Tag: Governo

  • C’è un problema che non vedo sollevato, in questi giorni, riguardo le politiche economiche del nostro Paese.

    Riguarda il Reddito di Cittadinanza ma come corollario: in un Paese in cui l’evasione fiscale è altissima, dove i nullatenenti sono molti e molti di questi solo sulla carta, si rischia di assegnare il reddito a persone che non ne avrebbero, di fatto, il diritto, a danno di chi davvero non ha nulla.

    Ecco perché credo che questo governo non possa essere la risposta giusta ai problemi del Paese e al futuro delle generazioni italiane: se non combatti strenuamente l’evasione, rischi di creare un sistema falsato che danneggia chi ha bisogno e avvantaggi chi fa il furbo.

    Nessuna parola da parte dei Ministri e del Presidente del Consiglio riguardo la lotta all’evasione, al versamento dell’IVA, alle imposte sul reddito e al costo del lavoro autonomo.

    Servono risposte serie. Io, al momento, non ne vedo neanche l’ombra.

    Forse parlare di evasione, per un governo sostenuto da un partito che deve restituire 49 milioni di euro allo Stato, non è comodo. Meglio parlare di immigrati. Senza contare le famosissime accise sulla benzina che Salvini aveva promesso di eliminare.
    Sale il prezzo del gasolio e della verde. Aumentano i costi di trasporto e, di rimando, il prezzo dei prodotti sugli scaffali. Aumenta il costo della vita e scende il potenziale economico delle famiglie, sempre più costrette a limitarsi piuttosto che investire lì dove serve: formazione dei figli, acquisto di una casa, libri, cultura, benessere.

    Continuiamo così e, soprattutto, continuiamo a dare la colpa agli altri.

    Chi scappa dalle proprie responsabilità è un codardo. Punto e basta.

  • È notte fonda mentre scrivo questo post. È una sera come tutte le altre, eppure ho sentito l’esigenza di tornare a scrivere.

    È un periodo in cui sentirsi assopiti, stanchi e scoraggiati viene facile, più di quanto possa esserlo sbraitare contro chiunque sul web, come va ormai di moda tra gli utenti.

    Penso e ripenso al senso della politica, al significato che può avere l’impegno di chiunque abbia a cuore i diritti, le libertà e la dignità di tutti gli esseri umani. Che senso ha continuare? Che senso ha provare rabbia, disgusto e vergogna davanti a quello che ci passa da sotto al naso, ogni giorno? Dove trovare la forza?

    Sono uno di quelli che fanno le cose perché ci credono davvero e allora perché non riesco a dimostrare, prima di tutto a me stesso, che quell’impegno conti ancora qualcosa e che, prima che al sottoscritto, serva alla politica stessa e alla Comunità in cui vivo?

    Coloro che hanno generato false notizie, paure verso altri esseri umani e che hanno fatto del disprezzo e dell’odio i loro segni particolari, sono al governo. Qualcuno è al timone più di qualche altro, ma tutti si riuniscono nella sala del Consiglio dei Ministri per deliberare, per dare legittimità a scelte scellerate di qualche pazzo furioso pericolosamente adagiato in una posizione di predominio sulla politica italiana, da qualche mese a questa parte.

    Non farò nomi, non farò cenni a qualche soggetto in particolare. Qui si parla generalizzando, perché così è che va di moda ora: generalizzare svuota le coscienze e trasuda bile. Io non ho bile ma ho una coscienza stracolma e vorrei alleggerirla un po’.

    Forse non dirò granché in questo post, eppure non so come si possa restare inermi davanti alla morte di 100 esseri umani, di diversi bambini e neonati; come si possa restare indifferenti davanti a sparatorie in pieno centro, ad opera di italiani, contro un essere umano colpevole di avere la pelle di un altro colore rispetto a quella dei suoi carnefici; come si possa restare impassibili davanti a pazzi armati che inneggiano il nome dello stesso politico di cui si faceva cenno prima?

    La disperazione vagheggia per le strade del nostro Paese e a vagheggiare è anche il buon senso. Il primo pervade l’essenza della nostra quotidianità, mentre l’altro ha smarrito la sua strada, non riuscendo a ricongiungersi con l’umanità presente in ognuno di noi.

    Ma dove sono le forze opposte a tale barbarie? Dove sono le voci dei diritti, delle libertà e della dignità di cui parlavo prima? Dove sono quelli che si fanno chiamare leader e oltre a guidare i loro fedelissimi non riescono a dare forma e significato ad un’idea collettiva di futuro?

    Perché devo continuare a sentirmi fuori luogo in giro per la Città? Perché devo continuare a sentirmi dire che sono io a sbagliare, che sono io a non capire, che sono io ad essere un passo indietro rispetto alla Storia? Perché devo continuare a vivere accerchiato dall’indifferenza e dell’assopimento delle emozioni e delle sensazioni di tutti coloro che come me vivono le loro giornate inondati dallo stesso flusso di notizie, coinvolti nelle stesse dinamiche e presenti negli stessi luoghi?

