Era da un po’ che non scrivevo sul blog. Le ragioni possono essere tante, le prime, senza ombra di dubbio, sono dovute alla mia nuova pagina romana. Ma, ad esservi sincero, l’apprensione che suscita quanto sta accadendo in giro per l’Italia, partendo dalle notizie che ci giungono da Macerata e tutta la spazzatura che solo pochi giorni (ancora) di campagna elettorale hanno generato, non ha cessato di crescere in me. Per questo, eccomi qui.
Partiamo da un primo punto, senza dubbio sconcertante: l’attentato di Macerata. Certo, attentato. Non pensavate mica di definirlo in un altro modo. Cosa c’è di diverso da un terrorista che spara all’impazzata in giro per l’Europa, disseminando terrore ovunque, e il fascio-terrorista italo-leghista maceratese? Nulla. Ma proprio nulla.
Anzi, una differenza sostanziale c’è: i mandanti dei primi li stiamo bombardando, mentre quelli dei secondi sono comodamente seduti nei talk-show del nostro Bel Paese e, oltretutto, si presenteranno alle Elezioni politiche del prossimo 4 marzo. Una bella differenza, non trovate?
Certo, si potrà dire di tutto: che questo accostamento sia azzardato, che la situazione sia diversa, tutto. Eppure, tutto vuol dire niente e se le previsioni rimangono queste, allora non può che essere totalmente sbagliato. Tutto sbagliato.
È sbagliato il modo con il quale, in Italia, si tengono sottese una serie di dinamiche, forse per paura di scoperchiare qualcosa a cui difficilmente si può credere. Eppure, dopo tanto tempo, dopo tanta paura, dopo gli attacchi di Parigi, Londra, Bruxelles, Nizza e Berlino, anche in Italia è accaduto. Un attacco terroristico in piena regola si è consumato. Non a Roma. Non a Milano. Non a Napoli o in una delle altre città “bersaglio” secondo il Ministero dell’Interno e dei Servizi Segreti. Il palcoscenico era situato a Macerata e l’attore non parlava arabo ma maceratese, né tantomeno ha gridato Allahu Akbar, ma “Viva il Duce!”: pelle bianca, pizzetto da capretta ed un tricolore al collo, corredato dal saluto romano. In pieno stile italo-fascista. Tutto il resto era identico: follia omicida, odio e un’arma fumante.
Eppure i mandanti hanno colpe più grandi degli esecutori. Il cervello è il vero responsabile. La mano fa solo ciò che gli impulsi celebrali gli indicano di fare. E se di un gran cervello non parliamo (è pur sempre di Salvini) grande resta la responsabilità sua e di tutti coloro che alimentano l’incendio del razzismo, della paura e della sfiducia verso lo Stato. Lo stesso Stato che vogliono governare, sotto il vessillo della Repubblica Italiana, quella Repubblica nata grazie al sangue di chi mai avrebbe voluto nuovamente, sul territorio nazionale, l’odio e la paura generata dal nazi-fascismo.
Serve razionalità immensa, in questo momento. È opportuno dirlo.
Certo, è più che mai importante non lasciarsi trascinare da una forza uguale e contraria, capace di generare una tempesta senza mai fine che poco farà onore né agli innocenti finiti sotto il fuoco del folle, né tantomeno alla Democrazia del nostro Paese.
E lo dico, prima di tutto, a me stesso. Perché non vi nascondo di aver sognato ad occhi aperti un arresto immediato, per vilipendio alla bandiera (per tutti i valori che realmente essa rappresenta) e associazione terroristica, di tutti i responsabili (operativi e non) di questa tragedia e di tutte le paure verso esseri umani che non hanno nulla di diverso da noi, se non l’essere nati in zone difficili. Non di certo come quella in cui gli idioti crescono come gramigna e si candidano, persino, alle elezioni.
Chiaro il concetto? E forse è il caso di spiegarlo anche a chi, dall’alto della sua indignazione (giustissima, questo è poco ma sicuro) dimentica un concetto abbastanza importante: l’argine al razzismo dilagante, al populismo sfrenato e alla paura sociale non passa, di certo, dai congressucoli di atomi politici come i partitini della sinistra né da candidature alternative (a cosa, non è chiaro a nessuno).
Parlo, chiaramente, di chi non ha colto l’importanza di eliminare ogni possibilità che gentaglia intenzionata a “difendere la razza bianca” possa mettere piede al Pirellone, in Lombardia, dopo le prossime Elezioni regionali.
Mi riferisco a chi non ha compreso l’importanza di sotterrare ogni possibile antipatia personale (perché è di questo che parliamo) e di creare un grande progetto comune, democratico e progressista, capace di trasportare il Paese in una dimensione lontana da quella verso la quale stiamo piombando.
Sì, parlo di Liberi & Uguali e di tutti coloro che, leggendo quanto sopra, vi sono venuti in mente. Parlo, chiaramente, anche dell’attuale gruppo dirigente del Partito Democratico. Tutti, in varie misure, sono responsabili di una divisione che porterà al nulla cosmico. Forse a qualche poltroncina. Ma a niente di utile.
E rispondo subito a chi avrà già la risposta pronta: “noi con Matteo Renzi non vogliamo avere nulla a che fare”, oppure “noi stiamo alla larga da chi attua politiche di destra”. E, magari, tirano dal cappello qualche intervista di Grasso – lo stesso che da Procuratore Nazionale Antimafia aveva chiesto un premio al Governo Berlusconi, per il suo impegno per la lotta alla Mafia – oppure di Bersani – quello che, da Segretario del PD, decise di dar vita al Governo Monti, con Alfano e Casini (un governo senza dubbio di sinistra, andando di logica) – o di Speranza – capogruppo PD alla Camera dei Deputati durante l’approvazione della Legge Fornero.
E no. Basta. Fatela sta battaglietta. Fatela promettendo anche l’Università gratuita a tutti, che certamente è una politica di sinistra. Eccome, no!?
E al gruppo dirigente del Partito Democratico dico una cosa molto semplice, diretta e chiara: l’istinto di sopravvivenza è insito all’interno della natura umana, ma quando si guida una Comunità come quella del PD, la sua unità e il rispetto della sua eterogeneità non possono passare in secondo piano, rispetto alla sopravvivenza della propria corrente. L’inadeguatezza si è dimostrata, ancora una volta, un dato di fatto.
Ma le elezioni sono alle porte: manca un mese esatto (meno, a dirla tutta) e non possiamo assolutamente lasciarci trascinare dalle faide interne. Quello che ho detto sopra, penso, sia incontrovertibile e, in fin dei conti, o ce ne prendiamo carico noi oppure la Storia ci giudicherà e se gli altri resteranno i mandanti delle stragi, noi verremo additati come dei ghiaccioli sciolti al sole (delle Alpi), incapaci di fronteggiare la deriva culturale, sociale e politica in cui, come in un vortice, siamo intrappolati per nostra stessa volontà.
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