi per il gigantesco numero, vuoi per il settore che questi rappresentano. Lavoratori autonomi, liberi professionisti, commercianti, artigiani, del primo, secondo e soprattutto del terzo settore, tutti impegnati ad inventare sistemi per non pagare le tasse, molte altre volte senza impegno alcuno, visto che tanti sono stati i provvedimenti a favore di questi ladri. È offensivo dire ladri? È gente che lo fa per sopravvivere? Chi lo pensa è egli stesso un evasore o vorrebbe esserlo, ma non può (vedi i lavoratori dipendenti). Ricordate sempre una cosa: fino a quando ci saranno questi 10 milioni di italiani che non pagheranno un centesimo al fisco, la pressione fiscale su chi, invece, le tasse le paga sarà altissima, innescando, di fatto, un circolo vizioso di portata negativa, distruttiva, perché, diciamocelo chiaramente: lo Stato i soldi li deve prendere comunque, perciò lo fa da chi le tasse le paga.
    Quello per cui Monti era stato chiamato, si è fatto poco o nulla, perché, come sempre, ci vanno di mezzo interessi elettorali, se non di chi in quel momento era al governo (o come doveva essere, visto che, alla fine, Monti si è candidato, contravvenendo ai patti con Napolitano), quanto meno della “maggioranza” che quei provvedimenti doveva votarli in Parlamento.

    Dulcis in fundo, un decreto uscito mercoledì scorso dal Consiglio dei Ministri, leggermente corretto in seconda battuta, ma che ha una connotazione abbastanza deprecabile, soprattutto se coniugata con tutto il progetto disegnato dal famoso “Job Act”, o quanto meno da quello che Renzi va raccontando. Articolo 18? Ormai è un vecchio ricordo, questo decreto consentiva infinite deroghe ai contratti a tempo determinato, con la possibilità di trovarsi per strada da un giorno all’altro perché, paradossalmente, un contratto può durare anche un giorno oppure è facilmente non rinnovabile da parte del datore di lavoro. Immaginiamo una donna incinta che deve chiedere la maternità, potrà essere mandata a casa senza problemi, con un contratto non rinnovato, perché con scadenza a breve termine. Ora, in seconda battuta, quel decreto è stato un po’ modificato, arrivando al massimo di otto rinnovi nell’arco di tre anni, un contratto, in media, di quattro mesi e mezzo ciascuno. Un inno al precariato, insomma.

    Un sistema ingarbugliato, che da quei 80€ mi porta a ragionare in tali termini, immaginando un sistema costituzionale diverso da quello che si va prospettando dalle tante riforme che girano nel Transatlantico. Serve una garanzia per chi va al governo o, quantomeno, per gli italiani onesti: un limite di mandato. La persona che ricopre l’incarico di Presidente del Consiglio, può svolgere il suo ruolo per un massimo di due mandati, consecutivi o meno, così da garantire alternanza, ricambio, ma soprattutto il distacco da interessi elettorali che portano l’azione di governo a ponderare le scelte così tanto, da arrivare ad un nulla di fatto o ad un banalissimo provvedimento che cambierebbe poco o nulla.

    Ognuno ha le sue priorità, finora del Governo Renzi si è parlato per la legge elettorale, poco diversa dal tanto odiato Porcellum – che più che Italicum, andava chiamato Pastrocchium, come dice lo stesso Giovanni Sartori che, tempo addietro, diede il nome alla legge elettorale partorita da Calderoli – agli ultimi provvedimenti presentati nell’ultima conferenza stampa. Sul piano complessivo, è ancora presto per dare un giudizio sull’operato di Renzi e della sua squadra, ma se il buongiorno si vede dal mattino, mi auguro che non si sia svegliato ancora nessuno.

  • Ieri, assieme ad Ezio e Gianclaudio, ho intervistato Elly Schlein, leader di OccupyPD e componente della Direzione nazionale del Partito Democratico, protagonista della mozione Civati, durante l’ultimo congresso nazionale del partito, con cui abbiamo parlato del Governo Renzi e soprattutto della visione complessiva del panorama politico nazionale.

    Altrettanto interessante è stato l’intervento di Giovanni Favia, Consigliere regionale dell’Emilia-Romagna, ex-M5S (orgogliosamente, stando alle sue parole), con cui abbiamo parlato del confronto Renzi-Grillo, del decreto Imu-Bankitalia e ovviamente del Governo Renzi.

    Riascolta la puntata, qui.

    Ps. da oggi Radio Locale si chiama Radio ANSiA, ecco qui la pagina su Facebook.

    Il logo di Radio ANSiA • solo su Radio JP

  • Questo è il video delle consultazioni di Renzi con Grillo. Sappiamo tutti come è andata.

