Tag: Giuseppe Civati

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    Per me, questi, sono giorni difficili. Amici con cui ho condiviso un percorso importante hanno deciso di lasciare il partito, quel partito che volevamo cambiare, partendo da quel congresso del 2013, con un programma innovativo e pieno di grandi speranze. Quella speranza non c’è più, ma forse soltanto in apparenza.

    Scrivo, riscrivo. Ho un taccuino su cui scrivo, ogni giorno, quello che mi frulla per la testa. È, un po’, il mio migliore amico nei momenti in cui mi fermo, guardo nel vuoto e penso. Penso a quello che è successo, a quello che succede e succederà; alle parole spese con tutti coloro con cui ho il piacere di confrontarmi, anche animatamente, ogni giorno.

    Lo dicevo, qualche giorno fa, ci stiamo incattivendo tutti. La pazienza sembra ormai un miraggio e la testardaggine è ormai declinata nel suo significato più negativo, quello di non voler più sentir ragione, di non accettare che qualcuno la pensi diversamente, arrivando anche a tacciarlo con nomignoli di dubbio gusto, che snaturano il dibattito politico.

    Da quando Civati ha deciso di abbandonare il PD, ho sentito un grande senso di smarrimento; uno smarrimento dovuto non per aver perso un punto di riferimento, ma frutto di una forte delusione, forte quanto l’aver creduto nel sostegno di quella visione Ma ora? Ora cosa dobbiamo fare?

    Certo, se si vogliono prendere applausi dagli scontenti, l’unica cosa da fare è dire che “il PD è un calderone di schifo e meno schifo”, dire che la tessera non serve più a nulla e denunciare una “deriva a destra” del partito. No. Non è così che vanno le cose.

    Mi hanno detto che l’unica ragione per cui io mi trovi nel PD è quella di voler soddisfare i miei interessi; per ambizione personale; per “poter mangiare dalla politica, una ghiotta occasione che solo il PD oggi può dare” (cit.).
    Voglio rassicurare queste persone: sono nel PD dal 2010, stavo per finire il 3° anno al liceo; avevo (e ho ancora) solo la voglia di potermi rendere utile alla collettività. Non sapevo neanche cosa fossero gli interessi personali. L’ho imparato dopo, guardandomi attorno.
    E dirò di più: chi dice questo è tra i responsabili del decadimento culturale del nostro Paese; di quella mancanza di visione che oggi ci consegna nelle mani dei populismi, dei qualunquismi e della mediocrità. Un macigno, questo, che non riusciremo mai a toglierci di dosso se non cambiamo rotta prima noi stessi, con il nostro modo di fare e di pensare (e di parlare).

    Visto che ci sono, aggiungo anche una piccola nota al post di qualche giorno fa, in cui spiegavo le mie ragioni per la divergenza politica che ho maturato con Pippo Civati: la sinistra “extraPD” ha sbagliato senso di marcia. L’unico modo per poter migliorare il panorama politico era quello di confluire nel Partito Democratico e non di andar via. Bisognava creare lì un’alternativa a Renzi, alla sua visione, nel rispetto del risultato del Congresso, lavorando pancia a terra per una proposta lungimirante e di sinistra.
    Questo non è stato fatto e, per l’ennesima volta, la sinistra preferisce scindersi, partire dai nomi, anziché dalle idee. Una sinistra che – a sentire l’On. Fratoianni (SEL) – aspettava l’uscita di un nome dal partito per poter creare “gruppi comuni”, come se servisse quel nome per poter partire. Insomma, un progetto che ancor prima di nascere segna già un fallimento culturale; un fallimento culturale che puzza di quel berlusconismo ormai fagocitato da tutto il ceto politico, che spinge i partiti e i movimenti a stringersi attorno ad un nome e su quello strutturare una sintesi, contornata dall’eterna contrapposizione a chi la pensa diversamente. Un’alternativa “contro” non andrà mai da nessuna parte.

