Categoria: Politica


  • Sulla Direzione regionale di ieri, sul PD di oggi e quello di domani

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    Questa mattina mi sono svegliato diverso dal solito, avevo l’amaro in bocca, un amaro che mi portavo dietro da ieri, dopo la conclusione della Direzione regionale del mio partito.

    Noi Giovani Democratici pugliesi, proprio in quella sede, abbiamo ricevuto un doppio sputo in pieno volto, un gesto che non dimenticheremo, che cambierà gli atteggiamenti, il modo di vivere il partito, la politica.

    Ieri, il PD pugliese ha approvato le liste per le prossime Regionali. Nella lista della Provincia di Bari è stata candidata Anita Maurodinoia, la più suffragata alle scorse elezioni Amministrative a Bari, nella lista di Schittulli (candidato del centrodestra alla Regione); una persona che diceva di essere “più amata di Tatarella“, storico esponente dell’MSI. Uno scempio, politico e umano. Politico per aver, ancora una volta, attaccato fortemente un progetto politico che nulla ha a che vedere con quello che si sta cercando di realizzare. Umano, perché non si da peso alle storie personali, alle scelte del passato, a quelle del presente. Una memoria storica ormai in frantumi, utile solo per le commemorazioni, per prendere qualche applauso.

    A Foggia, c’è un altro caso gravissimo: il PD di Capitanata ha estromesso la candidatura, nella propria lista, del Segretario provinciale dei Giovani Democratici, Francesco Di Noia. Un ragazzo capace, onesto e soprattutto che ha dimostrato negli anni di porre l’interesse comune a quello personale. Anche questa candidatura era frutto di un interesse comune, di un territorio che chiedeva rappresentanza, di una generazione che chiedeva rappresentanza. Una volontà disattesa, per far fronte ad interessi personali della classe dirigente del partito di quella provincia. Questo gravissimo errore costerà caro.

    Il caro prezzo è questo: vogliono metterci all’angolo? Si sbagliano di grosso, hanno ottenuto esattamente il contrario. Ci offrono di candidarci in una lista civica? Non è mai stato il nostro obiettivo quello di candidarci per forza. La nostra candidatura era un modo per suggellare un impegno già chiaro, un impegno che mira a far crescere il partito, a dare rappresentanza degna a tutti quei militanti che vengono presi a schiaffoni ogni giorno da una classe dirigente incapace di sostenere gli interessi della collettività.

    La nostra casa è il PD. Se pensavamo di poter convivere con chi, anche velatamente, poneva veti su di noi, sul nostro progetto, ora non hanno ben compreso quale sia il risultato ottenuto: non cambieremo casa, la ricostruiremo, magari cominciando ad accompagnare alla porta i coinquilini maleducati, poco rispettosi. Il Partito Democratico non è di un segretario provinciale, né di qualsiasi “big”. Il Partito Democratico è di chi fa vivere il Partito Democratico, nei suoi valori, nei suoi propositi. Quelli siamo noi, giovani generazioni impegnate in politica, che dalla sera alla mattina aprono i circoli, i comitati elettorali, fanno volantinaggio, organizzano iniziative, si confrontano con i cittadini – diventando i volti veri ed onesti del PD sul territorio.

    Franco Balbis – soldato, ucciso dai nazifascisti perché partecipò alla Resistenza – nella sua ultima lettera scrisse

    Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.

    Ieri, i responsabili di questo scempio, hanno sputato anche in faccia a Balbis, hanno offeso il suo sangue, il suo gesto di amore e di speranza verso un Paese capace di saper guardare oltre i propri errori, difendere a spada tratta il bene comune. Penso a ieri e penso a quante volte, Balbis, sia morto invano. Ieri è stata l’ennesima volta.


  • Per il bene e l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!

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    Oggi festeggio il 25 aprile con questa lettera, scritta da Franco Balbis*. L’ho letta, per la prima volta, nel libro di Aldo Cazzullo “Possa il mio sangue servire”, da cui, peraltro, trae il titolo.

    La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.

    Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!

    Franco Balbis*

    *Di anni 32 – uffìciale in Servizio Permanente Effettivo – nato a Torino il 16 ottobre 1911 – Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d’Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1a Classe – all’indomani dell’8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino – è designato a far parte del 1°Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento -. Arrestato il 31 marzo I944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano eGiuseppe Perotti -. Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al Valor Militare.


