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  • Caro Beppe Grillo,

    Ti scrivo dopo aver ascoltato le tue parole sul “momento storico che stiamo vivendo”, oggetto del tuo ultimo post sul blog, rivolgendoti ai “ragazzi del PD”.

    Ecco. Piacere, sono Davide e sono uno di quei ragazzi. Lo sono da ormai più di 9 anni e di acqua ne è passata da sotto i ponti da quando sono entrato nella famiglia del Partito Democratico.

    Che il momento storico in cui viviamo sia molto importante, sotto diversi aspetti, soprattutto riguardo le opportunità di indirizzo strategico per politiche ecosostenibili e di sviluppo sociale, è corretto dirlo. Tuttavia ci sono giusto due cose che ritengo utile sottolineare.

    Vedi, caro Beppe, in questi anni, di occasioni perse ne abbiamo avute a sufficienza. E per quanto qualcuno si sia sforzato di recuperare, altri hanno sempre remato contro. Parlo, chiaramente, di chi ha posto dei pregiudizi alla base di qualsivoglia posizione su diversi temi – molti dei quali molto importanti – riguardo lo sviluppo del Paese (vedi TAV, TAP, ponti, strade, Mezzogiorno, digitale, etc…).

    Permettimi di dire, in particolare, che l’entusiasmo e la voglia di porre l’attenzione su temi centrali, noi “ragazzi del PD” non li abbiamo mai persi, anzi. Ci sentiamo costantemente impegnati nel porre le giuste attenzioni su quelli che sono sì problemi, temi e situazioni con i quali le giovani generazioni si scontrano quotidianamente, ma che crediamo siano altrettanto trasversali, tanto da interessare tutti, da chi è appena nato sino ai pensionati.

    Parlo dello sviluppo delle infrastrutture, della tutela dell’ambiente, della cultura, della formazione e, non da ultimo, del senso che acquisisce l’essere umano nel nostro agire quotidiano. Per non parlare, ovviamente, dalla lotta alle mafie che, permettimi, fa “figo” porlo tra i vostri punti programmatici del nuovo governo, ma non riesco a comprenderne la coerenza con le vostre recenti scelte di contrastare la vendita della cannabis legale.

    Vedi, caro Beppe, potremmo anche essere entusiasti di questa opportunità che ci si è presentata davanti. Potremmo esserlo anche se questo percorso debba essere condiviso con chi, proprio a noi “ragazzi del PD”, non ha perso occasione, fino a ieri, di considerarci “giovani fuori ma vecchi dentro” o, peggio, collusi con la mafia, con la peggior politica di sempre, che eravamo piegati a 90° davanti ai potenti, ai Renzi, ai Napolitano, ai D’Alema, a chiunque fosse stato, nel corso del tempo, volto storico o presente del nostro Partito.

    Beh…caro Beppe, vedi, la questione è più che semplice e non sarà di certo un tuo videomessaggio a farci cambiare rotta. Ripeto: l’entusiasmo c’è, ma permettici di avere dubbi sulla genuinità delle tue parole. Ricordati che sei stato il fondatore di un soggetto politico che ha fatto dell’inesperienza la propria bandiera, dell’onestà l’unico elemento da tener conto in un politico, dimenticando e, addirittura, denigrando le competenze politiche e tecniche acquisite in anni di esperienza sul campo.

    Ricordati, caro Beppe, che il futuro non può essere un argomento da bar. Non è come il fantacalcio. Il futuro nostro e del Paese deve viaggiare sui binari della competenza e della consapevolezza.

    Con quale entusiasmo possiamo sederci a discutere di argomenti seri come l’ecosostenibilità, una nuova concezione della progettazione delle infrastrutture e di innovazione digitale con chi ha consentito ad incompetenti di presiedere ministeri chiave a tali fini? Quali competenze aveva Toninelli per essere Ministro delle Infrastrutture? E quali competenze ha Di Maio per essere stato Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, lui che non ha mai avuto esperienze di lavoro, benché meno tali da consentirgli di acquisire quella consapevolezza necessaria ad interpretare e anticipare le scelte strategiche di politica sociale e di sviluppo? E la dimostrazione sono i diversi tavoli di crisi aziendali finiti malissimo, oltre alla terribile piega che ha assunto Industria 4.0.

    Vedi, caro Beppe, noi non ci siamo mai tirati indietro. Men che meno lo faremmo ora. Lato mio, ma questo lo dico solo per completezza, la disponibilità a dare il mio piccolo contributo c’è. Come c’è sempre stata. E come me molti altri sarebbero pronti. Ma bisogna essere onesti con se stessi, prima di esserlo con gli altri: chiediamoci cosa possiamo fare di importante per il nostro Paese. Rispondiamo a questa domanda prima di procedere oltre.