    E quindi il punto è se restare o andar via, dichiarare il fallimento delle proprie scelte e abbandonare il gioco quando questo si è fatto duro. Io non mi reputo un duro, ma ho soltanto la testardaggine di chi crede in qualcosa, di chi vuole andare controcorrente (perché, oggi, essere controcorrente significa restare) e sa che è la scelta migliore.

    Mi dispiace per chi è andato via e di chi non ha avuto il coraggio di farlo prima che qualcuno aprisse le danze. Mi dispiace.

    Ecco, se dovessi finire questo post con un augurio, questo sarebbe quello di raggiungere la consapevolezza che la risposta giusta è aggregazione e non disgregazione. Un’aggregazione sana, però, a cui nessuno pone una priorità, neanche e soprattutto chi va via.

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    Seguivo Civati sin dai tempi di Prossima Fermata Italia – l’evento organizzato assieme a Renzi. Molti degli attuali renziani d’assalto guardavano con diffidenza quel progetto. Molti non erano nel PD, erano nel centrodestra, oppure strizzavano l’occhio al qualunquismo (o entrambe le cose).

    Al Congresso del 2013 decisi di supportare Pippo Civati, perché riconoscevo nel suo programma un potenziale enorme; un potenziale che ancora oggi custodisce. Invano.

    Durante la fase congressuale ci spendemmo al massimo per sostenere la sua candidatura- una candidatura collettiva, che sentivamo nostra, sperando che da quel momento potesse partire un progetto alternativo a quello di Renzi; a quello dei soliti tromboni, in una eterna fase di riciclo politico.

    Niente da fare. Quella speranza ci ha voltato le spalle lasciandoci in compagnia della delusione. Scottante, difficile da accettare.

    Non si può pensare di cambiare il Paese senza cambiare il partito del 40%, una percentuale di consensi frutto non soltanto di Renzi, ma di tutte le componenti del PD. Chi nega ciò è in malafede, oppure non sa di cosa parla. Era più facile cambiarlo dall’interno, e non dall’esterno. Questa è logica elementare.

    L’ho detto e ridetto, ormai ho perso il conto: molte delle rivendicazioni portate avanti negli scorsi mesi non erano credibili, perché non solo si basavano su una logica di contrapposizione perenne, ma anche perché – con un piede già fuori dal partito – è difficile che quest’ultimo tu riesca a condizionarlo, a far comprendere davvero che quella posizione, assunta in direzione nazionale o in Parlamento, sia frutto di una voglia di contribuire alla costruzione di un progetto politico che pianti le radici nel PD e grazie ad esso cresca.

    La responsabilità di tutto ciò non è da attribuire soltanto a Civati, ma anche all’attuale maggioranza, a quel metodo poco consono per un partito che ha diverse sensibilità al suo interno. Se vinci un Congresso devi non solo realizzare quanto hai detto durante la campagna, ma devi essere capace di trarre ricchezza da quella diversità insita dentro il partito. Facile dire “abbiamo fatto più Direzioni noi in un anno che Bersani in tre“, perché il punto non è quante ne fai, ma come le fai. Molte volte le Direzioni sono state delle pure formalità, diciamocelo.

    Oggi Pippo è fuori, prima di lui qualcuno lo aveva anticipato. Io non ho alcuna intenzione di muovermi da qui, dal mio partito. Sono un nativo democratico, non ho avuto nessuna tessera se non quella del PD. Prima di aderire decisi di studiarmi attentamente la sua Carta dei Valori, ed è proprio in quei valori che trovo la forza ogni giorno, in quei valori che la sua giovanile sviluppa ogni giorno.

    Oggi Pippo è fuori ed io dentro. Sono deluso, me ne faccio una ragione e vado avanti, nel rispetto del risultato congressuale e nel rispetto di chi ha votato quella mozione perché voleva un PD che andasse in quella direzione e non altro.

    Rispetto Pippo e la sua scelta, ma non la condivido.