  • Il Parlamento del Gruppo Misto

    Quando Corradino Mineo, senatore del PD, fu sostituito in commissione Affari Costituzionali del Senato, a seguito del voto sulle riforme costituzionali che il Governo Renzi stava portando avanti sul Titolo V, mi indignai. Ero furibondo, denunciavo una deriva autoritaria senza precedenti nel Partito Democratico. Ma oggi ho compreso qualcosa in più, o meglio, l’ho capito da un po’ di tempo, soprattutto da quando dopo ogni Direzione nazionale, le polemiche non si appianavano, a favore di una responsabilità di gruppo ma, anzi, aumentavano di volume, fino quasi a scoppiare.

    Oggi tocca a 10 deputati, sempre del PD e sempre nella Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, questa volta sull’Italicum. Cambia l’oggetto della contesa, ma il senso è sempre quello: non c’è rispetto della volontà comune. E mi dispiace dirlo, ma questa mancanza parte proprio dalla minoranza del PD, quella stessa minoranza che, quando fu eletta in Parlamento, era maggioranza – con lo stesso Bersani (tra i 10) segretario nazionale. Ma oggi, come sappiamo, il panorama politico – almeno nel PD – è stato completamente stravolto. Ci sono stati diversi appuntamenti elettorali di mezzo, tra cui quello che a noi interessa di più, in questo ragionamento – il Congresso del PD. Quel congresso, nel 2013, Renzi lo vinse con il 67,55%, ma qualcuno non l’ha ancora capito (o fa finta di non averlo capito). E lo dico io, che renziano non sono, che allo scorso congresso ho supportato la candidatura di Giuseppe Civati.

    Ma quindi, ecco il punto: se il partito, in Direzione nazionale, approva la legge elettorale, questa in Commissione non deve avere nessun tipo di ostacolo da parte degli stessi parlamentari PD perché, per quanto non gradisca l’Italicum, se è stato votato a maggioranza nelle sedi opportune (come da Statuto), quel voto deve essere rispettato e onorato, altrimenti stare in un partito non avrebbe senso e trasformeremmo il Parlamento in un grande Gruppo Misto in cui ognuno si fa gli affari propri.

    Ma, fatta la legge trovato l’inganno: sicuramente vi starete dimenando con in mano la Costituzione e il suo art.67, avete ragione, infatti qui non si mette in dubbio la libertà di mandato, ma la Commissione rappresenta i partiti in quanto forze politiche, non i singoli parlamentari. Lo scandalo ci sarebbe stato se si fossero costretti dei parlamentari a rimettere il loro mandato e ad andare via dal Parlamento perché dissidenti. In quel caso sarei sceso per le strade anch’io e mi sarei messo ad urlare contro la nuova dittatur. Ma così non è. E lo sappiamo tutti.

    Perciò, in fin dei conti, la Ditta ha cambiato titolari e i vecchi vogliono portare via la cassa e qualche mobile (per rimanere nello stile metaforico bersaniano), ma non va bene. Non va bene per niente.

    Siamo sicuri che sia sempre e solo colpa degli altri?


  • Un Paese strano, il nostro

    Un Paese strano, il nostro. Punisce i soldati ma mai i generali.
    Tortosa si è macchiato di un’azione infamante – non tanto per lui per il quale sono felice della sospensione dal servizio – ma per le Forze dell’Ordine, quelle che ogni giorno rendono sicure le nostre città, che ripudiano quanto successo alla Diaz nel 2001.
    Un Paese strano, il nostro. Con una mano punisce Tortosa, con l’altra accarezza il capo di De Gennaro, all’epoca Capo della Polizia, il quale aveva responsabilità massima sull’accaduto.
    Un Paese strano, il nostro. Strane sono le persone, che si lamentano dei soldi e mai dell’etica.
    Strano questo Paese.


  • Ripensamento o convenienza?

    Mi pongo questa domanda, tornando indietro nel tempo.

