Se l’Europa fa il suo dovere e l’Italia si svegliasse

In Europa qualcosa sta accadendo. Di certo non per i mercati finanziari, che continuano a condizionare gran parte della politica del continente e del mondo intero, ma per un settore, molto importante (forse per l’Italia meno), quale quello della ricerca scientifica.

L’Europa ha finanziato, premiando con 1.000.000.000 € due progetti campione, nel vero senso del termine, dislocati uno in Svezia e l’altro in Svizzera.

Nel profondo Nord dell’Europa, si sta lavorando, infatti, ad un progetto rivoluzionario che trascina con se le progettazioni dei futuri prodotti tecnologici delle grandi case di produzione, americane, cinesi e sud-coreane, europee un po’ meno. Di cosa stiamo parlando? Del Graphene: un materiale composto da atomi di carbonio arrangiati su due dimensioni che, dopo aver fruttato il Nobel a due ricercatori dell’Università di Manchester, promette straordinarie e futuribili applicazioni industriali. La versatilità di questo materiale pare possa sostituire in toto il silicio nelle sue applicazioni industriali. Come già anticipato prima, molte delle principali aziende di produzione e sviluppo delle tecnologie ha già registrato un numero di brevetti a 4 cifre, in Cina 2204, in America 1754, in Corea del Sud 1160, mentre in Europa, lì dove è stato scoperto il graphene, meno di 500.

Nella puntuale Svizzera, all’Epfl (École polytechnique fédérale de Lausanne), per meglio dire il Politecnico Federale di Losanna, si sta invece studiando il modo di creare una parte del cervello umano attraverso un computer.

Quale sarà l’obiettivo dell’Europa in merito a questi due progetti? E perchè finanziarli? Beh, possiamo dire che finanziare la ricerca non fa mai male, soprattutto se sono progetti così innovativi che possono anche garantire uno sviluppo delle tecnologie nel campo sanitario e sociale.

Quanto accaduto a questi due progetti è essenzialmente la manifestazione degli intenti di Europa 2020, anche se in Italia tale tendenza è esattamente opposta, basti considerare la percentuale sul PIL della ricerca e istruzione che è pari all’0,8%, con una perdita dello 0,2% sul dato precedente.

Fino a quando l’Italia non capirà che lo sviluppo e la crescita sta nella ricerca e non solo nei mercati, allora potremo sperare di ottenere un riconoscimento del genere. Ovviamente parlo di progetti sviluppati sul suolo italiano, perchè di italiani all’estero che danno il loro importante e alcune volte, decisivo, contributo ai progetti di ricerca, ce ne sono e sono anche tanti.

Il sogno più grande è quello di poterli vedere tornare nel proprio Paese, che li accoglie a braccia aperte. Ma sarà solo un sogno?

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Una risposta

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