Categoria: Politica


  • Complimenti vivissimi

    In queste ore ho imparato una cosa: se sei in difficoltà e non riesci a trovare un candidato all’altezza della competizione congressuale, non ne devi prendere atto e farti due domande, ma usi il tuo potere per sospendere il congresso fino a quando non sei pronto.

    Il congresso del PD Puglia è stato sospeso fino al 2016 inoltrato. Una decisione gravissima che denota la grande difficoltà di un PD nazionale che considera i partiti regionali come appendici e non come capaci di un’autonomia decisionale e politica.

    Ps. Stefano Minerva c’è e abbiamo consegnato tutto il necessario per partecipare al congresso.


  • La strage di Marzabotto

    71 anni fa, i nazifascisti in preda al panico e allo stesso tempo presi da una furia disumana, a causa della fuga verso il nord causata dagli alleati e dai partigiani, arrivarono a Marzabotto, in Emilia. Dovevano essere di passaggio ma distrussero tutto ciò che incontrarono e decisero, quindi, di radere al suolo quel paesello. Raffiche di mitra. Caddero anziani, bambini e donne. Un totale di 800 esseri umani. Molti uomini (adulti) erano distanti, per combattere e resistere, trovarono al ritorno solo carcasse e sangue.

    Ricordo con amarezza un racconto, letto non molto tempo fa, in cui si descriva l’orrore ritrovato tra le quattro viuzze di quel centro abitato. Corpi trivellati, altri impiccati agli alberi e trattati come bersagli di tiro. Un’immagine terribile non riesco a cancellare dalla mente: una donna, incinta, uccisa e appesa ad un albero. Come se non bastasse, per l’aver spezzato due vite in una, i nazifascisti sventrarono quella donna, facendo fuoriuscire il feto e macchiando di sangue, indelebilmente, la dignità di quella donna.


  • Ma voi lo direste mai di persona?

    Mi capita tutti giorni ormai. È una presenza continua, non posso evitare di leggerli perché sono ovunque ed è impossibile scartarli. Sto parlando dei commenti violenti, presenti sui social network (uno tra tutti, Facebook).

    Minacce di morte, insulti pesanti e molto diretti. Le pagine Facebook dei parlamentari 5 Stelle e di Grillo, di Salvini, della Meloni, per non parlare delle pagine di coloro a cui sono rivolti tali commenti, come Matteo Renzi e Laura Boldrini (come non ricordare i commenti sessisti ben in vista sulla pagina del Fatto Quotidiano).

    Giusto per fare qualche esempio:

    Schermata 2015-09-15 alle 19.42.47 Schermata 2015-09-15 alle 19.40.33

    Quelli che vedete sono due (dei tanti) commenti presenti sulla pagina di Giorgia Meloni, relativi ad un post in cui l’ex ministro del Governo Berlusconi criticava l’acquisto del nuovo aereo di stato per i voli intercontinentali, gridando allo sperperio di soldi pubblici. Probabilmente non ricordava i tanti usi che ne faceva l’allora Premier Silvio Berlusconi, portando Apicella ed escort al seguito, in volo sugli aerei targati “Repubblica Italiana”.

    Ma a cosa dobbiamo tale fenomeno? Probabilmente alla perdita della personalità sui social. Crediamo (o meglio, credono) che il semplice fatto di essere un nickname, un profilo astratto, non tangibile, possa consentirci di poter dire qualsiasi cosa, di poter dar sfogo alla più becera della violenza (se esiste una classifica della violenza stessa), in questo caso verbale.

    La Cassazione in tal modo si è espressa in modo chiaro: su Facebook può configurarsi il reato di diffamazione ed è, in realtà, una grandissima rivoluzione che porta la tutela dei diritti su internet e, soprattutto, sui social network.

    Siamo un Paese di merda, quindi, come si legge spesso tra i commenti? Assolutamente no. Siamo un Paese che merita rispetto e che ha una posizione rilevante a livello internazionale, checché ne dicano gli oppositori di ogni governo in carica.

    Siamo un Paese in cui c’è gente di merda? Sì, questo sì, non bisogna nasconderlo e, soprattutto, non è una caratteristica tutta italiana ma è nella natura umana e in ogni parte del mondo, in ogni Paese la situazione è analoga. Possiamo dire che Facebook, i social in generale, hanno scoperto un nervo fino ad ora nascosto. Cosa vogliamo fare? Quale può essere la possibile soluzione?
    Volendo dare una risposta, credo che le possibilità sono due:

    1) Maggior tutela dei diritti della persona anche sui social, attraverso un lavoro di intensificazione dei controlli e dei relativi provvedimenti giudiziali (sì, anche questo è importante, perché i destinatari, spesso e volentieri, non sono soltanto personaggi pubblici, ma anche comuni cittadini che anche per il semplice fatto di aver commentato a loro volta un post, si ritrovano con decine di minacce al seguito);

    2) La cosa più semplice: porsi una domanda, prima di scrivere un post o un commento sul web. Ma se mi trovassi di persona, direi mai questa cosa?