    Io ho provato a rispondere, per quel che mi riguarda. Ho appena compiuto 26 anni, sono laureato da più di 2 anni in Giurisprudenza. Ho già due esperienze di lavoro all’attivo, una di queste orgogliosamente in corso. Ho studiato e continuo a farlo. Mi sto specializzando in un settore giuridico, oggi, ancora in fase di definizione, quello sulla protezione dei dati personali. Ma il mio settore professionale soffre molto, anche per colpa di chi non ha saputo imporre una visione lungimirante a riguardo. E vorrei presentarti molti miei coetanei che hanno preso strade diverse, in altri settori professionali. Sono disperati, perché non c’è una prospettiva di crescita in un Paese che predilige la mediocrità all’impegno. Ecco, io studio e lavoro ogni giorno, da quasi 2 anni di attività professionale, e credo di essere giunto ad una preparazione sulla mia materia pari allo 0,1% di quanto necessario a definirsi “esperto”. È sinonimo di manifesta e consapevole incapacità, questa mia constatazione? No. Piuttosto ritengo fondamentale non sopravvalutarsi, perché quando lo si fa è facile cadere nell’errore. E di gente che si è sopravvalutata ne ho vista parecchia, in questi mesi. Forse anni. E quindi a tale risposta segue un’altra domanda: ma io cosa c’entro con Di Maio?

    Con tutte queste premesse, io ci sarei nel dare la mia piccola visione delle cose. Una piccola visione che può essere considerata un mattoncino che può costruire qualcosa di concreto solo se messo accanto ad altri. Altri mattoncini provenienti da altri ragazzi. E non solo “del PD”. Anche del Movimento, così come simpatizzanti per altre forze politiche o forzatamente estranei alle dinamiche politiche.

    Eppure, in questi anni, ho visto qualcuno armato di piccone, pronto ad abbattere ogni proposta, ogni visione delle cose, in nome dell’onestà e del “noi siamo i migliori e voi siete morti”.

    Tuttavia, caro Beppe, noi “ragazzi del PD” la politica la facciamo sul serio. E se c’è qualcosa che il nostro Partito ci ha insegnato è proprio quello di portarsi le cose alle spalle quando c’è di mezzo il futuro della propria comunità. Sì, lo so, a qualcuno può far ridere pensando ai continui litigi interni al PD. Eppure è così. Il nostro Partito questo ce lo ha insegnato e la militanza politica è alla base di questa nostra consapevolezza.

    Noi siamo pronti, caro Beppe Grillo. Ma non credo voi lo siate altrettanto. Non credo che, ad oggi, si possa ragionare su questi temi se assistiamo ad uno spettacolo indecoroso da parte di chi fa il bulletto che tratta e ritratta le condizioni per un accordo ogni giorno. Non credo che si possa, attualmente, proseguire nella discussione di questi temi se non si pone al primo posto un elemento. Questo sì “prendere o lasciare”: la dignità. La dignità di una comunità politica che lavora, che crede nelle competenze e che agisce nell’interesse del Paese. La dignità di noi “ragazzi del PD” che ci siamo sentiti dire di tutto, negli ultimi anni, ma che davanti al futuro del Paese non indietreggiamo di un millimetro. La dignità di una generazione, la nostra, che è stata sballottolata a destra e a manca.

    Ecco, caro Beppe Grillo, partiamo dalla dignità. Da quella dignità che non avete mai riconosciuto a comunità politiche diverse dalla vostra. Partiamo dalla dignità che non avete riconosciuto, con i decreti sicurezza, a chi arriva sulle nostre coste affamato, disperato e con i propri sogni negli occhi, trattati come animali e non come esseri umani (vd. il trasbordo dalla Mare Jonio).

    Partiamo da questo e poi possiamo parlare anche di fogne, scarichi e infrastrutture.

    F.to,

    un ragazzo del PD.

  • Roma, Teatro Piccolo Eliseo, 10 novembre 2018. © Ph. Michele Albiani

    Sabato scorso, al Teatro Piccolo Eliseo, a Roma, un’assemblea autoconvocata di under35 ha accesso i riflettori sul Partito Democratico. Cento Fiori. Qui il Manifesto.

    Eravamo diverse centinaia ad affollare la sala e sul palco si sono succeduti interventi di grande interesse e autenticità. La stessa autenticità che caratterizza l’impegno politico di chiunque sia intervenuto sul palco e non, di chiunque era lì a condividere quelle ore dal grande valore politico. Sabato, ho rivisto una comunità mettersi in discussione. E mi è piaciuto tantissimo.

    Cento Fiori non è una piattaforma congressuale con l’obiettivo di proporre un’alternativa al congresso del PD, ormai alle porte. È un progetto intergenerazionale ad opera di una generazione, perché guarda agli interessi di tutti e non solo di chi vuole impegnarsi. Volendo usare le parole di Jacopo Scandella – consigliere regionale PD della Lombardia, 29 anni – senza un futuro per le giovani generazioni, non c’è futuro per nessuno.

