Lo dicevano sul PDL, con a al timone il fedele del generale, forse fino a qualche tempo fa, Alfano, lo dicevano su tutto, ma non su quello che sembrava un progetto antagonista alla politica dell’affarismo e delle mazzette – basti pensare il passato del suo fondatore e del come e perchè sia andato alla ribalta, fino a scendere in campo, in una politica, quella della Seconda Repubblica, fondata sul carisma e sugli slogan. Diciamoci la verità, il carisma c’era, forse era opposto, l’uno all’altro, ma Berlusconi e Di Pietro hanno avuto molto in comune ed oggi ne abbiamo la conferma: nessuno può esistere se l’altro non sopravvive. Berlusconi questo anatema potteriano di certo non lo da a vedere, forse non è del tutto così, perchè per lui basta e avanza che nel Paese, tra i cittadini, ci sia qualcuno che sente la propria pancia e non il proprio cervello, qualcuno che ancora crede che il giusto sia togliere l’ICI una volta, oggi l’IMU, dalla prima casa, che il giusto sia dar vita a condoni, condoni e condoni, raggiungendo l’apice della politica al servizio dell’illegalità, responsabile dei tanti disastri, come quello delle Cinque Terre e simili, dove case e strade sono state spazzate via dal fango, segno di come la natura prima o poi decida il destino di ognuno, e decreta se il giusto sia quello inteso dagli uomini oppure no.
Di Pietro è stato abbattuto e non credo che l’autore, o meglio l’autrice, di questa caduta sia la Gabanelli e il servizio mandato in onda qualche giorno fa sul patrimonio dell’ex-magistrato su Report, o forse lo è stato in parte, sarà stata la spallata finale, ma è la fine della Seconda Repubblica a decretare, senza giri di parole, quale siano i partiti a dover sopravvivere e quali no.
Se la Prima Repubblica è stata quella dei partiti, la così ricordata partitocrazia e la Seconda quella dei leader carismatici, la Terza, non ancora iniziata e forse non inizierà per il momento, dovrà essere quella dei programmi e delle idee, almeno che, per l’ennesima volta, le aspettative della gente vengano sostituite da una nostalgia, per qualcuno, di anteporre l’IO al NOI. Tutto da vedere. Fatto sta che il prossimo a sopperire, se non cambiano le cose, sarà il nascituro Movimento 5 Stelle.
I personalismi non si arrenderanno mai? Noi neppure (giusto per citare qualcuno).
Dopo il risultato del Referendum popolare tenutosi il 12 e 13 giugno (non il 13 e 14 giugno come aveva detto il TG1), si è aperto uno scenario profondo ma ancora più pauroso, all’interno della politica italiana. Stranamente, il caro e vecchio Di Pietro ha scaricato, sul ciglio della strada, il segretario del PD Bersani quando, visto il risultato, aveva palesemente dichiarato che il Governo era isolato e che quindi prima della verifica parlamentare, tanto attesa da tutti, doveva dimettersi, perchè ormai priva di collegamento con la vera espressione della maggioranza degli italiani.
Ma guardiamo nel dettaglio la situazione: si direbbe che i 4 quesiti referendari erano tutt’altro che contro la persona del Presidente del Consiglio, quale B., tranne l’ultimo, quello sul legittimo impedimento, una noiosissima legge ad personam voluta espressamente dal Cavaliere. Le altre tre domande abrogative riguardavano la politica dell’Esecutivo, sulla quale il Parlamento ha discusso per molto tempo, per non parlare dell’opinione pubblica, scossa da provvedimenti paurosi, ma così tanto paurosi che alla fine Tonino (Di Pietro) ha deciso di avviare una raccolta firme, parallelamente a quella dei comitati promotori dell’Acqua Bene Comune e NO NUKE.
