Leggendo di qua e di la, mi sono imbattuto in una riflessione bellissima tanto quanto semplice e, allo stesso tempo, crudele.
Con troppa leggerezza gli uomini si sono convinti di essere i signori dell’universo, i padroni assoluti della natura che li circonda. Così pensando, hanno posto una grande distanza, un solco invalicabile tra le forme della vita; hanno diviso l’umanità dagli altri esseri viventi, come se fossero due mondi separati, l’uno totalmente assoggettato all’altro.
Le conseguenze di quest’atteggiamento nella formazione culturale dell’uomo (soprattutto dell’uomo occidentale) sono state incalcolabili: basti pensare al suo dispresso per la vita degli animali, al diritto ch’egli si è arrogato di distruggere la natura, al consumo dissennato delle risorse della terra in vista di un malinteso benessere e di un progresso che si finge possa essere illimitato.
Ma questo è un atteggiamento insensato, perché l’uomo è parte della natura, è una specie animale tra le altre, sebbene con in più qualcosa che, nel grande flusso della vita e della sua evoluzione, lo ha reso più complicato e (e dal suo punto di vista) più perfetto delle altre.
– Cit. Le somiglianze tra la vita sociale degli uomini e quella degli animali, l’etologia. Zagrebelsky, Marcenò, Pallante, Lineamenti di Diritto costituzionale (II Edizione), Le Monnier Università, Firenze, 2015.
Su quest’ultimo, le Istituzioni pare abbiamo sofferto di una schizofrenia pericolosa. Pare che l’orso sia stato disturbato, nel suo habitat naturale, da un cacciatore e il suo cane. L’orsa era in compagnia dei suoi cuccioli e, nel vedere il cane del cacciatore abbaiare come un forsennato, ha pensato bene di difendersi da quello che considerava un elemento pericoloso soprattutto per i suoi cuccioli.
Sul chi sia l’animale, in tutto ciò, io non ho dubbi. E voi?
Seguendo le parole di Luigi Di Maio, l’enfant prodige della politica alla cazzodicane, l’abusivismo è colpa della politica perché la casa è un diritto.
Bene, non me ne voglia il sindaco di Polignano a Mare, ma sto andando a costruirmi una casa sulla scogliera più famosa di Puglia.
Colgo l’occasione di questa ennesima puttanata (chiedo scusa a chiunque abbia turbato con questa parola) per confermare quello che tutti quanti sappiamo: la Terza Repubblica è nel vivo ed è popolata da imbecilli cazzocanisti, incapaci e incoscienti del proprio ruolo.
Di Maio è il prototipo del nuovo modello di politico da Terza Repubblica: uno che con lo stipendio da parlamentare ha sbarcato il lunario, dando un senso alla sua vita, fottendosene allegramente della formazione e del buon esempio alle giovani generazioni. Uno che non ricorda manco come ci ci siede all’Università, bravo solo a parlare con frasi confezionate e pronte all’uso, con l’unico obiettivo di prendere sempre più applausi in TV e di sentirsi gonfiare il petto dai tanti “bravo!” provenienti da un pubblico che ha dimenticato la sua storia e che ormai si aggrappa a tutto, anche a ragazzotti privi di ideali, i quali nella loro vita non hanno fatto nulla di più che iscriversi, su di un blog di un comico, ad un contest online, con un breve video di presentazione per ricevere 30 voti da utenti impegnati, in contemporanea, nel vedere l’ultima scoperta di Adam Kadmon.
Ma di “Di Maio” ce ne sono tanti, anche nelle altre forze politiche.
C’è un Di Maio in quel ragazzo che crede di saper far politica e tratta tutti con sufficienza, dall’alto della propria “pluridecennale” esperienza.
C’è un Di Maio in tutti coloro che considerano il fare politica l’essere il delfino di qualche capobastone locale, aspettando il proprio turno e il boccone servito, con qualche rassicurazione sul proprio futuro e sul proprio posto al sole.
