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  • Sull’8xmille da destinare alla costruzione delle moschee, ha ragione Massimo D’Alema. L’intervento pubblico nella costruzione di luoghi di culto è sinonimo di laicità, qualora lo Stato intervenga in modo paritario per le diverse religioni presenti sul suo territorio.

    La religione cattolica è la prima religione in Italia (circa 51 milioni di fedeli), la religione islamica è la terza (1,2 milioni circa). Secondi sono gli ortodossi, con quasi 1,3 milioni di credenti.

    I cattolici sono ben sostenuti dai sistemi di contribuzione, vedi l’8xmille alla Chiesa cattolica, che tutti quanti noi conosciamo. Per non parlare delle enormi agevolazioni fiscali su tasse e immobili.

    Siamo sul filo del rasoio e lo spiega bene questo articolo su Linkiesta che vi prego di leggere, perché su questo è incentrato il mio post di oggi.
    Il Belgio è il luogo cardine degli attacchi terroristici per errori commessi tempo addietro, circa il rapporto tra la Comunità islamica belga e lo Stato.

    È così che il wahabismo e la sua visione dell’Islam allergica alle innovazioni e a tutto ciò che non è musulmano e propensa invece alla lotta armata contro i miscredenti e gli infedeli si sono affermati in Belgio, formando imam che sono poi andati a predicare nelle centinaia di moschee del Paese, facendo proseliti e trovando consenso in quartieri come Molenbeek, che è solo il più tristemente famoso ghetto del Paese, non certo l’unico: «Una scelta, quella fatta dal Belgio quarant’anni fa, criticata oggi anche dal ministro francofono belga Rachid Madrane, musulmano, – continua Meotti – che al giornale La Libre ha detto: “Il peccato originale del Belgio consiste nell’aver consegnato le chiavi dell’islam nel 1973 all’Arabia Saudita per assicurarci l’approvvigionamento energetico”».

    Non penso serva altro da aggiungere, se non l’ennesima esortazione a leggere quell’articolo.

  • Si è scritto tanto, in queste ore, sulla strage di Parigi. L’ennesima strage che coinvolge, direttamente e indirettamente l’Europa intera. Da Charlie Hebdo all’attentato sventato sul treno Amsterdam-Parigi, passando per le tragiche vicende che hanno travolto il mondo nelle scorse ore.

    C’è un punto, però, su cui vorrei soffermarmi. Come possiamo tollerare gli intolleranti? Il gruppo terroristico “Stato Islamico” è un gruppo intollerante. Intolleranza verso l’occidente e la sua cultura, verso chi non si piega al volere del califfo; ed è facile comprendere questo aspetto, dalle parole che, come ogni volta, riecheggiano quando l’ennesimo videomessaggio dell’ISIS viene riprodotto e fatto girare.

    Ma quindi, perché l’intolleranza dell’ISIS dovrebbe farmi accettare quella nostrana, quella che si riempie la bocca con frasi fatte, che fa ruggire da dietro ad una tastiera chi, nella vita, si comporta da pecora impaurita, che vede il “diverso” come un pericolo e non come una ricchezza? Perché qui non si parla di buonismo, ma di civiltà e di intelligenza. Il Popolo francese ne sta dando l’esempio in questi giorni. La polizia ha caricato un gruppo di facinorosi fascisti che con slogan razzisti chiedevano che i musulmani venissero, senza distinzioni alcune, dichiarati responsabili di quanto successo venerdì scorso tra le vie parigine. Come se non bastasse, la politica si è fermata, stringendosi attorno allo Stato, fermando la campagna elettorale, fermandosi in silenzio per rispetto e perché ogni parola, ogni slogan è, nella realtà, superfluo.

    Proprio quella politica che, in Italia, invece, come ad ogni occasione ghiotta, si getta a capofitto tra i meandri dell’opinione pubblica, scavando nel più becero populismo e nel più spaventoso razzismo. Salvini si è subito precipitato sul suo iPad, scrivendo quello che tutti ormai conosciamo e altri 400 post su Facebook che, tutto sommato, dicono sempre la stessa cosa: se non sei leghista, italiano e cristiano sei complice dei terroristi e della strage di Parigi.

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    Come se non bastasse, Giorgia Meloni, con la Torre Eiffel sullo sfondo, si dichiarava “facile profeta” di quanto successo e che bisognava, da subito, bloccare l’immigrazione musulmana. Sì, ha detto proprio musulmana, aggiungendo che tale blocco debba rimanere fino a quando l’Islam non avrà risolto i problemi “di violenza nella loro cultura”. È chiaro come a parlare non sia la Meloni ma la sua ignoranza, perché basta anche sfogliare il Corano (che è alla base della cultura musulmana, come per quella cattolica il Vangelo e la Bibbia) per capire come nella loro cultura non c’è la violenza ma che, la violenza, per appunto, è mancanza di una cultura. È come se dicessimo che, poiché in Italia c’è la mafia, allora la nostra cultura è mafiosa e mi chiedo come ci si possa lamentare davanti a quelli che, oltralpe, ci definiscono “pizza e mandolino” o “Italia…mafia…il Padrino” se noi stessi ci comportiamo in questo modo con chi è “diverso” da noi.

    Ma ecco il punto: l’ISIS oltre a spargere terrore per le strade della capitale francese e a minacciare repliche in altre capitali europee, vuole raggiungere un obiettivo, primo di ogni altra cosa, ovvero quello di contrapporre, in modo definitivo, il Medio Oriente all’Occidente e tale risultato lo si può raggiungere solo se quella stessa intolleranza che predicano venga sostenuta, se pur in termini opposti, da quelli che vengono definiti i loro nemici.

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    Titoli di giornale da denuncia per vilipendio alla Costituzione, politici dalla bocca larga e leoni da tastiera che predicano il male assoluto (utilizzando parole che mai, sono certo, avrebbero il coraggio di pronunciare in carne ed ossa), sono i principali alleati dell’ISIS in Italia, perché il terrore e l’odio sa muoversi soltanto dove c’è intolleranza, rabbia e discriminazione. Serve altro per capirlo?

    Lotta al terrorismo, ma non agli esseri umani.