Pur ritrovandomi nelle parole del Presidente dell’IdV, alla luce dei risultati della consultazione, pari al 57% del quorum (compresi gli italiani all’estero) e con un 95% di “Sì”, quando dice che la vittoria non è del centrosinistra ma del Popolo Italiano che, indipendentemente dal colore politico (ricordiamo che molti leghisti e simpatizzanti ed elettori del PdL si sono recati alle urne), ha espresso un giudizio su 3 argomenti fondamentali per la vita e per il futuro del nostro Paese. Concludendo con un boicottaggio giornaliero alle richieste di dimissioni del Governo, anche se a mio parere le dimissioni sono sinonimo di fallimento e poichè il Governo ha fallito sul piano politico, Berlusconi o no, attacco personale o no, se il Governo viene bocciato su argomenti di grande rilevanza, come il piano energetico nazionale, la gestione delle risorse pubbliche e la giustizia, mi chiedo cosa trattenga la squadra di B. a rimanere lì, o meglio, chi legittima la loro permanenza nelle file governative.
Come se non bastasse, ora l’ipocrisia intrisa di una disgustosa bugiardaggine invade gli animi dei ministri che, con fare svelto e pimpante, si parano il sedere dicendo che ogni cittadino era stato lasciato libero di scegliere e che, senza rimpianti, verrà abbandonato il nucleare e incentrate le risorse finanziare per lo sviluppo delle rinnovabili. Mi chiedo che fine abbiano fatto tutti i “Romani”, “Scajola”, “Berlusconi” e i “Giannino” che osannavano l’atomo come unica fonte di energia certa, pulita ed economicamente vantaggiosa.
Ma la situazione mi preoccupa sul piano “popolo-politica”: i diversi comitati si sono dimostrati motore trainante a favore del quorum ma dobbiamo necessariamente dire che la gente politicizzata e coerentemente allineata con le volontà dei diversi partiti sostenitori del referendum c’erano ed erano anche (forse) la maggior parte. Dire, adesso, “i partiti alla larga” mi sembra un po’ eccessivo anche se, oggi come oggi, nessuno meriterebbe un posto in prima fila per prendersi i complimenti per questo risultato, viste le diverse cadute di stile di certi personaggi ben noti a tutti, appartenenti ai partiti di centrosinistra. Ma ricordiamoci che ciò che non va non sono i partiti, ma come vengono fatti questi partiti e il modo di gestirli. La politica è palesemente nata per essere sviluppata da gruppi di persone, associate per ideologie, modi di pensare e di vedere il futuro della nazione. Ipotizzare una politica senza partiti mi lascia pensare ad una prossima anarchia parlamentare, dove all’interno delle due Camere si saranno persone senza un minimo di coordinamento o strapiene di demagogia allo stato puro. Ribadisco ancora una volta la mia volontà nel vedere certe persone appese al cappio democratico (trombate alle elezioni o alle primarie) e rimettere in piedi un progetto nuovo di politica, prima di tutto, e poi di Paese.
Questa mattina, mentre facevo il giro degli auguri su facebook, contattando i miei amici lontani o che magari conosco solo per web, mi sono soffermato, con un mio amico del Movimento 5 Stelle di Bari, a fare una chiacchierata sulla politica locale e sulla situazione attuale in Italia. Lui mi ha posto delle domande provocatorie che io vorrei riportare qui e dare una risposta, spero esauriente, su ciò che penso io in merito a questi argomenti (sperando di ricordamele tutte, visto che ho perso la conversazione).
I partiti sono morti. All’interno del partito non sei libero di dire quello che vuoi. Non puoi dire che D’Alema è un vecchiaccio attaccato alla poltrona e che Fassino e consorte devono andare a casa, visto che sono in parlamento da 30 anni.
