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  • L’anno scorso, esattamente in questi giorni, venivo eletto Segretario dei Giovani Democratici Terra di Bari, l’Organizzazione giovanile del Partito Democratico dell’Area metropolitana del capoluogo pugliese.

    Non credo di poter dimenticare facilmente quel periodo, per la grande stanchezza accumulata in ore di incontri, discussioni, anche molto accese. Non dimenticherò quei giorni anche per l’importante messaggio che provammo a lanciare al nostro Partito: il voler stare insieme e ripartire dagli errori del passato.

    Una fase congressuale a due candidati, sfociata in uno scontro durissimo, che si risolse con la scelta di convergere su un nome, su una storia personale che unisse e che appianasse le divergenze. A distanza di un anno, posso dire, che quelle divergenze sono diminuite, lasciando il posto ad una differente visione della politica e del partito, tutto naturalmente accettabile nella dialettica di un partito plurale come il nostro.

    In questo primo anno abbiamo affrontato molte battaglie: il Referendum sulle Trivelle – dove i GD Terra di Bari si schierarono compatti a favore del quesito referendario, in difesa del mare pugliese; il Referendum sulla Riforma costituzionale – dove abbiamo cercato di offrire alla nostra Comunità lo spirito di discussione e condivisione delle idee, portando la nostra Organizzazione a lavorare a sostegno della riforma, in linea con il Partito, ritenendo una ricchezza chi la pensava in modo opposto, senza accentuare scontri o divisioni sul tema, dimostrando maturità; la Scuola di Formazione regionale – durante la quale la nostra Federazione è stata ospitante, grazie al circolo di Santeramo in Colle, e dove abbiamo discusso di temi centrali, oggi in cima all’agenda politica del Paese e del nostro territorio.

    Permettetemi, però, di parlarvi del mio bagaglio personale d’esperienza, riempito costantemente, giorno dopo giorno, camminando per le strade delle città della provincia, confrontandomi con i circoli e i militanti, spesso delusi o smarriti davanti ad un partito altrettanto perso nei meandri dell’autoreferenzialità.

    In questo primo anno ho capito molte cose di cui prima non ero del tutto consapevole: l’elemento fondante di una comunità non è solo il sentimento comune, l’idea comune delle cose, ma anche e soprattutto il dialogo e l’ascolto. Il dialogo tra tutti coloro che si impegnano, quotidianamente, e decidono di dedicare parte del loro tempo e delle loro energie nel tenere aperti i circoli, nell’essere volto, orecchie e bocca del nostro partito sul territorio. L’ascolto da parte di chi, nelle responsabilità di dirigente e di guida, deve considerare l’opinione e le idee della base come fondamentali per la costruzione di una comunità forte e coesa, capace di andare tutta in un’unica direzione. Due elementi che qualcuno ritiene scontati nella loro definizione e nel loro essere parte costituente una comunità politica. Vi posso assicurare che non lo è ed abbiamo sotto i nostri occhi l’esempio di un partito dilaniato dalla mancanza di un dialogo costruttivo e privo di arroganza.

    Da militante voglio lanciare un grido di speranza: che si smetta di ragionare per compartimenti stagni. Basta appiopparsi cognomi di altre persone per darsi uno spessore politico. Basta dar per scontato che una persona abbia detto una cosa sbagliata, solo perché in opposizione al proprio leader/capetto/capobastone di turno. Basta.

    E basta anche col fottersene di chi la pensa diversamente, deridendo iniziative in cui al centro è la costruzione di una visione comune delle cose.
    Ho letto commenti di esponenti del PD sia nazionale che del territorio – la maggior parte con ruoli di responsabilità – in cui si scherniva la manifestazione in corso, oggi, al Teatro Vittoria a Roma. Schernire chi cerca di essere parte della Comunità provando a fare rete, con un’assemblea pacifica, è da schifosi. E non uso sinonimi, in questi casi, mi dispiace.
    Chi oggi rappresenta la maggioranza sappia riconoscere qual è il suo ruolo: tenere il volante in mano, decidere come guidare, ma non decidere la direzione da soli. E quel “come guidare” deve significare senso di responsabilità e, anche, capacità nel mettere in secondo piano le proprie convinzioni per cercare una via comune, un minimo comune denominatore capace di far sentire tutti a casa e rappresentati dall’azione del partito. Ecco cosa ho imparato in questo anno.

    Dall’inizio di questa nuova avventura, è troppo presto per dirsi addio, anzi, dobbiamo tutti lavorare affinché quel momento non arrivi mai. Ritroviamoci tutti nella voglia dello stare insieme, del fare sintesi e riporre, nel baule delle cose inutili, l’arroganza e la spavalderia, a favore della responsabilità e dell’umiltà.

    Buon cammino, a tutti noi. Possa anche essere irto e pieno di ostacoli da superare, ma che non lo si consideri mai impossibile da realizzare o che maturi, in noi, la voglia di abbandonarlo.

    Grazie a tutti coloro che mi hanno affiancato fino alla prima candelina. Grazie ai componenti della Segreteria metropolitana, a tutti i segretari di circolo, ai militanti, agli amici e compagni. E anche a chi mi sopporta ogni giorno, dalle interminabili telefonate agli incontri in orari e giorni indicibili.

    Ci accompagni l’orgoglio di essere una comunità di più di mille ragazze e ragazzi che, nella Terra di Bari, portano avanti la passione per la Politica.