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Ladri d’Italia, vittime di compromessi e di false rivoluzioni
Mediobanca dice che all’Italia restano 6 mesi di autonomia e che dopo dovrà, necessariamente, chiedere aiuto all’Unione Europea per ricevere dei fondi per sostenere la spesa pubblica.
La Guardia di Finanza, nella sua relazione sui primi sei mesi del 2013, afferma che 1 su 3 non fa lo scontrino e che oltre a sprechi della pubblica amministrazione, il privato non è da meno ed è proprio dai ristoranti, dai bar e dai negozi che l’esempio di cattiva cittadinanza si concretizza e sforna al mese 1 miliardo di evasione e di capitali catapultati all’estero (che ritorneranno se qualche politico “buono” attiverà lo scudo fiscale con trattenuta pari allo 0,000001% della somma, a differenza di altri paesi in cui si arriva tranquillamente al 50%).
In quale direzione vogliamo andare? Qui c’è un Paese che è, nel suo subconscio, diviso a metà: da una parte i disperati, i disoccupati, i prossimi disoccupati, chi lotta per cambiare e migliorare le proprie condizioni di vita (e la lotta non è solo quella nelle strade, ma quella nelle case, tra le bollette e le spese per i propri figli). Dall’altra parte c’è l’Italia dei furbi, dei vigliacchi e dei pusillanimi, a cui appartiene una fetta consistente della nostra classe dirigente, dalle Alpi all’Etna, senza esclusione di nessun angolo del nostro Bel Paese.
Con quanta credibilità, oggi, l’Italia si presenta come paese forte, capace di contrastare la crisi economica? La classe politica ha ottenuto quello che voleva: un ennesimo governo del presidente, con tanto di cariche e ministeri. Pur di ottenere una situazione di stallo politico istituzionalizzato, 101 parlamentari del Partito Democratico hanno avuto il coraggio di gettare a mare colui che ha reso, con il suo contributo, il PD possibile e dando loro la possibilità di essere lì, quel giorno, a votare il Presidente della Repubblica. Parlo di Romano Prodi. Aprendo al Governo Letta, frutto di una ennesima e sporca intesa tra PdL e PD, o meglio, tra Berlusconi e il PD, con tutti i rischi annessi e connessi (tra cui quello che oggi si palesa, nei ricatti quotidiani di un uomo ormai giunto alla disperazione e al delirio di immunità).
Amareggiato e affranto da una situazione irreversibile che solo attraverso un radicale cambio culturale riusciremo a sconfiggere. Quella rivoluzione culturale che Grillo professava non c’è stata, ma nel panorama politico oggi sono presenti gli stessi personaggi di allora, solo adattati alla nuova situazione, e un movimento che si auto-distrugge, mandando a casa chi, tra i parlamentari, dissente nei confronti del leader e non chi ruba o sfrutta la politica per fare i suoi sporchi interessi.
Se questo sarà il panorama politico dei prossimi mesi e forse dei prossimi anni, non sono assolutamente al servizio di tale politica, ma assieme a molti altri, che credono nella politica partecipata e soprattutto credono nel progetto del Partito Democratico, ricostruiremo le fondamenta di quello che doveva essere (e ancora non è) il partito popolare che doveva rivoluzionare l’assetto politico del nostro Paese. Al prossimo congresso? No, sarebbe troppo tardi. Bisogna incominciare da ora.
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Tra il dire e il fare c’è di mezzo il pedalare – RadioBici
Ok, non sono un grande utilizzatore di bicicletta, prima la utilizzavo, ma a Noci le salite sono un trauma. Le piste ciclabili pure.
Detto questo, volevo soffermarmi questa mattina su un progetto bellissimo che ho conosciuto tramite un mio amico, Ezio (che saluto, ciao bolscevico!) che assieme ad altri ragazzi e a Maurizio (l’ideatore) hanno messo su RadioBici.it, qualcosa di strano, se la si vede sul piano del metodo, ma efficace e interessante, sui risultati.