Non penso che i partiti siano morti, specialmente il Partito Democratico che, a mio giudizio, è in continua ebollizione. Nel PD, ora ci sono le primarie per le varie segreterie, ora ci sono le assemblee nazionali, regionali e provinciali, ora ci sono le primarie per il centro-sinistra nei comuni dove si voterà nel 2011, ora si sta pensando alle primarie del centro-sinistra per le Politiche del 2013 (forse 2011), ora si pensa alle alleanze. Di lavoro ce n’è tantissimo. Penso però sia necessario mettere in chiaro una cosa: io sono un ragazzo di 17 anni, ma ho un pensiero ben definito su ciò che dovrebbe essere la politica, oggi. La politica deve necessariamente essere composta da partiti, da gruppi organizzati che, ogni giorno, sfornano idee comuni, idee per il bene della società e per il riformulamento del sistema socio-economico del nostro Paese. Il Movimento 5 Stelle è un partito a tutti gli effetti. Quanti sono stati i partiti (attuali) che, fino a poco tempo fa, erano considerati dei MOVIMENTI? Tanti, uno di questi è il partito di Di Pietro, l’Italia dei Valori. Il pensiero politico deve essere sviluppato intorno ad un sincero dibattito politico-culturale, ma per farlo, i cittadini devono entrare nei partiti, per poter fare politica attiva. Se un partito non funziona come desideriamo, allora è arrivato il momento di salire in politica (dico salire perchè la politica è un’arte nobile e deve essere al di sopra della società e dei problemi umani, ma allo stesso tempo deve risolverli). I movimenti, come quello 5 Stelle di Beppe Grillo è un movimento di tutto rispetto, con un ottimo programma di riformulazione sociale, in chiave economica, ambientale e culturale, ma penso sia necessario scendere, prima o poi, dal cavallo di battaglia, dalla carrozza armata delle proteste e invece rimboccarsi le maniche per cambiare il nostro Paese. Il Partito Democratico è un partito in cui credo, non metto in dubbio che chi ha tentato e tenta di dirigerlo ha molto di cui fare mea culpa, ma è anche vero che nessuno, e dico nessuno, può scagliare la prima pietra, sappiamo bene a chi mi riferisco. La Libertà (con la L maiuscola) all’interno del partito? Bene, forse non è chiara una cosa: quando si è in un partito, è come se si venisse a creare un legame forte, fortissimo con tutti coloro che ci vivono all’interno di quell’organizzazione, ma ancor di più si crea un legame forte verso le sorti di un simbolo, di un programma e di tutti i militanti, perchè è come se si creasse una seconda famiglia, in cui credere, con cui lottare nei momenti di più difficoltà, con la quale condividere idee e progetti, insomma, la protesta è nel nostro animo, ma è una protesta rivolta al senso del partito e alla buona riuscita di un’azione degna di questo nome, su ogni fronte. Coloro che sono sulla poltrona da troppo tempo? E’ arrivato il momento di cambiare dirigenti e cambiare aria, sono il primo a dirlo. Io mi rifaccio al regolamento del PD, 3 mandati e poi a casa, niente di più, ma se non troviamo individui in grado di prendere il posto di queste persone come facciamo? Chi mettiamo al loro posto? Persone incompetenti? E forse peggio di queste? Se non formiamo la nuova classe politica, come potremo avviare il cambio generazionale? Di persone in gamba ce ne sono, evoglia, io ne conosco molte, dovremo solamente lavorare all’interno del partito per “sbocciare” definitivamente.
Cosa ne pensa il Partito Democratico dell’acqua pubblica? La vuole privatizzare? In Puglia ha bloccato il DDL per l’acqua pubblica? Per quale motivo? Tu cosa ne pensi dell’acqua? Pensi debba essere pubblica o privata?
Vi riporto un pezzo del comunicato uscito all’indomani dell’assemblea nazionale del PD del 21-22 maggio 2010: L’acqua è un bene comune dell’umanità, un bene essenziale e insostituibile per la vita.
