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  • Sarò anche un po’ ripetitivo, sul fatto che la politica debba essere riformata, per non dire totalmente abbattuta e ricostruita ex-novo. Penso che non si potrà mai definire la situazione attuale, una volta per tutte, con una semplice e dettagliata descrizione, sintesi e mappa concettuale, capace di essere dinamica e, perennemente, di estrema attualità.
    Ogni giorno leggo cose sconcertanti sui giornali, a partire da un affannato governo tecnolitico (tecnico+politico, anche se, in realtà, -tecnico+politico) che, con i suoi professori, cercano in tutti i modi di raggiungere il pareggio di bilancio, pur trovandosi davanti ad un burrone, mentre dall’altra un ex-comico o comico in piena attività, non saprei come definirlo, viste le sue dichiarazioni da giullare di corte sulla mafia e lo Stato, considerando la prima MENO dannosa della seconda, tenta di sbaragliare. Soffermandomi su quest’ultimo personaggio, vorrei mettere nero su bianco alcune mie riflessioni scettiche e critiche nei suoi confronti e verso quello che si prefigge di costruire.
    Partiamo dal presupposto che il Movimento5Stelle stenta ancora a non definirsi partito – quando la funzionalità di questo dovrebbe essere: comunanza di idee e costruzione di una rete di sinergie per l’attività amministrativa ad ogni livello, ma soprattutto per la costruzione di una prospettiva del Paese; Grillo e il suo Movimento strumentalizzano ogni “attacco” nei loro confronti, affrancandolo come sintomi di paura, di gemiti di mummie ammuffite che scosse nel loro sarcofago di palazzo, gettano fango su un “movimento di cittadini con l’elmetto”, sia ben chiaro: io critico Grillo e il suo Movimento, ma non mi sento affatto una mummia o parte di un partito morto e sepolto. Messaggio a Grillo:chi dissente da te non è morto, il qualunquismo è una brutta malattia, sarebbe meglio guardare in faccia la gente che ti contesta, prima di mettere tutti sullo stesso livello, magari non considerandosi come il guru della “nuova” classe politica“. Su quanto rilasciato dal comico genovese, su mafia e Stato, permettetemi di non commentare un’uscita squallida e da immediata denuncia (questo in un paese civile), sarebbe scontata la mia reazione, ciò basta per confermare quanto di marcio e incosciente ci sia nell’auto-nominato eroe della finta antipolitica.
    Ma torniamo a cose più serie. La fiducia dei giovani nella politica è ai minimi storici, una sfiducia che genera disinteresse, che a sua volta distribuisce un’ignoranza tale, da non sapere chi sia il Presidente della Repubblica o chi sia il Ministro dell’Istruzione (tema molto vicino alle giovani generazioni) o il titolare del dicastero più menzionato degli ultimi mesi, quello del Lavoro.
    Vogliamo lasciare così, il futuro del nostro Paese? Formulo meglio: VOLETE LASCIARCI COSI’? È QUESTO IL SEGNO CHE L’ATTUALE CLASSE DIRIGENTE VUOLE LASCIARE NELLE GENERAZIONI FUTURE E NEL DESTINO DEL PROPRIO PAESE? – Usando formule di linguaggio web, da chat, il MAUISCOLO, significa GRIDARE: bene, immaginatele così!
    Il resto, è tutto un gran bazar. Tutto a metà prezzo, pagano le generazioni future.

  • Da decenni si discute di futuro. Un futuro che, a mio avviso, è stato sempre idealizzato come un’azione costruttiva della classe dirigente attuale in prospettiva di periodi successivi: riforme, leggi, decisioni politiche. Sbagliando, in parte.
    Ma c’è un problema di fondo: nessuno ha mai compreso che per parlare di futuro, progettando una visione lungimirante della società del nostro Paese, sia necessario chiamare a raccolta chi quel futuro lo vivrà a pieno ritmo, le giovani generazioni.
    Credo sia di fondamentale importanza ringraziare chi ha già dato, ma chiedendo di andar via, ma non fraintendetemi, non parlo mica di una radicale sostituzione della classe dirigente – cosa che in Italia sarebbe necessaria, vista l’età media di 65 anni, ma di una presa in considerazione forte di una grande fetta della popolazione, con i suoi problemi e esigenze, ma soprattutto con le sue idee e proposte da inserire all’interno del dibattito comune.
    La proposta? Se dovessi dare un’idea per risolvere questo problema, potrei benissimo fare 2 proposte: la prima va all’attuale classe dirigente, chiedendo di inserire all’interno del confronto, ad ogni livello, i giovani, gli studenti e i giovani lavoratori; dall’altra, la seconda e più impegnativa proposta va a noi.
    Se vogliamo guadagnarci il futuro, e magari un futuro migliore rispetto all’attuale prospettiva, dobbiamo unire le nostre forze per far sentire la nostra voce: dobbiamo creare un documento nazionale, una petizione generazionale, che richiami all’”ordine” il nostro Paese e che ci dia la forza per rivendicare la nostra posizione nel sistema sociale, aprendo un forum perenne con la politica e le istituzioni, ad ogni livello.

