Categoria: Politica


  • Fai la scelta giusta: TACI!

    zittitutti

    Dare fiato, fiato e ancora fiato alla bocca. Ecco lo sport preferito da tutti coloro che si alzano la mattina per lamentarsi, andare contro questo o quello, senza cognizione di causa, senza un briciolo di ragionamento a monte, senza nulla. Solo polemica, polemica e ancora polemica.

    Oggi, a dar spettacolo, ci pensano tutti coloro che criticano le cene da 1000€ con Matteo Renzi. Questa raccolta fondi, oltre ad essere del tutto legale, è frutto dell’altra demagogia (che si affianca a quella delle attuali critiche) dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

    La cancellazione del finanziamento pubblico – che mi ha visto dalla parte opposta della barricata, per ragioni già ampiamente spiegate su questo blog – ha necessariamente portato a questi metodi poco utilizzati in Italia, ma all’ordine del giorno in altri Paesi europei e negli States. Di cosa vi meravigliate?

    Come credete si possa fare politica? Ci sono spese di organizzazione che vanno sostenute e, checché ne dica Grillo e il M5S, un vero partito ha una struttura territoriale, e questa ha bisogno di un sostegno economico. Facile sparare nel mucchio quando non si ha una rete “fisica” di circoli e federazioni come quella del Partito Democratico.

    L’unica abolizione condivisibile, a questo punto, doveva essere un’altra: l’abolizione del lamento pubblico. Tutti coloro che hanno voluto eliminare il finanziamento ai partiti ora devono tacere, perché se Renzi, oggi, partecipa a cene del genere, non è certo per il menù, o perché non ha vita sociale. (altro…)


  • Passività ed eterna retorica

    Caro Guglielmo Minervini, io proprio non capisco.
    Mi sono stancato di tutte le strumentalizzazioni che si fanno in campagna elettorale. Strumentalizzare ogni cosa a favore della propria parte è avvilente. Queste primarie le vivo con estrema passività, perché non c’è quel pathos che ho avvertito in altre competizioni. Io mi impegno, come ho sempre fatto, in prima linea, mettendoci la faccia, e le mie scelte non sono e mai saranno scontate, ma vedere queste continua retorica mi fa davvero male, perché conferma la mia tesi.
    Un fatto accaduto nel 2009, che non dovrebbe essere una novità – ti consiglio di venire nella mia facoltà di Giurisprudenza – oggi esce sui giornali e parte la gara a chi fa la voce più grossa. Ne ho piene le tasche di questa contrapposizione buoni/cattivi. Non c’è “La Forza” buona e quella cattiva, non c’è. Dovrebbero, e dico dovrebbero, esserci tre proposte di Puglia che hanno catalizzato un sostegno trasversale con, anche, posizionamenti strumentali.
    Chi ha sbagliato deve pagare, e io sono il primo che vuole vedere conclusa la stagione del nepotismo accademico (lo vivo sulla mia pelle, ad ogni esame), anche (e soprattutto) se queste magagne arrivano dal nostro partito, ma basta strumentalizzare.
    Non mi sembra che all’ultimo Congresso regionale ci sia stata una proposta alternativa a quella di Michele Emiliano. Probabilmente a quel tempo faceva comodo a tutti, oppure, poco interessa, di fatto, il partito e la sua gestione.


  • Io con questi non voglio starci

    Non ho alcuna intenzione di fare campagna elettorale al fianco di chi ho combattuto e continuo a combattere sul piano politico e umano (perché è anche di questo che si tratta).

    NCD in Campania pare abbia stretto un accordo con il PD e mi è parso di leggere anche il nome della mia Regione. L’ho letto oggi su Il Manifesto e spero sia un errore del giornalista. Lo spero.

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  • Quel cemento senza anima

    © Noci24.it
    Photo © Noci24.it

    Le ultime immagini del Museo dei Ragazzi (un nome, un ossimoro) mi lasciano un amaro in bocca, terribile.

