Categoria: Politica

  • È tornato.
    Per l’ennesima volta, il Ponte sullo Stretto di Messina è tornato alla ribalta della cronaca nazionale. “Ed è tutto così bello. Bellissimo. Molto bello.” (semicit.).

    La routine quotidiana dei dibattiti all’italiana, ormai, mi assale ogni giorno, a tal punto che non ho più bisogno di leggere una pagina di giornale per sapere di cosa e come si stia parlando in questi giorni.

    All’ennesima dichiarazione del Presidente del Consiglio in carica, della realizzazione del Ponte, ennesime sono anche le dichiarazioni a favore e contro. Tornando a travolgere, come un vortice potentissimo, l’opinione pubblica e l’intera classe politica del Paese.

    La storia del Ponte è lunghissima, c’è chi addirittura fa risalire tale idea alle Guerre Puniche, come ci racconta Il Post nel suo articolo a riguardo. Ma tra gli alti e bassi di questo progetto, ciò che riconosco è una totale inadeguatezza del nostro Paese di fronte a temi come questo. Inadeguatezza che parte, senza ombra di dubbio, proprio dalla classe politica che azzarda, che strilla, che si oppone senza un minimo fondamento e che avvalla idee sulla base di chi le ha proposte.

    Ho letto di tutto, nelle ultime 48 ore: dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai commenti più insulsi e populisti degli ultimi tempi ma, finito di leggere, non mi è chiaro cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, cosa convenga e cosa no.
    Sono un coglione, per questo? Forse. Pensate quello che volete.
    Fatto sta che mi sono rotto le scatole di ritrovarmi in un dibattito che sembra un minestrone di risate, battute e poco altro, dove numeri e studi del settore vengono sventolati come fossero volantini, senza capirli a fondo, senza chiedersi se qualcosa sia cambiato dall’ultima volta in cui se n’è parlato.

    Ma quindi? Questo ponte? Si farà o non si farà? Bisogna essere a favore o contro? Io, dal canto mio, le domande me le sono poste (e pure tante), ma una risposta oggettiva non riesco a darmela e non credo di essere nelle condizioni di farlo, salvo non voglia anche io schierarmi dalla parte di coloro che hanno sempre una risposta a tutto, dalla formazione della Nazionale a come salvare il Pianeta dalle tempeste solari.

    I pro e i contro sono tanti, qui qui ne trovate un’elencazione abbastanza chiara, ma al netto di tutto, questa grande opera risulta essere il sogno proibito di diverse generazioni ma, allo stesso tempo, un progetto complicato nella sua interezza e per il contesto storico e geografico in cui si trova, nei suoi risvolti sociali, economici e ambientali che porta con sé, in positivo e in negativo.

    Lascio, dunque, la trattazione di tale argomento a chi, con tutti gli strumenti necessari, può dare il suo parere autorevole alla realizzazione, o meno, di questa grande opera, con professionalità, competenza e chiarezza.
    Solo a seguito di tali pareri e studi aggiornati, sapremo affrontare la discussione sul Ponte con argomenti solidi e con tutta la conoscenza necessaria per non trasformare, l’ennesimo dibattito pubblico, in una chiacchiera da bar.

  • Dopo un’attenta analisi e riflessione, sul Referendum costituzionale ho preso una posizione ben precisa.
    L’ho fatto informandomi e pensando con la mia testa, ma non vi nascondo che ho ascoltanto, molto, sostenitori di diverse opinioni a riguardo.
    Una delle più importanti opinioni che mi hanno portato a scegliere di votare #Sì è stata quella di D’Alema, nel 2011, a Crozza Italia.
    Ascoltate attentamente. Come si può votare #No, dopo aver sentito parole così chiare e puntuali?

    Al netto della provocazione, il mio è un messaggio semplice a chi sostiene il #No: quando si affermano cose importanti – come quella della riduzione della classe politica, dei Senatori, del ridare credibilità alla Politica – ritrovarsi, dopo qualche anno, sul fronte opposto a tali tesi, beh, fa un po’ specie. Qual è, per l’appunto, la credibilità di questo fronte che contiene al suo interno di tutto, dai comunisti ai fascisti, passando per i qualunquisti.

    Lo chiedo perché credo nel confronto, ma allo stesso tempo nella coerenza. Credo nel confronto tra persone civili, così come credo nella coerenza di chi questa riforma costituzionale l’abbia votata in Parlamento e che oggi non faccia campagna contro il suo stesso voto.

  • L’UniBA ha un problema, piuttosto serio. Ieri è comparsa la seconda rata per l’a.a. 2015/2016, pubblicate in totale ritardo per un problema con il sistema di calcolo delle tasse.