    Perché devo sentirmi in imbarazzo davanti alla rappresentazione quotidiana di quella comunità a cui appartengo, una comunità che non rappresenta tutti, certo, eppure, forse, non riesce a rappresentare neanche più se stessa?

    Sono qui, a notte fonda, a pensare a cosa sia giusto e quale sia la scelta migliore. Penso a come rispondere alle delusioni mie e di chi come me vive tale distacco. Sono qui e penso a come reagire verso chi ritiene che l’errore sia il mio e non il proprio.

    Sono qui, seduto nella mia stanza, da solo. Non c’è una grossa differenza rispetto alla sensazione che vivo per strada. Mi sento solo, circondato da persone.

    Dove siete? So che siete vicini a me e che come me vi sentite soli. Dobbiamo reagire. Dobbiamo unirci. Dobbiamo ripartire, costi quel che costi.

    Il mio futuro non lo lascerò decidere a nessuno. Il mio futuro non lo lascerò distruggere da nessuno. Il mio futuro non può che essere parte di uno più grande, collettivo. Un futuro che non è solo la somma di tanti piccoli futuri individuali, ma la moltiplicazione esponenziale delle speranze collettive e delle mille ragioni per le quali si può costruire un mondo diverso da quello in cui stiamo vivendo: senza muri, senza barconi affondati in mare, senza vite disperate inghiottite nell’ormai grande cimitero del Mediterraneo, senza bambini separati dai genitori, senza morti ammazzati per il colore della propria pelle, senza ingiustizie, senza disugaglianze, senza odio ed invidia sociale.

    Dove siete?

  • Il 2017 sarà ricordato come l’anno in cui il tema della sicurezza informatica abbia travolto l’opinione pubblica, trascinando le Istituzioni in una doverosa riflessione e reazione alle azioni criminose perpetrate a danno della privacy dei cittadini e delle stesse Istituzioni, alla stabilità dei sistemi informatici e alla struttura economico-sociale degli Stati.

    A ricordare quanto sia stringente il tema della cybersecurity e di quanto fondamentale sia la necessità di incrementare i livelli di sicurezza dei dati, dei sistemi informatici, è Anonymous – l’organizzazione internazionale di hacker – che, qualche giorno fa, ha annunciato di aver sottratto informazioni sensibili a diverse Istituzioni, tra cui Palazzo Chigi, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa e il Parlamento europeo. Oscurato anche il sito della Scuola magistrati, quest’ultimo sostituito con una schermata inneggiante ad Allah, a firma Libyana Hacker: “Testimonio che non c’è Dio al di fuori di Allah e che Maometto è il Suo Messaggero”. Un messaggio non meramente a sfondo religioso, poiché trattasi della shahādah, la professione di fede che compare, peraltro, sulla bandiera nera dell’ISIS.

    Buste paga, contatti telefonici, documenti d’identità, indirizzi di residenza, documenti riguardo la sicurezza nazionale e del Capo del Governo, tra i quali alcuni riguardanti i sopralluoghi, effettuati dalle Forze dell’Ordine, a Bologna, in occasione della visita di Gentiloni, proprio in questi giorni, e quelli relativi alle richieste, da parte del nostro Paese, di frequenze radio in vista dell’appuntamento del Presidente del Consiglio a Bruxelles il 19 e 20 ottobre scorsi. Informazioni tutte rese pubbliche e il loro contenuto alla mercé di chiunque, curiosi e malintenzionati. Senza distinzione alcuna.

    Al netto dei particolari dati trafugati, su cui la Polizia Postale rassicura, circoscrivendo i danni e la portata dell’attacco, risulta rilevante l’esposizione dei sistemi informatici strategici ed istituzionali del nostro Paese ad attacchi di hackeraggio, anche a sfondo terroristico.

    I nuovi sistemi informatici sempre più virtualizzati, grazie anche all’utilizzo sempre più diffuso del cloud, con il 31,5% degli utenti internet comunitari che, nell’ultimo trimestre del 2016, ha utilizzato internet come spazio d’archiviazione di dati personali (dati Eurostat), in aumento di 4 p.p. nel triennio e destinato a crescere con l’avvento del 5G; il sempre maggior numero di individui che accede ad internet (+14% in Italia nel quinquennio 2011-2016) con il 71% di cittadini italiani che ha utilizzato internet nel corso dell’ultimo anno, (dati Eurostat), e il basso livello di alfabetizzazione digitale – l’Italia è al quart’ultimo posto in Europa (nel 2016, solo il 43% dei nostri connazionali ha competenze digitali di base o superiori alla base) – offrono prospettive non troppo rassicuranti circa la profilazione delle potenziali vittime di attacchi cibernetici.