Tempi migliori arriveranno con la Quarta Repubblica? Se non si caccia a pedate dalla politica il marcio, indistintamente, forse, non ci sarà neanche la Quarta Repubblica.
In una fresca e nuvolosa domenica di agosto torno sul blog e penso proprio che farò di tutto per rimanerci senza più soste come quella fatta negli ultimi mesi. Provo a raccontarvi un po’ cosa è successo e cosa succederà da ora.
Mi sono laureato. Eh già. Ho staccato da tutto e tutti per tre mesi, per potermi concentrare a pieno ritmo sull’università. Districarsi tra l’ultimo esame e la tesi non è stato facile, infatti la mia magrezza, accentuata ancor di più dallo stress, forse, ne è la testimone chiave.
Ora sono, come si suol dire, dottore magistrale in Giurisprudenza. Ho terminato i miei studi e, ancora oggi, non ne sono del tutto cosciente.
La mia dissertazione finale, in Diritto Costituzionale comparato, ha riguardato un tema che molto spesso ho trattato sul blog: i diritti della persona sulla Rete, titolo: “Internet, Costituzione e Privacy: dalla nonregulation alla tutela dei diritti della persona“. È stato davvero molto divertente approfondire questo argomento e spero vivamente di poter continuare a farlo, vista la sua particolare importanza alla luce del sempre più ampio utilizzo della Rete nei servizi essenziali e sulla forte presenza dei social network nella nostra vita quotidiana.
Ho messo un punto alla mia vita da studente, anche se è un punto mobile, poiché studenti si è sempre nella vita. Può sembrarvi stupida come affermazione, ma sono convinto nell’importanza estrema del perenne studio e nell’imparare ogni giorno sempre cose nuove.
Passando dall’Università a tutto il resto, credo che ci sia molto da fare e, nei prossimi mesi, sarà sempre più pressante l’esigenza di capire e capirsi, nelle scelte e nella lettura del mondo circostante.
Nell’ultima metà del 2017 ci saranno un po’ di appuntamenti interessanti: dai congressi di circolo a quelli provinciali e regionali del PD, fino alle decisioni importanti sul destino delle città in cui amministriamo o siamo all’opposizione, in vista delle Amministrative 2018.
Parlando di Amministrative, l’anno prossimo Noci torna alle urne per la scelta del suo Sindaco. Non mi esprimo su nulla, perché vorrei inquadrare meglio il panorama frutto degli ultimi 5 anni. Lo farò, prima di tutto, da cittadino e poi da “addetto ai lavori”. Non posso negare, però, che la macchina politica è stata oleata per bene e che diversi siano già partiti. Dalle sponsorizzazioni all’immancabile ubiquità dei futuri candidati ad ogni evento di pubblica rilevanza, il revival ha sempre una sua ragion d’essere e quella ragione sta nell’amnesia di noi elettori, pronti a uccidere per un’opinione diversa dalla nostra, ma assolutori imperterriti di una classe politica che ne fa di cotte e di crude sulla nostra pelle e il futuro della nostra Terra.
Ma la tradizione vuole che, per tutto agosto, la politica venga considerata dormiente e, allora, nel frattempo che la sua maschera pubblica continui a farsi un pisolino, sotto le coperte c’è un gran movimento ed è forse arrivato il momento di sciogliere ogni indugio.
Per l’ennesima volta tocca parlare della schizofrenia politica di cui è affetta la classe dirigente del mio partito.
Non è nuova la situazione nella quale mi sono vergognato dello stile politico prima, comunicativo poi, con il quale il PD interagisce e si muove sulla scena politica nazionale ed europea.
Ciò che più mi turba, ed anche molto, è l’incapacità palese di saper essere una classe politica coscienziosa del proprio ruolo storico e politico.
Sono davvero stanco di vedere rappresentato il PD da ripetitori umani di dichiarazioni incredibilmente da capogiro (in senso negativo), che rasentano il ridicolo.
