Qualche minuto fa, da Washington D.C., è arrivata la notizia ufficiale della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha reso il matrimonio gay un diritto.
Nei sistemi di Common Law, una sola sentenza può cambiare l’assetto dei diritti in modo considerevole, se poi ad emanare quella sentenza è la più importante autorità del Potere Giudiziario del Paese, è chiaro che riconoscere la storicità di tale decisione è a dir poco scontata.
Le sentenze della Corte Suprema – in quanto autorità al vertice del terzo potere – hanno effetto in tutti i 50 Stati e la sentenza sui matrimoni omosessuali ha abbattuto gli ultimi ostacoli al riconoscimento di tali unioni nei 13 Stati che ancora si opponevano a tale passo.
Grazie, sempre, ad un’altra sentenza – del giugno 2013 – i matrimoni contratti all’estero potevano essere riconosciuti in tutto il territorio degli Stati Uniti, ma fino ad oggi, gli Stati federati potevano rifiutare di celebrare matrimoni tra omosessuali o di, addirittura, riconoscere quelli celebrati al di fuori del territorio nazionale.
Tornando alla sentenza in questione, ad essere contro sono stati i 4 membri conservatori, tra cui l’attuale Presidente della Corte Suprema, il Chief Justice John G. Roberts Jr. il quale, assieme agli altri 3 oppositori (i Giudici Antonin Scalia, Clarence Thomas and Samuel A. Alito Jr., ha redatto la dissenting opinion – l’opinione di minoranza che, a favore del dibattito giurisprudenziale, mette in risalto la posizione di ogni singolo giudice, venendo meno al principio di collegialità delle deliberazioni (per intenderci, una sola decisione a nome di tutta la Corte).
Nel suo dissent, Roberts ha affermato
Questa è una corte, non un parlamento
Sottolineando come una decisione di tale portata dovesse essere di competenza del Congresso e non della Corte Suprema.
Ma al dissent si oppone l’opinione di maggioranza, come trascritto dal Giudice Anthony Kennedy:
La Corte ritiene, ora, che le coppie dello stesso sesso possano esercitare il loro diritto al matrimonio. Non è pensabile che, ancora, possa essere negato loro tale diritto.
Anthony Kennedy è affiancato, in tale decisione, da Ruth Bader Ginsburg, Stephen G. Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan. Tutti componenti liberal della Corte Suprema.
La Corte, per elaborare la sua decisione, ha preso in considerazione casi di restrizione provenienti dal Michigan, Ohio, Kentucky e Tennessee, individuando le ragioni per cui la Costituzione degli Stati Uniti non può avvallare tale proibizione.
Tale sentenza ha, nelle contrapposizioni, spaccato in due la Corte, ma la decisione è andata incontro, secondo molti, alla volontà della maggioranza degli americani (il 61% della popolazione è a favore dei matrimoni gay e la percentuale di gradimento tra i più giovani sale vertiginosamente).
La Corte Suprema, ancora una volta, si è dimostrata essere motore trainante per l’avanzata dei diritti negli Stati Uniti, sorpassando il Congresso su un ruolo fondamentale che la politica non riesce sempre a ricoprire. Perciò, checché ne dica il Presidente Roberts e il dissent, i diritti non possono essere alla mercé di una politica arretrata.
God bless the Supreme Court.
Obama interviene in merito alla sentenza sul matrimonio gay della Corte Suprema