Appunti utili per la Sinistra del futuro (se vorrà esistere ancora)

 

Inventare il Futuro – Per un mondo senza lavoro” di Nick Srnicek e Alex Williams non è un libro scontato. Scritto nel 2015, tradotto in italiano solo nel 2018 (e pubblicato da Nero), è più di un saggio: è un dialogo aperto tra il lettore e gli autori.

Il percorso teorico sviluppato tra le sue pagine offre la possibilità di riflettere sull’evoluzione del nostro mondo attuale, sul perché ci troviamo circondati da una retorica che sembra aver raso al suolo ogni differenza di visione politica della realtà.

È interessante come l’analisi del neoliberismo – egemonico e in netto contrasto con la teoria sostenuta dai due autori (quella del post-lavoro) – ci trascini verso un’autoanalisi che riesce a porci davanti ad uno specchio. Infatti, leggendolo è stato molto strano comprendere, quasi per la prima volta, quanto il nostro pensiero (e il mio, ovviamente) risulti “inquinato” da luoghi comuni e da teorie ormai così generalizzate da essere diventati veri e propri dogmi. Dogmi che appartengono ad una concezione fortemente neoliberista del mondo.

Al centro dello studio c’è l’idea che il lavoro sia divenuto un elemento imprescindibile con il quale garantire non solo la sopravvivenza del sistema sociale odierno, ma anche la dignità di ogni essere umano. Oggi, infatti, tutto ruota intorno alla creazione di ricchezza che può tradursi, nella sfera privata di ogni singolo cittadino, nel proprio reddito. Tale reddito, sempre su spinta egemonica del neoliberismo, è legato a doppio filo con il lavoro salariato: non può esserci reddito senza lavoro.

Questa affermazione echeggia nella mente di chi subito percepisce una certa affinità anche con la struttura ideologica della Costituzione del nostro Paese, non foss’altro perché destra e sinistra (soprattutto quest’ultima) ha spesso issato la bandiera dell’Articolo 1 della Costituzione dove, per l’appunto, si dichiara che “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro“. Sembra dunque che non vi possa essere altro mondo dove il sostentamento derivi da canali differenti rispetto a quelli del proprio lavoro.

Da qui, Srnicek e Williams provano a teorizzare una nuova via per la sinistra mondiale: quella del post-capitalismo e del post-lavoro. Sembra fantascienza eppure tutto parte dallo sviluppo (quanto mai reale) della tecnologia moderna, capace di sostituirsi all’uomo nelle catene di produzione in serie (mettendo in crisi la concezione antropocentrica del fordismo) aumentandone la produttività. La graduale sostituzione dell’uomo con la tecnologia nelle più variegate attività lavorative potrebbe, secondo gli autori, consentire alle donne e agli uomini di occuparsi di ciò che davvero amano: dalla politica ad altri interessi personali e di comunità.
Ma qualcosa blocca questo processo: il capitalismo riconosce nell’utilizzo di queste tecnologie una fonte di spesa eccessiva se paragonata alla possibilità di sfruttare il lavoro sottopagato. Ed ecco l’intreccio con una delle più grandi problematiche del mondo odierno: la disoccupazione e l’abbasamento del potere contrattuale delle masse lavoratrici con il capitale.
Tutto questo frena la concretizzazione del post-lavoro, dove vi è un reddito universale per tutti i cittadini, distribuito orizzontalmente e, dunque, senza alcun criterio di esclusione (dal ricco al povero, dal giovane all’anziano, dall’imprenditore al disoccupato). Interessante la teorizzazione degli effetti che questo reddito potrebbe comportare: dall’incremento della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, passando per la riduzione dell’abbandono scolastico e dei crimini.

Leggendo questo libro, si è accompagnati nel percorrere un sentiero interdisciplinare che va dalla filosofia, all’economia, passando per le teorie politiche più vaste. È consigliato concentrarsi (ma gli autori su questo ve ne daranno una grande possibilità) sul concetto di folk politics, dove la dimensione locale è preferita a quella globale, dove è considerato estremamente più utile e necessario occuparsi di ciò che è più prossimo, rispetto a fenomeni o dimensioni così vaste quanto variegate.

Non si tratta semplicemente di un falso universale; la contaminazione infatti è reciproca: l’universale si incarna nel particolare, mentre il particolare perde alcune specificità nel suo ruolo di universale. Un universalismo perfettamente compiuto non esisterà mai: per questo gli universali saranno sempre oggetti di critica da parte di altri universali.”

Ed ecco dunque una possibile agenda per la Sinistra mondiale del prossimo futuro: la costruzione di un mondo post-capitalista e post-lavoro, dove gli uomini tornino liberi e slegati dalla spasmodica ricerca di un impiego utile a garantire loro un reddito e quindi la sopravvivenza. Un programma che necessita di una leadership trasversale – capace di incidere nel locale come nel globale – ma ancor di più che sappia guidare tale processo evitando storture e aborti, coniugando la necessità di un abbattimento del capitalismo con l’altra grande crisi mondiale, quella ambientale e la necessità di uno sviluppo fortemente ecologico.

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