    Mi chiedo, cosa sarebbe successo se Grillo avesse spiazzato Renzi dicendo:

    “ok, Matteo, il governo lo fai con noi. Però manda a fanculo Alfano e quella schiera di coglioni del tuo partito che ti stanno mantenendo il culo pur di avere una poltrona (parafrasando il gergo di Grillo) e lunedì ci sarà una nuova maggioranza PD-M5S e le riforme le facciamo insieme, non con il pregiudicato Berlusconi”

    ipotesi n.1 – Renzi se la filava, perché forse il suo desiderio di fare il governo con Alfano e i destroidi è più forte di lui;

    ipotesi n.2 – Lunedì fiducia del primo governo PD-M5S, con Vice Premier Di Battista (o chi volete voi) e ministri 5S e nuovo corso per l’Italia.

    Conclusioni: purtroppo rimarrà fantapolitica.

  • Siamo al bivio. Quale sarà il futuro del Partito Democratico? Provo un grande malessere, in queste ore, per quella che potrebbe essere la sorte di un progetto che ho amato e che amo tutt’ora. Non bisogna mollare, ma combattere. L’incoerenza lasciamola agli altri. A testa alta, combattiamo per noi, per il PD e per l’Italia.

    È un dolore nuovo, per me, quello che sto provando in queste ore. Una situazione che non avrei mai sperato di dover affrontare, almeno non ora, ma che mi scaraventa contro un muro e mi pone davanti serie difficoltà, serie decisioni da prendere, da analizzare, da pesare e soprattutto una necessaria introspezione, che mi faccia riflettere e comprendere cosa io sia, cosa io voglio dalla politica e, soprattutto, per la politica.

    Pippo Civati ha puntato, contro di me, dei raggi X, costringendomi a vedermi dentro, una scoperta difficile, se ci pensate, non sempre facile da comprendere e d’accettare.
    Perché tutto questo? La risposta è semplice. Perché la situazione politica attuale ha portato ad una bivio: o fiducia o cambio di passo. In questo video, è racchiuso il senso del mio malessere che ho definito psico-politico.

    Mi fermo, mi tuffo nella mente e penso a cosa sia meglio fare. E guardate, per chi crede che questo dolore, che io provo, in questo momento, possa essere sinonimo di insicurezza, si sbaglia di grosso. Machiavelli ci fa capire che l’uomo insicuro è colui che viene travolto dagli eventi, ma qui non si tratta di insicurezza, ma di un sentimento profondo verso un progetto politico, ora minato dagli eventi tragici che accompagnano la politica nazionale, soprattutto il PD, ma che ha un valore immenso, troppo grande da poter sostituire.

    Pippo, come possiamo abbandonare la nave? Abbiamo subito un arrembaggio, ma non possiamo buttarci in mare e non combattere, per salvare una nave che tutti quanti noi abbiamo contribuito a costruire. Come possiamo? Io non lo capisco.

    Lasciare il Partito Democratico, per me, sarebbe un dolore troppo grande e troppo ingiustificabile, che non riesce a trovare pace dentro di me. Aiutiamoci ma non molliamo. Chi ti spinge a questo deve rifletterci. Votare contro la fiducia ad un governo guidato dall’attuale segretario è una sfiducia verso il Presidente del Consiglio, non verso il partito. Sarebbe incoerente con quello che succede negli organi decisionali: allora se votiamo no in Direzione nazionale è anche quello un dissenso sulla linea, dovremmo andarcene ogni volta in cui diciamo no a qualcosa. Se così fosse, dove saremmo ora? Non lanciamoci contro degli aculei che gli altri ci hanno preparato e su cui vogliono vederci finire a velocità fulminea.

    Non darò mai la soddisfazione a chi vuole allontanarci dal partito, falsamente forti nella loro posizione, grazie all’esito delle scorse primarie. Il PD non è un partito personale, ma rischia di diventarlo se molliamo. Non posso accettare una cosa del genere. Io voglio combattere tutti coloro che vogliono vederci alla gogna politica, da dentro, negli stessi luoghi, non a distanza.

    Me ne fotto altamente di quello che pensano i vari troll presenti nella Rete, il PD deve essere la risposta giusta non solo per l’Italia, ma anche per chi vuole fare politica seriamente e con la consapevolezza che solo la responsabilità di un partito grande come il PD può dare.

    Non voglio mollare. Ho troppa rabbia per poterlo fare, ho troppa voglia di riscatto per poter accettare una cosa del genere. Ho troppa voglia di spazzare via l’arrivismo che sta caratterizzando, per molti versi, il partito, in questo momento. Io voglio spazzarlo via, ma non da solo. Ho bisogno di sentirmi parte integrante di una forza pura, piena di passione. Ho voglia di vedere alcuni di quelli che ho incontrato in Assemblea regionale essere messi all’angolo, in netta minoranza, sfiduciati dalla politica, da un PD capace di essere PD.