    Fin qui, il disagio poteva essere compreso e accettato, se tale attesa avesse consentito un calcolo appropriato e privo di errori delle rate.
    L’attesa, tuttavia, è stata vana e il risveglio di moltissimi studenti dell’Ateneo barese, ieri è stato amarissimo.
    Una seconda rata da più di 1000 (mille) euro farebbe saltare dalla sedia anche il più ataràssico degli studenti.

    Auspichiamo che l’Università degli Studi di Bari si attivi immediatamente nell’espletamento dell’attività di verifica di tali quote e che, nel frattempo, inoltri, tempestivamente, una notifica ai contribuenti di attendere il pagamento, per scongiurare un ingarbugliato sistema di rimborsi o conguagli.

  • Che brutto esempio.

    La Gran Bretagna costruirà un muro alto 4 metri e lungo più di 1km, nei pressi di Calais, vicino al “The Jungle”, il campo profughi a nord della Francia. Non so come abbia potuto, il Governo francese, permettere la sua costruzione.
    Donald Trump, dall’altra parte dell’Atlantico, vuole costruire un muro tra Stati Uniti e Messico.
    Al Brennero l’Austria schiera più di 2000 soldati al confine e sospende la disponibilità per l’accoglienza dei profughi.

    La mia generazione sta ricevendo esempi disgustosi da quella precedente, quella dei nostri genitori. Esempi di intolleranza, di populismo forsennato, di ignoranza e piccolezza umana che assocerei, con molta facilità, ai periodi più bui della nostra Storia.

    Salviamoci! Salviamoci da tutto questo! Guardiamoci allo specchio, piuttosto. Ma non guardiamo coloro che oggi governano con tanto odio e tanta paura del prossimo.

  • Ventotene, 22 agosto 2016. Tre leader europei. Due socialisti e una popolare – due visioni politiche differenti dell’Europa – appongono fiori sulla tomba del padre del sogno della Federazione europea, nel luogo in cui tutto ebbe inizio: l’isola del confino, in cui Spinelli, assieme a Rossi, Colorni e Hirschmann si ritrovarono, forse per caso, a sognare ciò che oggi arrancando cerchiamo di realizzare, seppur parzialmente.

    Quanta strada ancora c’è da fare, eppure quei fiori vogliono significare qualcosa, ma cosa?
    Spinelli sognava un’Europa federata, quelli che noi oggi chiameremmo, azzardando, “Stati Uniti d’Europa”, ma cosa c’è oggi di quella federazione?
    Gli autori del Manifesto di Ventotene spiegavano come il primo passo fosse l’unione politica, piuttosto che quella economica e finanziaria – step successivi alla prima – per evitare uno stravolgimento del processo di unificazione che portasse a consolidare le singole posizioni nazionali sul piano politico, ritenendo sufficiente l’unione sul piano economico.

    Oggi gli Stati membri dell’UE fanno fatica ad immaginare un Continente composto non più da singole nazioni, ma da una Comunità nuova, fatta di centralità politica europea e di condivisione massima. Da stati federati, per l’appunto.
    Oggi continuiamo a rincorrere le borse d’Europa, i mercati finanziari e a stigmatizzare il lavoro del Parlamento europeo gridando contro l’austerity – che ha calpestato la dignità di diversi popoli europei – fortemente voluta dalla Germania, la stessa Germania che ha posto i fiori sulla tomba di Spinelli.

    Nel frattempo, in tutta Europa le forze anti-europeiste si fanno sentire e diventano sempre più forti, soprattutto in Francia. Ma quindi?
    Quale risposta dare? Quale azione mettere in pratica?
    Bisognerebbe forse riprenderlo quel Manifesto, così grande e così lungimirante. Bisognerebbe studiarlo e farlo leggere a chi oggi l’Unione europea la guida, la rappresenta. Ma soprattutto farla conoscere a coloro che l’Europa sono, cioè i suoi cittadini.
    Dobbiamo avanzare sul piano dell’unione politica. Dobbiamo farlo se vogliamo che l’Europa sognata da Spinelli diventi realtà.
    Facciamo un piccolo grande passo, ad esempio: alle prossime elezioni europee non presentiamoci più con i diversi simboli dei partiti nazionali. Candidiamoci presentando agli elettori i simboli dei partiti europei, per dare un simbolo di unità politica, per consentire all’elettore di sentirsi, nell’urna, uguale al tedesco, al francese, all’olandese, allo spagnolo e così via.
    Che tutti gli elettori di centrosinistra europei barrino il simbolo del PSE, così come quelli di centrodestra quello del PPE e così via.
    Poco direte voi. Forse avete ragione, ma è dalle piccole cose che la coscienza si smuove e prima di preoccuparsi, forse, della coscienza dei governanti, dovremmo preoccuparci della nostra, ovvero quella dei governati.

  • Ho letto con molta attenzione la nota quotidiana di Emanuele Macaluso, sulla sua pagina Facebook “EM.MA in corsivo” – nella quale riporta pensieri illuminanti, da cui trarre spunti per una riflessione politica al passo coi tempi, attraverso opinioni partorite da una mente arguta e appesantita dalla grande esperienza politica.

