Negli ultimi due mesi, mi sono affezionato ad una serie tv americana, ormai non più in produzione. Parlo di “The West Wing“.
Nella sesta stagione, va in scena la campagna elettorale per le primarie per i candidati alla presidenza, sia per i repubblicani, che per i democratici. Vi starete chiedendo cosa ci sia di così tanto clamoroso in tutto questo. Bene, niente. Proprio niente, perché negli Stati Uniti le primarie sono un passaggio fondamentale per i partiti, perché sono lo strumento principale per misurarsi e confrontarsi con la propria base. Un dono immenso.
Ieri, Matteo Richetti ha annunciato la sua candidatura a Presidente dell’Emilia-Romagna, sbaragliando ogni possibile accordo che avrebbe avuto come risultato una possibile candidatura unica. Richetti dice una cosa sacrosanta: i candidati li scelgono i cittadini e non le segreterie di partito (per inciso, la stessa logica varrebbe per i parlamentari).
Da non-renziano, io sono completamente d’accordo con lui. Sono a favore di primarie sempre e comunque, dove i candidati si possano fronteggiare a viso aperto, senza l’ombra dei burattinai romani, senza doppi giochi, senza nessun tipo di pressione e nessun braccio sulla spalla di qualcuno.
Non ho mai sopportato l’idea di veder catalogate le persone come “renziani”, “dalemiani”, “bersaniani”, “civatiani”, ecc., ma la cosa mi fa imbestialire quando a farne le spese è il dibattito interno, quando non c’è un briciolo di spessore politico nell’idea che abbiamo del Partito Democratico e del Paese.
Basta pressioni dall’alto, i leader nazionali di ogni corrente, a partire da Matteo Renzi, lascino che le primarie siano uno scontro alla pari tra tutti i candidati, senza apporre il marchio di quella o questa corrente. Facile vincere se si è sul carro del più forte, magari quando non hai le capacità personali per potertela giocare fino in fondo, costruendo una campagna elettorale basata sui contenuti, su un’idea di governo del territorio.
Ma diciamocela tutta: il carro cammina e presto comincerà a fermarsi, per presentare il candidato “spumeggiante” a questo o quel ruolo, facendo cadere la maschera dell’ipocrisia che ci ha accompagnato per molto tempo, permettendoci di vedere quello che ha combinato la guerra di posizionamento all’interno del PD, dalle ultime primarie fino ad oggi.
Ma in tutto questo, un episodio di The West Wing mi ha fatto riflettere: l’importanza del non inquinare il voto, l’importanza dell’imparzialità del Presidente degli Stati Uniti (capo del Partito Democratico americano) dinanzi alla competizione elettorale. Un’imparzialità morbosa, a volte, ma importante, per il bene della democrazia, per il bene del nostro partito e per il bene dei territori che vogliamo, dobbiamo governare.
Viva le Primarie!
Ps. sulle primarie pugliesi tornerò a parlarne su questo blog, a breve.
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