In difesa di Cantone e del ruolo che rappresenta

Oggi, sul Foglio – che mi regala sempre argomenti interessanti su cui riflettere – ha suscitato il mio interesse un articolo di Salvatore Merlo dal titolo “Modello Conchita Wurst”. Non è stato tanto il titolo ad attirarmi, quanto il fatto che, in allegato a quell’articolo, ci fosse la foto di Raffaele Cantone, magistrato e attuale Presidente dell’Autority Anticorruzione.

Cantone è un magistrato che si è guadagnato il buon nome sul campo, nella lotta alla Camorra. Proprio per quello che rappresenta e che ha dimostrato, è stato posto, dal Governo Renzi, a capo della Anticorruzione, l’autorità nazionale con amplissimi poteri di controllo su appalti pubblici e Pubblica Amministrazione con l’obiettivo di stanare il cancro della corruzione, ormai presente in ogni grande appalto di cui si abbia memoria negli ultimi anni.

Merlo, dalle colonne del quotidiano diretto da Cerasa, accusa Cantone di fare politica. Il j’accuse arriva all’indomani della dichiarazione del capo dell’Anac sulla Capitale: “Milano è la nuova capitale morale del Paese, Roma non ha anticorpi”. Secondo il giornalista questa è una dichiarazione “da politico”. Io non ci vedo nulla di sbagliato, anzi, è opportuno chiarire un punto: Cantone in questo momento non sta svolgendo il suo ruolo in qualità di magistrato, quindi quello che Merlo afferma è un’inutile e sterile polemica.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, per l’appunto, potrebbe benissimo essere presieduta da chiunque sia gradito al Governo, non per forza da un magistrato. Diciamo che essere magistrato, mentre si svolge quel compito, ti offre una marcia in più, perché sai come muoverti nello scovare il marcio. Ecco perché è importante che ci sia un togato alla guida di quell’autority ed ecco perché Cantone è la persona giusta, curriculum alla mano.

Che poi, inutile è, anche, la polemica sulla dichiarazione in sé: è evidente che Milano goda di ottima salute rispetto alla Capitale, checché ne dicano gli esponenti della destra romana ovvero coloro che hanno portato alla rovina Roma, Alemanno docet).

Quindi, ricapitolando: se sei un magistrato ma vieni chiamato dal Governo a presiedere un’autorità che contrasti, in lungo e in largo, la corruzione puoi, anzi, devi, intervenire con dichiarazioni che sanno (passatemi il termine) di politica, perché c’è un obiettivo morale, oltre che fattuale, in quell’Autorità.
Stefano Merlo, quindi, ha preso un palo, magari era troppo distratto nell’ascoltare Conchita Wurst, quella che lui stesso definisce ermafrodita, che “non si sa cosa sia”. Un po’ come, sempre secondo Merlo, un magistrato che fa politica.

Per l’ennesima volta ce la prendiamo con chi cerca di risolvere i problemi e non con chi li crea. Va tutto bene.

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