    Vogliamo che la nostra politica, quella del PD, sia incentrata sulle esigenze dei più deboli, riparta dagli iscritti e dia loro la dignità di chi milita con orgoglio nel partito, attraverso l’esercizio del voto per le scelte importanti con il referendum degli iscritti. Vogliamo che i territori siano il motore pulsante del PD, abbandonando ogni direzione centripeta dei processi decisionali. Vogliamo che si riparta da un concetto di Europa incentrato sulle persone, che sia giovane e che guardi al futuro, non basata esclusivamente sull’economia ma anche e soprattutto sulla politica.

    Prima di andare oltre, vi comunico che su Radio Radicale c’è il video di tutta l’assemblea, intervento per intervento. Tra questi c’è anche il mio.

    Nei miei 5 minuti, ho provato a lanciare un messaggio semplice, con l’obiettivo di porre un piccolo mattoncino ad una discussione che ero certo (e così è stato) avrebbe dato i suoi frutti, una volta tirate le somme.

    Identità e coraggio. Queste sono le due parole che ho scelto per sintetizzare il mio messaggio.

    Identità. A noi manca. Manca non solo come risultato di chiare posizioni assunte nel tempo, ma come processo. Non abbiamo chiaro il metodo per darcene una. Una che sia di sintesi ma che sia forte e abbia anche la forza di sbilanciarsi nelle scelte. Che sia capace di essere di parte e non nel mezzo.

    Un’identità che non sia frutto di una frettolosa imitazione di altri. Non bisogna rincorrere modelli politici provenienti da altre parti del mondo, come fossero il Sacro Graal. Lo dico non perché non si debba essere parte di un processo globale, anzi, credo nella globalità della politica, sono uno strenuo sostenitore della parola d’ordine “pensare globale, agire locale”. Serve, tuttavia, darsi un volto proprio anziché provare ad indossare la maschera di qualcun’altro. In Italia si è cercato, dapprima, l’”Obama italiano”, il “Macron italiano”, poi il “Corbyn italiano”, il “Pablo Iglesias del Bel Paese”, il “Sanders dall’accento romagnolo” ed ora i “Beto O’Rourke e Ocasio-Cortez nostrani”. Un problema che affligge non solo il PD ma tutto il centrosinistra. Da anni.

    Fermiamoci un attimo e ragioniamo. È davvero questo il modo con il quale vogliamo proseguire? Se così sarà, allora è giusto dirci che non andremo da nessuna parte. Sono i processi che vanno studiati, soprattutto le dinamiche che coinvolgono e sconvolgono gli altri Paesi del mondo. È questo che può aiutare il Partito Democratico a farsi attore protagonista della scena globale della politica progressista e socialista.

    Più che trovare la nostra Ocasio-Cortez, proviamo a comprendere se il PD sia ancora un partito in grado di portare in Parlamento una giovane donna di 29 anni che ha lavorato come barista per pagarsi gli studi universitari. Capiamo se il nostro partito abbia ancora il coraggio di dare rappresentanza vera a una generazione che si spacca la schiena dalla mattina alla sera per darsi un futuro e per non gravare sulle spalle dei propri genitori. Di giovani così ce ne sono tanti e molti svolgono anche un ruolo attivo nel PD.

    Se Beto O’Rourke fosse stato italiano e avesse avuto intenzione di candidarsi come senatore del PD, quante probabilità avrebbe avuto di essere ascoltato da chi compone le liste e di poter ricevere il sostegno del suo partito? Quanti avrebbero cercato di ostacolare la sua corsa perché troppo “fuori dagli schemi”? Sarà interessante scoprire quanta coerenza ci sarà con tale entusiasmo nella composizione delle liste per le Elezioni europee di maggio 2019.

    Serve una genuina forma di impegno politico che guardi alla comunità del PD come mezzo e non come fine. Prima dell’interesse personale c’è quello della comunità politica a cui si appartiene e ancor prima c’è quello del Paese. Se vogliamo strappare la guida dell’Italia a chi diffonde paura, violenza e genera divisione, dovremmo noi, prima di chiunque altro, non avere paura di schierarci, non generare violenza e divisione sociale con le nostre parole.

    Posso dire che schernire Di Maio per il suo passato da steward al San Paolo è uno schiaffo a quelle persone che lavorano nei bar (ecco che torna la Ocasio-Cortez) e nei call center, pur di difendere la propria dignità? Posso dire che le magliette dei senatori del PD con “DL Salvini. Meno sicurezza. Più clandestini.” sono state un pugno nello stomaco a chi lotta con ogni fibra del proprio essere contro il razzismo? Posso dirlo?

    Ecco perché il lavoro è lungo e faticoso. Ma bisogna pur iniziare. Ecco perché credo che gli unici a potersene fare carico sono proprio gli under35. Non perché siamo meglio degli altri, ma semplicemente perché quello che sarà ci appartiene più che agli altri e siamo stanchi di avere sempre la testa al futuro, dimenticandoci del presente.

    Cento Fiori sono sbocciati. Nessuno fermi la Primavera.