  • Se qualcuno cerca di giustificare quel gesto ignobile, fatto a Palermo, di aver bruciato il Tricolore, vuol dire che è dalla parte della divisione e da manforte alla Lega.
    Proteste o no, legittime o non legittime, quelle richieste, non possono essere affiancate da un gesto simile. Mentre la bandiera bruciava, qualcuno diceva: “è simbolo dello Stato italiano, che con le sue manovre finanziarie fatte di lacrime e sangue con aumenti esponenziali delle tasse e del caro vita, sta riducendo in miseria la popolazione, facendo arricchire sempre i soliti ‘noti’, casta politica in primis, già ricca di privilegi”. Populismo, populismo, populismo. W il populismo. La pancia brontola e i cuochi cucinano, per gli amanti del “vago e dell’indefinito”, questo è il momento di festeggiare! Bruciare il Tricolore d’Italia, significa dar fuoco alla dignità e all’identità di un popolo che, a denti stretti e sofferente, cerca di riprendere il cammino, in un mondo attanagliato dalla crisi economica.

  • Ieri, ad un’intervista al TG3 – Linea Notte, ho visto un Marchionne cambiato (d’aspetto). Forse con il 2012, gli anni si fanno sentire per tutti. Oppure è un operazione di marketing? O meglio ancora, un messaggio subliminale? Certo, barba incolta e voce rauca, quasi stanca, per molti potrebbe essere sinonimo di troppo lavoro. A quanto pare gli Stati Uniti stanno stressando l’Ad della Fiat-Chrysler (o della Chrysler, ormai è sempre lì). Oppure ad averlo ridotto così è stata la Camusso? I sindacati fanno rizzare i capelli all’ultra pagato manager dell’auto. Sarà, ma anche gli operai cominciano ad avere la barba, in attesa di risposte per il proprio posto di lavoro. Intanto lui si prepara alla buona uscita del 2015.

  • Di solito scrivo post di fine anno, facendo un bilancio di 365 giorni passati, sommando gli avvenimenti positivi e anche quelli negativi, mentre ho deciso, per questo 2012, di voler augurare, a tutti, felici 364 giorni (tolto ormai il 1°, passato nel letto a recuperare il sonno del 31 dicembre) con un bilancio del futuro.
    Credo che il 2011, sia passato senza lasciare solchi profondi, sia positivamente che negativamente, ma è stato l’inizio di un percorso fondamentale, giusto o sbagliato che sia, ma importante, perché attraverso ciò, saremo in grado di riprenderci la credibilità, la voglia di essere comunità. La crisi economica attanaglia il nostro Paese più che mai, ma è dovere di tutti noi impegnarci, stringerci attorno al sentimento unitario e di coesione sociale.
    Per me il 2012 sarà l’anno delle scelte importanti: si chiude una pagina della mia vita, le scuole superiori, se ne apre una nuova, l’Università. Non saranno solo queste le sfide che incontreremo, noi nuove generazioni. La politica sta cambiando e chi è dentro organizzazioni o è interessato ad occuparsi di argomenti di pubblico interesse, sa con certezza le difficoltà che il cambio generazione sta incontrando per raggiungere la vetta, per poter realmente considerare la Politica fuori da ogni pericolo di invecchiamento precoce e di perdita di credibilità.
    Il 2012 sarà l’anno dei congressi dei Giovani Democratici, l’anno in cui sapremo se il nostro Paese sarà in grado, o meno, di uscire dalla crisi economica, l’anno delle superstizioni “Maya”. Non sarà noioso, basta volerlo.
    Quest’anno inizia la mia esperienza al Parlamento Regionale dei Giovani della Puglia, fortemente convinto nell’essere interessante e ricco di esperienze, per me inizia una cosa nuova, così come ognuno di voi vorrà dare una svolta alla propria vita, chi in un campo e chi in un altro, ma tutti ci aspettiamo qualcosa di diverso da questo nuovo anno.
    Auguro a tutti voi un felice e sereno 2012, ricco di vittorie, di soddisfazioni e di momenti di crescita.
    Non smetteremo mai di sperare, ma è giunto il momento di realizzare.