    Quello stabile è stato costruito senza una vera prospettiva, senza un’idea mossa da passione. Il Museo dei Ragazzi (MU.SA. per gli amici), già dal nome rende l’idea di come sia stato progettato, ha la tempistica non dalla sua parte e, a quanto pare, neanche i vandali.

    Era il 2011 e i Giovani Democratici di Noci lanciarono una proposta: un Centro Servizi per le Nuove Generazioni un contenitore, per intenderci, dove associazioni, cittadini e, ovviamente, l’Amministrazione Comunale potessero svolgere attività indirizzate ai giovani, dove poter dar vita ad una biblioteca sociale, offrire spazi per lavori di gruppo, un piccolo cinema e un bookcafè, wi-fi free zone e molto altro. Ma finì tutto nel cassetto della precedente Giunta, con tanto di grazie.

    Dopo quello che è accaduto, vorrei fare la mia proposta: se un centro servizi è irrealizzabile, vorrei che a decidere la destinazione di quel ammasso di cemento siano i cittadini.
    Apriamo un bando per le idee, grazie al quale ognuno possa illustrare il proprio progetto e vederlo realizzato. Scegliamo le idee migliori, mettiamole a sistema e diamo un destino concreto a quella costruzione, a quei soldi pubblici, a quel luogo che una volta era un fiore all’occhiello per la Città di Noci, la piscina comunale.


  • Renzi e Camusso, avete perso entrambi

    Mi sono vergognato un po’ per quello che è successo ieri. Ho visto trionfare la retorica; ho visto scalfite due colonne portanti del mio modo di intendere l’impegno in politica: la vicinanza alle esigenze e ai problemi dei cittadini e l’elaborazione politica.

    Come si può schernire una piazza coperta da un milione di lavoratori e studenti? Perché devo essere costretto ad ascoltare parole dette e ridette da Berlusconi durante i suoi governi? “Con noi c’è la gente che lavora”, ci mancava che qualcuno dicesse “Siete solo dei poveri comunisti!” e la frittata era fatta.

    Come si può chiedere a dei tavoli di una stazione ferroviaria dismessa di fare elaborazione politica? Dove sono finiti i luoghi del partito? Che ne sarà di quei documenti creati in occasione della Leopolda5? Saranno la base di futuri provvedimenti del Governo? Oppure saranno portati all’attenzione del partito e messi in discussione?
    Lo chiedo, perché voglio capire la mia funzione all’interno del PD. Voglio capire se sono solo un volto che deve prendere schiaffi dagli elettori quando cerca di difendere il proprio partito, oppure qualcosa di più.
    Lo chiedo, perché voglio capire se Davide Serra vale di più di tutti i militanti del PD e di chi si spezza la schiena nel trascinare la dignità di una politica che perde valori ogni giorno di più.

    Come si può convocare una piazza sapendo di aver perso in partenza? Sia ben chiaro, non parlo di un fallimento numerico, ma di un fallimento storico. Tanti sono stati coloro che si sono alternati su quel palco, testimonianze importanti, ma quanto, oggi, il sindacato sa leggere la realtà? Anch’esso, come la politica, ha bisogno di rinnovarsi (e farlo meglio) non solo nei volti, ma negli strumenti di comunicazione con i lavoratori, far capire che il sindacato non è una zavorra, ma un soggetto fondamentale in una democrazia. Cambiare rotta, rivoluzionare il mondo del sindacalismo.
    Ci raccontano di realtà in cui i sindacati non esistono, spacciandoli come esempi di sviluppo e crescita, con parole da veri estremisti. E la colpa di chi è? È sempre e solo degli altri? Non credo. La colpa, caro sindacato, è anche la tua, non solo della politica.
    Quella piazza di ieri, era bellissima, ma c’era qualcosa di diverso rispetto alle piazze di qualche anno fa, tipo quella del 2003, quando Cofferati si trovò dinanzi a 3 milioni di lavoratori. Certo, la situazione storica era differente e c’era un Segretario generale come pochi altri, ma la memoria storica dovrebbe ricordarci che un tempo si militava o nel partito o nel sindacato (o in entrambi), mentre oggi calano le tessere dei partiti ed è “sparita”, di fatto, la militanza nel sindacato, non più presente come una volta.
    I sindacati devono rinnovarsi, devono salvare il ruolo che ricoprono, o meglio, dovrebbero ricoprire.
    Di persone impegnate nei sindacati ne conosco, la maggior parte di loro sono persone di valore, che credono in quello che fanno. Non meritano di essere considerate delle zavorre, per colpe non loro.

