E quindi il TAR Lazio si è pronunciato sul quesito, senza colpi di scena

Che il TAR del Lazio rigettasse il ricorso sul quesito referendario, a mio modesto parere, era cosa scontata, vista la natura dell’oggetto del ricorso che esula dalla Giustizia amministrativa.

Fin qui nulla di sbagliato, se non fosse che alcuni sostenitori del Sì, oggi, hanno cominciato ad utilizzare tale ovvietà come elemento per la campagna elettorale, a sostegno delle proprie posizioni.

“Avete visto? Il TAR ha rigettato per difetto assoluto di giurisdizione! Il NO ha perso la battaglia sul quesito”, su per giù, il succo, di ciò che ho letto, è questo.

La sentenza, la n.10445/16, lunga 16 pagine, analizza i diversi aspetti del ricordo, ripercorrendo anche la procedura seguita dai proponenti il quesito. Brevemente, afferma che quanto sollevato dai ricorrenti è meritevole di attenzione ma, a seguito di quanto previsto dalle norme in materia, il quesito rispecchia gli standard previsti dalla stessa, senza alcun tipo di forzatura. Detto ciò, comunque il TAR non può pronunciarsi con sentenza, per difetto assoluto di giurisdizione. Una sentenza quasi scontata, ma che poco influisce sul dibattito referendario, salvo che non si voglia forzare la mano,  Fine della storia.

E doveva essere, davvero, la fine della storia su questa ridicola contrapposizione sul quesito referendario. Sia da una parte (i ricorrenti, con un chiaro messaggio di svilimento della contrapposizione al fronte del Sì), sia dall’altra (i proponenti, con un atteggiamento quasi isterico che getta il dibattito in un calderone senza fondo). Non si può continuare uno scontro sul referendum andando oltre il buonsenso e il merito. Vogliamo finirla? Tutti quanti?

Costantemente, in tv, ascolto appelli ad entrare nel merito della riforma, ma pochissime volte si passa dalle parole ai fatti.

Detto ciò, in tutto questo, io mi annoio. Che torni la Politica, quella vera.
Chi può e riesce dia l’esempio.

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