Matteo Salvini graffia. Cosa non si sa, nemmeno con che faccia, dopo la figuraccia sull’aeroporto di Bruxelles e l’amico immaginario. Certo è che istiga a replicare i fatti di Gorino – scandalosi e disumani – applaudendo a quanto accaduto a Bitonto. Un imbecille.
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Bitonto come Gorino? No grazie!
La Storia è un eterno ritorno dell’uguale, diceva Nietzsche. Qui mi sa che lo si è preso troppo sul serio e, oltretutto, più che di Storia, parliamo di una manciata di ore.
Dopo le barricate di Gorino contro 12 donne e 8 bambini, ora è Palombaio, frazione di Bitonto, ad essere palcoscenico di una scena simile, se non identica.
27 richiedenti asilo non voluti dai residenti del luogo, stando a quanto riportato da Repubblica-Bari.
Una situazione davvero assurda, spero che il Prefetto e le Autorità si impegnino nel far prevalere il buon senso, la civiltà e, soprattutto, la solidarietà di cui l’Italia è esempio nel mondo.
Bisogna spazzare via la disinformazione e la paura generata dai populismi e da coloro che fomentano il razzismo senza senso.
Qualsiasi sia la ragione di tale caso, si trovi una soluzione.
Il Governo, però, si impegni a garantire i servizi e gli strumenti necessari ai comuni, come lo stesso neo Presidente ANCI, Antonio Decaro, ieri, ha affermato in un’intervista televisiva.
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La Politica o guida o muore
Sivan Kotler, corrispondente israeliana dal 2000 in Italia, oggi sull’Internazionale parla di un fatto gravissimo che dovrebbe farci riflettere. L’odio fa audience e porta voti. È ormai ciò che guida una parte della politica italiana e i cittadini ne sono vittime.
Bisogna che la Politica – quella con la P maiuscola – torni ad essere guida e smetta di farsi guidare dalla pancia e dalle paure dei cittadini.
Ma se la TV (vi ricordate quel servizio di Mattino 5 delle due ragazze rom che rubavano 1000€ al giorno, svelandosi tutta una farsa?) e una parte della classe politica generano paure e razzismo, chi può sostituirsi – tornando alla sua funzione naturale – è la Scuola. La Scuola con la S maiuscola, come sopra. Quella che ha come principale obiettivo non solo di formare umanamente e scientificamente, ma di civilizzare le giovani generazioni.
Più educazione, più uguaglianza, più maturità, meno paure. Un’equazione che è un imperativo, se si vuol tornare a crescere come Paese (e non soltanto economicamente parlando).
Non credete sia così?
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de Blasio figlio dello Ius soli
L’ipocrisia italiana dilaga oltre oceano e gli italiani festeggiano un cittadino americano figlio di un principio che rinnegano.
Sono momenti importanti questi per New York: è stato scelto il nuovo sindaco della città che, dal 1° gennaio 2014, dovrà sostituire Bloomberg (prima repubblicano, poi indipendente).
Su de Blasio tutti scrivono ed io non voglio inserirmi tra questi, non credo serva, ancora. C’è un piccolo particolare che nessuno ha notato, forse, quando con un sorriso a 42 denti, dice di essere felice della vittoria di un italo-americano per la guida di una delle città più popolose e più importanti del mondo.
Italo-americano: tutti ne sono più che contenti (di certo i primi sono i New Yorkers, giusto per sottolinearlo) ma tutti si lasciano trascinare da quell’italo che fa sprofondare gli italiani in una voragine di ipocrisia mista ad arretratezza culturale.
Bill de Blasio, nuovo sindaco di New York è figlio dello Ius Soli. Forse molti questo non vogliono sentirlo, ma è così. I suoi nonni, genitori di Maria De Blasio (mamma di Bill) erano italiani, meglio ancora, italiani del Sud.
Nel 1905, Giovanni De Blasio, di origine campana, e Anna Briganti, di origina lucana, sbarcano ad Ellis Island e l’agente addetto alla registrazione dei nuovi immigrati, alla voce “razza” scrive: italiani del Sud. Ho detto tutto.Il padre di Bill de Blasio è di origine tedesca, morto suicida a causa di una forte depressione dovuta all’alcolismo, tiene stretto il cognome della madre ufficialmente dal 2002.
Conoscere la storia di una persona ti permette di entrare in una visione delle cose diversa, più attenta ai particolari, lasciando da parte gli aggettivi e guardando all’umanità, al senso stesso di essere umano, nato nel territorio di un Paese e cittadino per nascita dello stesso.
Noi italiani siamo molto bravi a porre due pesi e due misure, tralasciando le nostre arretratezze e le nostre ipocrisie: festeggiamo la vittoria di un americano di origini italiane, americano perchè il principio dello Ius soli ha garantito un senso di civiltà a quella famiglia proveniente dal Mezzogiorno.