    Tornando alla politica, al PD, alla Leopolda, a Renzi, credo che il ragionamento sia molto semplice: il PD si sta trasformando in un mero contenitore, dove al suo interno forze politiche distinte si fanno guerra tra di loro, Leopolda da una parte, SinistraDem, ÈPossibile, LabDem, etc. dall’altra. Ma quanto teniamo al Partito Democratico? Sono forse dei prototipi di nuovi partiti da far nascere dopo una ipotetica scissione? Ma dove vogliamo andare? Io mi oppongo a questo scempio.

    Le domande sono tante, ma una cosa è certa: ieri, non c’è stato nessun vincitore, ma solo perdenti. Più di tutti, la dignità.


  • Una Costituzione per la Rete

    bannercamera

    Che sia in atto una nuova Costituente, è qualcosa che dovrebbe riempirci di orgoglio, perché quando nell’immaginario collettivo cresce la necessità di avere una Costituzione, significa che c’è il bisogno di affermare diritti fondamentali, fissare le regole della convivenza civile.

    Ed è un po’ quello che sta succedendo adesso: la Costituzione della Rete è stata redatta. La commissione voluta dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini, presieduta dal Prof. Stefano Rodotà ha partorito 14 articoli – 14 principi a tutela della persona, dell’internauta.

    1. RICONOSCIMENTO E GARANZIA DEI DIRITTI
    Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi.
    Tali diritti devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della rete.
    Il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i principi in base ai quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.

    Articolo della migliore scuola: contemperare i diritti assumendo come principio guida l’universalità di leggi di ordine superiore riconosciute a livello europeo e internazionale.

    2. DIRITTO DI ACCESSO
    Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
    Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.
    L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni.
    L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale  –  culturale, infrastrutturale, economico  –  con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità.

    L’intervento qui riguarda il ruolo delle istituzioni nel ridurre il divario tra gli “information rich” e gli “information poor” in maniera fattuale, a cominciare dalle dotazioni per connettersi in rete fino al superamento delle sperequazioni esistenti tra uomini e donne, normodotati e diversamente abili, ricchi e poveri, alfabetizzati e non alfabetizzati. L’accesso alla rete equivale all’accesso al sapere e quindi al lavoro ed è precondizione per l’esercizio di altri diritti come quello alla partecipazione democratica.

    3. NEUTRALITA’ DELLA RETE
    Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.
    La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione di innovazione. Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le loro funzioni.

    La net neutrality è il vero campo di battaglia per una Internet paritaria e inclusiva che rispetti il principio secondo cui “tutti i bit sono nati uguali”. Essa è un freno al tentativo degli oligopoli delle telecomunicazioni di creare corsie preferenziali per chi paga di più e uno stop ai governi che potrebbero voler ispezionare i dati in rete per decidere chi passa, quando e con quale priorità. La negazione di questo principio è il cavallo di troia di ogni tipo di censura. Manca un riferimento ai diritti delle imprese che affrontano l’onere dell’innovazione delle infrastrutture di rete al contrario degli Over The Top (Google, FB, Amazon, etc.) che le sfruttano.

