Da decenni si discute di futuro. Un futuro che, a mio avviso, è stato sempre idealizzato come un’azione costruttiva della classe dirigente attuale in prospettiva di periodi successivi: riforme, leggi, decisioni politiche. Sbagliando, in parte.
Ma c’è un problema di fondo: nessuno ha mai compreso che per parlare di futuro, progettando una visione lungimirante della società del nostro Paese, sia necessario chiamare a raccolta chi quel futuro lo vivrà a pieno ritmo, le giovani generazioni.
Credo sia di fondamentale importanza ringraziare chi ha già dato, ma chiedendo di andar via, ma non fraintendetemi, non parlo mica di una radicale sostituzione della classe dirigente – cosa che in Italia sarebbe necessaria, vista l’età media di 65 anni, ma di una presa in considerazione forte di una grande fetta della popolazione, con i suoi problemi e esigenze, ma soprattutto con le sue idee e proposte da inserire all’interno del dibattito comune.
La proposta? Se dovessi dare un’idea per risolvere questo problema, potrei benissimo fare 2 proposte: la prima va all’attuale classe dirigente, chiedendo di inserire all’interno del confronto, ad ogni livello, i giovani, gli studenti e i giovani lavoratori; dall’altra, la seconda e più impegnativa proposta va a noi.
Se vogliamo guadagnarci il futuro, e magari un futuro migliore rispetto all’attuale prospettiva, dobbiamo unire le nostre forze per far sentire la nostra voce: dobbiamo creare un documento nazionale, una petizione generazionale, che richiami all’”ordine” il nostro Paese e che ci dia la forza per rivendicare la nostra posizione nel sistema sociale, aprendo un forum perenne con la politica e le istituzioni, ad ogni livello.
Si progetta un futuro vuoto!
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