“Radiobici è un tandem multimediale che trasmette su diverse piattaforme. Al volante e microfono Maurizio Guagnetti, ideatore del format. On air con Rosario Pellecchia e Tony Severo in collegamento con i 105 Friends (da lunedì a venerdì su Radio 105), online su radiobici.it e su corriere.it.”
Inseguono, pedalando, la loro filosofia di vita (giustissima):
“La bicicletta è per noi uno strumento per abbattere le barriere con i territori che raccontiamo durante il viaggio, allo stesso tempo la bici è la prima risposta: spostarsi in modo sostenibile è il primo passo per cambiare strada.”
che da un punto di vista politico, dovrebbe lasciarci riflettere e capire quale possa essere per la politica la bicicletta. Di barriere ne conosciamo fin troppe, purtroppo. Ma ancora non tutte, purtroppo.
Insomma, interviste, chiacchierate con i principali esponenti della politica italiana e non solo, da persone che hanno lasciato il segno in questa Penisola impregnata di fatica e sfiducia verso le sfide che ci attendono. In alto trovate una serie di video che ho selezionato per voi, il resto lo trovate qui.
Buona ciclovisione a tutti.
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Siamo più di 101 segretari
Sono certo di una cosa, quest’anno, chissà per quale assurdo miracolo, il Partito Democratico avrà nuovi tesserati, forse diminuiranno i riconfermati, non lo so.
Tempo fa, parlando con un mio caro amico, mi ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a farsi la tessera al partito, quest’anno, per la prima volta: voglia di partecipare e soprattutto voglia di cambiare. Come se il desiderio di buttare il tavolo all’aria e di ricominciare fosse ormai una scelta dovuta, e così è, e così bisogna fare, perchè è giusto.
Sono queste, le persone, che si intrufolano per depistare il risultato del congresso o delle primarie? Se il PD ha paura di questi ragazzi e queste ragazze che hanno intenzioni serie di dare il loro contributo al partito e di essere protagonisti e non più parte di un sistema periferico interpellato (per carità, almeno questo) durante le primarie.
Bisogna assolutamente ribadire che il concetto di democrazia diretta non è di proprietà di nessuno e che il PD lo ha sviluppato prima del Movimento 5 Stelle e si potrebbe andare oltre, con le Doparie, a mio avviso da regolamentare ed istituire, una volta per tutte, finalmente. Un esempio di strumento poco valorizzato dai dirigenti del PD è il referendum sui contenuti e sulla linea del partito: l’altro giorno, mentre ero ad un incontro con il Rettore dell’Università di Bari e i Giovani Democratici della Puglia, discutevamo di come il PD non avesse una linea unica sull’università, tale da impedirci di essere chiari con la gente e la poca chiarezza, si sa, poco premia, e lo abbiamo visto. Io vi ricordo i 6 referendum sulla riforma fiscale, sul reddito minimo, sul consumo di suolo, sul matrimonio gay, sull’incandidabilità e sulle alleanze e da questo esempio bisogna ripartire. Non sarà un congresso a salvarci del tutto, non sarà un nuovo personaggio a salvare la natura del PD. Sarà la forza dell’interesse e della partecipazione e chi ha paura di questo, per favore, resti fuori dal Partito Democratico o smetta di fare il dirigente.
Ps. giusto per ricordarcelo:
La consegna della maglia di #OccupyPD a Romano Prodi
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Interdetto il cervello di Gasparri
Dopo l’annuncio da parte della Consulta di una possibile interdizione dai pubblici uffici di Berlusconi, il sotto-cappellaio matto, Maurizio Gasparri, annuncia dimissioni in massa per i parlamentari del PdL qualora il loro datore di lavoro venga interdetto dai pubblici uffici. Attendiamo.
Intanto, l’Espresso si diverte. E fa bene.