    4. TUTELA DEI DATI PERSONALI
    Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, per garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza.
    I dati personali sono quelli che consentono di risalire all’identità di una persona e comprendono anche i dati identificativi dei dispositivi e le loro ulteriori elaborazioni, come quelle legate alla produzione di profili.
    I dati devono essere trattati rispettando i principi di necessità, finalità, pertinenza, proporzionalità e, in ogni caso, prevale il diritto di ogni persona all’autodeterminazione informativa.
    I dati possono essere raccolti e trattati solo con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Il consenso è in via di principio revocabile. Per il trattamento di dati sensibili la legge può prevedere che il consenso della persona interessata debba essere accompagnato da specifiche autorizzazioni.
    Il consenso non può costituire una base legale per il trattamento quando vi sia un significativo squilibrio di potere tra la persona interessata e il soggetto che effettua il trattamento.
    Sono vietati l’accesso e il trattamento dei dati personali con finalità anche indirettamente discriminatorie.

    Su questo i Garanti della Privacy italiani che si sono succeduti, hanno detto già tutto. Importante il tema dell’”opt-in” cioè del consenso, revocabile, precedentemente dato ad ogni forma di trattamento dei propri dati personali (telefoni, indirizzi, dati economici e professionali) e di quelli sensibili come le condizioni di salute e l’orientamento sessuale, filosofico, politico e religioso. Di importanza capitale il principio dell’autodeterminazione informativa, cioè la decisione di quali aspetti della propria vita rendere conoscibili a terzi. Nel caso di una asimmetria di potere il soggetto forte deve fare un passo indietro. Non è presente nessuna ipotesi sulla gradazione del livello di privacy o “intimacy” gestibile dall’individuo.

    5. DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE INFORMATIVA
    Ogni persona ha diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge. Ogni persona ha diritto di conoscere le modalità tecniche di trattamento dei dati che la riguardano.
    Le raccolte di massa di dati personali possono essere effettuate solo nel rispetto dei principi e dei diritti fondamentali.
    La conservazione dei dati deve essere limitata al tempo necessario, tenendo conto del principio di finalità e del diritto all’autodeterminazione della persona interessata.

    La legge italiana sulla privacy già lo prevede, e tuttavia viene ribadita la “proprietà dei dati personali” e il divieto alle raccolta massiva di dati. Richiamo più che evidente allo scandalo Datagate svelato da Edward Snowden, e alla sorveglianza massiva da parte di agenzie governative e “imprenditori dei dati” – come le agenzie di direct marketing e perfino i social network e i motori di ricerca – che ne fanno commercio e/o li cedono ai governi ai fini di sorveglianza e controllo senza avvisarne i titolari.

    6. INVIOLABILITÀ DEI SISTEMI E DOMICILI INFORMATICI
    Senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nei soli casi e modi previsti dalla legge, è vietato l’accesso ai dati della persona che si trovino su dispositivi personali, su elaboratori remoti accessibili tramite credenziali da qualsiasi elaboratore connesso a Internet o simultaneamente su dispositivi personali e, in copia, su elaboratori remoti, nonché l’intercettazione di qualsiasi forma di comunicazione elettronica.

    Richiamo chiaro e senza possibilità di fraintendimento alla necessità dell’autorizzazione della magistratura per ogni tipo di indagine effettuata sulla “vita dentro lo schermo”. Una tutela importante per chi esercita il diritto/dovere all’informazione, alla critica, alla satira, alla condivisione di dati, informazioni e conoscenze, che talvolta si è cercato di limitare a favore dei diritti di proprietà, per esempio considerando lecito da parte di soggetti privati violare la privacy dei cittadini per tutelare il diritto alla proprietà intellettuale.

    7. TRATTAMENTI AUTOMATIZZATI
    Nessun atto, provvedimento giudiziario o amministrativo, decisione comunque destinata ad incidere in maniera significativa nella sfera delle persone possono essere fondati unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.