Se solo affrontassimo per una volta gli accadimenti con un pizzico di coerenza, avremmo dovuto dire che de Blasio non può essere americano, perchè figlio di immigrati, anche se nato negli Stati Uniti.Oppure, cominciamo seriamente a riflettere sul caso e apriamo definitivamente e finalmente al principio dello Ius soli. Altrimenti tacciamo. Tutti.
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Scena straziante da Lampedusa
Sono 111 le bare che attendono di essere sepolte. L’hangar, dove prima erano depositati i corpi esanimi delle vittime della tragedia che ha colpito un barcone di immigrati in cerca di speranza nel nostro Paese, si è trasformato in una grande camera ardente. Toccante vedere le quattro piccole bare bianche.
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Nobel per la Pace a Lampedusa
Checché ne dica l’Europa, l’Italia è l’unico vero fronte per la salvezza della disperazione dei popoli dell’altra parte del Mediterraneo. Lo abbiamo visto con la tragedia delle scorse ore, lo abbiamo visto con moltissime altre situazioni difficili degli scorsi mesi, anni e lo vedremo nei prossimi mesi, anni, forse anche settimane o addirittura giorni.
Lampedusa è il molo d’Europa e vive sulla propria pelle più di tutti, forse in modo esclusivo ed unico, la tragedia dell’immigrazione e per questo è stato lanciato l’appello per consegnare all’isola il Nobel per la Pace. Con le seguenti motivazioni.
1. Lampedusa è oggi la più importante porta d’ingresso all’Europa. Dall’altra sponda del Mediterraneo – spinti dalla fame, dal dolore, dalle persecuzioni razziali tribali o religiose – partono centinaia di uomini donne e bambini che per tentare di conquistarsi il diritto a vivere mettono nel conto perfino la possibilità di morire. Lì, su quell’isola, si svolge ogni giorno una nobilissima battaglia in nome e per conto del mondo intero.
2. A combatterla è una piccola comunità – 6300 abitanti – che mette da parte la sua vita privata e dimentica i suoi interessi legati a una stagione turistica che dura poche settimane all’anno, per impegnarsi in una straordinaria gara di solidarietà. Uomini donne e bambini che fermano lo scorrere della loro vita normale per aiutare e ospitare i sopravvissuti a drammatici viaggi della speranza. Un popolo che non ha mai smesso di essere umano.
3. Premiare un’isola e i suoi abitanti con un riconoscimento internazionale altamente significativo servirebbe anche a svegliare l’Unione Europea dal suo torpore, da un silenzio talvolta fatto di egoismo e indifferenza, e spingerla a occuparsi del dramma di intere popolazioni di migranti che non può essere affidato alla generosità e all’altruismo di un solo paese o addirittura di un piccolo scoglio in mezzo al mare.
4. Premiare Lampedusa sarebbe come gridare “alt” allo scandaloso traffico di carne umana sul quale lucrano all’origine mediatori, scafisti e perfino piccoli ras locali e che costituisce per molti governi del Mediterraneo il sistema più semplice per fingere di risolvere, o almeno di allentare e rinviare nel tempo, drammatici problemi di fame e miseria.
5. Premiare Lampedusa significherebbe infine offrire una piccola ma intensa luce di speranza a chi è costretto ad abbandonare la sua terra e a cercare a casa altrui ciò che non avrà mai a casa propria. Vorrebbe dire che qualcuno nel mondo sta pensando anche a loro, ai dannati della terra, ai morti del mare.
Firma qui l’appello
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Mangiafuoco e il governo marionetta
Come volevasi dimostrare: il governissimo ha un burattinaio che muove il governo non con dei fili, ma accarezzando dolcemente la spina che lo tiene in vita. Altra conferma arriva oggi, dopo il caso Biancofiore, ora tocca alla cittadinanza per i figli degli immigrati. Mi chiedo come mai, in Italia, il principio dello ius soli non venga rispettato, visto che a mio parere è l’aspetto più ovvio nell’assegnazione della cittadinanza. Se sei nato in territorio italiano, sei italiano. Punto. Ci vuole tanto? Ma come vediamo alla fine Berlusconi non ritiene giusto chiamare italiani ragazze e ragazzi che se pur appartenenti a famiglie non italiane, siano nate e cresciute nei nostri comuni, abbiano frequentato le nostre scuole, che sappiano parlare oltre ad un perfetto italiano, anche il dialetto romagnolo, lombardo, toscano, pugliese, siciliano, napoletano. Niente. Per loro è infamia. Per me è un concetto così ovvio che una legge ad hoc per ribadirlo, non serviva. Ovvimente, noi, siamo in Italia. Come posso pretendere tale sforzo? Che sciocco che sono!
In tutto questo sembra che il Pd si sia preso il contentino della Presidenza del Consiglio, mentre al resto ci pensa lui. Mi sono rotto un po’ i coglioni, effettivamente.