    Ecco, il secondo punto è semplice ed immediato. Incominciamo ad allenarci.


  • Il primo discorso di Corbyn da leader

    Jeremy Corbyn ha vinto la corsa per la leadership dei Labour. Lo ha fatto raggiungendo il 60% dei consensi. Lo ha fatto in un partito fortemente condizionato, negli ultimi anni, dal blairismo, da quell’orientamento politico che chiamiamo terza via.

    Il Labour oggi vira a sinistra e lo fa attraverso gli strumenti di partecipazione e di scelta tutti interni. Bisognerebbe capirlo anche da noi, senza creare partiti ulteriori.


  • Il deserto digitale delle emozioni

    Il deserto digitale delle emozioni

    Sono un fervido sostenitore della tecnologia, coerentemente con il mio status di nativo digitale, ma sostengo altrettanto fervidamente che i libri che segnano la nostra anima, che temprano il nostro carattere, meritino un posto speciale, non soltanto nel cuore, ma anche nel luogo in cui viviamo la nostra vita.
    La bellezza di poter toccare le pagine di un bellissimo romanzo, di un grande saggio, di una emozionante raccolta di poesie, non ha paragoni.
    Gli ebook ci stanno allontanando da queste emozioni, lasciando alle nostre spalle un deserto digitale che presto ci farà del male.

    Voi cosa ne pensate?


  • Quel sorriso

    Perché questa scena è bellissima? Non per retorica, bisogna sottolinearlo.
    Vedere i volti distesi dei tanti siriani che arrivano a Monaco di Baviera, accolti non da fischi, non da urla razziste, ma da applausi, regali e cibo offerto dai tedeschi, è quanto di più bello può offrirci l’umanità.
    E il volto di quel bambino, con sua madre, abbracciato ad un orsacchiotto? Quel sorriso innocente e vero è l’obiettivo dell’Europa unita e libera. Libera dal razzismo e dall’ipocrisia.
    Ma tutto ciò può bastare? Certo che no. Non possiamo fermarci e stare a guardare singoli stati prendere l’iniziativa, serve che sia l’Unione europea a svolgere la funzione di coordinamento e garanzia, nel rispetto dei diritti umani.

    #MigrantCrisis"Welcome to Germany" - People applaud and greet migrants with gifts as they arrive in Munich#DesperateJourneysLive updates: http://bbc.in/1LQprLQ

    Posted by BBC News on Sabato 5 settembre 2015


  • Io ho un sogno

    Ben cinquantadue anni sono passati dalla marcia su Washington per il lavoro e la libertà. Più di mezzo secolo ci separa dallo storico discorso che Martin Luther King tenne davanti ad una folla oceanica, al Lincoln Memorial, in festa per le sue parole e per il suo “I have a dream!”.

    Cinquantadue anni e i sogni ci sono ancora, mutano nel tempo ma restano lì, nella mente e nel cuore di tutti gli esseri umani. Anche io ho un sogno, forse più di uno. Sono sogni confusi, che nascono nel corso della nostra vita. Credo che, ognuno di noi, abbia i sogni che si merita. Io ho i miei, ognuno di noi ha i propri. La vera sfida è avere sogni comuni, sogni che ci avvicinino l’un l’altro, che non ci separino, che non disgreghino, ma divergano speranze.

    Io ho un sogno. Sogno un’Italia diversa da quella che mi circonda, un’Italia che sappia appianare le differenze, che sappia superare se stessa.

    Sogno un’Italia impegnata al massimo nella difesa dei diritti dell’uomo, nella difesa della dignità umana.

    Sogno un’Italia che spazzi via il razzismo, la paura per il diverso, l’odio profondo verso il prossimo.

    Sogno un mondo che si lasci alle spalle le divisioni, che non guardi se stesso con gli occhi delle guerre e della violenza.

    Sogno un’Italia parte di quel mondo, di una grande famiglia, quale quella degli Stati Uniti d’Europa. Un’Italia in prima linea nel processo di unificazione politica del Continente, che porti prosperità e pari diritti a tutti i cittadini europei.

