Stefano Feltri, sul Fatto Quotidiano, parla di un amaro destino che tocca e toccherà a coloro che, purtroppo (sue parole), studiano o decideranno di studiare materie umanistiche all’università.
Tra qualche settimana molti studenti cominceranno l’università. I loro genitori che si sono laureati circa trent’anni fa potevano permettersi di sbagliare facoltà, errore concesso in un’economia in crescita.
Sbagliare facoltà. Sbagliare. Chi può dirmi se ho sbagliato o meno facoltà, all’infuori di me? Nessuno. Perciò, al caro Feltri dico che è meglio farsi gli affaracci propri e che l’ingerenza è brutta cosa sempre, figuriamoci riguardo ad un argomento delicato come quello della scelta degli studi universitari.
Ma vi pare mai possibile che debba dedicare la mia vita a qualcosa che mi riempia le tasche e non il cuore? Ma è mai possibile che si debba intendere la vita come un semplice percorso che ha un fine ben preciso? Ma è mai possibile che io debba leggere una cosa del genere e che mi debba vergognare di aver perso un minuto del mio tempo nel farlo?
Se Feltri voleva creare scalpore nel scrivere un articolo del genere, devo stroncare il suo entusiasmo: ormai sappiamo che cani e porci possono scrivere su un giornale e pretendere di avere la verità in tasca. Roba già vista.
Noi continuiamo ad impegnarci per una società che accolga a braccia aperte ogni scelta libera e coscienziosa. Nessuno si senta legato nelle scelte di vita – perché è di questo che stiamo parlando – da interessi economici. Nessuno potrà mai dirti quanto guadagnerai, quanto e quando lavorerai e se farai quello che hai sempre sognato. Ognuno per la propria strada. Il mondo ha ancora bisogno del variegato e non del grigiore delle scelte come “investimento”.
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