L’altro giorno, mentre facevo zapping, finisco su La7, durante il programma In Onda, condotto da Tommaso Labbate e David Parenzo. Parenzo, ad un certo punto, chiamando in studio il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, lo annuncia come turbo-renziano con domanda annessa «lei si sente turbo-renziano?» la risposta arriva ed è quella che non avrei mai voluto ascoltare: «assolutamente sì!» e sorrisone allegato. Ecco, ciò è la rappresentazione plastica di un dato inconfutabile: l’inconsapevolezza del valore del proprio ruolo, perché il capogruppo ha il dovere di rappresentare l’intero partito e non solo una parte di esso, pur se maggioranza. La risposta corretta doveva essere un’altra: «io sono il capogruppo alla Camera del PD. Sono un democratico a 360°, perché ho la responsabilità di rappresentare l’intero partito nella principale Istituzione del Paese: il Parlamento». Ma “i sogni son desideri”, diceva Cenerentola.
Altro capitolo intenso, generatore di cattivo sangue, è quello delle alleanze. La spocchiosità con la quale si tenta di trattare il tema dei rapporti politici è sotto gli occhi di tutti. Per l’ennesima volta il discorso verte sui cognomi e non sulle idee. Ed è chiaro che, fino a quando il tutto si svolgerà in questi termini, poco si potrà ottenere.
Cosa è un cognome? Sinonimo di storie personali, certo, ma poi? Come si può pensare di costruire un progetto lungimirante per il Paese se gli unici argomenti sono “Pisapia sì, Pisapia no”, “Berlusconi forse, Berlusconi mai” e così via? Dov’è il nostro Manifesto? Dov’è la partecipazione dal basso che consenta ai militanti – a quelle persone coraggiose che hanno deciso di rinnovare la tessere del partito – di porre l’accento sui temi sociali, economici e culturali di cui dovremmo essere portatori?
Ma guardiamo all’ultimo caso. Una card, un’immagine fatta girare sui social (e poi prontamente rimossa invano), dove era riportata una dichiarazione di Renzi, circa il tema dell’immigrazione.
Pioggia di critiche legittime e corrette percepite, però, in modo sbagliato. Si è puntato il dito contro il Social Media Manager, eppure il problema a me pare politico, perché al netto dell’averlo pubblicato, ciò che più spaventa è il suo contenuto, quel virgolettato con il nome dell’autore: “Matteo Renzi”.
Basta poco per comprendere che il lavoro di chi gestisce i social di un partito non sia un lavoro autonomo, il quale segue, invece, delle direttive provenienti dal committente, il Partito Democratico. Quindi sì, il problema è politico, non soltanto comunicativo.
Matteo Renzi è riuscito a mettere in bocca al PD la frase “a casa loro”, uno slogan mainstream negli ambienti fascio-leghisti. Ed infatti, poco tempo è servito per essere oggetto di una delle più grandi paraculate politiche degli ultimi anni.
Spingiamoci oltre, lasciamo perdere le webcard e soffermiamoci sulle dichiarazioni rese da Renzi, nell’ultimo periodo.
Avete seguito la vicenda che ha visto i principali Paesi europei chiudere la porta ai nuovi immigrati sul proprio territorio? Oltre a far notare che non c’è da stupirsi se Macron assuma atteggiamenti conformi a quelli della destra di altri Paesi (perché Macron è di destra), pongo l’attenzione sulla preoccupante reazione del Segretario del principale partito della famiglia socialista europea, il quale esclama, in modo al quanto bambinesco: “e allora noi blocchiamo i fondi!”. Ci mancava solo “e lo diciamo alla maestra” e sarebbe stato perfetto. Ma attualmente rimane, purtroppo, pericolosamente antieuropeo.
Abbiamo perso di coerenza e capacità di essere guida a livello europeo. La risposta a quella chiusura da parte degli Stati membri doveva essere un’altra, dimostrandoci come la più responsabile tra le forze politiche dell’intera Unione europea. Ed invece no: loro bloccano gli ingressi? Noi blocchiamo i fondi. E certo!