  • Ieri, assieme ad Ezio e Gianclaudio, ho intervistato Elly Schlein, leader di OccupyPD e componente della Direzione nazionale del Partito Democratico, protagonista della mozione Civati, durante l’ultimo congresso nazionale del partito, con cui abbiamo parlato del Governo Renzi e soprattutto della visione complessiva del panorama politico nazionale.

    Altrettanto interessante è stato l’intervento di Giovanni Favia, Consigliere regionale dell’Emilia-Romagna, ex-M5S (orgogliosamente, stando alle sue parole), con cui abbiamo parlato del confronto Renzi-Grillo, del decreto Imu-Bankitalia e ovviamente del Governo Renzi.

    Riascolta la puntata, qui.

    Ps. da oggi Radio Locale si chiama Radio ANSiA, ecco qui la pagina su Facebook.

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  • La mia è una candidatura di servizio e di impegno massimo verso il progetto che tutti quanti noi, assieme a Pippo Civati, stiamo portando avanti da molto tempo.

    Sono ultimo in lista, nel mio collegio Bari Sud-Est e ne vado fiero, perché è lo spirito di servizio che deve contraddistinguerci. Non si fanno le battaglie sapendo che alla fine di questa otterrai qualcosa, lo si fa per il gruppo, ed è questo che mi piace pensare ed è questo il motivo che mi ha portato ad essere candidato nel mio collegio. Nessuno di noi deve poter minimamente pensare di dover sostenere un candidato solo se ottiene un proprio tornaconto. Non è nel mio stile, ne, tantomeno, in quello di molti ragazzi che, come me, sostengono Civati.

    Faccio gli auguri a tutti i capilista delle liste a sostegno di Pippo Civati in Puglia: Enrico Fusco per Bari città; Gianclaudio Pinto per Bari sud-est; Adriano Bizzoco per Bari nord; Giuliana Damato per la BAT; Gigi Rizzi per Brindisi; Elena Gentile per Foggia; Diego Dantes per Lecce città e provincia nord; Carmine Zocco per Lecce sud; Anna Rita Lemma per Taranto.

    Questa battaglia ci sta regalando emozioni importanti, sincere e soprattutto a lungo termine, senza superficialità e distrazioni. Sappiamo perfettamente che il nostro è un progetto coraggioso, ma mi chiedo se le vere rivoluzioni, nella Storia, sono state prive di coraggio e soprattutto di incertezze.

    Ci tengo a sottolineare, ancora una volta, che la mia candidatura non rappresenta me, ma tutto il gruppo che su Noci e non solo ha lavorato e continua a farlo, a sostegno dell’idea di partito che nella mozione “Dalla delusione alla speranza” di Civati viene fuori, con grande chiarezza e semplicità.

    Chi crede che il nostro impegno, nel PD, finisca l’8 dicembre, si sbaglia di grosso. Dal 9 dicembre la nostra voglia di metterci al servizio dei militanti e dei cittadini si moltiplicherà esponenzialmente, perché non si getta la spugna, mai. Si va avanti fino in fondo. Sempre.

  • Oggi abbiamo proclamato il Morpheus Day, dal nome scherzoso che abbiamo voluto dare alla nostra comunità di attivisti e volontari. Come in Matrix, dove Morpheus è colui che porta il protagonista a svelare gli inganni e a cambiare la realtà, oggi ti chiediamo di portare un amico (o due, o mille) a iscriversi su www.civati.it/partecipa, entrare nella nostra grande famiglia, diventare sostenitore e partecipare a questa nostra campagna per le primarie dell’8 dicembre e per Pippo Civati segretario del PD. Solo con la partecipazione possiamo risvegliare il Partito Democratico dal lungo sonno, proprio come faceva il personaggio del film.

    Stiamo facendo quello che dovrebbe fare un partito politico nel 2013: mobilitare gli elettori, gli attivisti, gli iscritti, chi lo era, chi non lo è più e chi vorrebbe esserlo, ma non sa a chi rivolgersi. Per questo ti chiediamo di invitare persone a registrarsi al nostro sistema “Morpheus”, perché chi si registra partecipa, ci permette di conoscere quali sono i temi che gli interessano di più, e quali sono le competenze che potrebbe mettere a disposizione della causa. Facciamo in modo insomma che la rete dei nostri contatti sia viva e vitale, e che i dati raccolti siano trattati con cura, ma nello stesso tempo mobilitati per fare politica sul territorio. Dalla rete al porta a porta, dalla raccolta di opinioni al cambiamento.