    Lo scorso marzo, il Viminale, assieme alla Presidenza del Consiglio, ha presentato il nuovo Piano Nazionale per la Protezione Cibernetica e la Sicurezza Informatica, non un mero elenco di intenti ma un piano operativo, con una riformulazione delle strutture di coordinamento e difesa cibernetica che proietta l’Italia su una nuova dimensione e un nuovo impegno nella lotta ai crimini informatici.

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  • “Qualcuno del Pd ha festeggiato la caduta del Governo: d’altronde per alcuni lo stile è come il coraggio di Don Abbondio”

    È la citazione più in voga negli ultimi minuti di Matteo Renzi, a seguito della Direzione nazionale tenutasi poco fa (in realtà una semplice conferenza stampa con pubblico. La discussione è rinviata).

    Turbofasci hanno cominciato ad attaccare il Presidente Michele Emiliano, pensando che quella citazione fosse rivolta a lui. Niente di più sbagliato. Ecco cosa ha detto Emiliano a Repubblica e cosa in tv a Matrix, proprio ieri sera.

    Ha esultato per la vittoria del No?
    “Le dimissioni di Renzi mi hanno addolorato. Le ho viste in tv con alcuni amici per il No che erano contenti. “No – ho detto – non c’è nulla di cui essere contenti, è un’occasione perduta per tutti. Le dimissioni del premier e segretario non mi provocano nessuna gioia”. Agli errori di Renzi se ne aggiungono adesso altri dei suoi collaboratori”.
    – da Repubblica

  • Scuole paritarie. Istituti privati che, stando alla legge del mercato e, soprattutto, ai principi costituzionali, non dovrebbero far altro che camminare sulle proprie gambe, senza alcun aiuto pubblico. Peccato non sia così.

    Dobbiamo, necessariamente, incollare l’art.33 comma 3 della Costituzione? Un’altra volta?
    Penso, seriamente, di averlo pubblicato una miriade di volte, su questo blog. Ma repetita iuvant.

    […] Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
    Art. 33 comma 3 – Costituzione italiana

    Notizia di due giorni fa, riguarda circa 115 milioni di euro che il Governo ha stanziato a favore delle scuole paritarie, in forte crisi da qualche anno. Pensate che dagli anni scolastici 2012/2013 al 2015/2016gli istituti paritari hanno perso il 9% dei loro studenti, con circa 100mila iscrizioni in meno.
    Cosa può mai significare? Che le paritarie hanno perso il fascino di una volta? Che non garantiscono più quello che una volta era il solco profondo di differenza tra il pubblico e il privato? Può significare che il pubblico si sia rimesso in careggiata a tal punto da fare concorrenza spietata agli istituti privati?

    A queste domande ci sono molte risposte che si possono dare, io ne avrei qualcuna, ma il punto nevralgico è che non serve alcuno sforzo nel descrivere il fenomeno e che, indipendentemente dalle ragioni, la Costituzione è molto chiara sul punto: lo Stato non può avere oneri nei confronti dell’istruzione privata.

    Vogliamo cambiare la Costituzione? Bene, sono il primo ad impegnarmi per questo. Ma se non cominciamo a rispettarla nei suoi principi, la vedo dura e piena di ipocrisia.

  • Questa campagna elettorale referendaria mi ha terribilmente rotto il cazzo. (E siamo ancora a meno 56 giorni dal voto.)
    Quanta pochezza che c’è, nel nostro Paese, quando si tratta di discutere.
    Insulti personali; dichiarazioni che non stanno né in cielo né in terra; interpretazioni assurde di articoli della Costituzione che non esistono; tutti costituzionalisti e pochi costituenti, quasi nessuno.
    Volete che continui? Forse è meglio di no, potrei buttare il computer dalla finestra. Almeno lui salviamolo, visto che la dignità l’abbiamo calpestata per benino.

    Carissimi tutti, o ci diamo una regolata, oppure io non penso di reggere ancora per molto.

    Sogno una politica in cui si discuta nel merito, qualsiasi cosa sia l’oggetto della discussione stessa.
    Sogno un Paese composto da cittadini consapevoli del loro ruolo, in qualsiasi momento.
    Sogno di non dover più scrivere (e neanche pensare) cose del genere.
    Sogno di poter terminare la mia giornata con una ricchezza umana in più di quella che avevo appena alzato.

    Ok. Torniamo a lavorare.
    Scusate lo sfogo pubblico, ma mi ero stancato di dovermelo ripetere in testa, ogni minuto.