    Sogno un’Italia in cui il termine “cultura” non sia sinonimo di “inutile”, di “secondario”. Sogno un’Italia che sappia crearla, quella cultura, come un tempo sapeva fare. Una cultura radicata nelle tradizioni ma proiettata al futuro, unita dal senso civico, dal rispetto verso gli altri, verso chi la pensa in modo diverso. Perché diversità è ricchezza e chi crede il contrario è povero nell’animo.

    Sogno una politica che sia di tutti ma non per tutti. Una politica distante anni luce dalla corruzione, dall’affarismo. Una politica che chiuda le porte a chi non ha il senso del bene comune, che non si lasci percorrere da chi usa il potere per soddisfare i propri interessi.

    Sogno una politica al servizio di tutti, soprattutto dei più bisognosi.

    Sogno una politica disponibile, sempre. Disponibile a risolvere i problemi di chi chiede aiuto, di chi ha bisogno di supporto, di ascolto.

    Sogno un mondo in cui tutti possano andare a scuola, istruirsi al massimo e conoscere ciò che è stato, ciò che è e contribuire a ciò che sarà.

    Sogno un mondo in cui le religioni non siano motivo di lotta e morte, ma che siano un segno distintivo e, allo stesso tempo, unificante della natura umana.

    Sogno dei sogni che non rimangano tali, che possano realizzarsi. Il primo passo è conoscerli, il secondo impegnarsi per realizzarli. Quando lo capiremo tutti, già uno di quei sogni si sarà realizzato.


  • Ve li do io i Casamonica

    Ma ve li immaginate i familiari dei mafiosi siciliani, intervistati dalle TV, dopo la strage di Capaci?

    “Noi siamo brava gente. Non giudicateci per quello che dicono di noi. La prossima volta faremo esplodere una strada più grande in modo ancora più spettacolare, ecco!”

    Tralasciando la fantascienza (che tanto “fanta” non è), volendo commentare la vicenda di queste ore che ha trascinato la Città di Roma e l’intero Paese in un vortice di ignoranza mista a scempiaggine, non posso che esclamare: che schifo!

    E va beh! “Che schifo” lo stanno gridando in tanti, ovviamente, ma tra qualche giorno tutto passerà in sordina e continueremo a prendercela con il nostro vicino per i rumori nelle ore notturne.

    I Casamonica sono diventati delle star. Gente che dovrebbe al massimo comparire in tribunale, per il momento è ospite nelle principali televisioni del Paese. E a pensare che qualcuno, in Italia, rimase di stucco nel vedere alla CNN un ex militante dell’ISIS intervistato come esperto di attentati terroristici. Il folkore non smetterà mai di stupirmi, il punto è capire dove inizia e dove finisce.

    “Noi siamo brava gente”, dicono i familiari del defunto boss. Qualcuno ci crede pure e in tutto il Paese il messaggio che arriva nelle case degli italiani è lineare: i mafiosi sono come noi. Si vestono come noi, parlano come noi, hanno il taglio di capelli come noi, gridano come noi. Allora perché non possono essere brava gente come noi?

    In Italia, nel nostro Ordinamento, esiste la figura dell’apologia di reato. Il punto è che rimane lettera morta, come molte delle norme del nostro Codice Penale. Se intervistiamo in TV gente che la mattina, appena alzato, bacia la foto di Mussolini e scende per strada con il saluto romano, allora qual è il problema ad intervistare uno che difende pubblicamente un boss mafioso?

    Falcone e Borsellino a furia di rivoltarsi nella tomba, l’avranno consumata. Questo Paese non meritava le loro vite, non le ha mai meritate. Non le merita ogni volta che permette alle sue televisioni di intervistare mafiosi, fascisti e corrotti. Non le merita ogni volta che perde l’occasione di parlare nelle scuole della mafia, dell’orrore che rappresenta e della bellezza di vivere nella legalità e nella pace. Non le merita quando volta le spalle davanti ad ogni atto di violenza ed ingiustizia, quando davanti ai soprusi e alle prepotenze ci si ferma alzando le mani al cielo.

    Apologia mafiosa. Che rivoluzione sarebbe la sua esistenza. Ma la rivoluzione più grande, in Italia, è essere normali. La rivoluzione più grande è uscire dallo straordinario, entrare nell’ordinario e lasciarsi trascinare dall’ebrezza della legalità, della cultura civica. Oggi questo non siamo. Oggi siamo straordinariamente fuori controllo, fuori da ogni logica del bene, del giusto. Oggi, più di ieri, abbiamo perso la bussola. Anzi, forse non l’abbiamo mai avuta.

    Io corro a cercarla. Chissà la trovi fuori dalla porta di casa.