Sono alla ricerca di una casa a Roma. Ma questo, se avete letto qualche mia storia precedente, lo sapevate già.
Eppure, la sensazione che sto provando in questo periodo, nel vedere case, è un mix tra sconforto e disgusto.
Non c’è il senso della misura e della decenza. Si fittano seminterrati (per dirla in termini più aulici: i suttuene) a prezzi folli, per non parlare di case fatiscenti che meriterebbero una manutanzione straordinaria senza precedenti solo per renderle dignitose per un essere umano.
Ma non è tutto.
Ho risposto a diversi annunci e parlato con diverse agenzie immobiliari.
Dopo aver decantato le qualità dell’appartamento di turno (poi rivelatesi solo un mucchio di fesserie), mi viene posta la domanda: lei che lavoro fa?
Ed io rispondo: sono un avvocato.
Dall’altra parte della cornetta, la reazione è 8 volte su 10 sempre la stessa: ah!
“Ah!” cosa?
“La fermo subito, il proprietario della casa vuole solo persone con contratto a tempo indeterminato, possibilmente pubblica amministrazione o forze armate”.
Ah! (Questa volta a dirlo sono io).
Ecco, dunque, la spada di Damocle che si abbatte sulla testa di una Partita IVA: non solo siamo già bistrattati di nostro, ex lege, ma siamo considerati poco affidabili a tal punto da non meritare neanche di vedere una casa. Neanche di passare sotto ai raggi X del locatore di turno.
“Guardi che io lavoro in uno Studio legale associato da ormai 6 anni. Ha bisogno di una mia dichiarazione dei redditi?”.
La risposta resta: “No, guardi. La fermo. Mi dispiace”.
La verità è che dispiace più a me. Non per la casa che non potrò vedere, quanto per prendere sempre più consapevolezza che c’è un contratto sociale tra generazioni che si è ormai dissolto nel nulla.
Non soltanto prezzi folli per dei buchi di c**o fatiscenti e con infissi del 1930, ma se non hai un contratto a tempo indeterminato, manco ti guardano in faccia.
La Politica passa le ore di buco, tra una polemica e l’altra, ad interrogarsi sul perché la nostra generazione faccia fatica a farsi spazio o, peggio, sul perché ci siano ancora Over30 che vivono con mamma e papà.
Non c’è solo un problema di caso affitti, ma anche di discriminazione professionale (e sociale).
Mi reputo una persona fortunatissima: ho iniziato a lavorare solo dopo 3 settimane dalla laurea; sono economicamente autonomo da quando ho 24 anni. Non perché abbia vinto la lotteria, ma perché ho un lavoro e guadagno ciò che mi permette di non dover chiedere nulla a nessuno.
Eppure…
Eppure, anche per poter entrare nella casa dove sono ora ho dovuto far firmare a mio padre una fideiussione.
“Sa, avvocato, è per stare sicuri. Null’altro. Lei capirà, dato che è del mestiere”.
No. Non capisco.
Non lo capisco, soprattutto dopo che mi hai chiesto pure che gruppo sanguigno sono e se sono un donatore di organi.
Cos’altro devo dimostrare?
E se uno i genitori non li ha? Cosa si fa? Si richiede una fideiussione bancaria? È un appartamento di 80 metri quadri o un centro commerciale, quello che sto chiedendo in affitto?
Le generazioni precedenti alla mia si son mangiate tutto il mangiabile e ora chiedono a noi garanzie.
E se vi state chiedendo perché io abbia deciso di scrivere tutto questo, vi rispondo: non è per sfodarmi. Non è perché non ho altro da fare.
Per è per denunciare. Denuncio tutto questo scempio umano che si consuma addosso alla mia generazione.
Racconto ciò che succede a me, perché sono certo che non sono il solo ad aver vissuto o a vivere questa situazione.
Ne faccio una battaglia di principio.
Ho iniziato a fare politica per fare battaglie di principio.
Perché qualcuno deve pur farle.
E perché bisogna smetterla di rassegnarsi al “tanto è così”.
Ciao.