Come non ho fatto a pensarci prima? È con le ripicche che si costruisce l’Europea solidale che tanto abbiamo decantato e continuiamo a sognare. Giusto, Segretario Renzi?
Perciò il problema è solo della comunicazione? Oppure qualcuno ha deciso di virare a destra sul tema immigrazione? Quindi non abbiamo imparato nulla da ciò che sta succedendo alle forze riformiste e socialiste, in tutto il mondo? Due situazioni opposte geograficamente e rispetto ai risultati: negli Stati Uniti c’è l’affanno dei Democratici – ancora schiacciati sulle posizioni che hanno portato Hillary Clinton a perdere inesorabilmente nel 2016 – messi in difficoltà durante l’elezione dei governatori di alcuni Stati – nonostante il disastro di Trump – e, dall’altra parte, l’exploit del Labour nel Regno Unito, dato dai sondaggi per spacciato, il quale, grazie allo straordinario Manifesto e alla intelligente campagna elettorale messa su da Corbyn e dai suoi, è riuscito a tallonare i Tories, finendo 40 a 42. (Oggi i Labour sono il primo partito al 46%, per dire).
O ci svegliamo da questo incubo, oppure saremo condannati all’opposizione per i prossimi anni. Ma in quel momento, sarà un’intera Comunità a pagarne le conseguenze, non solo un leader o i suoi seguaci.
Serve maggior responsabilità, serve un cambio di rotta. Se è necessario, si cambi navigatore ed autista.
Può sembrare sciocco che io lo dica, ma credetemi: mi sono emozionato nel vedere questo video realizzato da la Repubblica.
Ma come fanno i vari Grillo, Salvini, Meloni e tutti gli altri fascio-leghisti a cinque stelle nel dire che questi bambini non debbano essere cittadini italiani? Dove può arrivare il populismo, l’odio razziale e l’inettitudine di certa classe politica?
Se il mondo fosse popolato da soli bambini, sarebbe un mondo di pace ed uguaglianza.
Cosa volete dire a quella bambina che alla domanda “sei italiana?” fa cenno di no con la testa – quasi a voler indicare un grado di consapevolezza della sua situazione ma poi – e, con decisione, afferma: “no, sono abruzzese”?
Mi sono emozionato, nel vedere quei sorrisi, quegli accenti e quei sogni nel cassetto che sono uguali a quelli di chi, oggi, può essere definito “italiano” e forse non ne apprezza neanche il valore.
Bello vedere tanti giovani, in tutto il Paese, entrare nei consigli comunali. Chi da consigliere e chi da sindaco.
Apriamole queste finestre dei Palazzi di Città!
Facciamo entrare l’entusiasmo! Il Consiglio comunale non deve essere un luogo esclusivo per pochi, ma chiunque abbia forza, tenacia e voglia di fare deve essere messo nelle condizioni di rappresentare la propria comunità.
Non è un messaggio contro gli “eterni” – a cui va tutto il nostro rispetto e la nostra stima se hanno servito con onore e rigore morale, come molti di coloro che conosco, perché la rottamazione, che qualcuno ha narrato in passato, non deve basarsi sull’età anagrafica o sulla permanenza in un ruolo, ma sulla qualità che a quel ruolo si offre – ma è un messaggio rivolto ai cittadini che hanno il potere supremo della scelta.
Scegliete sempre col cuore e non con la parentela o in cambio di qualche promessa spicciola.
Scegliete, invece, per la promessa più grande che vi si possa fare: onorare il proprio mandato con tutto l’amore verso la propria terra nel cuore.
Quando si sceglie in questo modo, le belle notizie arrivano e la Politica si rigenera.
È sempre un’emozione, quando dei ragazzi volenterosi, capaci e pieni di speranza vengono eletti in consiglio comunale.
Queste Elezioni hanno portato Antonella Vaccaro, giovane democratica di Bitonto, a sedere a Palazzo Gentile. Un’operaia della politica che sono certo saprà rappresentare degnamente la propria comunità con dedizione e spirito di servizio.