L’acqua è un bene pubblico e deve essere garantita a tutti nel rispetto dei vincoli ambientali e al massimo livello di qualità, secondo principi di equità e solidarietà e con criteri di sostenibilità per preservarne la qualità e la disponibilità per le future generazioni e sono beni pubblici le infrastrutture del servizio idrico integrato.
L’acqua è un bene scarso e va preservata attraverso la cura del territorio, la manutenzione dei bacini idrografici, la tutela dei corpi idrici e delle aree di salvaguardia. […] Il Partito democratico ha condotto una dura opposizione al disegno di privatizzazione forzata dell’acqua imposto dal governo Berlusconi, approvato a colpi di fiducia con la falsa motivazione di rispondere a un obbligo comunitario in realtà inesistente. […] Il Partito democratico è perciò vicino a quanti combattono la battaglia per contrastare la privatizzazione forzata imposta dal governo anche attraverso lo strumento referendario. […] Lo strumento referendario richiede in ogni caso un intervento legislativo di riforma complessiva del settore che possa assicurare il raggiungimento di obiettivi irrinunciabili come la tutela delle acque, l’accessibilità per tutti, un uso razionale della risorsa garantendo l’equità delle tariffe e la massima qualità ed efficienza del servizio. Va garantita inoltre la copertura totale del servizio di depurazione sull’intero territorio nazionale e la gestione sostenibile della risorsa acqua, eliminando dispersioni, sprechi e usi inappropriati.
Afferma che per realizzare tali obiettivi è necessario un quadro normativo chiaro e coerente fondato su alcuni elementi chiave:
– acqua bene pubblico e proprietà demaniale della risorsa e delle infrastrutture;
– gestione industriale del servizio idrico integrato;
– una forte regolazione e controllo pubblico sulle gestioni istituendo una autorità nazionale di regolazione, compartecipata dallo Stato e dalle regioni;[…] [continua qui].
In un partito democratico di tutto rispetto, l’Assemblea Nazionale è quell’organo supremo che decide e regola la linea politica da adottare in ogni argomento ordinario e non, quindi anche il PD Puglia, come gli altri PD di tutta Italia, hanno collaborato alla raccolta firme per il referendum sull’acqua pubblica, ma ancora di più c’è stata un’azione da parte di Bersani in merito all’attività legislativa: il PD non ha aderito ufficialmente al Referendum, pur essendo una cosa nobilissima e di alto consenso, perchè riteneva opportuno svolgere la sua attività all’interno dei luoghi cardine del problema, il Parlamento. Ma la cosa è risultata frutto di un semplice ragionamento: se il Referendum – richiesto da tutti i firmatari d’Italia, non superasse il quorum necessario per avere validità, il Governo avrebbe preso tale risultato per accelerare la privatizzazione e, magari, affermare che la scarsa partecipazione alle votazioni referendarie sono state frutto di un parere contrario dei cittadini all’acqua pubblica. Cosa c’è di diverso? E soprattutto cosa c’è di errato in questo? Cosa si chiede ad un partito? Se non quello di attivarsi all’interno dei luoghi comuni della politica, come appunto la Camera ed il Senato? Per poi ovviamente toccare i diversi Consigli Regionali? Per me l’acqua? Pubblica al 100%! Ho anche dato il mio contributo lavorativo al Comitato Referendario, quindi sono più che convinto delle mie posizioni.
All’interno di un partito, le lotte interne, soprattutto indirizzate ad un rimodernamento dell’organigramma, in termini di età cronologica e mentale, ma soprattutto di una lotta indirizzata alla scelta condivisa della linea politica, beh…penso sia la cosa più bella del mondo. Le lotte ci sono ovunque, ci sono nel PD, ci sono nell’IdV, ci sono in SeL, ci sono nell’UdC, in ApI, ci sono ovunque, tranne nel PdL, lì c’è il padrone e i restanti sono esecutori del volere del potere al comando.
Vogliamo cambiare la società? Prima di farlo cambiamo noi stessi e la politica, il vero motore del cambiamento è il cambiamento stesso.