Tag: Costituzione

  • Il secondo appuntamento con il podcast “5 Under35 Raccontano la Post-pandemia” è dedicato alla Costituzione, alla sua grande abilità senza tempo di adattarsi alle esigenze del tempo che passa.

    L’emergenza sanitaria ha posto un grande tema divisione e gestione delle competenze tra Stato e Regioni, soprattutto dopo le diverse polemiche innescate da alcuni presidenti di regione che hanno intrapreso vie diverse da quelle indicate, in linea generale, dal Governo centrale.

    Competenze esclusive e concorrenti tra il Centro e la Periferia del Paese. Quali saranno gli impatti sul Titolo V della Costituzione, già oggetto di mire da parte della classe politica che ha provato a cambiarla più volte. Reggerà allo stress test? Se sì, perché? Se no, cosa potrebbe succedere?

    Ne parlo con Luca Dell’Atti, avvocato di 29 anni, dottore di ricerca in Diritto Costituzionale e membro dell’Esecutivo nazionale dell’ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia.

    La puntata è disponibile anche su Spreaker, Spotify, Google Podcast e Apple Podcast.


    Per il 10° anniversario del mio blog, ho pensato di creare un nuovo progetto. Breve ma, spero, utile per chiunque vorrà approfondire alcuni temi cruciali, alla luce dell’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19.

    Ho incontrato (virtualmente) cinque under35 e con loro ho dialogato sul prossimo futuro. Attraverso le loro esperienze e le loro competenze, abbiamo provato ad immaginare il mondo che ci attende fuori dalla nostra finestra. L’emergenza sanitaria, prima o poi, finirà. Ma le scelte che si stanno concretizzando in queste settimane incideranno sulle nostre vite anche quando del Covid-19 resterà solo un vecchio e brutto ricordo.

  • Colgo l’occasione della discussione affrontata giovedì scorso a Monopoli, durante l’iniziativa organizzata dai GD monopolitani, per lasciare una riflessione sulla legge elettorale.

    Possiamo discutere di proporzionale o maggioritario, di legge alla tedesca o alla francese, all’americana o alla spagnola, il punto vero è capire cosa sia prioritario tra governabilità e rappresentatività.

    Troppa rappresentatività, si è detto, potrebbe portare ad una ingovernabilità, in quanto non si arriverebbe mai ad una decisione, d’altro canto, il maggioritario taglia fuori una fetta di popolazione che si riconosce e vota soggetti politici minoritari che, spesse volte, a causa delle soglie alte di sbarramento, non riescono ad ottenere rappresentanza in Parlamento.

    Ieri, ho definito il sistema elettorale come la chiave davanti ad uno spartito: chiave di violino o di basso, in base a quale apponiamo davanti, leggiamo lo spartito in modo diverso. Sta alla classe politica saper individuare quale di queste chiavi utilizzare.

    Chiudendo con una mia opinione personale, ritengo che il sistema oggi più funzionale e che rispecchi i tempi in cui ci troviamo sia quella del proporzionale con una soglia di sbarramento tale da non creare eccessiva frammentazione nell’emiciclo parlamentare e raggiungere l’esatto opposto di ciò che diceva Alexis de Tocqueville: dalla dittatura della maggioranza alla dittatura delle minoranze, che per una manciata di voti spostano il bilanciere da una parte o dall’altra.

    Serve funzionalità ma anche correttezza. La correttezza è sinonimo di riconoscimento delle minoranze e della frammentazione che c’è nel Paese. Ritenere le minoranze un valore e non una zavorra, saper porre al centro la responsabilità e non il proprio tornaconto politico è cosa imprescindibile.

    Crediamo davvero che il problema della governabilità si risolva con una legge elettorale di stampo maggioritario? forse si dovrebbe guardare alla mobilità libera dei parlamentari una volta eletti. Dovremmo, forse, emanare una legge che impedisce ai parlamentari di cambiare casacca? Potremmo ma, giustamente, verrebbe bocciata dalla Corte costituzionale come incostituzionale, poiché in contrasto con l’art.67 della Costituzione.

    Ecco, quindi, l’elemento costitutivo di una stabilità politica del nostro Paese: la responsabilità, oltre alla governabilità e alla rappresentatività.

    La responsabilità di non utilizzare il partito come un pullman; la responsabilità di non credersi moralmente e politicamente superiori e vergini, senza dire che gli altri puzzano e quindi lungi dall’allearsi con questi (mi riferisco, soprattutto, ai ragionamenti che certa sinistra fa nei confronti del PD); la responsabilità di unire e non di dividere; la responsabilità della sintesi e non delle forzature.