    Il sè digitale non può precedere il sè reale. L’articolo rinvia al rischio di manipolazione, degrado e inattualità dei dati informatici che ci definiscono come buoni o cattivi cittadini, consumatori, lavoratori, vicini di casa, e da una loro collazione parziale e artificiosa che possa pregiudicare il diritto alla dignità e libertà della persona, all’accesso al welfare e alle cure, alla giusta difesa e a un equo processo.

    8. DIRITTO ALL’IDENTITÀ
    Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata della propria identità.
    La sua definizione riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato.
    L’uso di algoritmi e di tecniche probabilistiche deve essere portato a conoscenza delle persone interessate, che in ogni caso possono opporsi alla costruzione e alla diffusione di profili che le riguardano.
    Ogni persona ha diritto di fornire solo i dati strettamente necessari per l’adempimento di obblighi previsti dalla legge, per la fornitura di beni e servizi, per l’accesso alle piattaforme che operano in Internet.
    La definizione di un’identità in Internet da parte dell’amministrazione pubblica deve essere accompagnata da adeguate garanzie.

    L’articolo potrebbe essere fuso coi precedenti visto che riguarda il diritto ad essere lasciati in pace, all’autodeterminazione informativa, al corretto trattamento automatizzato dei dati personali e all’inviolabilità di sistemi e domicili informatici, e ne costituisce uno dei presupposti.

    9. ANONIMATO
    Ogni persona può comunicare elettronicamente in forma anonima per esercitare le libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure.
    Limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare un interesse pubblico e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica.
    Nei casi previsti dalla legge e con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria l’autore di una comunicazione può essere identificato quando sia necessario per garantire la dignità e i diritti di altre persone.

    Anche qui, considerato superiore l’interesse pubblico, viene enfatizzato il valore di una particolare declinazione della privacy. Per capirci: una donna che denuncia una violenza su un blog ha diritto a rimanere anonima se serve a evitare rappresaglie, lo stesso vale per chi denuncia i mafiosi o per i cooperanti in paesi autoritari. Potrebbe essere la base del riconoscimento alla protezione dei whistleblower, gli “spioni” che denunciano malaffare, corruzione, collusioni tra potere politico ed economico.

    10. DIRITTO ALL’OBLIO
    Ogni persona ha diritto di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza.
    Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata, che costituiscono condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica. Tale diritto può essere esercitato dalle persone note o alle quali sono affidate funzioni pubbliche solo se i dati che le riguardano non hanno alcun rilievo in relazione all’attività svolta o alle funzioni pubbliche esercitate.
    Se la richiesta di cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati è stata accolta, chiunque ha diritto di conoscere tali casi e di impugnare la decisione davanti all’autorità giudiziaria per garantire l’interesse pubblico all’informazione.

    Anche qui pare contemperato il diritto a essere dimenticati con il diritto alla storia e alla memoria. Con un’eccezione già esistente nelle leggi sulla privacy: non vale per i personaggi pubblici alla cui conoscibilità e coerenza i cittadini affidano il governo delle istituzioni collettive. Un’altra via praticabile è considerata quella della definizione di un”termine temporale” prima di poter esercitare il diritto all’oblio.

    11. DIRITTI E GARANZIE DELLE PERSONE SULLE PIATTAFORME
    I responsabili delle piattaforme digitali sono tenuti a comportarsi con lealtà e correttezza nei confronti di utenti, fornitori e concorrenti.
    Ogni persona ha il diritto di ricevere informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, a non veder modificate in modo arbitrario le condizioni contrattuali, a non subire comportamenti che possono determinare difficoltà o discriminazioni nell’accesso. Ogni persona deve in ogni caso essere informata del mutamento delle condizioni contrattuali. In questo caso ha diritto di interrompere il rapporto, di avere copia dei dati che la riguardano in forma interoperabile, di ottenere la cancellazione dalla piattaforma dei dati che la riguardano.
    Le piattaforme che operano in Internet, qualora si presentino come servizi essenziali per la vita e l’attività delle persone, favoriscono, nel rispetto del principio di concorrenza, condizioni per una adeguata interoperabilità, in presenza di parità di condizioni contrattuali, delle loro principali tecnologie, funzioni e dati verso altre piattaforme.