  • Sta accadendo quello che sospettavo da tempo: la gente, liberata dal virus Berlusconi, ha espulso, assieme a questo, tutto ciò che le avrebbe permesso di percepire una situazione degenerativa, all’interno della società che lo circonda. Sembra un racconto fiabesco. Capovolto.

    C’era una volta un “bel paese”, così lo chiamavano, forse per il sole, forse per il mare, forse per il tesoro immenso che esso racchiudeva tra i suoi confini. Ma il “bel paese” aveva vissuto un momento orrendo, fatto di dolore, sangue, bastoni, olio di ricino e censura, quasi a toglierli il respiro. Quei momenti, dopo due decenni, scomparvero, le nuvole corsero via, il sole tornò ad illuminare e far splendere il “bel paese”, fino a quando, ciò che nacque dalla fine del baratto, – pare la chiamassero moneta -, aveva fatto gola a chi organizzava la vita del “bel paese”. Politici, li chiamavano, eppure questi preferivano la moneta al “bel paese”, fino a quando un imprenditore decise di scendere in campo per rimettere le cose apposto. Per tanti anni, l’imprenditore aveva promesso e ripromesso, ottenendo solo qualche favore per se e per i suoi compari. La gente capì l’inganno e con striscioni, parole ed immagini, scese per le vie del “bel paese”, cominciò a comprendere i propri errori, tanto da vedere nell’imprenditore, l’unico e vero male dei loro giorni. Dopo due decenni, anche l’imprenditore decise di allontanarsi. Andato via, la maggior parte dei cittadini del “bel paese” pensava che tutto era ormai finito. Giorni lieti attendevano il “bel paese”, di certo, più lieti di prima, ma la “crisi delle monete” era ancora lì, più forte di prima.
    Da quel momento, i cittadini del “bel paese” erano così felici, che nessuno pensava di controllare il “bel paese”. A festeggiare il momento, non erano solamente i cittadini, ma anche coloro che sguazzavano nell’ombra dell’indifferenza.
    Quei gruppi bui, grigi, neri, non persero attimo e uscirono allo scoperto. La gente li vedeva, c’era chi si ribellava, ma veniva messo a tacere, con scarso successo, dagli indifferenti e da chi prendeva tutto alla leggera, perchè aveva un compito importante: ridare vigore alla moralità del “bel paese”. Peccato che la moralità è cosa antica. Si doveva far riferimento a personaggio di un tempo lontano, come un certo ex-presidente di nome Sandro, il quale nella sua vita aveva liberato il bel paese, assieme ad altri suoi compagni e compagne, da un uomo spregevole, dalla faccia perennemente arrabbiata, l’amante dell’olio di ricino e del manganello. Nacquero i tuttologi, che cincischivano su qualsiasi cosa, pur di dire la propria. Con i tuttologi cincischianti il bel paese andò allo scatafascio.

    La gente pare conoscere il mondo, ma in realtà conosce solo ciò che vive e a volte, nemmeno quello. Se solo ci fosse memoria storica, nel bel paese, tutto andrebbe per il verso giusto.