    Si parta da qui per trovare il giusto sistema elettorale, sapendo che, nei fatti, non esiste quello perfetto.

    Articolo pubblicato su GDBari.it

  • Fasciocomunismo Vs Renzi"Renzi è peggio del Duce". Così il presidente dell'Anpi di Latina Giancarlo Luciani contro il Presidente del Consiglio in visita nel capoluogo durante una manifetazione di protesta tra saluti romani e bandiere rosse.Pubblicato da Ivan Eotvos su Lunedì 7 novembre 2016

    L’Unione Sindacale di Base, l’ANPI, Casapound e Forza Nuova erano in piazza insieme, a Latina, a favore del NO al Referendum costituzionale del 4 dicembre.

    Vedere l’associazione dei Partigiani con i neofascisti (con tanto di saluto romano e cori con “boia chi molla”) fa un certo effetto.

  • Questa campagna elettorale referendaria mi ha terribilmente rotto il cazzo. (E siamo ancora a meno 56 giorni dal voto.)
    Quanta pochezza che c’è, nel nostro Paese, quando si tratta di discutere.
    Insulti personali; dichiarazioni che non stanno né in cielo né in terra; interpretazioni assurde di articoli della Costituzione che non esistono; tutti costituzionalisti e pochi costituenti, quasi nessuno.
    Volete che continui? Forse è meglio di no, potrei buttare il computer dalla finestra. Almeno lui salviamolo, visto che la dignità l’abbiamo calpestata per benino.

    Carissimi tutti, o ci diamo una regolata, oppure io non penso di reggere ancora per molto.

    Sogno una politica in cui si discuta nel merito, qualsiasi cosa sia l’oggetto della discussione stessa.
    Sogno un Paese composto da cittadini consapevoli del loro ruolo, in qualsiasi momento.
    Sogno di non dover più scrivere (e neanche pensare) cose del genere.
    Sogno di poter terminare la mia giornata con una ricchezza umana in più di quella che avevo appena alzato.

    Ok. Torniamo a lavorare.
    Scusate lo sfogo pubblico, ma mi ero stancato di dovermelo ripetere in testa, ogni minuto.

  • Ieri è stata depositata la sentenza n. 24431/15 della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, a mio avviso, molto importante.

    L’offesa sui social network (in questo caso Facebook) è equiparabile all’offesa a mezzo stampa (che si chiami ingiuria o diffamazione, sta al caso di specie). Una sentenza in controtendenza rispetto all’obiettivo che il Parlamento si è posto, cioè di depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa (oggi punibile con una pena detentiva fino ai 3 anni).

    Questa sentenza è importante perché immette nel sistema di internet i diritti della personalità che non hanno una tutela solida sulla rete e che hanno spinto (e spingono tutt’ora) molti giuristi ad immaginare una Costituzione della Rete che offra tali strumenti – la cosiddetta Internet Bill of Rights – di cui ne ho già parlato su questo blog.

    I diritti della personalità, nel nostro ordinamento, sono tutelati dalla nostra Costituzione (art.3), dal Codice Civile e Penale e dalle leggi dello Stato. Rimanendo in tema costituzionale, per offrire un ulteriore riferimento giuridico, l’art.21 comma VI riporta:

    Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

    Ma l’ordinamento non esaurisce qui i riferimenti normativi in tema di salvaguardia dei diritti della personalità. In caso di diffamazione, il diritto leso è quello all’integrità morale, declinato anche nel diritto all’onore e alla reputazione, lesione che viene tutelata dall’art. 594 c.p. e ss. Vediamo nel dettaglio cosa dicono.

    [toggle title=”Art. 594 c.p. (Ingiuria)“]Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
    Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
    La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
    Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.[/toggle]

    Su questo articolo, vorrei focalizzarmi sui commi II e IV.

    Art. 594 comma II c.p.
    Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

    Il comma II puntualizza i mezzi utilizzabili per commettere il reato in oggetto, ampliando il raggio d’azione della norma. Per estensione, con comunicazione telegrafica o telefonica o, se vogliamo, con il generico “con scritti”, possiamo far rientrare la diffamazione per mezzo di un sito internet, quale un social network.

    Il comma IV, tuttavia, ci permette di collegarci all’art.595 c.p. e dice:

    Art. 594 comma IV c.p.
    Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.

    Qui è importante sottolineare la situazione in cui ci si può trovare mentre commettiamo il reato: in presenza di più persone. Ed è questa l’ipotesi avvallata dalla Cassazione, come riportata nella sentenza di cui parliamo.