Guardo, anche, ai grandissimi risultati ottenuti da altri candidati dei Giovani Democratici in altri comuni, oltre a Bitonto, anche a Gravina, Giovinazzo e Castellana.
Ma anche fuori provincia, a Monte Sant’Angelo – dove Giovanni Vergura è stato travolto dalle preferenze, a San Ferdinando di Puglia – con l’elezione di Daniela Rondinone, a Martina Franca, a Tricase, a Taranto e, sono certo, ho dimenticato qualche altro comune in cui ci siamo stati e abbiamo portato entusiasmo e consenso.
Ed ora, pancia a terra e capofitto nel risolvere i problemi delle nostre comunità, guardando al futuro.
A tutti gli eletti del Partito Democratico e del centrosinistra, l’augurio mio e di tutti i GD Terra di Bari di un buon lavoro. In maggioranza o all’opposizione, la parola d’ordine della Politica è una sola: SERVIRE.
Sull’onestà intellettuale di Marco Silvestri – il portavoce del candidato sindaco PD di Canosa di Puglia – non ho mai avuto dubbi.
Dovremmo preoccuparci di quello che succede sui social, quella gogna mediatica scatenata da ultrà di entrambi gli schieramenti.
Marco ha dato una grande lezione a coloro che curano la comunicazione di importanti esponenti politici del nostro Paese.
Colgo l’occasione per ridare un consiglio a chi ha la facoltà di scegliere: cacciate (e non uso impropriamente questo termine) coloro che mischiano la comunicazione col veleno. Non fa parte della nostra Storia. Non è parte del nostro DNA.
Solidarietà ad Antonella Di Nunno, in questo caso particolare. Ma solidarietà a chiunque sia vittima di gogne mediatiche senza precedenti. Una nota di rabbia in più quando queste vengono generate da “compagni democratici” che si ritengono luminari della comunicazione.
Torno a dire: fuori dai ruoli chiave del partito coloro che non sono in grado di tradurre la nostra Storia in parole presenti e sogni futuri.
La Festa della Repubblica non è una semplice commemorazione in cui si ricorda il Referendum del 2 giugno del 1946.
La Festa della Repubblica ci ricorda chi siamo e i valori che ognuno di noi porta con se, nella propria quotidianità.
Tutti serviamo la Repubblica, tutti siamo la Repubblica.
La servono gli studenti, formandosi per consentire al nostro Paese di avere cittadini consapevoli e preparati.
La servono le Forze Armate, nel loro alto sacrificio nella difesa della Pace e dell’Ordine Pubblico.
La servono i docenti, per l’alto compito (forse il più alto in assoluto) di formare i cittadini del domani, coloro che un giorno saranno alla guida del Paese.
La servono i dipendenti pubblici, tutti coloro che svolgono funzioni pubbliche consapevoli del ruolo chiave che rappresentano per l’intera Comunità.
La servono i liberi professionisti, grazie ai quali i cittadini hanno i più alti servizi di assistenza e professionalità.
La servono gli artisti, in ogni ambito, perché ci ricordano costantemente il preziosissimo tesoro di cui siamo testimoni nel mondo.
La servono gli operai, nel rappresentare l’alto valore della dignità che da il lavoro.
La servono i magistrati, nel loro quotidiano impegno verso la criminalità e a favore della Legge dello Stato.
La servono i politici, quelli che hanno a cuore l’interesse comune e dei più deboli.
La servono i cittadini, tutti coloro che compiono le loro azioni quotidiane nel rispetto della Legge e dei principi costituzionali di dignità, dovere e dei diritti.
La servono anche coloro che in questo momento il lavoro non ce l’hanno ma che non si arrendono e combattono, chiedendo maggiori diritti e tutele, pretendendo rispetto e dignità, raggiungendo alti scopi che mirano, tutti, allo sviluppo culturale e sociale del nostro Paese.
Tutti siamo servitori di questa Repubblica. Giovanissima Repubblica.