    Pippo, quale può essere la risposta giusta? Neanche io la so, ed è per questo che, pur non potendo essere di persona a Bologna, questa domenica, mi auguro di poter seguire in streaming e di comprendere quello che succede e magari rispecchiarmi appieno nelle parole di qualcuno che interverrà e dirà le stesse mie cose. Spero possa essere tu, quella persona, Pippo.

    Una cosa è certa, il mio appello, se pur da una posizione di semplice militante, attualmente dislocato in Assemblea regionale in Puglia, è quella di non mollare. Immaginiamo il PD come un grande ring dove, lo scorso dicembre, ha vinto il titolo Renzi, ma un titolo che non è a vita e che si spezza al peso dell’incoerenza palpabile delle proprie azioni. Sono certo che, con la nostra presenza e il nostro lavoro, quell’incoerenza non travolgerà il PD, che sarà capace di auto rigenerarsi, ma spazzerà via solo i responsabili.

    Sono passati solo 2 mesi dalle primarie, la strada è ancora lunga e in salita, ma abbiamo appena iniziato a correre. Ci serve solo forza di volontà e la Storia farà la sua parte.

  • O meglio dire “della minoranza”, al singolare, perché il PD attualmente ne ha una sola, soprattutto dopo l’indecente allineamento di Cuperlo alla linea del Segretario.

    Non ho potuto fare a meno di notare, in giro per i social network, che ormai tutti si sentono segretari del PD e tutti vogliono dettare la linea politica a quello e quell’altro, senza una benché minima idea di cosa significhi pluralità (democrazia è troppo generico e si potrebbe rincorrere nell’emblematico “eh ma..Renzi ha preso un sacco di voti, più democrazia di questa…”).

    Molti politologi e statisti dell’ultim’ora, dopo la presa di Palazzo Chigi da parte di Matteo Renzi, credono che la soluzione migliore, quella giusta, sia cacciare i dissidenti interni.
    Ora, fermatevi un attimo e riflettete sulla gravità in cui sta sguazzando il dibattito interno al Partito Democratico. C’è da mettersi le mani nei capelli.

    Quello che si sta cercando di fare è eliminare l’opposizione interna al PD rispetto alla linea di Renzi. Un vero tocco da nostalgici del fascismo, seppur spostato a sinistra.

    Provo noia ma anche un po’ di compassione per coloro i quali, da ormai un po’ di giorni, non riescono più a dormire sereni e sognare una Smart o una Giulietta fermarsi e caricarli nel portabagagli. #Statesereni! Che diamine! Capisco che molti di voi fino a qualche tempo fa hanno assistito dalla finestra perché “questa politica così nun ce piace“, aspettando il principe azzurro e il suo cavallo alato (più che azzurro è arrivato viola, con la maglia della Fiorentina), ma abbiate la pazienza di capire cosa significhi vivere in un partito non personale. Ripeto, non personale.

    Che poi, vorrei proprio capire quale sia la genialata di quelli più a sinistra del PD che vogliono Civati fuori dal partito, che, peraltro, si aggiungono ai supporters di Renzi (un ossimoro politico). Spiegatemelo, perché io non riesco proprio a concepirlo. Nuovo soggetto? Costola del PD? E che senso ha? Io preferisco combattere all’interno e spaccarmi i denti, piuttosto che rendermi la vita facile (più che vita direi pseudovita).

    Voglio farla breve, ringraziando tutti coloro che mi criticano per il mio “essere più a sinistra del PD” e che mi chiedono il motivo della mia permanenza tra i democratici. Ve lo dico chiaro e tondo, a caratteri cubitali e spero di ripeterlo ogni giorno, così magari convinco qualcuno che la pensa diversamente: il Partito Democratico è la mia casa. Nel PD voglio impegnarmi al massimo, perché è un partito dagli enormi potenziali e che, più di avere una vocazione maggioritaria, direi abbia una vocazione democratica. Se fossi stato in un altro partito, non sarei mai cresciuto politicamente (anche se ho molta strada da fare, ancora) e non avrei quella sana ambizione (parola pericolosa, al giorno d’oggi) di poter essere parte del rinnovamento e non protagonista come qualche Presidente del Consiglio incaricato si crede di essere.
    Andiamoci cauti, la situazione è delicata e va affrontata con il massimo riserbo e la massima serietà. Insomma, se prima il PD era diviso tra ex, oggi c’è una rivalità tra concezioni di partito e non interessi di simboli e correnti. È o non è migliorato il dibattito interno al PD? Perciò basta irritanti predicatori.

    Cercasi persone che vogliono combattere per un’idea di partito e di Paese. Astenersi perditempo e rivoluzionari da tastiera.

    Ps. ecco due esempi di messaggi che ho trovato su Facebook. Due tra tanti, ma giusto per farvi capire a che livello di dibattito siamo arrivati.

    esempio2

    esempio1

    esempio3

    Vorrei un dibattito più serio, è possibile?

    [GARD]