    Arrivando ora ad analizzare l’art.595 del Codice Penale, che istituisce il reato di diffamazione, riporta:

    [toggle title=”Art. 595 c.p. (Diffamazione)“]Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
    Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
    Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
    Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.[/toggle]

    Al comma III, l’art. 595 c.p. esplicita l’ipotesi in cui la diffamazione avvenga o col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità. La Cassazione ha quindi sostenuto, prendendo in esame tale comma, che un social network possa rientrare nella definizione di altro mezzo di pubblicità, portando tale ipotesi ad essere punita con un periodo di reclusione fino ai 3 anni e una multa di minimo 516 euro. Pare scontato, ma è giusto sottolinearlo.

    In conclusione, la Cassazione ha attribuito, in senso figurativo, la qualifica di “giornalisti” a tutti coloro che pubblicano, quotidianamente, i loro post sui social network. Un’estensione della responsabilità attribuita ai giornalisti che pone serie problematiche e che dovrebbe far riflettere i legislatori, portando ad una regolamentazione dei diritti e dei doveri sulla rete, magari dando vita alla tanto acclamata Internet Bill of Rights.

    Facciamo attenzione, quindi, a quello che scriviamo su Facebook, Twitter, Google Plus, e chi più ne ha più ne metta. Ricordiamoci che internet non è un mondo a parte e ogni singolo utente è destinatario di diritti e doveri; stessi diritti e doveri che il nostro Ordinamento ci garantisce e ci impone nella vita di tutti i giorni. Il mondo reale e il World Wide Web non sono due cose diverse. Il secondo appartiene al primo; e il primo è regolato dal diritto e tale deve essere anche il secondo.

    Cittadini sempre, cittadini ovunque.

    [button-red url=”https://www.davidemontanaro.it/wp-content/uploads/2015/06/cass-pen-24431-15.pdf” target=”_blank” position=”left”]Scarica la sentenza della Cassazione n.24431/15 (.pdf)[/button-red][clear]
  • Siamo tornati al tempo del celodurismo sfrenato. Il ritorno della volgarità spazza via, persino, l’immagine del dito medio di Bossi durante l’inno nazionale. Matteo Salvini prova a fare di meglio.

    Salvini

    Il segretario di un partito che ha suoi rappresentanti in Parlamento, sia nazionale che europeo, ha attaccato la nostra Costituzione. Ma noi lo lasciamo fare.

    Dire vaffanculo è ormai diventato comunissimo – lo stesso Nichi Vendola, a Ballarò, mandò a fare in culo Maurizio Gasparri (ed in quel momento tutti ci sentimmo vendoliani, ndr) – ma un conto è ad un avversario politico (se pur discutibile), un altro è alla Corte Costituzionale e alla Costituzione della Repubblica.

    La sentenza della Consulta non è stata ancora depositata, ma presto conosceremo le ragioni dell’inammissibilità del referendum abrogativo, che la Lega aveva presentato contro l’articolo 24 in materia di pensioni – decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, meglio conosciuta come Riforma Fornero.
    Se pur non ancora depositata, la base su cui la Corte ha strutturato la sentenza, pare, a mio avviso, evidente: quel referendum era contro l’art. 75 comma 2 Cost.

    “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.”

    Citazione che ci riporta anche ad un altro caso, quale il referendum “No Euro” portato avanti da Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle.

    Perciò, caro Salvini, non dire che questo Paese fa schifo. Non te lo concedo, perché in quello schifo ci sei pure tu e la tua superbia, la tua arroganza e ignoranza. Sai cosa, invece, è davvero uno schifo? La corruzione, la mediocrità dei nostri rappresentanti politici, l’assenteismo dal luogo lavoro e potrei continuare per ore, ma li conosci bene, perché sono ben rappresentati anche (e non solo) dal tuo partito. La Costituzione, invece, no, non è uno schifo. La Costituzione è il detergente con cui pulire la sporcizia che ogni giorno viene prodotta dal becero populismo, come il tuo. E dovremmo ringraziare le nostre Madri e i nostri Padri costituenti per avercela data e con che qualità.

  • E proviamo a ricordare quello che è stato il panorama politico di qualche mese fa, quali proposte e promesse erano sul tavolo.
    A darci una mano, ci pensa il Prof. Michele Ainis, sul Corriere della Sera.
    Oggi, il ciclo di letture domenicali si sofferma sulle riforme mancate e quelle in lista d’attesa, peggio di un paziente alla ASL.