  • Sarà, ma la politica si sta dimostrando incapace, anche, di avviare una svolta. Sono abbastanza infuriato con chi, fino ad oggi, invocava le dimissioni di Berlusconi, senza se e senza ma, mentre oggi, alla luce delle vicende in atto, critica fortemente un Governo che ancora deve insediarsi e rendere noto il programma. Sono stanco di sentire critiche basate sul nulla, senza un briciolo di proposta alternativa. Le Elezioni? Cosa sacrosanta! Io sono il primo a dire di andare al voto, ma se ognuno di voi, sfoderasse la sua indole da opinionista, capirebbe perfettamente la difficoltosa cerimonia che precederebbe la scelta diretta degli elettori: un’estenuante campagna elettorale, lunga e piena di rancori e pezzi di vecchia politica ancora alle calcagna.
    Non sopporto chi spara a zero su tutto e tutti. Anche io ho i miei dubbi sulla funzionalità di un Governo di soli tecnici, tutti appartenenti ad una classe dirigente di non poco conto, ma è anche vero che, ad altri mesi di vuoto totale e di baratro economico, far muovere qualcosa, cercando, ovviamente, di trovare soluzioni condivise dal Parlamento, sia la cosa migliore, per uscire dalla crisi. È ovvio affermare la necessità di prendere decisioni che non siano di stampo esclusivamente tecnico-governativo, e che il Parlamento e quindi tutte le forze politiche possano dire la loro e fare proposte innovative per il Paese.
    Un’altra cortesia: con la fine del populismo berlusconiano, spero vada via anche la demagogia della politica italiana. Non è possibile sentire apprezzamenti al Presidente della Repubblica quando richiama la classe politica all’ordine, e poi critiche sulla sua scelta di nominare (strategicamente) Mario Monti, senatore a vita, come messaggio implicito per la costruzione di un nuovo Governo. Napolitano non è un sempliciotto, l’ha dimostrato sempre e sempre lo dimostrerà, non per questo, non lo si possa definire, ancora, più che mai, un uomo di sinistra, responsabile e garante della legittimità istituzionale. Se Napolitano ha posto la sua fiducia nei confronti del Presidente della Bocconi, qualcosa vorrà pure dire. Ci siamo fidati di Napolitano fin’ora, facciamolo anche adesso.
    Nel frattempo, pensiamo a creare una vera alternativa, con la speranza che la sinistra maturi un senso di responsabilità e non faccia capricci intestini inutili. Il PD e l’intero centro-sinistra, da domani si riunisca e crei il programma elettorale, faccia le primarie e si prepari al giudizio degli elettori! Ognuno di noi farà la sua parte, in questo periodo storico intenso e che, sono sicuro, sarà riportato nei libri di storia. Tutti siamo bravi a fare la morale, ma mai nessuno si guarda allo specchio.
    Chi ha distrutto le prospettive di questo Paese, faccia un passo indietro, a livello nazionale, ma soprattutto, a livello locale! Via dalle poltrone! Dobbiamo spolverarle e ridarle dignità! Via dai partiti, se non si è in grado di essere garanti del rispetto reciproco! Via dalla politica, se non si è in grado di comunicare alla gente le proprie intenzioni! Via da tutto! Spazio a chi, al primo posto, mette la passione per la politica e la Cosa Pubblica! W l’Italia!

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    In questo momento mi trovo in treno, per partecipare alla riunione di Esecutivo Provinciale dei GD. Ho sempre visto il mio impegno politico come un modo di integrarmi nella società ma ancora di più di sentirmi cittadino al 100%. Non credo nella politica per soddisfare i propri, e dico propri, interessi personali, anzi, la vera grande sfida è quella di lasciar da parte l’IO e di prendere in cnsiderazione il NOI. Chi utilizza il VOI, la maggior parte delle volte, vede il suo impegno come un lavoro, disinteressandosi della partecipazione e soprattutto dimenticando di essere anche lui un cittadino a tutti gli effetti. Bisogna credere nelle nuove generazioni? Io credo proprio di si, soprattutto per quella parte di nuove generazioni che vuole risolvere i problemi del proprio futuro, mettendosi in prima persona, al “fronte” della politica, davanti alle enormi problematiche che lo attendono, tra le quali, l’ostilità da parte di molti cittadini, nel vedere un giovane attivo in politica, nelle Istituzioni.
    La prima settimana di settembre sarò a Torino, per ragioni personali, ma non perderò occasione di essere alla Festa Nazionale dei Giovani Democratici e del Partito Democratico. Voglio proprio vedere cosa si dirà in quel luogo, voglio capire se all’interno della componente giovanile, di cui faccio parte, abbiamo una classe dirigente che parla di futuro o che è paralizzata da logiche politiche vecchie. Staremo a vedere. Per il resto, per cambiare, partiamo ognuno dalle nostre città.