Tag: idv


  • Se la “fine” della II Repubblica spazza via i personalismi

    Se la “fine” della II Repubblica spazza via i personalismi

    Lo dicevano sul PDL, con a al timone il fedele del generale, forse fino a qualche tempo fa, Alfano, lo dicevano su tutto, ma non su quello che sembrava un progetto antagonista alla politica dell’affarismo e delle mazzette – basti pensare il passato del suo fondatore e del come e perchè sia andato alla  ribalta, fino a scendere in campo, in una politica, quella della Seconda Repubblica, fondata sul carisma e sugli slogan. Diciamoci la verità, il carisma c’era, forse era opposto, l’uno all’altro, ma Berlusconi e Di Pietro hanno avuto molto in comune ed oggi ne abbiamo la conferma: nessuno può esistere se l’altro non sopravvive. Berlusconi questo anatema potteriano di certo non lo da a vedere, forse non è del tutto così, perchè per lui basta e avanza che nel Paese, tra i cittadini, ci sia qualcuno che sente la propria pancia e non il proprio cervello, qualcuno che ancora crede che il giusto sia togliere l’ICI una volta, oggi l’IMU, dalla prima casa, che il giusto sia dar vita a condoni, condoni e condoni, raggiungendo l’apice della politica al servizio dell’illegalità, responsabile dei tanti disastri, come quello delle Cinque Terre e simili, dove case e strade sono state spazzate via dal fango, segno di come la natura prima o poi decida il destino di ognuno, e decreta se il giusto sia quello inteso dagli uomini oppure no.

    Di Pietro è stato abbattuto e non credo che l’autore, o meglio l’autrice, di questa caduta sia la Gabanelli e il servizio mandato in onda qualche giorno fa sul patrimonio dell’ex-magistrato su Report, o forse lo è stato in parte, sarà stata la spallata finale, ma è la fine della Seconda Repubblica a decretare, senza giri di parole, quale siano i partiti a dover sopravvivere e quali no.

    Se la Prima Repubblica è stata quella dei partiti, la così ricordata partitocrazia e la Seconda quella dei leader carismatici, la Terza, non ancora iniziata e forse non inizierà per il momento, dovrà essere quella dei programmi e delle idee, almeno che, per l’ennesima volta, le aspettative della gente vengano sostituite da una nostalgia, per qualcuno, di anteporre l’IO al NOI. Tutto da vedere. Fatto sta che il prossimo a sopperire, se non cambiano le cose, sarà il nascituro Movimento 5 Stelle.

    I personalismi non si arrenderanno mai? Noi neppure (giusto per citare qualcuno).


  • TP/ Situazione politica nel Paese, distribuzione alle Camere

    TP/ Situazione politica nel Paese, distribuzione alle Camere

    Di seguito un grafico che illustra la situazione politica in Italia, alla luce delle ultime consultazioni elettorali.


  • L’Italia con una diversa legge elettorale (simulazione)

    L’Italia con una diversa legge elettorale (simulazione)

    Una simulazione su cosa accadrebbe in Parlamento con l’ultima proposta di legge elettorale avanzata in Commissione.

    L’11 ottobre il Senato della Repubblica ha licenziato una proposta di modifica dell’attuale legge elettorale,  il cui testo può essere scaricato qui.

    Per sommi capi e’ una legge elettorale proporzionale, basata sulmetodo d’Hondt  con una soglia variabile di accesso alla ripartizione dei seggi indicativamente del 5% a livello nazionale e un premio di maggioranza del 12,5%.

    Vediamola piu’ in dettaglio.

    Alla Camera, tolti i seggi del premio di maggioranza (76) e quelli assegnati dalle circoscrizioni estere (12), rimangono da assegnare 541 seggi.

    Questi seggi vengono ripartiti con metodo d’Hondt tra le liste nazionali che

    1. hanno superato il 5% a livello nazionale
    2. qualora coalizzate con altre liste hanno superato il4% a livello nazionale
    3. hanno superato il 7% in un insieme di circoscrizioni elettorali che assommino almeno 1/5 dell’elettorato
    4. siano liste rappresentative di minoranze linguistiche conosciute, presentatesi in una circoscrizione in una regione a statuto speciale che preveda la loro presenza

    Alla coalizione col maggior numero di voti vengono assegnati poi i 76 seggi del premio di maggioranza e quindi il totale dei seggi viene ripartito in maniera proporzionale nelle singole circoscrizioni.