  • Apprendo, dal sito dell’AGCOM, che il Partito Democratico stia invitando i suoi sostenitori ad astenersi dal votare al Referendum del 17 aprile prossimo, circa le concessioni per l’estrazione di petrolio dal sottosuolo marino.

    Ritengo tale posizione non conforme con lo spirito del PD. Un partito che ha nel suo nome l’aggettivo “Democratico” non può chiedere ai suoi militanti e sostenitori di non andare a votare.

    Lo ritengo un’incredibile caduta di  stile. La nostra Costituzione offre lo strumento del Referendum come unico mezzo, coadiuvato dalla proposta di legge d’iniziativa popolare, attraverso il quale i cittadini, in modo diretto, possono incidere sul sistema legislativo del nostro Paese.

    Il Segretario Renzi dovrebbe rendersene conto e agire di consenguenza. Detto questo, mi rivolgo proprio a te, caro Matteo, che sei il mio Segretario e a te dico che no, mi dispiace, ma declino l’invito.

    Voterò al prossimo referendum del 17 aprile, così come voterò al referendum di ottobre, sulla riforma costituzionale. Voterò sì, perché voglio dire la mia sulla politica energetica del nostro Paese, perché credo che si possa fare altro, nel 2016, anziché trivellare il nostro mare, fonte, oltre che di bellezza, di ricchezza, una ricchezza che non ha il colore del greggio, ma ha il colore del mare, quel blu acceso che fa da sfondo alle nostre belle città.

    Perciò, caro Matteo, posizionare il partito sull’astensione non è una bella cosa. Lo dico, perché lo penso davvero e perché credo che nessun partito debba mai permettersi di invitare i cittadini al non voto. È un ossimoro. Così come è un ossimoro che il Governo, lo Stato se vogliamo generalizzare, non abbia messo in moto la campagna informativa sul referendum di aprile. Sarà così anche per quello di ottobre? O forse, proprio perché lì si gioca la credibilità del Governo, sin da agosto, ci ritroveremo inondati di spot pubblicitari in cui si spiega la riforma e il perché votare a favore di questa.

    È un trattamento impari che non possiamo più permetterci, soprattutto quando, proprio oggi, è fondamentale invitare i cittadini a riprendere (perché è di questo che si tratta) ad interessarsi della Cosa Pubblica, attraverso la partecipazione e l’informazione. E il referendum è partecipazione ed informazione. Cos’altro potrebbe essere? Uno strumento di delegittimazione politica? Ma anche no.

    Dici bene, caro Matteo, che il governo da te presieduto è legittimo. La Costituzione non è un optional e questa parla chiaro sul chi ha il compito di proporre il Governo. Ma proprio perché la nostra Carta costituzionale non è un optional, dovresti conoscere bene l’art.1 comma 2 che dice “La sovranità appartiene al Popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” e che tra queste forme c’è proprio il referendum, regolato dall’art.75 della stessa. E forse, non per ultimo, dovremmo ricordarci che l’istituto del referendum è stata una conquista di cittadinanza e di libertà e va difesa a spada tratta sempre e comunque.

    Spero, e concludo, caro Matteo, che la comunicazione istituzionale porti le informazioni sul referendum nelle case degli italiani, molti dei quali non sanno, probabilmente, che sia stato indetto e su cosa riguardi.

  • Caro manifestante, provo pena per te. Manifestare con la forza delle proprie idee e con le proprie convinzioni è ciò che di più forte si possa dimostrare in una piazza. Tu hai agito da debole come debole è il messaggio che hai voluto lanciare, a differenza di quello che credi.

    Bruciare una bandiera è una cosa vergognosa. Non si bruciano le bandiere, non si brucia nulla. C’è una linea sottilissima che separa l’essere civile dall’essere un barbaro. Tu hai preferito essere un barbaro e probabilmente non sapevi neanche perché oggi ti trovavi in piazza. Forse sei stavo coinvolto per fare “bordello” e per divertirti un po’ a sfasciare qualcosa.

    Caro studente che hai bruciato la bandiera del mio partito, provo pena per te e anche vergogna. Pena perché un gesto del genere non può che essere frutto di una mancanza di idee; provo vergogna perché tu, caro studente, sei della mia stessa generazione e non posso accettare che la mia generazione sia vista come una massa di incendiari senza cervello.

    Manifestavi per la Buona Scuola? Parlami della riforma, caro studente e spiegami cosa ha suscitato in te l’istinto di dar fuoco ad una bandiera a cui persone dedicano la vita. Dimmelo, caro studente, perché è questo il limite da non superare mai e tu l’hai superato, vantandotene.

    Caro studente, non ti preoccupare, a farmi pena non sei da solo: nella lista ci sono anche tutti coloro che condividono il gesto che hai messo in scena, che sia un parlamentare (come Vilma Moronese del M5S) o un semplice cittadino accecato dalla rabbia e dalla intolleranza.