    Pare evidente il riferimento ai social network e ai motori di ricerca che oggi fungono da provider delle identità digitali e le cui condizioni d’uso conservano – nonostante i cambiamenti intervenuti nelle privacy policies – una forte asimmetria di potere dei fornitori rispetto ai contraenti. Oggi è difficile per un cittadino rifiutarsi di accettare la licenza d’uso di Facebook, come già accade per certe clausole bancarie e datoriali. La soluzione caldeggiata da molti riguarda l’equiparazione dell’uso dei social a quello del telefono come diritto universale.

    12. SICUREZZA IN RETE
    La sicurezza in rete deve essere garantita come interesse pubblico, attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi esterni, e come interesse delle singole persone.
    Non sono ammesse limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero; deve essere garantita la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti negativi, quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza.

    Qui si riecheggia il triste fenomeno dell’hate speech e degli hate crimes. I siti dell’odio che inneggiano alla discriminazione sessuale, razziale, religiosa o che sono veicoli di pregiudizio anti-ebreo, anti-rom, anti-arabo, anti-africano. L’articolo sottende anche la piaga del cyberbullismo e dello stalking in rete. Contempera il diritto alla libertà d’espressione con la tutela da comportamenti diffamatori e violenti (minacce e linciaggio mediatico) che dalla rete possono tracimare nel mondo fisico.

    13. DIRITTO ALL’EDUCAZIONE
    Ogni persona ha diritto di acquisire le capacità necessarie per utilizzare Internet in modo consapevole e attivo. La dimensione culturale ed educativa di Internet costituisce infatti elemento essenziale per garantire l’effettività del diritto di accesso e della tutela delle persone.
    Le istituzioni pubbliche promuovono attività educative rivolte alle persone, al sistema scolastico e alle imprese, con specifico riferimento alla dimensione intergenerazionale.
    Il diritto all’uso consapevole di Internet è fondamentale perché possano essere concretamente garantiti lo sviluppo di uguali possibilità di crescita individuale e collettiva; il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, istituzioni e cittadini; la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui.

    Si potrebbe aggiungere: con l’obiettivo di favorire lo sviluppo del pensiero critico, la tutela e la promozione di valori, principi, codici e convenzioni minoritari nella società. Per un’educazione al rispetto delle diversità biologiche e culturali.

    14. CRITERI PER IL GOVERNO DELLA RETE
    Ogni persona ha diritto di vedere riconosciuti i propri diritti sia a livello nazionale che internazionale.
    Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati, per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica.
    La costruzione di un sistema di regole deve tenere conto dei diversi livelli territoriali (sovranazionale, nazionale, regionale), delle opportunità offerte da forme di autoregolamentazione conformi ai principi indicati, della necessità di salvaguardare la capacità di innovazione, della molteplicità di soggetti che operano in Rete, promuovendone il coinvolgimento in forme che garantiscano la partecipazione diffusa di tutti gli interessati.
    Le istituzioni pubbliche adottano strumenti adeguati per garantire questa forma di partecipazione.
    In ogni caso, l’innovazione normativa in materia di Internet è sottoposta a valutazione di impatto sull’ecosistema digitale.
    La gestione della Rete deve assicurare il rispetto del principio di trasparenza, la responsabilità delle decisioni, l’accessibilità alle informazioni pubbliche, la rappresentanza dei soggetti interessati.
    L’accesso ed il riutilizzo dei dati generati e detenuti dal settore pubblico debbono essere garantiti e potenziati.
    La costituzione di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire effettivamente il rispetto dei criteri indicati, anche attraverso una valutazione di conformità delle nuove norme ai principi di questa Dichiarazione.