    Il medesimo metodo si applica al Senato della Repubblica che ha un premio di maggioranza di37 seggi, con la particolarità pero’ che il calcolo delle liste ammesse alla ripartizione dei seggi su base regionale avviene su base nazionale e il calcolo dei seggi da assegnare viene fatto con il metodo proporzionale classico. Per esemplificare: se SEL ha più del 5% a livello nazionale ma il 4% nel Veneto, viene comunque ammessa alla ripartizione dei seggi al Senato in Veneto.

    Da sottolineare anche come il metodo d’Hondt in caso di ripartizione di pochi seggi favorisca il primo partito a scapito dell’ultimo, producendo alla Camera un lieve effetto distorsivo a favore del PD.

    Utilizzando questo metodo abbiamo simulato una tornata elettorale considerando le medie da noi calcolate a inizio settimana. Abbiamo, per semplicità, accorpato i piccoli partiti di centrosinistra e centrodestra, che vanno sotto la voce Altri, al PD e al PDL, mentre abbiamo ipotizzato che le liste del Terzo Polo si unirebbero, come pare, in una lista unica. Abbiamo infine considerato una coalizione PD+SEL e una seconda contenente PDL e La Destra.

    Fatte queste assunzioni si può subito notare che La Destra i Radicali e la FdS non raggiungono la soglia di sbarramento e quindi non avrebbero accesso al parlamento.  Inoltre, nonostante la coalizione di centrosinistra vinca facilmente le elezioni e si aggiudichi il premio di maggioranza non ottiene la maggioranza dei seggi in nessuna delle due camere, costringendo quindi i vincitori delle elezioni a cercare un accordo in parlamento o con il Terzo Polo o con l’IDV o con il movimento di Beppe Grillo per garantire un governo al paese.

    [Fonte: TermometroPolitico.it]

  • Nell’ombra

    Ieri si è tenuta a Roma la Notte della Rete, una manifestazione a favore della libertà di parola, contro la decisione dell’AGCOM sulla censura di internet. Molti i partecipanti, altrettanti gli internauti che, da più di 200 siti e blog, hanno seguito l’evento in live.
    Tra i diversi interventi, c’era l’IdV, con Di Pietro, SeL, la Bonino e tanti altri esponenti politici. Manca qualcuno? Il PD? No, il Partito Democratico c’era, attraverso un messaggio scritto da Bersani, nella quale descrive la rete “ossigeno della democrazia”. Tutto qui? E beh, penso proprio di si. C’era Pippo Civati, che è forse uno dei pochi della direzione nazionale ad usare internet ed avere un blog, aggiornato quotidianamente. Ma Civati non ha l’onere di farsi portavoce dei progetti locali che il partito porta avanti nei territori. Non è accettabile che il progetto sull’Open Source pugliese, costruito e portato in Consiglio Regionale dal PD, venga sbandierato da un coordinatore nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, con l’accostamento all’interesse che Vendola ha con lo sviluppo dell’informatica e delle nuove tecnologie (ricordo che Vendola ha firmato un patto con la Microsoft e la Microsoft non ha Open Source). Un compito fondamentale che la classe dirigente del partito non porta più avanti è il raccogliere, descrivere ed elogiare quelle grandi azioni sul territorio che, a mio avviso, potrebbero poi essere sviluppate su scala nazionale e/o riutilizzate in altri territori e regioni.
    Bisogna essere consapevoli di questi progetti, e tornando a Stefano Esposito, verrebbe da dire: la linea del partito la si costruisce dalla base.


  • Santa Alleanza Martire

    La Santa Alleanza. Che nome insolito, sembra quasi simile ad un’alleanza per una guerra santa, in nome di un popolo o in nome di un sentimento religioso ormai perso. E’ questa l’Italia che vogliamo costruire? E’ questo il modo di fare politica? Da tutto questo trambusto, l’UdC ne esce come la corteggiata che se la tira e il Partito Democratico il provolone sfigato rifiutato.