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  • La paraculata andrà di moda

    Ho ascoltato l’intervista di Di Battista a Di Martedì del 31 marzo, l’esordio è stato segnato da un’affermazione che mi ha lasciato stupito, di stucco: ha ammesso che nel PD ci sono persone oneste (ma no?! Doveva dircelo lui) ma che queste, pur di mantenere la poltrona, hanno deciso di convivere con i malavitosi, con i corrotti. Di girare la testa dall’altra parte.

    Ora, qual è il punto? Semplicemente, non accetto che l’On. Di Battista dica determinate cose in TV e poi sul web, nelle varie campagne comunicative sui social network o sui diversi blog, smentisce due minuti dopo.
    Qualcuno dirà: a smentire sono bravi tutti, soprattutto i “politici”, quelli del tuo partito e tutti coloro che in questi ultimi 20 anni hanno “governato”. Vero, non posso non ammettere che di dichiarazioni smentite dopo due secondi se ne sono viste molte, soprattutto per quanto riguarda argomenti molto importanti. Ma la cosa è leggermente diversa, ora.

    Provo a spiegarmi meglio: affermare ciò in tv, fa sembrare Di Battista una persona che ragiona, che sa distinguere il bene dal male. Ma basta poco per capire che non è così. Infatti, dopo aver pubblicato l’intervista,  sulla sua pagina Facebook, compare un nuovo post, in cui afferma che stanno arrestando “un piddino al giorno”.
    Ma quindi dove sono i distinguo? Perché continuare a creare confusione e scompiglio tra i lettori, tra i cittadini che quotidianamente leggono, cercando di capire la situazione attuale, cosa c’è che va e cosa non va?

    Dire che ogni ora un “piddino” viene arrestato, significa dire soltanto che il Partito Democratico è un covo di ladri, che non ci sono differenze al suo interno. Ma quindi, dov’è la coerenza?

    Ma a gettare benzina sul fuoco, ci pensa il caro Beppone, il quale invia una email ai suoi lettori con scritto “serve una procura AntiPD”.

    Sì, ricevo mail dal blog di Grillo. Lo ammetto.
    Sì, ricevo mail dal blog di Grillo. Lo ammetto.

    Messaggio chiaro, no? Generalizzare aiuta chi vuole attaccare una forza politica. Dire che ci sono persone che indipendentemente dal simbolo hanno intenzione di truffare lo Stato, attaccare al cuore la Cosa Pubblica, è troppo. Troppissimo. Non sarebbe giusto, a fronte della campagna comunicativa dei 5 Stelle, dove ognuno vale uno e tutti sono più uguali degli altri.

    Quindi a Di Battista dico questo: dire delle cose in TV per farsi bello, per poi smentirsi dopo qualche minuto, non ti rende diverso da chi volete denunciare pubblicamente. E questo è un male, perché oltretutto, menti su un punto, e cioè che le persone oneste che ci sono nel PD – la maggioranza degli iscritti – non girano, in realtà, la testa dall’altra parte se notano delle irregolarità o delle incongruenze con l’onestà che ogni persona che decide di fare politica deve avere.

    Tutto questo, sia chiaro, lo dico perché penso di essere tra quelle persone. Perché ogni giorno, se noto cose che non mi piacciono, lo dico, sia pubblicamente che nelle sedi opportune. Anche su questo blog.

    C’è un aspetto, in ultima analisi, che non è chiaro a Di Battista e ai 5 Stelle: quando si fa parte di un partito e quel partito ha una struttura organizzata, tutti i problemi, tutte le discussioni vengono affrontate, in prima battuta, nei luoghi opportuni, cercando soluzioni, ribadendo una linea giusta, capace di saper essere coerente con quello che i cittadini chiedono alla classe politica: onestà, ma soprattutto capacità e coerenza.

    L’onestà andrà di moda? Attualmente, a fare tendenza, è la paraculata. E scusate se è poco.


  • Ecco perché non mi ci trovo negli Unions

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    In questi giorni, dopo la manifestazione degli Unions – la coalizione sociale capeggiata da Maurizio Landini – a Roma, mi sono ritrovato a riflettere su cosa, di fatto, quella manifestazione significasse.

    La contrapposizione, in Italia, si è fatta molto aspra, su ogni fronte, ma a me pare che si stia imboccando una strada già vista, già percorsa, che non porta a nulla di nuovo. Mi spiego meglio.

    L’altro giorno, su Facebook scrissi

    Sono un ragazzo di 21 anni. Sono di sinistra, ma non mi riconosco negli Unions. Come faccio?