    Partendo dal Cardinale Ravasi e il suo Breviario sul Sole 24 ore, nel quale, citando Malraux, riportava le parole usate da questi nel giudicare strana la sua epoca, affermando che “la sinistra non era la sinistra, la destra non era la destra, il centro non stava nel mezzo”. Sembra una definizione attualissima. Peccato che Malraux sia morto nel 1976.

    Ravasi continua asserendo che “Il funerale delle ideologie non ha spazzato via – beneficamente – i dogmatismi, le isterie teoriche, i sistemi cristallizzati. Ha anche semplificato il pensiero, ha banalizzato la progettualità, ha sbeffeggiato gli ideali, ha spento la dialettica, ha ridotto il confronto a vacuità o a scontro. Per questo è forse necessario ritornare alla distinzione, alla dottrina, alla gamma dei colori abbandonando il grigio monocromo” riporta una lettura tanto vera quanto dolorosa e il Compagno Macaluso lancia una freccia grossa quanto una casa e ad una velocità supersonica contro l’attuale classe politica, la quale ha, di fatto, perso la visione a colori della politica, e al termine si appella alle giovani generazioni. Ed è su questo che rifletto.

    A Macaluso rispondo con “ce la metteremo tutta”, come si rispondebbe alle urla di incoraggiamento, provenienti dagli spalti, appena prima di entrare in campo durante una partita di calcio. E non serve retorica alcuna per rispondere ad una tale esortazione, dovremmo semplicemente guardarci allo specchio e riflettere su noi stessi.

    Da quando faccio politica ho sempre creduto che ci fosse un gap generazionale, positivo, tra le giovani generazioni e le “vecchie” impegnate in politica. Devo dire che non è sempre facile credere ancora a tale visione delle cose, perché gli elementi a supporto della tesi opposta sono tante e molti le rendono vigorose e difficilmente confutabili. Ma chi si perde d’animo farebbe bene a non farla, la politica. Ed è per questo che guardare a colori il mondo è un nostro obiettivo.
    Avete presente quei quaderni da colorare che tutti noi, almeno una volta, da bambini abbiamo avuto? Bene, la politica odierna è l’editore e i suoi fruitori siamo tutti noi, senza differenza alcuna. Il compito di una nuova generazione di politici è di colorare quei quaderni con colori vivi e farlo non solo per se, ma per chiunque ormai non conosce altro che la visione monocromatica delle cose.

    Scegliamo i pantoni più belli, ma facciamolo. Facciamolo partendo da un impegno generazionale: non prendiamo come esempi i peggiori o i “meno peggio”. Guardiamo alla Storia e lì cerchiamo le nostre stelle polari – al plurale non per caso, perché ognuno ha la sua e anche più di una. Abbandoniamo una visione della politica sterile, fatta di posizionamenti e di battaglie con il solo scopo di ottenere posizioni personali. Basta. È avvilente.

    È avvilente doversi confrontare con coetanei che non hanno la benché minima idea di cosa sia il dubbio, l’incertezza, il mettersi in discussione. Leoni ruggenti con il ruggito di altri, con criniere pettinate dall’arroganza dello sterile e stagnante gioco delle parti, in cui appartenere ad un partito o ad un movimento impedisce una discussione al di sopra delle convinzioni di parte (troppo banali per definirle ideali).

    Perdiamoci nella bellezza del litigio sincero e genuino, generato da visioni del mondo differenti, con la consapevolezza che, pur con diverse sue visioni, il mondo e uno e appartiene a tutti quanti noi.

  • Prendete quel fascista che, a Fermo, ha ucciso a pugni quel ragazzo nigeriano.
    Prendetelo e non mettetelo in carcere.
    Fatelo lavorare nei centri di accoglienza, fatelo piegare dalla fatica del lavoro e lasciatelo dormire con coloro che odia per motivi che neanche sa.
    Scoprirà che siamo tutti uguali e che l’umanità non si divide in bianchi e neri, ma in ignoranti e consapevoli. E lui ignora, come molti altri, cosa sia la dignità umana.

  • A thought to young britons and to my friends of UK who voted for remain in the European Union. We can’t forget our mission: a stronge Europe, an united Europe, the United States of Europe.
    The oldest generations don’t believe in this political dream, doesn’t matter. In the next future, we’ll can redeem it and again we’ll be togheter citizens of Europe.


    Un pensiero ai giovani britannici e ai miei amici del Regno Unito che hanno votato per restare nell’Unione europea. Non dobbiamo dimenticarci della nostra missione: un’Europa forte, un’Europa unita, gli Stati Uniti d’Europa.
    Le generazioni più grandi non credono in questo sogno politico, non importa. Nel prossimo futuro, potremo riscattare quel sogno ed essere insieme, di nuovo, cittadini d’Europa.