    Sono molto sincero quando si parla di alleanze, non ho paura a dirlo: sogno un alleanza di centro-sinistra, pura e dura. Ma cosa dobbiamo sistemare nel nostro territorio politico? Semplice: evitare che nasca il nuovo Berlusconi della sinistra. La persona non fa la differenza, ma ciò che pesa è il modo di essere. Berlusconi se fosse stato uno di quei politici che non predicano e razzolano male, non avrebbe dato vita al berlusconismo. Le particolarità del Conte di Hard-core sono essenzialmente 3: 1) carisma; 2) grande comunicatore; 3) vittima del viagra e della papaverina. Tralasciando l’ultimo aspetto, nel centro-sinistra, attualmente, chi ha in mente di presentarsi come Presidente del Consiglio è proprio lui, Nichi Vendola. Nichi è uno dei migliori politici che la sinistra abbia attualmente. Ce ne sono pochi in grado di poter essere portavoce di una coalizione. Esempi? Solo 2, secondo me. Il primo in assoluto è Matteo Renzi, giovane, presente nella vita pubblica della sua città, tanto da arrivare ad essere il sindaco più amato d’Italia. C’è chi dice che Renzi abbia avuto il cattivo gusto di andare ad Arcore, in visita ufficiale, per chiedere aiuti per la sua città. Chi non l’avrebbe fatto? Viene prima il bene della città di cui si è primo cittadino, oppure bisogna dare priorità a logiche politiche del 1700? L’incontro ha avuto i suoi frutti: è stato istituito il fondo turistico per Firenze, ogni turista pagherà una piccolissima tassa, pari a 1€, per poter visitare la Città Fiorentina. La seconda proposta è, senza ripensamenti, Debora Serracchiani. La Serracchiani è stata una sorpresa, dopo l’assemblea nazionale dei circoli del 2009. Il punto di partenza? Piuttosto che punto di arrivo? Le Europee. Da quando lavora a Strasburgo e Bruxelles, una delle donne più amate del PD, sta lavorando con un senso di responsabilità indiscutibile. Un politico che per arrivare dov’è, è stata votata con le preferenze, cosa che invece il caro D’Alema non ha ricevuto. Ecco l’alleanza, da sogni, del futuro centro-sinistra: PD, IdV, SeL, e FdS (sempre se non decide di andare da sola, cosa da non scartare).

    L’UdC ha dato tanto, si. Ha dato tanto schifo al Paese. Un partito che ne ha visti di tutti i colori (politici, ovviamente). In alcune parti d’Italia è con il centro-destra, in altre con il centro-sinistra, ad altre da sole. Ma che razza di partito è questo? Il salvatore di che? Della Patria? Per salvare il Paese servirebbe che un po’ di dirigenti cominciassero a salire sugli stessi barconi con cui, in questi giorni, tanti tunisini sono giunti a Lampedusa, e con la costa italiana alle spalle, a mai più rivederci!


  • Il silenzio delle marmotte

    Manca poco al fatidico giorno. Manca poco all’ora in cui B., il suo governo ed il Paese intero sapranno le sorti della politica nazionale: elezioni o governicchio instabile? A dirla così, la situazione pare essere chiara: al Senato della Repubblica il Governo Belusconi ha la maggioranza, infatti il PdL ricopre ben 134 seggi e la Lega Nord esattamente 26, per un totale di 160 seggi e quindi stesso numero di voti a favore del Governo. Ponendo il caso che dal Gruppo Misto contenente 13 senatori una buona parte voti a favore della fiducia con un’oscillazione di 7/8 voti da sommare ai 160 della maggioranza, avremo quindi una situazione pari a 168 possibili voti a favore, contro i 148 voti a sfavore (112 PD, 12 IdV, 10 Fli, 14 UdC & MpA)1. Perciò al Senato il Governo dovrebbe avere la fiducia ad occhi chiusi.

    Passando alla Camera, la situazione si fa difficile per l’esecutivo, dove i voti a favore di B. sono 303 (235 PdL, 59 Lega Nord, e 6 del gruppo Misto) ed invece i voti contro sono 327 (206 PD, 24 IdV, 35 UdC, 36 Fli, 6 Api, 5 MpA, e 15 Misto)2.

    La situazione pare essere chiara: il cosiddetto “Terzo Polo” ha già redatto la propria mozione di sfiducia e quindi voterà contro il Governo. Se le cose stanno così, abbiamo la certezza che ad una delle due camere, in questo caso alla Camera dei Deputati, il Governo non ha la maggioranza e di conseguenza, in base alla legge, deve rassegnare le dimissioni e lasciare la parola al Capo dello Stato.

    L’On. Aprea, presidente della Commissione Istruzione alla Camera, voleva, assieme al Ministro, far passare la Riforma Gelmini prima della votazione di fiducia in modo da essere sicuri al 100% che la riforma sulle università riuscisse a passare alla verifica del Senato. Dopo la conferenza dei capigruppo al Senato, la decisione è stata di rinviare il tutto a dopo la fiducia, licenziando la decisione con la seguente dichiarazione: “Abbiamo deciso di rinviare il DDL Gelmini al Senato a dopo la fiducia, per garantire una stabilità politica necessaria per analizzare e per lavorare concretamente su quella riforma e su tutto l’iter legislativo”.

    Attendiamo con fermezza il 14 dicembre ed i possibili inciuci che B. metterà a segno, sempre se riesca a trovare delle prede. La vedo dura.

    1. Dati presi dal sito ufficiale del Senato della Repubblica

    2. Dati presi del sito ufficiale della Camera dei Deputati