    L’articolo riassume quindici anni di dibattito in sede Onu sull’importanza di regole e principi condivisi per la governance “multiequal-stakeholder” della rete. Cioè, la necessità di un governo partecipato della gestione di Internet da parte di soggetti pubblici e privati, a ogni livello: infrastrutturale, tecnico, legale e contenutistico. Un approccio di cui l’Italia è pioniera, a dispetto della capacità dei suoi governi di riconoscerlo e sostenerlo.

    Fonte: La Repubblica


  • Compagna Chiesa

    La Chiesa, se prima ci aveva sorpassati a sinistra, ora ci ha buttato fuori strada.

    È dal 1500 che nella Comunità cristiana non c’era un terremoto del genere, che rivoluzionasse la posizione del Vaticano sui grandi temi.

    Il Sinodo speciale dedicato alla famiglia nell’età contemporanea, ha lanciato un messaggio chiaro: “apertura alle coppie gay, così come successo per i divorziati“. Certo, non è un’esplicita dichiarazione di apertura ai matrimoni fra omosessuali, ma il cambiamento è graduale e, a vedere il corso degli eventi, siamo ad un ottimo punto. Direi storico.


  • Nascere “figlio della gallina bianca” o “pecora nera”

    Al di là delle differenze cromatiche, l’accostamento è chiaro e scontato (per certi versi): se nasci al Nord sei più fortunato, mentre se sei del Sud, oltre a dover fare i conti con l’organizzazione elefantiaca degli Atenei, devi anche beccarti uno stipendio “dimezzato” rispetto ai tuoi colleghi della Pianura padana.

    A ricordarcelo è l’ultimo studio affrontato da JobPricing, per Repubblica, con tanto di classifica per mettere i puntini sulle i.

    Da quello che comprendo (non me ne vogliano i pasionari delle classifiche), si nota una tendenza al racconto. E basta.
    Raccontare la situazione degli Atenei senza comprendere la loro storia, senza conoscere la vita che, di fatto, si sviluppa tra le mura delle aule dove diverse generazioni hanno gettato lacrime e sangue. Ma raccontarla non attraverso dei dati “su misura”, ma attraverso le grigie classifiche per punteggi (con criteri per niente chiari). E per “su misura”, intendo uno studio affrontato con gli strumenti idonei a collocare la realtà universitaria in uno spazio ben definito, al centro del territorio in cui essa svolge la propria funzione.
    Mi sta terribilmente sugli zebedei (mi perdonerete la moderazione) il costante ritornello “le università del Nord sono più collegate con la realtà lavorativa del loro territorio”. A tale concetto, io rispondo con un’altra riflessione: sarebbe davvero triste non “sfruttare” le realtà aziendali che coprono il Nord Italia. Le università settentrionali hanno questa potenzialità perché c’è un tessuto aziendale di gran lunga più radicato e solido di quello del Mezzogiorno, dovuto ad una diversificazione dell’economia locale (differenza c’è anche tra Nord e Centro e Centro e Sud).

    Lo ripeterò fino alla fine: possiamo parlare delle università in termini di ricchezza pro capite, possiamo classificarle con criteri che peccano di intelligenza, possiamo diffondere a mezzo stampa il concetto che “se sei del Sud e studi al Sud, ti aspetta una vita di serie B, con uno stipendio di serie C, in un territorio di serie D“, oppure possiamo cancellare questo razzismo 2.0 – basato sul niente e al soldo di chi da tali classifiche ne giova – e cominciare a sviluppare l’idea di un sistema scolastico e universitario capace di unire l’Italia, di unificare un popolo.
    Voglio pensare ai miei studi come lo strumento che mi permetta di essere uguale a chi (in apparenza) è più fortunato di me, augurandomi che gli studenti settentrionali e del Centro Italia si sentano uguali a chi come loro ha studiato e percorso anni della sua vita a formarsi.

    Uguaglianza, ecco cosa dovrebbero diffondere le università italiane.

    Silenzio, è quello che dovrebbero fare le società di classificazione, alcune volte.