    Era, evidentemente, una domanda provocatoria, ma quello che ho potuto comprendere è che non c’è la minima intenzione a fermarsi un attimo, non per temporeggiare, ma per riflettere attentamente su quanto sta accadendo e sul significato di quella manifestazione e del ruolo assunto da Landini.

    Non mi riconosco negli Unions, questo è chiaro, ma non per una semplice contrapposizione di simboli o sigle, ma perché, come ho più volte detto su questo blog, nascono nuovi soggetti politici, nuovi “movimenti”, ma sempre partendo da una persona, da un nome. Mai da una idea. Questa cosa accade anche a sinistra. Soprattutto a sinistra, negli ultimi tempi.

    Da Bertinotti a Landini, passando per Vendola, Ingroia e Tsipras. Un percorso dettato dai tempi, dalle esigenze di stringersi per fare massa? Io credo che la sinistra, quella che punta non a rappresentarsi ma a rappresentare (cosa ben diversa) non può nascere così, e i fallimenti sono sotto gli occhi di tutti. Che fine ha fatto Rifondazione Comunista? Sinistra Ecologia Libertà? Qual è stato il destino de L’Altra Europa con Tsipras? L’ultima volta che ne ho sentito parlare è stato per un litigio furibondo tra i sostenitori di quella lista e Barbara Spinelli, per non aver rispettato la parola data – cioè di lasciare il seggio all’Europarlamento (poltrone, ndr).

    Maurizio Landini è uno di quei sindacalisti tosti, l’ha dimostrato più volte, l’unico leader sindacale carismatico presente oggi in Italia. Questo lui l’ha capito e lo utilizza a suo favore, ovviamente. Ma Landini, che dice di voler rappresentare i lavoratori, sa quanti lavoratori si sentono rappresentati da lui e dalla FIOM? L’Espresso ha svolto un’inchiesta sull’argomento e non mi sembra ci sia tanto da essere felici. E visto che stiamo, si chieda se i puri e gli onesti sono quelli che sfruttano i permessi sindacali per farsi gli affaracci propri, o quelli che usano la L. 104/1992 per andarsene in vacanza. Perché, sia ben chiaro, ladri e farabutti sono i politici corrotti, incompetenti e collusi, ma lo sono anche queste persone. O no?

    Che Landini dica di avere già un partito e che quel partito sia il sindacato, poco ci credo e non penso di essere il solo. Mi dispiace che il segretario della FIOM abbia deciso di fare politica? Assolutamente no, ognuno può farlo, l’hanno fatto Cofferati ed Epifani (per citarne due), non vedo come non possa farlo anche lui. Ma il problema è sempre quello: dove si vuole arrivare? Io credo non troppo lontano. Perché c’è sempre un nome, prima di un senso di comunità. C’è sempre la ricerca di un nome dietro cui stringersi e sempre la caccia ad un nemico davanti cui schierarsi. Lo fa capire anche un grande sostenitore di quella manifestazione, chiamando, il leader FIOM, “l’AntiRenzi”.

    10985570_916199365086276_6726304704017420045_nL’eterno ritorno dell’uguale. Una sinistra che non sa rinnovare le proprie menti e i propri volti. Dietro Landini ci saranno sempre i soliti parassiti che cercheranno di rubare quanta più linfa vitale per sopravvivere. Se in questo Paese un soggetto autorevole di sinistra non c’è, non è colpa di Renzi o del PD, ma è colpa della sinistra stessa, incapace di saper essere Sinistra. Ma questa è un’altra storia.

    Non è di sinistra colui che urla contro un manifestante solo perché sceso in piazza con la bandiera di un partito in cui crede. Se quello è essere di sinistra, vuol dire che stiamo tornando alla preistoria. O forse si è solo gli ennesimi tifosi.

     


  • Chiamala, se vuoi, sinistra

    Un signore, di Modena, contestato con cori e urla, per aver portato in piazza, durante la manifestazione della FIOM, la bandiera del PD.

    Ecco perché non mi riconosco negli Unions: perché manca, per l’ennesima volta, la tolleranza e il dialogo.

    Ovviamente, approfondirò la mia posizione nelle prossime ore. È più complicato di così.