    Nel tempo quella di Morpheus è diventata una grande famiglia, estesa a tutto il territorio nazionale. Questa rete mette in contatto persone e idee lontane geograficamente ma vicine per esigenze, bisogni e affinità. E allora scegli: pillola rossa, o pillola blu?

  • Una playlist di interventi che più ho apprezzato della Direzione Nazionale del PD.

  • Mi compiaccio quando vedo gente che la pensa come me, sopratutto quando questi sono ad un livello più alto e riescono a fungere da “altoparlanti” verso la classe dirigente attuale. Di cosa sto parlando: ovviamente di politica e ovviamente dell’azione comune che Civati, la Serracchiani e tutti gli aderenti a “Il nostro tempo” stanno portando avanti. Che si scherzi sul fatto che risulterebbe essere una pseudo-corrente, la 17^, per l’esattezza, non duole alla pancia, se di satira si tratta, ma che si possa scherzare su un fatto reale come questo, mi lascia alquanto amareggiato, non tanto per la battuta, ma per la reale situazione in cui vive il PD.
    Mi chiedo cosa comporterebbe se, in un futuro non molto remoto, il Partito Democratico che risulta, ad oggi, il primo partito in Italia, andasse al governo di questo Paese. Un ministero per corrente? E gli alleati? Sinceramente spero che il PD, a livello nazionale, trovi la giusta via, cosa che incomincia ad intravedersi, grazie al lavoro, di non poco conto, del Segretario Bersani, unico, al momento, in grado di tenere unito il partito sulle diverse tematiche.
    Cosa buona e giusta, direbbe qualcuno, vedere le nuove generazioni pretendere spazio, certo! Cosa altrettanto buona sono le convention organizzate per proporre temi, argomenti e problemi al vaglio dell’opinione pubblica. Ma cosa non rende questi movimenti, due tra questi, quelli di Civati, per l’appunto, e quello di Renzi “il rottamatore”, non credibili? Il modo con cui alcune cose vengono esplicate.
    Presi gli argomenti trattati dal sindaco fiorentino, analizzati su un piano puramente politico e senza troppe emozioni al seguito, hanno come risultato un plebiscito di consensi, parlando di cambio generazionale, politiche sociali al passo con i tempi, per non parlare di quelli di Civati e della Serracchiani, dove basta vedere chi ha organizzato, per scorgere un bagliore di speranza in tutto ciò. Non che io sia un “Democratico per davvero” o un “civatiano”, ma penso che se il partito fosse pieno di tanti civati, serracchiani e giovani disposti a tutto pur di servire il proprio Paese e il proprio territorio, al PD si interesserebbero oltre il 50% dei cittadini.
    E se a darci conferma del disastro attuale, arriva la notizia del possibile aumento dell’età pensionabile a 67 anni, beh…credo proprio che un esame di coscienza dovremmo farcelo, se non riusciamo a crescere nei sondaggi, mentre il partito di B. scende e tutta quanta la fiducia al Governo, da parte dei cittadini, ha un deficit di dieci punti percentuali e più, rispetto al passato.
    Dobbiamo rilanciare il partito, partendo dal contatto diretto con la gente. Se c’è un motivo per cui la politica ha perso consensi e fiducia da parte dei cittadini è perché questa non riesce a figurarsi più come ponte tra il problema e la soluzione dello stesso. Non fermiamoci mai, attendiamo con ansia un confronto serio, ricordando però, che l’errore più grande per noi nuove generazioni, sarebbe quello di fare di tutta l’erba un fascio. Non bisogna mandare via le persone per l’età fisica, ma per l’età mentale. Chi non riesce più ad offrire idee innovative per il Paese, faccia un passo indietro.